Note
Introduzione
1 G.E.M. de Ste Croix, The Class Struggle in the Ancient Greek World, London 1981, ha raccolto in una citatissima appendice del suo libro la maggior parte delle fonti relative a questo problema. Dopo di allora sono apparsi alcuni importanti sguardi d’insieme, sempre però di dimensioni relativamente ridotte, come L. Cracco Ruggini, I barbari in Italia nei secoli dell’Impero, in Magistra barbaritas. I barbari in Italia, Milano 1984, pp. 3-51, e Y. Modéran, L’établissement de Barbares sur le territoire romain à l’époque impériale (Ier-IVe siècle), in La mobilité des personnes en Méditerranée de l’Antiquité à l’époque moderne. Procédures de contrôle et documents d’identification, a cura di C. Moatti, Roma 2004, pp. 337-397. Si veda anche, per la più tarda età giustinianea, F. Goria, Romani, cittadinanza ed estensione della legislazione imperiale nelle costituzioni di Giustiniano, in La nozione di «Romano» tra cittadinanza e universalità, Roma 1984, pp. 277-342.
2 C. Moatti, Mobilità nel Mediterraneo: un progetto di ricerca, in «Storica», 27 (2003), p. 110. La terminologia dell’immigrazione è ormai entrata ampiamente nell’uso degli antichisti; per alcuni esempi recenti cfr. G. Wirth, Rome and its Germanic Partners in the Fourth Century, in Kingdoms of the Empire. The Integration of Barbarians in Late Antiquity, a cura di W. Pohl, Leiden-New York-Köln 1997, pp. 13-55, e C.R. Whittaker, The Use and Abuse of Immigrants in the Later Roman Empire, in Id., Rome and its Frontiers. The Dynamics of Empire, London-New York 2004, pp. 199-218, nonché il tema scelto per il XVI Convegno su L’Africa Romana, tenuto a Rabat il 15-19 dicembre 2004: Mobilità delle persone e dei popoli, dinamiche migratorie, emigrazioni ed immigrazioni nelle province occidentali dell’impero romano. L’influenza che i problemi odierni dell’immigrazione e della cittadinanza esercitano sulla nostra percezione di questo argomento è apertamente discussa nei contributi citati; cfr. anche J.-M. Carrié – A. Rousselle, L’Empire romain en mutation. Des Sévères à Constantin, 192-337, Paris 1999, p. 29.
3 Con un’eccezione rilevante: non tratteremo qui quella che è stata definita l’«immigrazione forzata» degli schiavi (C. Nicolet, Il modello dell’Impero, in Storia di Roma, IV, Caratteri e morfologie, Torino 1989, p. 460) e che per ovvie ragioni richiederebbe una trattazione a sé stante.
4 Cfr. C.R. Whittaker, Les Frontières de l’Empire romain, Besançon-Paris 1989; Id., Le frontiere imperiali, in Storia di Roma, III, L’età tardoantica, 1: Crisi e trasformazione, Torino 1993, pp. 369-423; Id., Frontiers of the Roman Empire. A Social and Economic Study, Baltimore-London 1994; Frontières d’Empire. Nature et signification des frontières romaines, a cura di P. Brun, S. van der Leeuw, C.R. Whittaker, Nemours 1993; Frontières terrestres, frontières célestes dans l’Antiquité, a cura di A. Rousselle, Perpignan 1995; H. Elton, Frontiers of the Roman Empire, Bloomington 1996; Shifting Frontiers in Late Antiquity, a cura di R.W. Mathisen e H.S. Sivan, Aldershot 1996; The Transformation of Frontiers – from Late Antiquity to the Carolingians, a cura di W. Pohl, I. Wood e H. Reimitz, Leiden-Boston 2000; e da ultimo Whittaker, Rome and its Frontiers cit.
5 La bibliografia specialistica sulla frontiera nelle aree orientali e africane è particolarmente vasta; per un primo approccio cfr. E. Frézouls, Les fluctuations de la frontière orientale de l’Empire romain, in La Géographie administrative et politique d’Alexandre à Mahomet, Strasbourg 1981, pp. 177-225; B. Isaac, The Limits of Empire. The Roman Army in the East, Oxford 19922; D. Cherry, Frontier and Society in Roman North Africa, Oxford 1998; oltre alle opere citate sotto, nota 21.
6 È questo l’esito più significativo del dibattito sull’esistenza di una «grande strategia dell’impero romano», aperto dalla pubblicazione di E.N. Luttwak, La grande strategia dell’impero romano, Milano 1981 (ed. or. 1976); cfr. Isaac, The Limits of Empire cit., sp. pp. 372-418 («Frontier Policy – Grand Strategy?») e C.R. Whittaker, Where are the frontiers now?, in The Roman Army in the East, a cura di D. Kennedy, Ann Arbor 1996, pp. 38 sg. (saggio poi sviluppato col titolo Grand strategy, or just a grand debate?, in Id., Rome and its Frontiers cit., pp. 28-49).
7 Cfr. U. Asche, Roms Weltherrschaftsidee und Aussenpolitik in der Spätantike im Spiegel der Panegyrici Latini, Bonn 1983, pp. 29-47; G. Forni, ‘Limes’: nozioni e nomenclature, in Il confine nel mondo classico, a cura di M. Sordi, Milano 1988, pp. 272-294; B. Isaac, The Meaning of the Terms «Limes» and «Limitanei», in «Journal of Roman Studies», 78 (1988), pp. 125-147. Sulla struttura materiale delle fortificazioni di confine, oltre alla serie dei cosiddetti Limeskongresse, cfr. J. Napoli, Recherches sur les fortifications linéaires romaines, Roma 1997.
