Il soldato
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Il soldato

  1. 20 pagine
  2. Italian
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Informazioni su questo libro

I più antichi monumenti figurati egiziani e cioè le tavolozze protodinastiche rappresentano o alludono a una attività guerresca. Il faraone vittorioso appare sulla facciata di tutti i templi egiziani, e scene di battaglia sono il tema dei grandi rilievi storici del Nuovo Regno. Ma a questa ostentata bellicosità non fa, in verità, riscontro né un diffuso atteggiamento psicologico né una meno che eccezionale esperienza militare nelle pur numerose autobiografie egiziane. In questo stesso volume, la struttura militare appare trattata più volte, ma in forma attenuata, quando si sono affrontate la figura del contadino, dello scriba, del funzionario, dello straniero, dello schiavo o per altro verso del sovrano. Il militare in quanto tale, le virtù militari in quanto tali non fanno parte del panorama ufficiale che il mondo egiziano tramanda di sé. Può essere significativo il fatto che, mentre ci sono infiniti modi di definire il «nemico» e ce ne siano anche per definire la battaglia e la mischia, non ci sia però in egiziano un termine preciso e specifico per definire la singolare situazione giuridica, politica, sociale ed economica che è la «guerra» in quanto tale.Acquista l'ebook e continua a leggere!

