Le donne sono umane?
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Le donne sono umane?

  1. 272 pagine
  2. Italian
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Le donne sono umane?

Informazioni su questo libro

Nel 1948 la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo ha sancito a cosa un essere umano ha diritto. Sono passati oltre cinquanta anni e sorge un dubbio: anche le donne sono umane? Catharine A. MacKinnon risponde senza esitazioni. Quel che accade alle donne ha poco a che fare con i diritti umani perché, nonostante i buoni propositi, la società, il diritto e la politica restano maschili e a molte, troppe, donne è negato il dominio di sé.«Originalità di sguardo, pensiero forte, retorica felice. Avvocata e filosofa del diritto, MacKinnon è una pensatrice radicale con mentalità riformatrice, una donna che ha fatto dell'impegno intellettuale una costante di vita. Nel tempo dai primi scritti degli anni Ottanta agli ultimi del nuovo millennio cambiano i riferimenti teorici, cambia il quadro storico, ma non cambia l'assunto di base: le donne sono assoggettate agli uomini e la sessualità è il luogo primario di esercizio del potere maschile».Dall'Introduzione di Antonella Besussi e Alessandra Facchi

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Informazioni

1. Le donne sono umane?I

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo definisce che cosa è un essere umano1. Nel 1948, essa disse al mondo ciò cui una persona, in quanto persona, ha diritto. Sono passati cinquant’anni. Le donne sono umane?
Se noi donne fossimo umane, saremmo trasportate come merce pronta a essere venduta dalla Thailandia ai bordelli di New York2? Saremmo schiave sessuali, usate a fini riproduttivi? Saremmo allevate come bestie, costrette a lavorare per tutta la nostra vita senza essere pagate, bruciate nel caso i soldi della nostra dote non siano abbastanza, o nel caso gli uomini si stanchino di noi, fatte morire di fame quando i nostri mariti muoiono (se sopravviviamo alla loro pira funebre), vendute per sesso, perché non siamo apprezzate per nient’altro? Saremmo date in sposa ai sacerdoti, in cambio di denaro per espiare i peccati della nostra famiglia, o per migliorarne le prospettive terrene? Nel caso ci fosse concesso di lavorare dietro retribuzione, saremmo costrette a svolgere i lavori più umili e saremmo sfruttate fino al punto di essere ridotte alla fame? I nostri genitali sarebbero tagliuzzati per «purificarci» (le membra dei nostri corpi sono impure?), per controllarci, per marcarci e per definire le nostre culture? Saremmo smerciate come cose destinate all’uso e all’intrattenimento sessuale, in tutto il mondo, e in qualunque forma resa possibile dall’attuale tecnologia3? Ci sarebbe impedito di imparare a leggere e a scrivere4?
Se noi donne fossimo umane, avremmo così poca voce in capitolo nelle decisioni pubbliche e nel governo dei paesi in cui viviamo5? Saremmo nascoste dietro a veli e imprigionate nelle case, ci lapiderebbero o ci sparerebbero, perché ci rifiutiamo? Saremmo picchiate a morte, o quasi, dagli uomini con i quali siamo intime? Saremmo sessualmente molestate all’interno delle nostre famiglie? Saremmo stuprate durante i genocidi per terrorizzare, espellere e distruggere le nostre comunità etniche, o stuprate durante la guerra non dichiarata che si svolge ogni giorno e in ogni paese del mondo nel cosiddetto tempo di pace6? Se le donne fossero umane, la nostra violazione sarebbe goduta dai nostri violatori? E, se fossimo umane, e queste cose accadessero, non ci sarebbe praticamente nulla da fare in proposito?
Ci vuole un bel po’ d’immaginazione – e un’attenzione risolutamente concentrata sulle eccezioni privilegiate – per vedere una donna reale dietro alle maestose garanzie di «ciò cui ognuno ha diritto». Dopo più di mezzo secolo, quale parte di «ognuno» significa noi?
L’altisonante linguaggio dell’articolo 1 incoraggia ad agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Dobbiamo essere uomini perché questo spirito ci includa? Ma forse questa è un’interpretazione troppo letterale. Se tutti dovessimo comportarci, gli uni verso gli altri, in spirito di sorellanza, gli uomini capirebbero che questo riguarda anche loro? L’articolo 23 prevede, in modo incoraggiante, un’adeguata retribuzione per chiunque lavori. E continua affermando che questo assicura una vita umanamente dignitosa per lui e per la sua famiglia. Le donne non sono pagate per il lavoro che svolgono all’interno delle loro famiglie: perché non sono ognuno, o perché ciò che fanno per le loro famiglie non è lavoro o, più semplicemente, perché noi non siamo lui? Le donne non hanno famiglie o le donne non possono avere una famiglia senza un lui? Se quel qualcuno che non è pagato affatto, o che è pagato molto meno rispetto alla giusta e favorevole remunerazione garantita, è quella stessa qualcuna che, nella vita reale, è spesso responsabile per il sostentamento della sua famiglia, quando è privata della possibilità di assicurare alla sua famiglia una vita umanamente dignitosa, non è umana? E ora che, a partire dalla promulgazione della Dichiarazione universale, ognuno ha ottenuto il diritto di partecipare al governo del proprio paese, perché la maggior parte dei governi sono gestiti degli uomini? Le donne rimangono in silenzio nelle stanze del potere perché non abbiamo una voce umana?
