La Grande guerra vista dal cielo
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La Grande guerra vista dal cielo

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La Grande guerra vista dal cielo

Informazioni su questo libro

Durante la Grande guerra, l'aviazione rappresentò una concreta possibilità di fuga dalla follia del fronte, l'opportunità di non marcire nel fango delle trincee ed evitare l'anonimato della morte di massa. In queste pagine l'autore racconta la rapidissima crescita dell'aviazione italiana che, dietro la spinta del conflitto, passò da qualche decina a migliaia di velivoli e altrettanti 'eroi dei cieli'.

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Informazioni

La Grande guerra
vista dal cielo

Lo sviluppo dell’arma aerea. Nel maggio del 1915, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, l’Aviazione del Regio Esercito era ancora tutta da organizzare, potendo contare su appena un’ottantina di velivoli e su qualche decina di piloti, oltre ai pochi mezzi aerei in dotazione alla Regia Marina. Le Forze armate italiane disponevano in gran parte di aerei francesi Blériot, Farman e Nieuport realizzati in modo semi-artigianale, lenti, ancora poco affidabili e inadeguati a un intensivo uso bellico. All’epoca, le convinzioni di Giulio Douhet (1869-1930) sull’importanza strategica della componente aerea nelle guerre moderne – maturate a partire dal 1910 e destinate a diventare nel dopoguerra la più avanzata teoria a livello internazionale sul potere aereo – non mutarono la sostanziale sfiducia dello Stato Maggiore riguardo le potenzialità operative dell’aeronautica, anche alla luce dei poco esaltanti risultati ottenuti dall’Aviazione in Libia tra il 1911 e i 1912 durante la guerra italo-turca.
A partire dall’estate del 1914 le nazioni coinvolte nel conflitto si erano rafforzate notevolmente dal punto di vista delle dotazioni aeronautiche, costringendo l’Italia a colmare il ritardo in vista dell’entrata in guerra: nel gennaio 1915, in sostituzione del Battaglione aviatori creato nel 1912, fu così costituito il Corpo aeronautico militare. Autonomo rispetto al Corpo del Genio, cui avevano fatto parte i servizi aeronautici fino ad allora, il Corpo aeronautico era dipendente dal Ministero della Guerra e composto dalla Direzione generale di aeronautica affidata al colonnello Maurizio Mario Moris (1860-1944) – già a capo dell’Ispettorato aeronautico – dal Comando di aeronautica dirigibilisti e aerostieri, dal Comando di aeronautica aviatori, dallo Stabilimento di costruzioni aeronautiche, dalla Direzione tecnica dell’Aviazione militare, dall’Istituto centrale aeronautico retto dal capitano Arturo Crocco (1877-1968) e da tre battaglioni (dirigibilisti, aerostieri, squadriglie aviatori).
Contestualmente alla creazione del Corpo aeronautico militare furono quadruplicati gli stanziamenti per il potenziamento dell’aeronautica, arrivando a sedici milioni e mezzo di lire: dal 1915 al 1918 le spese per l’acquisto di apparecchi e motori passarono da diciassette a 600 milioni, raggiungendo in totale un miliardo di lire. Si trattò di una spesa notevole, necessaria per sostenere le migliaia di missioni compiute dalle decine di squadriglie da caccia, bombardamento, ricognizione e difesa dislocate in una quarantina di basi tra Friuli e Veneto, altre nel bresciano, sulla costa adriatica, in Albania e perfino lungo tutta la costa tirrenica, dalla Liguria alla Sicilia, a protezione degli obiettivi ritenuti raggiungibili dall’Aviazione austro-ungarica.
A partire dall’autunno del 1914 furono emanate le «norme per il servizio di guerra», che limitavano l’impiego degli aeroplani alle missioni esplorative: non a caso gran parte delle squadriglie aeree disponibili ...

Indice dei contenuti

  1. La Grande guerra vista dal cielo
  2. Bibliografia
  3. L’autore