Il progetto di codice marittimo del procidano Michele De Jorio
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Il progetto di codice marittimo del procidano Michele De Jorio

Informazioni su questo libro

Quando il 18 gennaio 2021 Procida si è vista attribuire l'ambizioso titolo di Capitale della Cultura per l'anno 2022 si è voluto senza dubbio premiare anche l'identità marinara di una comunità caratterizzata, da secoli, dal suo indissolubile legame con il mare. L'isola, proprio grazie alla sua collocazione geografica, è stata sempre fucina di mestieri legati all'economia del mare (pescatori, marinai, barcaioli, padroni di nave) e tale circostanza può considerarsi sufficiente a stabilire un rapporto tra le attività economiche e la loro regolamentazione.
"Un'isola che non isola", che ha sempre guardato oltre i suoi confini, conquistandosi un peso e un ruolo nella storia sociale, culturale, politica ma anche, e soprattutto, marittima prima nel panorama degli stati italiani e poi della nazione. Nella sua lunga storia marittima ha naturalmente conosciuto anche i rischi legati al mare che nel Cinquecento imposero all'isola un'architettura difensiva. Dopo le incursioni barbaresche nel golfo di Napoli nel 1534, 1544 ad opera di Khair ad-d?n detto il "Barbaróssa", e di Sinan Pascià nel 1551, 1558 e 1561, il duca d'Alcalà Don Perafan de Rivera nel 1563 decretò la ristrutturazione e la costruzione di torri di avvistamento. In quegli anni fu realizzato palazzo D'Avalos e al posto della medievale Terra Casata nasceva la Terra Murata un organismo urbano fortificato cui si aggiunsero, fuori dalle mura, i vari borghi abitati dell'isola. Il mare, i porti, le spiagge in quei secoli non erano sicuri e per far fronte ai rischi della pirateria, sulla scia di analoghe iniziative, nel 1617 i padroni di barche della Marina di Sancio Cattolico decisero di fondare un Monte di mutuo soccorso e una chiesa intitolata a Maria SS.ma della Pietà, San Giovanni Battista e San Leonardo. Obiettivo delle somme raccolte dal nuovo ente laicale e investite in immobili era la tutela della gente di mare con il riscatto dei marinai in schiavitù, la sepoltura e l'assistenza agli anziani, alle vedove e la dote alle fanciulle più povere. Di quell'antica storia del Monte dei Marinai, ancora oggi attivo, rimangono le riggiole murate sulle facciate delle case di proprietà dell'ente nella zona di Sancio Cattolico. La creazione del Pio Monte era molto innovativa per l'epoca e dal suo Statuto possono evincersi profili giuridici economici e sociali ai quali è opportuno rivolgere attenzione in quanto rappresentano una forma " ante litteram " dell'odierno Welfare marittimo. Procida può, a pieno titolo, essere ricordata dagli studiosi del diritto della navigazione perché annovera tra i suoi illustri concittadini un insigne giurista: Michele De Jorio, avvocato e magistrato del foro napoletano poi presidente del Sacro Regio Consiglio, che si occupò, sin dalla giovane età, di economia e diritto marittimo. Il De Jorio è degno di essere ricordato come colui a cui, il 20 dicembre 1779, Sua Maestà Ferdinando IV di Borbone, diede incarico di compilare un testo che raccogliesse i capitoli, gli usi, i regolamenti, le ordinanze e leggi di navigazione e di commercio del Regno di Napoli. Alfonso Mignone, salernitano, è avvocato specializzato in diritto della navigazione e dei trasporti e, trascinato dalla passione per la storia marittima, ha pubblicato diversi saggi sull'argomento. Per Passerino editore ha già pubblicato, nel 2020, il saggio giuridico La tutela comunitaria del passeggero tra normativa e giurisprudenza e lo studio di storia marittima Navi e porti della Badia di Cava.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2022
eBook ISBN
9791221318241
Argomento
Historia

