1. Le donne sono umane?I
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo definisce che cosa è un essere umano1. Nel 1948, essa disse al mondo ciò cui una persona, in quanto persona, ha diritto.
Sono passati cinquant’anni. Le donne sono umane?
Se noi donne fossimo umane, saremmo trasportate come merce pronta a essere venduta
dalla Thailandia ai bordelli di New York2? Saremmo schiave sessuali, usate a fini riproduttivi? Saremmo allevate come bestie,
costrette a lavorare per tutta la nostra vita senza essere pagate, bruciate nel caso
i soldi della nostra dote non siano abbastanza, o nel caso gli uomini si stanchino
di noi, fatte morire di fame quando i nostri mariti muoiono (se sopravviviamo alla
loro pira funebre), vendute per sesso, perché non siamo apprezzate per nient’altro?
Saremmo date in sposa ai sacerdoti, in cambio di denaro per espiare i peccati della
nostra famiglia, o per migliorarne le prospettive terrene? Nel caso ci fosse concesso
di lavorare dietro retribuzione, saremmo costrette a svolgere i lavori più umili e
saremmo sfruttate fino al punto di essere ridotte alla fame? I nostri genitali sarebbero
tagliuzzati per «purificarci» (le membra dei nostri corpi sono impure?), per controllarci,
per marcarci e per definire le nostre culture? Saremmo smerciate come cose destinate
all’uso e all’intrattenimento sessuale, in tutto il mondo, e in qualunque forma resa
possibile dall’attuale tecnologia3? Ci sarebbe impedito di imparare a leggere e a scrivere4?
Se noi donne fossimo umane, avremmo così poca voce in capitolo nelle decisioni pubbliche
e nel governo dei paesi in cui viviamo5? Saremmo nascoste dietro a veli e imprigionate nelle case, ci lapiderebbero o ci
sparerebbero, perché ci rifiutiamo? Saremmo picchiate a morte, o quasi, dagli uomini
con i quali siamo intime? Saremmo sessualmente molestate all’interno delle nostre
famiglie? Saremmo stuprate durante i genocidi per terrorizzare, espellere e distruggere
le nostre comunità etniche, o stuprate durante la guerra non dichiarata che si svolge
ogni giorno e in ogni paese del mondo nel cosiddetto tempo di pace6? Se le donne fossero umane, la nostra violazione sarebbe goduta dai nostri violatori? E, se fossimo umane, e queste cose accadessero, non ci sarebbe
praticamente nulla da fare in proposito?
Ci vuole un bel po’ d’immaginazione – e un’attenzione risolutamente concentrata sulle
eccezioni privilegiate – per vedere una donna reale dietro alle maestose garanzie
di «ciò cui ognuno ha diritto». Dopo più di mezzo secolo, quale parte di «ognuno»
significa noi?
L’altisonante linguaggio dell’articolo 1 incoraggia ad agire gli uni verso gli altri
in spirito di fratellanza. Dobbiamo essere uomini perché questo spirito ci includa?
Ma forse questa è un’interpretazione troppo letterale. Se tutti dovessimo comportarci,
gli uni verso gli altri, in spirito di sorellanza, gli uomini capirebbero che questo
riguarda anche loro? L’articolo 23 prevede, in modo incoraggiante, un’adeguata retribuzione
per chiunque lavori. E continua affermando che questo assicura una vita umanamente
dignitosa per lui e per la sua famiglia. Le donne non sono pagate per il lavoro che
svolgono all’interno delle loro famiglie: perché non sono ognuno, o perché ciò che
fanno per le loro famiglie non è lavoro o, più semplicemente, perché noi non siamo
lui? Le donne non hanno famiglie o le donne non possono avere una famiglia senza un
lui? Se quel qualcuno che non è pagato affatto, o che è pagato molto meno rispetto
alla giusta e favorevole remunerazione garantita, è quella stessa qualcuna che, nella
vita reale, è spesso responsabile per il sostentamento della sua famiglia, quando
è privata della possibilità di assicurare alla sua famiglia una vita umanamente dignitosa,
non è umana? E ora che, a partire dalla promulgazione della Dichiarazione universale, ognuno ha ottenuto il diritto di partecipare al governo del proprio paese, perché
la maggior parte dei governi sono gestiti degli uomini? Le donne rimangono in silenzio
nelle stanze del potere perché non abbiamo una voce umana?
