Sono sdraiata sul pavimento di cemento di una cella buia e angusta. Un sottilissimo filo di luce penetra tra le sbarre della finestrella sulla pesante porta.
Ora capisco qual è il vero gioco.
Non è che le ragazze sono sempre meno brave a pilotare le Crisalidi. È che ogni volta che ne spunta una dalla pressione spirituale tremendamente alta viene appaiata a un ragazzo che ne ha una ancora superiore, così nessun maschio viene mai sopraffatto.
Diecimila. Il numero mi volteggia nella testa come un uccello che ha preso fuoco. Un valore inimmaginabile, un numero che dovrebbe essere soltanto un’iperbole (“Wow, la sua pressione spirituale dev’essere, boh, diecimila!”)
Ha un significato letterale soltanto per un unico ragazzo negli ultimi duecento anni.
Li Shimin, il Demone di Ferro, non ha copilote. Ha sacrifici.
La mia prossima battaglia sarà la mia esecuzione capitale.
Mi accoccolo ancora di più nel lenzuolo ruvido e puzzolente che l’esercito mi ha gettato. Mi passo le unghie sul cranio e stringo, come se potessi schiacciare le ossa e rimestarmi il cervello e cancellarmi dall’esistenza. Sarebbe bello. Meglio che lasciare a qualcun altro la soddisfazione di farlo.
A intervalli casuali le mie risate scivolano tra le ombre. Ho veramente pensato, anche solo per un momento, che ciò che avevo compiuto nella Volpe a Nove Code avrebbe avuto importanza? Che mi avrebbero lasciata vivere dopo che ho ucciso uno dei loro piloti più popolari e potenti?
Ho ottenuto quel che volevo. Ho vendicato mia sorella. Sarei dovuta essere pronta a morire… tredici pasti fa.
È l’unica unità di misura che ho per calcolare da quanto tempo sono chiusa qui dentro. Potrebbe voler dire tredici giorni. Spero sia così. Ci vuole mezza luna – due settimane – perché il qi esausto si ricarichi. È questa la durata delle rotazioni dei piloti dopo una battaglia.
Non so perché ho consumato quei pasti. Avrei dovuto buttarli giù per il water e lasciarmi morire come atto di protesta. Eppure quando dalla botola sul fondo della porta è comparso il primo piatto di verdure saltate e riso al mio stomaco brontolante ci sono voluti meno di trenta secondi per schiacciare tutta la mia determinazione. Vedova di Ferro un corno.
Devi recuperare il tuo qi, dice a se stesso il mio cervello.
Recuperarlo per cosa? Per affrontare Li Shimin?
Cieli, mi sto trasformando in una di quelle ragazze che vanno barcollando incontro alla morte con l’illusione di poter essere quell’unica Principessa di Ferro su diecimila?
Eppure è proprio questo che sei.
Sussulto quando una parte più profonda di me me lo ricorda.
La pressione spirituale di Yang Guang era di oltre seimila. Io l’ho sopraffatto in una Crisalide.
Sono una pilota di classe Principe.
È del tutto assurdo pensare che sia vero, eppure che importanza ha? L’esercito preferisce spedirmi alla morte piuttosto che rischiare di appaiarmi a chiunque meno potente di Li Shimin.
Non c’è da meravigliarsi se facciamo così pochi progressi nella guerra.
Non riesco a smettere di chiedermi quante persone hanno visto ciò che ho fatto. L’esercito è infestato di mazzette delle media company; non c’è quasi alcuna restrizione sulle dirette live. Forse mio nonno ne ha intercettata una. Si sveglia un sacco di volte durante la notte. Sarebbe come se avessi ucciso Yang Guang davanti a lui: un pensiero che non smette mai di farmi sorridere.
Ma i video archiviati sono un altro paio di maniche. Il Consiglio dei Saggi e il suo governo pieno di studiosi-burocrati hanno l’ultima parola in merito a ciò che resta sui vari network. Visto che non avevo mai sentito parlare di Vedove di Ferro, c’è una buona probabilità che abbiano decretato la cancellazione di tutte le registrazioni in merito.