8 Cfr. J. Klose, Roms Klientel-Randstaaten am Rhein und an der Donau, Breslau 1934; M. Lemosse, Le Régime des relations internationales dans le Haut-Empire Romain, Paris 1967; D. Braund, Rome and the Friendly King, London 1984; W. Will, Römische Klientelrandstaaten am Rhein? Eine Bestandaufnahme, in «Bonner Jahrbücher», 187 (1987), pp. 1-62; L.F. Pitts, Relations between Rome and the German ‘Kings’ on the Middle Danube in the First to Fourth Centuries AD, in «Journal of Roman Studies», 79 (1989), pp. 45-58; E. Paltiel, Vassals and Rebels in the Roman Empire. Julio-Claudian Policies in Judaea and the Kingdoms of the East, Bruxelles 1991; P.J. Heather, The Late Roman Art of Client Management: Imperial Defence in the Fourth Century West, in The Transformation of Frontiers cit., pp. 15-68; T. Gnoli, Dalla hypateia ai phylarchoi: per una storia istituzionale del limes arabicus fino a Giustiniano, in Ravenna da capitale imperiale a capitale esarcale, Atti del XVII Congresso internazionale di studio sull’alto medioevo, Spoleto 2005, pp. 495-536; nonché i saggi raccolti nel citato volume Kingdoms of the Empire.
9 Cfr. Asche, Roms Weltherrschaftsidee cit., e per un’analisi più dettagliata, sotto, capp. VII-X.
10 Lemosse, Le Régime des relations internationales cit., pp. 46-50; nello stesso senso vanno le incertezze dei giuristi circa l’applicazione del postliminium sul territorio degli alleati, ivi, pp. 9 sg.
11 Procopio, De aed., III.3.9-11. La traduzione di questo brano in Whittaker, Le frontiere imperiali cit., p. 382, è fuorviante.
12 Per un’analisi di questa discussione cfr. Lemosse, Le Régime des relations internationales cit., pp. 9 sg.; sul postliminium cfr. anche sotto, cap. XII, nota 10.
13 Cfr. rispettivamente Elio Aristide, Elogio di Roma, 100 (cit. da P. Veyne, L’Empire gréco-romain, Paris 2005, p. 245), e SEG IX.356.
14 Gerolamo, Vita Malchi, 3; Itin. Egeriae, XX.12. Il confine, peraltro, poteva essere attraversato quando i rapporti fra i due imperi erano più distesi, e non solo da mercanti, giacché è documentata una discreta circolazione di pellegrini, ecclesiastici e studiosi cristiani ed ebrei: A.D. Lee, Information and Frontiers. Roman Foreign Relations in Late Antiquity, Cambridge 1993, pp. 54-66.
15 Ammiano Marcellino, XVIII.5.3. Sugli stationarii cfr. C. Moatti, Le contrôle de la mobilité des personnes dans l’Empire romain, in «Mélanges de l’Ecole française de Rome», 112 (2000), pp. 936-937 e nota, e la bibliografia ivi citata.
16 Tacito, Hist. IV.64. Sulle restrizioni imposte ai commerci fra romani e barbari cfr. E.A. Thompson, Romans and Barbarians, Madison, Wisconsin, 1982, pp. 10-15, e Moatti, Le contrôle cit., p. 935. Gli studiosi che, come H. Elton (Defining Romans, Barbarians, and the Roman Frontier, in Shifting Frontiers in Late Antiquity cit., pp. 126-135), sostengono la tesi di una sostanziale libertà di movimento individuale attraverso le frontiere, trascurano il fatto che le restrizioni servivano a incanalare, non a impedire, il commercio: è possibile citare innumerevoli esempi di uomini e merci che attraversavano le frontiere, ma questo non significa che tale movimento non fosse soggetto a sorveglianza.
17 Tacito, Germ. 41; Cassio Dione, LXXII.11, 15, 19, LXXIII.2. Cfr. M. Stahl, Zwischen Abgrenzung und Integration. Die Verträge der Kaiser Mark Aurel und Commodus mit den Völkern jenseits der Donau, in «Chiron», 19 (1989), sp. pp. 302, 309-310. La concentrazione degli scambi in pochi luoghi sorvegliati rispondeva anche alla necessità del prelievo doganale, che colpiva molto pesantemente le importazioni, e del controllo sulle merci esportate dai mercanti romani, su cui gravavano com’è noto molteplici divieti giustificati con motivazioni di sicurezza: cfr. J.-M. Carrié, 1993: ouverture des frontières romaines?, in Frontières terrestres, frontières célestes cit., pp. 50 sg.
18 Le clausole commerciali in vigore prima e dopo il trattato del 369 sono evocate da Temistio, X.10-11; per l’elogio di Valente «padre dei Goti», ivi, 5-6; cfr. Libanio, LIX. 89-90, e per il contesto e la bibliografia sotto, capitoli VII-IX.
19 Erodiano, IV.10.4.
20 S.N.C. Lieu, Captives, refugees and exiles: a study of cross-frontier civilian movements and contacts between Rome and Persia from Valerian to Jovian, in The Defence of the Roman and Byzantine East, a cura di P. Freeman e D. Kennedy, Oxford 1986, pp. 491-494; per il trattato del 298, Petrus Patricius, fr. 14; per l’editto del 408/9, CJ IV.63.4; per un’analisi di queste disposizioni e della loro effettiva applicabilità, Lee, op. cit., pp. 62-65, e E. Winter – B. Dignas, Rom und das Perserreich. Zwei Weltmächte zwischen Konfrontation und Koexistenz, Berlin 2001, pp. 205-216.
21 Moatti, Le contrôle cit., ...
