
- 188 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Sulla tolleranza
Informazioni su questo libro
«In questo splendido libro, Michael Walzer torna a un tema, già caro a Locke e a Stuart Mill, che continua a essere la questione cruciale di ogni ordinamento liberale: come affrontare in modo civile la differenza, sia essa fra razze o fra culture, di genere o di classe? Si tratta di una questione che ha un nuovo rilievo nelle società postmoderne, così frammentate. Walzer ne dà una sua lettura, lucida, evocativa e scevra da dogmatismi, con un esempio raro di come la leggerezza dello stile si possa combinare alla profondità del pensiero. Un libro delizioso e provocatorio!» Ralf Dahrendorf
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Sulla tolleranza di Michael Walzer, Rodolfo Rini in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Filosofia e Filosofia politica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Argomento
FilosofiaCategoria
Filosofia politica1.
Atteggiamenti personali
e assetti politici
Incomincia sempre con una negazione, mi ha detto una volta un mio vecchio insegnante;
dì innanzitutto ai tuoi lettori quello che non intendi fare: servirà a tranquillizzarli, e il fatto che il tuo progetto appaia loro
più modesto li aiuterà ad accettarlo. Ebbene, seguirò il suo suggerimento aprendo
il mio saggio sulla tolleranza con un paio di distinzioni negative. Innanzitutto non
intendo porre al centro dell’attenzione la tolleranza verso gli anticonformisti o
gli eccentrici presenti nella società civile o nello stato. È vero che con ogni probabilità
i diritti individuali stanno alla radice di ogni tipo di tolleranza; ma a me tali
diritti interessano principalmente quando sono esercitati in comune (all’interno di
associazioni di volontariato, di comunità religiose e di associazioni culturali o
anche in sede di autogoverno delle comunità) o quando vengono rivendicati dai gruppi
per conto dei loro membri. L’individuo eccentrico, data la natura solitaria della
sua differenza, è facilmente tollerabile; e nello stesso tempo l’insofferenza e la
ripugnanza sociale per l’eccentricità, pur essendo certamente sgradevoli, non sono
poi così pericolose. La posta in gioco è molto più alta, invece, quando si tratta
di misurarsi con gruppi eccentrici o dissidenti.
Al centro della mia attenzione non porrò neppure la tolleranza politica, che riguarda
movimenti e partiti di opposizione. Questi ultimi sono concorrenti nella conquista
del potere politico e rappresentano una necessità dei regimi democratici, i quali
esigono, letteralmente, che ci siano dei leader alternativi (con programmi alternativi),
anche nell’ipotesi in cui questi siano destinati a non vincere mai le elezioni. Essi
sono colleghi, un po’ come i giocatori della squadra avversaria in una partita di
pallacanestro: senza di loro non ci può essere partita, sicché essi hanno il diritto
di segnare punti e, se vi riescono, di vincere. I problemi nascono solo nel caso in
cui vi siano persone che vogliano disturbare o interrompere la partita, pur invocando
nello stesso tempo i diritti dei giocatori e la protezione delle regole. Questi problemi,
per quanto spesso di difficile soluzione, non hanno molto a che fare con la tolleranza
della differenza, insita nella politica democratica. Essi riguardano invece la tolleranza
del disordine (o dei pericoli di disordine), che è tutta un’altra cosa.
Così, vietare a un partito programmaticamente antidemocratico di partecipare a elezioni
democratiche significa essere non già intolleranti della differenza, ma semplicemente
prudenti. Le questioni di tolleranza, in effetti, emergono di solito molto prima della
sfida per il potere, e cioè quando si forma la comunità religiosa o il movimento ideologico,
da cui questo partito è nato. A questo stadio i suoi membri semplicemente vivono tra
noi, e si differenziano da noi in quanto illiberali o antidemocratici. Noi abbiamo
il dovere di tollerare la loro predicazione e le loro pratiche? E se l’abbiamo (come
io credo), fino a che punto deve estendersi la nostra tolleranza?
