Corano: per iniziare
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Corano: per iniziare

Informazioni su questo libro

Dall'unicità di Dio alla razionalità, dalla libertà dell'uomo alla jihad, dalla poligamia al ruolo della donna nella società. Una rapida panoramica su alcune delle questioni più salienti legate al mondo islamico, affrontate a partire dalle sure del Corano.

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Informazioni

Corano:
per iniziare

Un’analisi, necessariamente non esaustiva, delle tematiche fondamentali del Corano è indispensabile da un lato per individuare quel contenuto del testo che, pur immutabile nella sua espressione scritta, può e deve essere oggetto dell’interpretazione, e, dall’altro, per restituire il senso religioso del Libro1. È forse possibile dire che, come in ogni libro fondativo di una religione monoteistica, le tematiche fondamentali del Corano sono quella teologica e quella antropologica. Dio ha creato l’uomo e per lui ha rivelato i Libri; l’uomo è simile a Dio e, in un certo senso, ne riceve l’eredità. Così, il collegamento tra la trascendenza di Dio e l’immanenza del mondo umano è garantito dalla profezia. Trattando questi temi, si avrà un’idea complessiva sufficientemente analitica del contenuto religioso del Corano. Tuttavia, come diceva al-Ghazâlî, il Corano è un «mare profondo» che non può essere esaurito. Non è possibile in poche pagine rendere tutta la ricchezza del testo e alcuni elementi trasversali debbono venir trascurati, per esempio quello della sua dimensione scientifica e cosmologica, così come non è possibile dilungarsi sugli spunti storici, linguistici, etnografici, eccetera, che lo collocano all’interno della cultura araba.
Ricostruire un percorso tematico del Corano potrebbe sembrare arduo, o addirittura impossibile. A una prima lettura, il testo appare del tutto asistematico, se non addirittura caotico. Ogni sûra – soprattutto, ovviamente, quelle più lunghe e più «vicine» a noi nel tempo – contiene una svariata quantità di tematiche, che vanno dalle digressioni teologiche alle storie profetiche, dalle indicazioni normative alle ammonizioni morali. Colui che è considerato il massimo arabista italiano del Novecento, Francesco Gabrieli, ha definito il Corano un «insopportabile guazzabuglio». L’impressione, bisogna ammettere, anche senza arrivare all’ingiustificato disprezzo di Gabrieli, potrebbe sembrare fondata se ci si arresta a una lettura superficiale. Naturalmente, le sûre più brevi, le ultime nella struttura a lunghezza decrescente del testo, sono molto più compatte e spesso trattano di un unico tema o di un unico fatto. L’unico capitolo di una certa estensione che tratta di una sola storia è il 12 (sûra di «Giuseppe»); decisamente più breve è invece la sûra 71, di «Noè». Ma una sûra come la 2 (della «Vacca») racchiude tutti i possibili argomenti del Corano in un modo che a un lettore occidentale appare sicuramente disordinato. Il lettore che si accosta per la prima volta al testo, dovrebbe perciò leggerlo all’incontrario: assimilare prima le sûre più brevi e stilisticamente efficaci e più prossime a noi per ispirazione, cioè le ultime in ordine numerico, e affrontare le più complesse in seconda battuta.
Nonostante queste premesse, sono da formulare alcune osservazioni che moderino o anche cancellino la prima impressione. In primo luogo, il disordine della composizione può essere evocato come una dimostrazione dell’autenticità del testo. È inverosimile e incredibile che, se il testo fosse stato «confezionato» a tavolino come vogliono alcuni orientalisti, i falsificatori non si sarebbero dati la pena di conferirgli una apparenza letteraria più gradevole e maggiormente strutturata. È quanto è successo con la Bibbia ebraica, la cui stesura è avvenuta nel corso dei secoli. In secondo luogo, i criteri di organicità e di caoticità o sistematicità di un testo non sono e non devono essere esattamente coincidenti per la sensibilità arabo-semitica e la sensibilità occidentale contemporanea. Si è già detto di come il gusto arabo colga nel Corano preziosismi e raffinatezze che sfuggono al lettore occidentale. Commentatori come al-Mawdûdî e Sayyid Qutb si sono sforzati di dimostrare che la sûra 2 tra le altre – e anzi tutti i capitoli coranici – segue un piano sistematico, molto preciso, di rivelazione. Questa persuasione si sta facendo strada tra studiosi tanto musulmani quanto occidentali. In terzo luogo, quello più importante, ciò che interessa qui è restituire il senso religioso del testo. E il Corano è indubbiamente un testo religioso dalla profondissima ispirazione spirituale. I percorsi qui ricostruiti cercheranno soprattutto di suggerire tale significato religioso.