Un documento che adotta misure specifiche per la formazione dei sindacati, e a favore di ferie periodiche e retribuite, avrebbe potuto appellarsi alla specificità delle donne non soltanto per fare riferimento, ogni tanto, alla maternità, che tutto sommato è più riverita che tutelata. Se le donne fossero umane, la violenza domestica, l’abuso sessuale dalla nascita alla morte, prostituzione e pornografia incluse, e la sistematica denigrazione e reificazione sessuale delle donne e delle ragazze sarebbero state semplicemente omesse dal linguaggio ufficiale di questo documento?
Certo, la discriminazione sessuale è proibita. Ma come è possibile che sia stata proibita per tutto questo tempo, anche se solo come aspirazione, e che, ciononostante, tutte queste condizioni non siano state ancora concretamente immaginate come parte integrante di ciò cui ha diritto un essere umano, proprio in quanto umano? Perché il diritto delle donne di vedere la fine di queste condizioni è tuttora apertamente dibattuto sulla base di diritti culturali, diritti di espressione, diritti religiosi, libertà sessuale, libero mercato – come se le donne non fossero altro che significanti sociali, discorsi da ruffiani, feticci sacri o sessuali, risorse naturali, beni di consumo, tutto tranne che esseri umani?
Le omissioni della Dichiarazione universale non sono semplicemente semantiche. Essere una donna «non è ancora il nome di un modo di umanità»7, nemmeno in questo che è il più visionario tra i documenti sui diritti umani. Se misuriamo la realtà della situazione delle donne in tutta la sua varietà sulla base delle garanzie della Dichiarazione universale – anche se la maggior parte degli uomini non fa nemmeno questo – è molto difficile intravvedere, nella sua visione dell’umanità, il volto di una donna.
Le donne hanno bisogno di un pieno stato umano nella realtà sociale. Perciò, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo deve interpretare le modalità attraverso cui le donne sono deprivate dei diritti umani come una deprivazione di umanità. Affinché il glorioso sogno contenuto nella Dichiarazione universale si avveri, affinché i diritti umani siano davvero universali, sia la realtà che essa sfida, sia gli standard che essa afferma devono essere cambiati.
Quando le donne saranno umane? Quando?
I Questo contributo è stato pubblicato per la prima volta in Barend van der Heijden e Bahia Tahzib-Lie (a cura di), Reflections on the Universal Declaration of Human Rights. A Fiftieth Anniversary Anthology, The Hague-Boston-Cambridge, Mass., 1999, pp. 171 sgg.
1 The Universal Declaration of Human Rights, G.A. Res. 217, U.N. GAOR, 3rd Sess., at 72-76, U.N. Doc. A/810 (1948). Tutte le citazioni dalla Dichiarazione sono tratte da questo documento.
2 Per i dati a sostegno delle affermazioni circa la violenza contro le donne riportate in quest’analisi, si veda Radhika Coomaraswamy, Report Submitted by the Special Rapporteur on Violence Against Women, Its Causes and Consequences, Commission on Human Rights, 50th Sess., Agenda Item 11(a), U.N. Doc. E/CN.4/1995/42 (1995); Ead., Report of the Special Rapporteur on Violence Against Women, Its Causes and Consequences, U.N. ESCOR Hum. Rts. Comm’n, 52d Sess., Prov. Agenda Item 9(a), U.N. Doc. E/CN.4/1996/53 (1996); Ead., Report, U.N. ESCOR Hum. Rts. Comm’n, 53d Sess., Prov. Agenda Item 9(a), U.N. Doc. E/CN.4/1997/47 (1997).
3 Si veda «Traffic in Women and Girls», Sub-Commission on Human Rights Resolution, 2002/51 E/CN.4/RES/2002/51 (23 aprile 2002). Il dipartimento di Stato americano stima che, ogni anno, circa 800.000 persone, molte delle quali sono donne e bambini, sono oggetto di tratta internazionale. Trafficking in Persons Report, Washington 2003, p. 7.
4 La maggior parte degli analfabeti nel mondo sono donne. Si veda UNESCO, Statistical Yearbook 1997 2-6 tav. 2-2, il quale stima che, a livello mondiale, il 28,8 per cento delle donne e il 16,3 per cento degli uomini sono analfabeti.
5 Si veda Interparliamentary Union, Women in Parliaments, 1945-1995: A World Statistical Study, Geneva 1995.
6 Si veda il saggio L’11 settembre delle donne. Ripensare il diritto internazionale del conflitto (cap. 8 nel presente volume) per una riflessione su questo concetto.
7 Richard Rorty, Femminismo e pragmatismo [ed. or. 1991], in Id., Verità e progresso. Scritti filosofici, Milano 2003, p. 193: «Nella mia lettura, la sua [di MacKinnon] tesi centrale è che ‘donna’ non è ancora il nome di un modo di umanità».