Io mi occupo della tolleranza che ha per oggetto differenze culturali, religiose e
di modi di vita – cioè della tolleranza che si esercita quando coloro con cui abbiamo
a che fare non sono nostri avversari, non giocano la nostra stessa partita e coltivano
o praticano differenze di cui non sussiste alcuna necessità intrinseca. Una molteplicità
di gruppi etnici o di comunità religiose non costituisce una necessità neppure per
una società liberale, la quale, infatti, può esistere e fiorire anche in una situazione
di omogeneità culturale. In opposizione a quest’ultima affermazione, tuttavia, recentemente
si è argomentato che l’ideale liberale dell’autonomia individuale può trovare realizzazione
soltanto in una società «multiculturale», in cui la presenza di culture diverse consente
di effettuare una scelta significativa1. In realtà degli individui autonomi possono scegliere anche tra occupazioni e professioni
diverse, tra potenziali amici e partner da sposare, tra dottrine, partiti e movimenti
politici, tra modelli di vita urbani, rurali e suburbani, tra forme culturali intellettualmente
elevate, medie o rozze, e così via. A quanto sembra, non c’è nessuna ragione per cui
l’autonomia non possa trovare spazio sufficiente all’interno di un gruppo culturalmente
omogeneo.
Né si può dire che un gruppo di questo tipo richieda necessariamente, alla stregua
di un partito politico, l’esistenza di altri gruppi analoghi. Dove il pluralismo è
un fatto sociale, come solitamente è, alcuni gruppi competono con gli altri cercando
adepti o fautori tra le persone poco o nulla impegnate. Ma il loro obiettivo primario
è quello di accreditare e sostenere un modo di vita tra i loro membri, di riprodurre
la propria cultura o la propria fede nelle generazioni successive. La loro azione
si rivolge in prima istanza all’interno del gruppo stesso di cui fanno parte – che
è esattamente ciò che i partiti politici non possono fare. Nello stesso tempo tali
gruppi hanno bisogno di uno spazio sociale ampio (al di fuori di quello familiare)
in cui possano organizzare le assemblee, le pratiche di culto, le discussioni, le
celebrazioni, l’aiuto reciproco, l’istruzione e così via.
Ebbene, che cosa significa tollerare gruppi di questo tipo? Come atteggiamento o come
orientamento mentale, la tolleranza può essere descritta in molti modi. Il primo,
che riflette le origini della tolleranza religiosa nel Cinquecento e nel Seicento,
la considera semplicemente un’accettazione rassegnata della differenza per amor di
pace. Gli uomini si uccidono l’un l’altro per anni e anni finché insorge la pietà
e la violenza si arresta: a questo punto si parla di tolleranza2. Ma c’è anche un continuum di forme di accettazione più sostanziali. Un secondo atteggiamento
possibile è quello di passiva, rilassata e benevola indifferenza nei confronti della
differenza: «Per fare il mondo ci vuole di tutto». Una terza posizione è quella che
discende da un tipo di stoicismo morale e consiste nel riconoscere per ragioni di
principio che gli «altri» hanno dei diritti, anche se poi li esercitano in modi che
non ci piacciono3. Un quarto atteggiamento esprime apertura agli altri, curiosità, forse perfino rispetto:
in una parola, disponibilità ad ascoltarli e a imparare da loro. Nel punto estremo
di questo continuum c’è l’approvazione entusiastica della differenza: essa può essere
di tipo estetico, quando si crede che la differenza rappresenti sul piano culturale
la ricchezza e la varietà delle creature di Dio o del mondo naturale; oppure di tipo
funzionale quando, come nell’argomentazione liberale della multiculturalità, si vede
nella differenza la condizione necessaria di uno sviluppo pieno e rigoglioso dell’umanità,
ciò che offre a uomini e donne una gamma di scelte capace di dar senso alla loro autonomia4.
Ma forse quest’ultimo atteggiamento esula dal mio tema: come si può dire che io tollero
una cosa, se in realtà la sottoscrivo? Se è mio desiderio che gli altri vivano accanto
a me all’interno della mia società, io in realtà non li tollero, li sostengo. Ciò
non significa, però, che io necessariamente sottoscriva questa o quella versione dell’alterità.