Capitolo 1

Dal diritto marittimo consuetudinario alla codificazione

Le radici del diritto marittimo sono legate ad una tradizione molto risalente nel tempo e le fonti di questa disciplina giuridica si rinvengono nei testi che hanno raccolto le antiche consuetudini.
Anche il diritto commerciale deve molto al diritto marittimo perchè è proprio dal commercio via mare che si consolidarono gli usi e le prassi che assursero a ius mercatorum [1] .
Regole e tradizioni giuridiche direttamente connesse alla navigazione per mare sono state qualificate come lex maritima, termine con cui i giuristi hanno inteso definire quell’insieme di consuetudini, convenzioni, usanze e pratiche generalmente accettate tra i mercanti e basate sul principio di buona fede, risalenti ai tempi più antichi.
Nel medioevo, al complesso delle tradizioni mercantili marittime, di antichissima e lunghissima memoria, derivanti dal diritto rodio – romano e conservate nella prassi non solo bizantina ma anche musulmana, si sostituisce un nuovo complesso di regole ove le norme preesistenti vengono inglobate a titolo di Consuetudo [2] .
La convenienza e il senso comune di giustizia della classe mercantile permisero un’uniforme regolazione dei rapporti tra mercanti e naviganti in tutte le nazioni del mondo civile, sottomettendole all’applicazione di un unico diritto sostanziale e ampia autonomia nella risoluzione delle controversie affidate a giudici speciali, spesso denominati Consoli [3] .
Le dispute in materia marittima venivano decise secundum legem maritimam, ossia in conformità ad usi generalmente riconosciuti e applicati dai naviganti in ossequio all’essenziale esigenza di rapidità della decisione: non era infrequente che al fine di evitare il deperimento delle merci trasportate la lite fosse definita finanche nell’intervallo tra una marea e l’altra, giacché detto periodo temporale sovente corrispondeva all’arrivo e alla successiva ripartenza della nave dal porto.
Se nel medioevo il diritto marittimo appare ancora molto legato a tali principi cambia notevolmente lo scenario con l’approssimarsi dell’età moderna.
Dopo la Pace di Vestfalia del 1648, che determinò un nuovo assetto geopolitico del Vecchio Continente, germogliarono i diritti nazionali positivi, di tradizione romanistica, che diedero vita al Civil Law ai quali si contrapposero quelli di tradizione anglosassone di Common Law, sviluppatosi dal diritto pretorile romano e dallo Jus gentium, che apporterà un rilevante contributo alla formazione del diritto marittimo uniforme [4] .
Proprio dal concetto di Stato Moderno discenderà la preminenza della Lex, emanazione del potere absolutus del sovrano, considerata principale fonte giuridica, ed il conseguente regresso della Consuetudo. Quest’ultima manterrà, invece, un carattere di primo piano nell’ordinamento internazionale.
Infatti, a seguito della trasformazione dello ius commune medievale in diritto nazionale si gettarono le basi per la formazione di tre grandi ordinamenti giuridici come quello francese, tedesco e inglese.
Tali cambiamenti furono incoraggiati dal manifestarsi di “effervescenze” rivoluzionarie nel continente americano e nella Francia del secolo XVIII e dalla successiva preminenza dei testi costituzionali redatti per iscritto.
Se contestualmente alla nascita della lex maritima, si affermò il principio per cui le controversie insorte tra membri di una corporazione mercantile dovevano giudicarsi da parte di pari, senza l’intervento del potere pubblico, con l’avvento degli Stati Assoluti e delle grandi Monarchie, la classe mercantile cessa di essere artefice del proprio diritto e il diritto commerciale diviene monopolio statale, rientrando negli angusti confini nazionali e perdendo tutta la vocazione universale che l’aveva contraddistinto nell’epoca precedente.
Il principio di statualità del diritto fa regredire le consuetudini all’ultimo posto nella gerarchia delle fonti e segna una battuta d’arresto allo sviluppo della lex mercatoria cristallizzandosi nelle promulgazioni di codici di commercio con i quali ciascuno Stato impone una propria visione del merchant law.
Il diritto marittimo, per citare il compianto Francesco Berlingieri, è sorto inizialmente come diritto uniforme [5] attraverso elaborazioni più o meno sistematiche ed aggiornate, dichiarate valide ed effettivamente adottate per la disciplina giuridica del mare al fine di assicurare l’applicazione di un’unica normativa ai traffici che si svolgevano in una determinata regione, quale il Bacino del Mediterraneo o il Mare del Nord, sviluppandosi in modo totalmente autonomo dal diritto comune nazionale [6] .
Questa sua autonomia, dovuta alla sua uniformità di applicazione internazionale, oltre che al modo della sua creazione, è stata mantenuta in molte regioni, mediante l’attribuzione della competenza giurisdizionale a giudici specializzati, con esclusione dei giudici ordinari, e applicata negli arbitrati in materia commerciale marittima.