A meno che le media company non si siano opposte.
Sono destinata a diventare ovunque la notizia del giorno: scommetto che la gente pagherebbe cifre astronomiche per guardare cos’è successo. Quelli di città sborserebbero l’intera paga di una giornata di lavoro per sbloccarne la visione. Quelli delle campagne raggranellerebbero i soldi e lo guarderebbero a gruppetti sul tablet di qualcuno.
Soltanto gli squallidi magnati dei media possono salvare il mio breve retaggio ormai.
Forza, avidità delle aziende.
Sbuffo, poi mi si ferma il cuore di colpo.
Yizhi. Suo padre è il più grosso tra gli squallidi magnati dei media. Non è possibile che Yizhi non abbia accesso alle registrazioni.
Cosa ne pensa? È sorpreso come chiunque altro? È orripilato che io sia effettivamente capace di uccidere?
È orgoglioso di me?
Vorrei potergli dire che Yang Guang non è mai riuscito ad avere dal mio corpo ciò che voleva. Non dovrebbe importare, eppure non riesco a non desiderare che Yizhi lo sappia.
Vorrei aver potuto sentire un’ultima volta la sua voce.
Alzo la mano nella luce che proviene dalla porta, che penetra nella cella in raggi obliqui. La polvere aleggia nella misera fluorescenza. Tendo le dita per formare un’ombra a forma di artiglio sul muro.
Sto sognando spesso di essere di nuovo grande. Di torreggiare verso il cielo, di correre sulla terra, di arrivare al cosmo.
Di essere libera dal dolore.
Osservo le vesti stracciate che ho gettato in un angolo. Non riesco a tenermele vicino da quando ho capito che potrebbero aiutarmi a fuggire se ne avessi il coraggio. Potrei legare un’estremità del tessuto alle tubature del bagno, l’altra attorno al collo e poi torcere finché non mi spengo.
È tredici pasti ormai che immagino di farlo. Giuro che la stoffa comincia a contorcersi come un fascio di serpi. Ho sentito dire che più è colorato un serpente più è mortale.
Mi metto a sedere diritta, pronta a…
Le mie gambe nude sfiorano una chiazza ruvida di sangue secco sul pavimento. Riemergo di botto dalle mie fantasticherie.
Altre ragazze sono state tenute rinchiuse in questa cella. L’alone delle macchie di sangue, quasi nere nell’ombra, racconta delle loro orribili prigionie. Questo deve terrorizzare infinitamente le guardie, ma io non ho paura. Sono una ragazza; lo capisco.
Mi chiedo solo cos’abbiano fatto queste altre ragazze per finire qui. Si sono opposte anche loro? Hanno cercato di scappare? Hanno rifiutato l’ordine di soddisfare i piaceri di un pilota?
Anche alcune di loro erano Vedove di Ferro cancellate a forza dalla Storia?
Immagino le lotte avvenute nell’aria attorno a me. Le voci che hanno rifiutato di essere messe a tacere, le mani che hanno rifiutato di venire legate, gli spiriti che hanno rifiutato di farsi spezzare.
Ancora una volta stacco gli occhi dalle vesti e mi sdraio, inspirando i gelidi fantasmi della loro ira.
È esilarante. Gli uomini ci vogliono disperatamente per i nostri corpi, eppure ci odiano così tanto per le nostre menti.
Mi visita in sogno.
«Jiejie» dico con voce strozzata, correndo verso mia sorella senza provare dolore nel camminare.
È per questo che capisco sempre che non è reale.
Eppure non riesco a non raggiungerla, a non desiderare di rimanere qui per sempre. Ovunque lei sia, lì voglio essere anch’io.
«Non seguirmi, Tian-Tian.» Mi accarezza il viso, ma le dita le si trasformano in fumo prima che io riesca ad apprezzarne il calore. «Qui non c’è niente. Non è una soluzione. Non è una fuga. Io non sono libera. Sono soltanto scomparsa.»
Mi tremano le ginocchia, cedono. Crollo, cercando di aggrapparmi a lei, ma le mie mani la attraversano, qualsiasi cosa io faccia. «Non m’importa» singhiozzo. «Lasciami stare con te. Ti prego. Lui è morto. L’ho ucciso io. Ti ho vendicata.»