Posso benissimo preferirne un’altra, culturalmente o religiosamente più vicina alle
mie pratiche e alle mie credenze (ma anche, perché no?, una più lontana ed esotica
e quindi meno concorrenziale e minacciosa). In ogni società pluralistica, peraltro,
ci saranno sempre persone che, per quanto assolutamente convinte del pluralismo che
professano, troveranno alquanto difficile convivere con qualche differenza particolare,
sia essa una forma di culto, un ordinamento dell’istituzione familiare, una regola
dietetica, una pratica sessuale o un tipo di abbigliamento. Pur sostenendo l’idea
della differenza in astratto, tali persone, poste di fronte a precise differenze concrete,
si limitano a tollerarle. Tuttavia vengono giustamente considerate tolleranti anche
persone che non incontrano tale difficoltà: esse fanno posto senza alcuna fatica a
uomini e donne di cui non accettano le credenze né intendono imitare le pratiche;
convivono con un’alterità di cui approvano la presenza nel mondo, ma che resta nondimeno
un elemento estraneo alla loro esperienza, qualcosa di alieno e stravagante. Tutte
le persone che riescono a comportarsi così, indipendentemente dalla loro collocazione
sul continuum formato da rassegnazione, indifferenza, accettazione stoica, curiosità
ed entusiasmo, io dirò che possiedono la virtù della tolleranza.
Come vedremo, una caratteristica di tutti i regimi che praticano bene la tolleranza
è che non dipendono da una forma particolare di questa virtù: cioè, non c’è bisogno
che tutti i loro componenti si collochino in un punto particolare del continuum. Di
fatto accade che, mentre alcuni regimi riescono meglio nell’intento facendo leva sulla
rassegnazione, sull’indifferenza o sullo stoicismo, altri hanno bisogno di stimolare
la curiosità o l’entusiasmo; personalmente, però, non credo nella possibilità di identificare
tendenze sistematiche lungo queste direttive. Nemmeno la differenza tra regimi più
collettivistici e regimi più individualistici trova riscontro negli atteggiamenti
particolari che essi richiedono. Ma non è forse vero che la tolleranza è più stabile
se le persone hanno raggiunto un punto più avanzato in quel continuum? Non è compito
delle scuole pubbliche, per esempio, cercare di promuovere un progresso in questo
senso? Di fatto, tutti questi atteggiamenti, se sono radicati a fondo, servono a consolidare
la tolleranza. Il miglior programma educativo potrebbe benissimo non comprendere nulla
più che una descrizione vivida e precisa della guerra religiosa o etnica. Senza dubbio,
però, un modo per migliorare le relazioni personali al di là dei confini culturali
potrebbe essere quello di far sì che gli individui vadano oltre quel minimo di tolleranza
che certe vivide descrizioni dell’intolleranza mirano a produrre; ma ciò è vero in
tutti i regimi. In nessuno di essi il successo politico dipende dalle buone relazioni
personali che si hanno. Alla fine, tuttavia, dovrò chiedermi se queste affermazioni
valgano anche per l’emergente versione «postmoderna» della tolleranza.
Per ora analizzerò tutti gli assetti sociali mediante i quali noi incorporiamo la
differenza, conviviamo con essa e le assegniamo una quota dello spazio sociale; lo
farò presentando tali assetti come forme istituzionalizzate di una virtù indifferenziata.
Storicamente (in Occidente) sono esistiti cinque diversi assetti politici che hanno
favorito la tolleranza, cinque modelli di società tollerante. Non pretendo che il
mio elenco sia esaustivo; mi limito a sostenere che esso comprende le possibilità
più importanti e interessanti. Ovviamente si possono considerare anche dei regimi
misti; ma inizialmente intendo descrivere in termini generali questi cinque, combinando
insieme indicazioni storiche e ideal-tipiche. Successivamente esaminerò alcuni regimi
misti, indicherò le difficoltà che i vari assetti si sono trovati ad affrontare e
infine illustrerò brevemente il mondo sociale e la percezione di sé propri degli uomini
e delle donne che oggi praticano la tolleranza (nella misura in cui effettivamente
lo fanno, giacché la tolleranza è sempre una conquista precaria). Che cosa facciamo
esattamente quando tolleriamo la differenza?
