La guerra di Troia
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La guerra di Troia

guerra di Troia

  1. 320 pagine
  2. Italian
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La guerra di Troia

guerra di Troia

Informazioni su questo libro

Nel 1200 a.C. una città d'oro si ergeva all'ingresso dello stretto dei Dardanelli, tra l'ambra dei campi di grano, in bella vista su una pericolosa linea di sangue che divideva due imperi rivali. Troia 'la ventosa' sorgeva proprio lì, sull'unico punto di passaggio tra il mar Egeo e il mar Nero. Quella posizione strategica era tutta la sua ricchezza e tutta la sua sciagura. Con il passo del romanzo, Barry Strauss racconta il conflitto più famoso della storia, la guerra immortale che ci accompagna da sempre.

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Informazioni

Argomento
Storia
Categoria
Storia antica

Operazione testa di ponte

Helios, il Sole, che tutto vede e conosce gli dèi, sta cominciando il suo viaggio nel suo carro a quattro ruote, rendendo il cielo di un blu diafano e il mare del colore delle lacrime di una vedova. I gabbiani volano verso le scogliere della penisola di Gallipoli, oltre i Dardanelli a nord, coronata dalle rocce brulle delle isole di Imbro e Samotracia. La scena è completata dalle brune colline dell’isola di Tenedo a ovest, e a est la piana ondulata di Troia, con la lunga cresta del monte Ida che si leva spettrale nella distanza. Uno scenario pastorale, come possiamo immaginare, e poi appare la flotta greca.
Le navi nere riempiono il mare come cavalli alla linea di partenza. La terra, invece, dapprima è poco chiara, e man mano che le navi si avvicinano, rivela campi e boscaglia. Se non erano impegnati ai remi, i Greci potevano gridare, ripetendo il grido di un re ittita sul sentiero di guerra: «Guardate, le truppe e i carri della terra di Grecia stanno arrivando!»1. Sulla terraferma, anche il più coraggioso troiano nella sua armatura di bronzo poteva rabbrividire al battere dei levigati remi di abete, che spingevano l’armata come uccelli da preda sulla costa anatolica. È il momento delle scelte.
Ma non della sorpresa: i Troiani erano stati avvisati ripetutamente e le loro truppe erano appostate per impedire al nemico di sbarcare sul fertile suolo di Ilio. Stavano aspettando proprio come un gran numero di soldati ciprioti aspettò gli invasori marini ittiti del re Shuppiluliuma II (1207-? a.C.) quando sbarcarono sull’isola2. La spiaggia è fitta di difensori. Quello che Omero dice di un’adunata successiva delle forze troiane potrebbe sicuramente applicarsi anche a quel giorno:
s’aprirono tutte le porte, si lanciò fuori l’esercito,
fanti e cavalli; s’alza confuso clamore3.
A riva è ormeggiata una parte della piccola flotta troiana; il resto sorveglia un altro possibile punto di approdo dei Greci. I rematori siedono pronti, mentre gli arcieri e i lancieri dotati di scudo si preparano per l’impari battaglia che si profila. Anche se non hanno alcuna speranza di sconfiggere la flotta greca, possono almeno rallentarla e facilitare il compito dei difensori troiani sulla spiaggia.
Mentre guardano le navi nemiche ingrandirsi all’orizzonte, anche i Troiani sulla spiaggia si preparano. Forse i sacerdoti fanno quello che anche i loro colleghi ittiti fanno prima della battaglia: invitare gli dèi nemici a un pasto rituale di vino e pecore sgozzate, in cui imputano la guerra all’aggressione nemica. Sicuramente i soldati hanno impegni più terreni. I veterani magari controllano i loro archi o stringono le cinghie degli scudi, mentre i novellini scherzano come se fossero a una gita. Alcuni forse vorrebbero riuscire a mettersi una mano sotto la corazza e asciugarsi il sudore, mentre altri non si accorgono di quanto hanno già sporche le mani per aver stretto la lancia.
La battaglia della spiaggia sta per cominciare. Di questo evento decisivo Omero dice solamente che un troiano uccise il primo greco che saltò giù dalla nave. Ma lo storico Tucidide4, che scriveva secoli dopo, argomentò che i Greci dovevano aver combattuto e vinto una battaglia al loro arrivo sul suolo troiano, altrimenti non avrebbero potuto porre l’accampamento. Ettore figlio di Priamo vibrò il primo colpo, come apprendiamo dal Ciclo epico, cioè dai poemi epici non omerici sulla guerra di Troia.
Ettore era un grande guerriero ma un marito mediocre. Era forte, agile, impavido, tenace e a tratti egocentrico e assennato. Ettore poteva ricordare come aveva sollevato il velo di sua moglie la prima notte di nozze per offrirle una coppa di vino ma poteva scrollare le spalle al pensiero che lei sarebbe rimasta vedova per la sua aggressiva ricerca della gloria in battaglia.
Omero fa di Ettore un esperto lanciere che sa maneggiare una spada quando è necessario, ma probabilmente era anche un arciere. Attorno al 1225 a.C. il sovrano di un regno dell’Anatolia occidentale non lontano da Troia fece incidere il proprio ritratto in rilievo su una roccia: il re avanza fieramente con una lancia in una mano, un arco appeso alla spalla e una daga infilata alla cintura. Quello che andava bene per lui probabilmente andava bene anche per Ettore.