Un documento che adotta misure specifiche per la formazione dei sindacati, e a favore
di ferie periodiche e retribuite, avrebbe potuto appellarsi alla specificità delle
donne non soltanto per fare riferimento, ogni tanto, alla maternità , che tutto sommato
è più riverita che tutelata. Se le donne fossero umane, la violenza domestica, l’abuso
sessuale dalla nascita alla morte, prostituzione e pornografia incluse, e la sistematica
denigrazione e reificazione sessuale delle donne e delle ragazze sarebbero state semplicemente
omesse dal linguaggio ufficiale di questo documento?
Certo, la discriminazione sessuale è proibita. Ma come è possibile che sia stata proibita
per tutto questo tempo, anche se solo come aspirazione, e che, ciononostante, tutte
queste condizioni non siano state ancora concretamente immaginate come parte integrante
di ciò cui ha diritto un essere umano, proprio in quanto umano? Perché il diritto
delle donne di vedere la fine di queste condizioni è tuttora apertamente dibattuto
sulla base di diritti culturali, diritti di espressione, diritti religiosi, libertÃ
sessuale, libero mercato – come se le donne non fossero altro che significanti sociali,
discorsi da ruffiani, feticci sacri o sessuali, risorse naturali, beni di consumo,
tutto tranne che esseri umani?
Le omissioni della Dichiarazione universale non sono semplicemente semantiche. Essere una donna «non è ancora il nome di un modo
di umanità »7, nemmeno in questo che è il più visionario tra i documenti sui diritti umani. Se
misuriamo la realtà della situazione delle donne in tutta la sua varietà sulla base
delle garanzie della Dichiarazione universale – anche se la maggior parte degli uomini non fa nemmeno questo – è molto difficile
intravvedere, nella sua visione dell’umanità , il volto di una donna.
Le donne hanno bisogno di un pieno stato umano nella realtà sociale. Perciò, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo deve interpretare le modalità attraverso cui le donne sono deprivate dei diritti umani
come una deprivazione di umanità . Affinché il glorioso sogno contenuto nella Dichiarazione universale si avveri, affinché i diritti umani siano davvero universali, sia la realtà che essa
sfida, sia gli standard che essa afferma devono essere cambiati.
Quando le donne saranno umane? Quando?
I Questo contributo è stato pubblicato per la prima volta in Barend van der Heijden
e Bahia Tahzib-Lie (a cura di), Reflections on the Universal Declaration of Human Rights. A Fiftieth Anniversary Anthology, The Hague-Boston-Cambridge, Mass., 1999, pp. 171 sgg.
1 The Universal Declaration of Human Rights, G.A. Res. 217, U.N. GAOR, 3rd Sess., at 72-76, U.N. Doc. A/810 (1948). Tutte le
citazioni dalla Dichiarazione sono tratte da questo documento.
2 Per i dati a sostegno delle affermazioni circa la violenza contro le donne riportate
in quest’analisi, si veda Radhika Coomaraswamy, Report Submitted by the Special Rapporteur on Violence Against Women, Its Causes and
Consequences, Commission on Human Rights, 50th Sess., Agenda Item 11(a), U.N. Doc. E/CN.4/1995/42
(1995); Ead., Report of the Special Rapporteur on Violence Against Women, Its Causes and Consequences, U.N. ESCOR Hum. Rts. Comm’n, 52d Sess., Prov. Agenda Item 9(a), U.N. Doc. E/CN.4/1996/53
(1996); Ead., Report, U.N. ESCOR Hum. Rts. Comm’n, 53d Sess., Prov. Agenda Item 9(a), U.N. Doc. E/CN.4/1997/47
(1997).
3 Si veda «Traffic in Women and Girls», Sub-Commission on Human Rights Resolution,
2002/51 E/CN.4/RES/2002/51 (23 aprile 2002). Il dipartimento di Stato americano stima
che, ogni anno, circa 800.000 persone, molte delle quali sono donne e bambini, sono
oggetto di tratta internazionale. Trafficking in Persons Report, Washington 2003, p. 7.
4 La maggior parte degli analfabeti nel mondo sono donne. Si veda UNESCO, Statistical Yearbook 1997 2-6 tav. 2-2, il quale stima che, a livello mondiale, il 28,8 per cento delle donne
e il 16,3 per cento degli uomini sono analfabeti.
5 Si veda Interparliamentary Union, Women in Parliaments, 1945-1995: A World Statistical Study, Geneva 1995.
6 Si veda il saggio L’11 settembre delle donne. Ripensare il diritto internazionale del conflitto (cap. 8 nel presente volume) per una riflessione su questo concetto.
7 Richard Rorty, Femminismo e pragmatismo [ed. or. 1991], in Id., Verità e progresso. Scritti filosofici, Milano 2003, p. 193: «Nella mia lettura, la sua [di MacKinnon] tesi centrale è che
‘donna’ non è ancora il nome di un modo di umanità ».