Come affermato dall’internazionalista Vismara, nel diritto del mare la creazione alto-medievale consiste proprio nell’adeguamento di sistemi e istituti antichi ad una realtà storica profondamente diversa per ordinamenti politici, per organizzazione internazionale, per condizioni economiche, per la tecnica stessa della navigazione [7] . Il mare non appartiene più al publicum iuris gentium, come definito dai compilatori giustinianei, ma diventa territoriale, possesso di uno Stato o di un singolo soggetto giuridico.
Le regole consuetudinarie e giurisprudenziali, che trattano i principali rapporti relativi al commercio marittimo, per citare il Casaregi [8] , non possono, per la loro natura, essere definite accordi “internazionali” nel significato attuale dell’espressione che presuppone Stati - parte indipendenti e sovrani, a differenza del periodo medievale caratterizzato dall’autorità dell’Impero e del Papato [9] .
Secondo Giorgio Righetti [10] con l’età moderna si assiste ad una fase storica i cui risultati e le cui conseguenze si perpetuano fino ad oggi. Se le norme di carattere amministrativo sul funzionamento dei vari organi cui localmente erano affidate le cure degli affari marittimi promanavano dai vari Consolati e Ammiragliati, quelle privatistiche erano modellate su precetti e consuetudini vigenti, con lievi differenze da mare a mare e da porto a porto, ma sostanzialmente coincidenti nel nord e nel sud, nell’Atlantico, nel Baltico e nel Mediterraneo, da occidente a oriente.
Ripercorrendo le complesse vicende che segnarono l’evoluzione della consuetudine in diritto positivo, si può solo azzardare che l’inizio della moderna codificazione in materia marittima avvenne con la diffusione internazionale del Llibre de Consolat de Mar di Barcellona del 1476 [11] e il primo vero tentativo di raccolta di leggi in materia fu quello svedese attraverso un’Ordinanza generale sulla Marina promulgata da Carlo XI del 1667 [12] .
La prima ad essere non limitata alla pura e semplice raccolta di norme in vigore, ma volta ad introdurre profonde innovazioni, è l’ Ordonnance de Louis XIV, donnée au mois d’aôut 1681, touchant la marine, una legislazione organica della materia commerciale, che si fa portatrice di una nuova idea del commercio, non più libero e illimitato, bensì soggetto ai limiti e alla regolamentazione statale, dalla quale scaturisce che l’esercizio del commercio diviene privilegio subordinato alla concessione del sovrano.
Predisposta da Jean Baptiste Colbert, ministro della Marina mercantile francese, si ispirava agli usi e agli statuti delle Province Unite (corrispondenti agli attuali Paesi Bassi) codificando in maniera completa e organica l’insieme delle regole e gli usi all’epoca vigenti nell’ambito del commercio marittimo e della navigazione.
L’Ordinanza era divisa in cinque libri, a loro volta suddivisi in parti e capitoli: 1. Degli ufficiali dell’ammiragliato, 2. Della gente di mare e imbarcazioni marittime, 3. Dei contratti marittimi, contratti di noleggio, ingaggio e compenso dei marinai, prestiti, assicurazioni, 4. Della polizia dei porti, delle coste, delle rade e dei litorali, 5. Della pesca in mare.
A questo impianto originario venne aggiunta, nell’aprile del 1689, un’ordinanza riguardante la marineria e gli arsenali navali.
Rinnovata il 25 marzo 1765, fu il primo esempio di incorporazione della lex maritima in una legislazione nazionale.
Trattasi del primo vero sforzo di moderna codificazione, rivolto non solo ad accogliere in un corpus unico la moltitudine delle regole vigenti [13] , ma anche a conferire sistematicità alla materia di diritto del mare.
Nell’ordinamento francese, dunque, svanisce la distinzione tra normativa atlantica e normativa mediterranea, si configurarono leggi uniformi e seguirono altri tentativi di codificazione del diritto marittimo; eppure, il movimento di uniformazione del diritto del mare prenderà forma proprio ispirandosi all’ordinamento anglosassone.
Nella codificazione del XVIII e XIX secolo, pur su matrici comuni, le leggi nazionali si vennero maggiormente differenziando l’una dall’altra e furono gradatamente abolite le giurisdizioni speciali. All’esempio francese, dove le corti dell’Ammiragliato verranno abolite durante il periodo rivoluzionario segue quello inglese dove la lotta secolare tra le Corti di Common Law e la High Court of Admiralty [14] ebbe termine con l’assorbimento di quest’ultima nella High Court of Justice.
Con il processo di codificazione il ceto mercantile non fu più artefice del proprio dir...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il progetto di codice marittimo del procidano Michele De Jorio
  3. Indice dei contenuti
  4. Nota dell'Autore
  5. Premessa
  6. Capitolo 1
  7. Capitolo 2
  8. Capitolo 3
  9. Capitolo 4
  10. Capitolo 5
  11. Capitolo 6
  12. Capitolo 7
  13. Capitolo 8
  14. Appendice
  15. Bibliografia