Socchiude le palpebre. «E credi davvero che abbia cambiato qualcosa?»
«In che senso?» Non smetto di scuotere la testa. «È un mostro in meno nel mondo.»
«E ce ne sono altre decine di migliaia proprio come lui.»
Vengo investita dal dolore, che torce ogni fibra della mia anima.
«Allora cosa devo fare?»
«Del tuo peggio, ovviamente.» Sorride. «Non lasciare che ti ingannino, Tian-Tian. In te c’è più forza di quanta tu possa immaginare. Non scappare. Non lasciare che prendano ciò che vogliono.»
Anche le sue vesti perdono forma, come la foschia nebulosa che aleggia per tutto l’anno sulle terrazze a risaie dove siamo cresciute. La foschia che immaginavamo essere visi, animali e oggetti vari mentre ci stringevamo in cortile, aiutandoci a vicenda a ignorare i suoni che ci echeggiavano in testa e i lividi freschi sul corpo.
Di colpo la sua figura indistinta si tramuta nella Forma Eroica della Volpe a Nove Code. Gelide dita metalliche mi stringono il viso e mi rimettono in piedi con uno strattone. Bianchi occhi ardenti si fissano nei miei.
«Diventa il loro incubo, Wu Zetian.»
Lo stridio delle sirene d’allarme Hundun mi sveglia di colpo.
Mi metto a sedere cosparsa di sudore freddo. La luce che filtra oltre la porta è diventata rossa.
Non è la prima volta che parte l’allarme da quando sono stata rinchiusa qui – innescare nuove trasformazioni nelle Crisalidi potenti scatena sempre ulteriori attacchi – ma è il primo da quando Li Shimin e l’Uccello Vermiglio hanno avuto le loro due settimane piene per ricaricarsi. Mi ricordo in un lampo i membri maschili della mia famiglia accalcati attorno al tavolo da pranzo, a guardare la sua ultima battaglia. Divertente che un ricordo nato per venire scartato possa diventare così tanto significativo.
Con gli occhi fissi sull’ammasso di vesti nell’ombra, mi alzo. Come al solito il dolore mi trapassa i piedi, ma il freddo lo ha lievemente attenuato e ha impedito che si infettassero. Raccolgo le stoffe. Per una manciata di secondi le fisso, le impasto. Poi invece di stringermele attorno al collo e tirare me le infilo sul corpo.
Quando la porta si apre di lato con un cigolio sono lì, pronta, subito faccia a faccia con i soldati. Che fanno un balzo indietro.
Tendo le mani senza espressione. Piego soltanto la testa.
La mia condiscendenza sembra innervosirli più che se scalciassi e gridassi. Con sguardo sospettoso mi ammanettano le braccia dietro la schiena e mi trascinano fuori. Dopo essere rimasta chiusa in una cella gelida per così tanto tempo mi fa male ogni movimento, e il dolore che procura camminare mi fa letteralmente vedere le stelle, ma non lascio che mi si legga in volto.
Stivali a passo di marcia. Corridoi di metallo. Sirene a tutto volume. Luci lampeggianti rosse. Ascensore dal clangore metallico.
Le porte si aprono sferragliando sull’esterno, facendo entrare un fascio di luce pallida e fresca umidità.
Sussulto per il fastidio agli occhi, ma tremo e faccio un respiro profondo, inspirando ampie boccate d’aria fresca. Il mio sguardo impiega qualche momento ad abituarsi. La nebbia fitta ha consumato il paesaggio. Ovviamente. Gli Hundun non attaccano mai se non c’è qualcosa che impedisca la visuale, perché non hanno bisogno del vantaggio visivo come noi.
I soldati mi fanno percorrere un ponte d’attracco di grate metalliche, come quello che conduceva alla Volpe a Nove Code. Eccetto che questo qui è costruito talmente in alto che le nostre teste quasi sfiorano il loft della torre di guardia sopra di noi.
Quando vedo l’Uccello Ver...