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Informazioni

Argomento
Storia
Categoria
Storia antica

Il soldato

I più antichi monumenti figurati egiziani – e cioè le tavolozze protodinastiche – rappresentano o alludono a una attività guerresca. Il faraone vittorioso appare sulla facciata di tutti i templi egiziani, e scene di battaglia sono il tema dei grandi rilievi storici del Nuovo Regno. Ma a questa ostentata bellicosità non fa, in verità, riscontro né un diffuso atteggiamento psicologico né una meno che eccezionale esperienza militare nelle pur numerose autobiografie egiziane. In questo stesso volume, la struttura militare appare trattata più volte, ma in forma attenuata, quando si sono affrontate la figura del contadino, dello scriba, del funzionario, dello straniero, dello schiavo o – per altro verso – del sovrano. Il militare in quanto tale, le virtù militari in quanto tali non fanno parte del panorama ufficiale che il mondo egiziano tramanda di sé. Può essere significativo il fatto che, mentre ci sono infiniti modi di definire il «nemico» e ce ne siano anche per definire la battaglia e la mischia, non ci sia però in egiziano un termine preciso e specifico per definire la singolare situazione giuridica, politica, sociale ed economica che è la «guerra» in quanto tale.
Quel tanto di contraddittorio in quel che siam venuti dicendo deriva da fatti e concezioni bene identificabili. La «insularità» dell’Egitto ne fa un paese le cui frontiere sono ben definite da deserti e da mari e sono perciò fra le più sicure che si possano immaginare e insieme tali da spingere alla definizione di una ecumene organica e potenzialmente autosufficiente; la necessità di confrontarsi con «altri» non è imposta dalla situazione se non quando il valore assoluto di questa «ecumene» verrà compromesso in particolari momenti, legati a un pulsare più ampio della società (e perciò della storia) del Vicino Oriente. Normalmente, gli «altri» sono piuttosto le frange che si collocano attorno al cosmo egiziano, i nomadi, gli abitatori delle regioni limitrofe che forniscono all’Egitto speciali prodotti minerari o d’altro genere: non organismi statali, ma gruppi etnici che, a fianco del normale scambio pacifico di beni, possono solo essere oggetto e soggetto di razzie. Elementi di disturbo al sereno dispiegarsi della realtà egiziana, che perciò il rappresentante e la personificazione ufficiale di questa realtà, il sovrano, ha l’obbligo di tenere a freno. Le azioni di forza contro costoro sono perciò sempre sentite come interventi contro «ribelli» o forze scomposte che compromettono in assoluto l’ordine – che in concreto è l’ordine egiziano. Come il sovrano assicura il culto divino, scaricandone dalla responsabilità i singoli, così egli ha il compito della protezione dell’Egitto; come delega le sue funzioni rituali a un sacerdozio, così delega anche le sue funzioni militari: ma resta titolare unico sia del culto che delle imprese guerresche. Ben di rado avviene, perciò, che culto e guerra siano temi capaci di figurare altro che in una documentazione ritualmente ed aulicamente convenzionale.
Questa impostazione genericamente astratta si piega in molti modi alle esigenze della società egiziana nei vari momenti del suo sviluppo, ed è possibile non solo seguirne le differenti forme, ma valutare il peso sempre maggiore della realtà militare nella storia egiziana, e tracciare così un disegno di quale sia stata l’importanza autentica di questo personaggio assai di rado esibito dalla società egiziana, il soldato.
A parte le allusioni a vittorie, ricavate da graffiti che (specie al Sinai) ricordano l’arrivo di spedizioni egiziane in cerca di minerali pregiati come la turchese e la malachite, ci sono alcuni dati che ci illuminano sulle attività militari dell’età delle piramidi. È inevitabile pensare che proprio i problemi organizzativi posti dall’impiego di masse di manodopera così numerose e necessariamente da coordinare nella loro attività debbano aver posto in quest’epoca gli Egiziani in grado di costituire complessi disciplinati, di organizzarne la sopravvivenza, di specificarne le funzioni. In altre parole, di porre le premesse per quella che sarà la caratteristica degli eserciti egiziani, e cioè la puntigliosa cura posta sugli aspetti logistici. Questo aspetto «civile» è d’altronde connesso con quel che è l’impianto e la funzione dell’esercito in questo periodo: il servizio militare è una delle tante corvées cui è sottoposto l’egiziano e non presuppone una specifica professionalità; gli armati in genere sono impiegati in missioni al di fuori (o ai margini) del territorio egiziano per portarne indietro prodotti pregiati. Le truppe debbono proteggere gli operai dagli attacchi dei nomadi, ed eventualmente collaborare ad operazioni tecniche: non hanno le tipiche funzioni aggressive, ma piuttosto un fine intimidatorio.
Che questa, tuttavia, non fosse l’unica possibilità di impiego degli uomini in armi risulta da pochi, ma eloquenti documenti figurati e scritti. Una raffigurazione della V dinastia a Saqqara, dalla tomba di un Kaemhesit, e un’altra della stessa epoca a Deshasha, in provincia, nella tomba di un Inti ci danno le due prime illustrazioni di una azione militare in fieri. In tutti e due i casi si tratta di assedi di fortezze che sono sul punto di cadere in mano egiziana. A Saqqara è raffigurato un campo fortificato entro cui sono uomini, donne, bambini, bestiame, le cui mura sono attaccate da sabotatori che ne scavano le fondamenta con una zappa e, assai più vigorosamente, da un gruppo di soldati armati solo di ascia che salgono su per una scala appoggiata alla cinta, accostata facendola avanzare su ruote (le ruote non sono normalmente usate in Egitto prima del Nuovo Regno, e sono perciò qui cariche di un significato di macchina bellica). Assai più vivace e determinato il rilievo di Deshasha, dove ricompare il motivo della scala (qui però senza ruote) e dei sabotatori, ma dove con vivacità si racconta quel che avviene dentro la fortezza, dove c’è chi sta in ascolto del rumore sinistro di coloro che da fuori sfondano il muro, c’è un affaccendarsi di donne attorno ai feriti, c’è il capo che si dispera. Fuori, son rappresentate le fasi della battaglia e i corpo a corpo fra gli Egiziani armati di asce e i loro nemici, già trafitti dalle frecce nel primo scontro a distanza e che dal costume chiaramente mostrano di essere Asiatici. Chiude il quadro la fila dei prigionieri legati in cordata, seguiti da un soldato egiziano ancora armato, che si porta una fanciulla sulle spalle (un tema che sarà ripreso con verve umoristica in età assai più tarda). È difficile non pensare che rappresentazioni così eccezionali non ricordino casi specifici; ma, oltre a ciò, resta la testimonianza di una attività militare fuori dai confini egiziani, e di tecniche ossidionali elementari, ma canonizzate.
Il documento più esplicito e più significativo viene però da un testo autobiografico di singolare ampiezza, che racconta come le abilità molteplici di cui era dotato portassero un funzionario di nome Uni a percorrere tutti i gradini di una carriera estremamente differenziata nelle sue funzioni e nelle sue attribuzioni, che lo ha visto amministratore, funzionario, cortigiano, armatore e tecnico di trasporti, giudice in processi delicatissimi, e, fra l’altro, generale:
Sua Maestà attaccò gli Asiatici che stanno sulla sabbia. Sua Maestà formò un esercito di molte decine di migliaia, provenienti da tutto quanto l’Alto Egitto, da Elefantina a sud, fino ad Afroditopoli a nord, provenienti dal Delta, provenienti dalle due Metà del Dominio, al completo, provenienti dalle fortezze, dall’interno delle fortezze, provenienti da Ircet dei Nubiani, da Medjai dei Nubiani, da Iam dei Nubiani, da Uauat dei Nubiani, da Kaau dei Nubiani, provenienti dal paese dei Libi.
Sua Maestà mi inviò alla testa di questo esercito, mentre governatori, portasigilli del re del Basso Egitto, amici unici del grande castello, sovrintendenti e principi di Castelli della Vallata e del Delta, amici, soprastanti agli interpreti, soprastanti ai sacerdoti della Valle e del Delta, soprastanti alla Parte del Dominio, erano alla testa di un reggimento della Valle e del Delta, dei castelli dei quali erano principi o dei Nubiani di queste terre straniere.
Io, però, ero quello che faceva per loro i piani, mentre avevo la carica di sovrintendente ai Khentiu-she, per la correttezza della situazione, affinché uno di loro non fosse messo al posto del compagno, affinché nessuno di loro rubasse la pasta del pane o i sandali al viandante, affinché uno di loro non portasse via vesti da nessuna città, affinché uno di loro non portasse via nessuna capra a nessuno.
Li guidai per l’Isola del Nord, la Porta...

Indice dei contenuti

  1. Il soldato