In Omero Ettore è alto e imponente, con una fluente capigliatura nera e un bel volto, e occhi che di quando in quando sanno accendersi di uno spirito sfrenato e aggressivo. Probabilmente era completamente sbarbato e forse teneva i capelli raccolti in una coda di cavallo, portava orecchini d’oro, un gonnellino ricamato e scarpe in stile ittita con la punta ricurva. Se Ettore poteva stare scomodo sotto un’armatura di bronzo, non aveva però l’odore di chi è sempre sudato, perché i membri della famiglia reale, a differenza delle persone comuni, facevano il bagno ogni giorno.
Ettore è un tipo ben attestato nel Vicino Oriente antico, il principe regale che smania di mettersi alla prova come guerriero. Sapeva che l’unico modo di mostrare che non era più un ragazzo era condurre eserciti e dare ordini. Un re ittita disse a un suo giovane omologo babilonese5 che se non avesse condotto (e subito) una scorreria armata nel territorio nemico la gente avrebbe detto, come per suo padre, che i Babilonesi sono tutte parole e niente fatti. Ettore, al contrario, aveva un padre che era un vecchio guerriero che gli consigliava prudenza.
Il vecchio re Priamo, dai capelli bianchi e la voce roca, si limitava a stare nella città invece che nel campo di battaglia dove un tempo avanzava a grandi passi, ma aveva ancora il potere di comando. Priamo era avveduto e controllato e conosceva i modi di fare la guerra in uso nell’età del Bronzo. Fu certo sotto la sua guida che Troia creò un’alleanza e una strategia. Priamo sapeva che la migliore politica per Troia era difendersi, e che quanto più i Troiani combattevano lontano dalle mura della città, tanto meglio era. Forse conosceva le parole del re ittita che disse che l’alternativa alla lotta in campo aperto era il rischio di soffocare nell’abbraccio di un assedio nemico6. L’opzione preferita era sconfiggere il nemico sulla spiaggia mentre provava a sbarcare. Se questo non fosse riuscito, i Troiani avrebbero combattuto i Greci sulla piana di Troia, tenendoli lontani dalla città. Se neanche questo fosse riuscito, sarebbero arretrati verso i fossati e le palizzate anticarro che proteggevano la città bassa, e le grandi mura della rocca sarebbero state l’estremo rifugio. Ma non si sarebbe mai arrivati a questo punto; non se gli dèi avessero mostrato a Priamo il favore che gli avevano sempre mostrato in passato.
Il dio della tempesta, che per i Greci era Zeus, aveva cari Priamo e la sua gente più di ogni altro re o popolo sulla faccia della terra7. Conosciuto in Anatolia con nomi come Tarhunt o Teshub, il dio della tempesta era una delle divinità principali del pantheon troiano. Priamo era un suo favorito soprattutto perché sapeva che gli dèi aiutano chi si aiuta. Priamo non era solo intelligente, ma anche straordinariamente coraggioso per i suoi tempi. Era talmente audace e risoluto che anche un nemico ammirava il suo «cuore di ferro»8. Nessuno nella regione stava meglio o aveva più figli di Priamo9. Ma poi vennero i Greci.
Sicuramente i Troiani seppero dell’avvicinamento dei Greci da fuochi di segnalazione accesi dai loro alleati sulle vicine isole di Imbro e Tenedo. Dagli alleati ci si aspettava che facessero da «guardie di confine» e «sentinelle»10, come affermano spesso i trattati ittiti. L’uso delle torce per segnalazioni militari risale almeno alla Mesopotamia del XVIII secolo a.C. La stessa epoca è piena di riferimenti all’importanza delle informazioni nel condurre una guerra. La città di Mari aveva un servizio segreto forse presieduto da un ufficiale con l’ineffabile nome di «Moscerino»11.
I Troiani poterono ben seguire questo esempio. Omero fa usare ai Troiani delle sentinelle, forse come le «guardie costiere»12 del regno di Pilo attestate nelle tavolette in Lineare B. Una delle sentinelle troiane era il fratello di Ettore, Polite. Era un corridore eccellente e certo aveva un’ottima vista. Le informazioni che forniva erano sicuramente benvenute, anche se difficilmente i Greci fecero mistero del loro arrivo.
Andando a Troia da Aulide, sembra che i Greci si fermarono prima all’isola di Sciro e la saccheggiarono. Se c’è un qualche fondamento nella tradizione epica per cui la madre di Achille lo aveva costretto da ragazzo a nascondersi in modo umiliante a Sciro, vestito da ragazza, per evitare la guerra che lei aveva previsto, questa deve essere stata una dolce rivincita per lui. Quando i Greci li attaccarono sulla via per Troia, gli abitanti di Sciro non potevano avere la minima speranza contro una forza così immensa. L’attacco, oltre a risolvere il conto in sospeso di Achille, avrebbe alzato il m...

Indice dei contenuti

  1. Nota dell’autore
  2. Nota storica e archeologica
  3. Cronologia degli eventi relativi alla guerra di Troia*
  4. Avvertenza
  5. Introduzione
  6. La guerra per Elena
  7. Le navi nere salpano
  8. Operazione testa di ponte
  9. Assalto alle mura
  10. La sporca guerra
  11. Un esercito in difficoltà
  12. Urla del silenzio
  13. Mosse notturne
  14. Ettore all’assalto
  15. Il tallone di Achille
  16. La notte del cavallo
  17. Conclusione
  18. Fonti e Bibliografia
  19. Glossario
  20. Ringraziamenti
  21. Cartine