2. Desiderio e potereI

Questo convegno, per quanto ampia sia la sua ispirazione, sofisticata la concezione, impeccabile l’organizzazione ed elaborata l’articolazione, non mi pare sia stato strutturato in modo da potenziare il dibattito. La discussione è soltanto intermittente. Quelli di noi che salgono sul palco tengono il cosiddetto discorso, che in realtà viene letto. Lo consideriamo un work in progress, mentre nella maggior parte dei casi si tratta di lavori che hanno già una veste definitiva. Poi voi intervenite con le cosiddette domande, che però sono per lo più delle asserzioni. L’evento si presenta come se fosse un dialogo, ma si svolge piuttosto in una serie lineare di discorsi. Veniamo presentati come se fossimo impegnati in un processo, quando di fatto siamo qui per realizzare un prodotto. Siamo coinvolti in un ciclo di produzione e consumo il cui ricavato sarà il libro che raccoglierà gli atti. La vostra partecipazione silente al dialogo fa sì che la nostra suoni come un applauso a una mano sola. E penso che sia un applauso sinistro per chiunque abbia una formazione di sinistra.
Se può servire, a seguito di queste considerazioni ho intenzione di parlare e non di leggere quello che ho scritto. Suppongo che quanto dirò si qualificherà comunque come un testo. All’inizio farò riferimento ad alcuni miei lavori già pubblicati. In questo modo mi sarà più facile esporre in modo conciso i termini principali di quella che, come deduco dalle reazioni della gente ai miei scritti, è una questione piuttosto complessa. Il tema diventerà un po’ più fruibile se affrontato nei punti essenziali. Vi chiedo anche di intervenire. Considererò le vostre «interruzioni» come segno di partecipazione. Mi hanno detto che posso sentirvi anche senza che usiate quei microfoni fallici. Dico tutto questo ora perché una volta che avrò cominciato potrebbe non essere così chiaro che ci sia spazio per i vostri interventi. Quello che vorrei faceste è alzare la mano o dire «Faccia un esempio» o «Ripeta lo stesso concetto con altre parole» oppure «Avanti, che differenza fa?».
Pubblico: Non è così semplice riuscirci.
C.M.: Lo so. Grazie. Le buone maniere sono spesso prese più su...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione all’edizione italiana di Antonella Besussi e Alessandra Facchi*
  2. 1. Le donne sono umane?*
  3. 2. Desiderio e potere*
  4. 3. Differenza e dominio: sulla discriminazione sessuale*
  5. 4. Non una questione morale*
  6. 5. Privacy vs eguaglianza: a partire dal caso Roe vs Wade*
  7. 6. Molestie sessuali: i primi dieci anni in tribunale*
  8. 7. La sessualità del genocidio*
  9. 8. L’11 settembre delle donne. Ripensare il diritto internazionale del conflitto*
  10. 9. Postmodernismo e diritti umani*
  11. Fonti dei saggi