1 Joseph Raz, Multiculturalism. A liberal perspective, in «Dissent», inverno 1994, pp. 67-79.
2 Questa sazietà e i calcoli prudenziali che essa consente trovano la loro migliore
esemplificazione nei politiques francesi del Cinquecento: cfr. il breve resoconto che ne offre Quentin Skinner, Le origini del pensiero politico moderno, vol. 2, L’età della Riforma, trad. it., Il Mulino, Bologna 1989, pp. 246 sgg. e pp. 501-14.
3 Molti filosofi sono orientati a usare il termine tolleranza solo per questo atteggiamento;
in tal modo essi adottano un’accezione che corrisponde a certi usi della parola e
associa a essa l’idea che comunemente la pratica della tolleranza si accompagna a
una certa riluttanza. Questa interpretazione, però, trascura completamente l’entusiasmo
di molti profeti della tolleranza. Cfr. David Heyd (a cura di), Toleration: An Elusive Virtue, Princeton University Press, Princeton (N.J.) 1996, specialmente l’introduzione di
Heyd e il saggio di apertura di Bernard Williams.
4 Per un’analisi storica di questi atteggiamenti, cfr. Wilbur K. Jordan, The Development of Religious Toleration in England, 4 voll., Cambridge University Press, Cambridge 1932-40.
2.
Cinque regimi
di tolleranza
Gli imperi multinazionali
Gli assetti sociali più antichi sono quelli dei grandi imperi multinazionali: la Persia, l’Egitto dei Tolomei e Roma. Qui i vari gruppi costituiscono comunità autonome o semi-autonome di natura politica o giuridica non meno che culturale o religiosa, che si autogovernano in una gamma notevolmente ampia delle loro attività. Tali gruppi non hanno altra scelta che di coesistere l’uno con l’altro, poiché le loro interazioni sono governate dai burocrati imperiali sulla base di un codice, come il romano jus gentium, concepito proprio per mantenere un minimo di equità, nel senso che questo termine aveva al cuore dell’impero. Di solito, comunque, non è che i burocrati interferiscano con la vita interna delle comunità autonome per amore della equità o di qualche altro obiettivo, almeno finché tutti pagano regolarmente le tasse e regna la pace. Gli imperi multinazionali dell’antichità, quindi, tollerano modi di vita diversi e possono considerarsi regimi in cui vige la tolleranza, indipendentemente dal fatto che i membri delle varie comunità si tollerino fra loro o no.
In un regime imperiale, gli individui, volenti o nolenti, danno prova di tolleranza nelle loro interazioni quotidiane (o nella maggioranza di esse), e forse in alcuni casi imparano ad accettare la differenza, collocandosi a un certo punto del continuum precedentemente descritto. Comunque la sopravvivenza delle varie comunità dipende non già da questa accettazione, ma solo dalla tolleranza ufficiale, che viene sostenuta soprattutto per amor di pace – anche se i singoli funzionari hanno tenuto conto della differenza per i fini più disparati, taluni sono diventati famosi per essersene interessati e altri l’hanno addirittura difesa in maniera entusiastica1. Questi burocrati imperiali vengono spesso accusati di seguire la politica del divide et impera, ed effettivamente a volte la loro politica è proprio questa. Ma sarà bene ricordare che essi non sono gli...
Indice dei contenuti
- Premessa all’edizione italiana
- Prefazione*
- Ringraziamenti
- Introduzione. Come scrivere sulla tolleranza
- 1. Atteggiamenti personali e assetti politici
- 2. Cinque regimi di tolleranza
- 3. Casi complicati
- 4. Questioni pratiche
- 5. Tolleranza moderna e postmoderna
- Epilogo. Riflessioni sul multiculturalismo americano