1. La concezione di Dio

Il Corano rivela innanzitutto il monoteismo assoluto. Tutto il Libro è pieno di espressioni e di versetti che echeggiano questa dottrina fondamentale dell’Islam: non sarà inutile ripetere la brevissima sûra «dell’Unicità» o «del Culto Sincero», che definisce icasticamente il tawhîd: «Di’: Egli Dio è Unico, Dio, il termine cui ci si rivolge, non generò e non fu generato e nessuno gli è pari» (112). Come si è detto, il capitolo sottolinea l’alterità di Dio rispetto a tutte le altre cose (nulla gli è pari) e la sua eternità (non fu generato), e ciò a causa della Unicità della sua essenza e in precisa alternativa al Cristianesimo (non generò, cioè non ebbe figli, come i cristiani pretendono che Gesù sia figlio di Dio). Al-Ghazâlî ha affermato che, proprio perché si occupa dell’essenza di Dio e la determina come unica, la sûra 112 costituisce «un terzo» del Corano (gli altri due terzi essendo la conoscenza dell’Ultimo Giorno e della retta Via, cioè l’escatologia e l’antropologia)2. Un secondo versetto di grande rilevanza nell’economia teologica del testo sacro è il cosiddetto «versetto del Trono» (2,255) che, oltre ad affermare l’Unicità, sottolinea l’onnipotenza di Dio:
Dio! Non vi è altro dio che Lui, il Vivente, l’Autosufficiente. Non lo prende né sopore né sonno. Possiede tutto ciò che è nei cieli e tutto ciò che è sulla Terra e non si ottiene intercessione presso di Lui se non col suo permesso. Conosce ciò che sta davanti a voi [uomini] e ciò che sta dietro di voi e non si coglie della sua scienza se non ciò che Egli vuole. Si estende il suo Trono sui cieli e sulla Terra e non si stanca a conservarli. Ed Egli è l’Eccelso, il Possente.
Anche qui, un’interpretazione di al-Ghazâlî legge in modo metaforico ben al di là dell’apparenza letterale: dopo l’affermazione dell’Unicità dell’essenza di Dio, il Vivente e l’Autosufficiente indicano i suoi attributi. Egli trascende la realtà che è un effetto della sua onnipotenza e della sua onniscienza. Il Trono indica l’immensità del Regno di Dio e la perfezione della sua potenza, anche se, sotto il velo delle parole, vi è un segreto che sfugge addirittura alla percezione intuitiva dei mistici3. Il Corano «dimostra», per così dire, l’Unicità di Dio nel versetto 21,22: «Se ci fosse in essi [due: il cielo e la Terra] un [altro] dio oltre Iddio, n’andrebbero annientati»: cioè due dèi si contrasterebbero a vicenda nella loro azione, e il mondo ne verrebbe distrutto. Un filosofo come al-Fârâbî (ca. 870-950) sembra trasportare l’allusione coranica sul piano razionale della filosofia quando afferma che Dio non ha contrari perché, se ci fossero due dèi, questi finirebbero, da una parte, per essere soggetti, essi stessi, alla corruzione, e, dall’altra, per distruggersi a vicenda4.
L’Unicità divina è articolata anche da alcuni versetti allegorici, la cui interpretazione potrebbe essere la più di...

Indice dei contenuti

  1. Corano: per iniziare
  2. L’autore