
- 176 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Storie di un mondo in cui «il lavoro quello vero è diventato un bene di lusso».«A fine lettura Sono come tu mi vuoi si scopre manifesto. Il manifesto di una generazione incapace di manifesti, che non sa neanche alzare la voce perché teme il ridicolo, che già si aspetta i colpi dallinizio e si rifiuta perciò di darsi peso. Eppure vede nelle pieghe, tra la vita quotidiana e il lavoro, tra i sentimenti e la necessità che preme, dove ci siamo ritirati. Sono come tu mi vuoi si scopre manifesto perché, con la stessa lucidità con cui narra la condizione di chi lavora e vive, non può fare a meno di evocare in controluce una vita in cui si può sperare, non può fare a meno di riconoscere, quasi con imbarazzo, epica, dignità e peso.»
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Informazioni
Editore
Editori LaterzaAnno
2012eBook ISBN
9788858102855I cancelli del mondo
di Cristiano de Majo e Fabio Viola
Attraversare le porte della percezione
L’ingresso è un portale con tre archi alto una decina di metri, illuminato da luci viola e blu sintetico. La prospettiva è un lungo viale che confluisce in un’ampia piazza su cui troneggia una costruzione che sembra l’edificio centrale di una stazione ferroviaria, con un gigantesco orologio tipo rosone al centro (ma quando abbiamo saputo che la costruzione viene chiamata «Il Municipio» abbiamo pensato che in effetti poteva anche somigliare a un municipio). Nella piazza c’è una pedana di legno coperta da tendoni (lo Spazio Eventi), una fontana con zampilli che ricordano le perfezioni acquatiche dell’Alhambra. Poi panchine e una mappa nello stile delle mappe comunali che a Roma servono a indirizzare il turista disorientato.
Dalla piazza si dirama Il Mondo (lo chiameremo così da questo momento in poi). Un pianeta di strade orizzontali e di piccoli edifici a due o al massimo tre piani. Una terra un tempo vergine ma ora colonizzata da negozi al 95 per cento di abbigliamento. Ci sono palazzetti in arenaria con scala esterna anti-incendio in puro stile newyorkese. E fulgidi esempi di architettura finlandese (o lettone?). E case coloniali con ballatoio ricoperte di finti gerani. E modernissimi parallelepipedi con spigoli riflettenti alla Potsdamer Platz. E souvenir rinascimentali a grandezza naturale. E tetti a pagoda in vetroresina1.
In giro pochissime persone. Le strade sono pulite e silenziose (ma è solo venerdì2). E sembra quasi di camminare in un plastico (passateci l’affermazione anche se è chiaro che nessuno di noi due può aver mai camminato in un plastico). Praticamente una specie di utopia3. È l’outlet di Valmontone.
Cos’è Il Mondo: considerazioni circa l’utopia
Il Mondo è opera di Fashion District, un’azienda che si autodefinisce «il più grande gruppo italiano specializzato nella creazione di strutture di shopping ed entertainment», che l’ha costruito e lo gestisce. Oltre Valmontone, Fashion District ha progettato e realizzato in Italia altri due outlet: a Mantova e a Molfetta.
«L’outlet si colloca all’interno del progetto del Polo Turistico Integrato di Roma Valmontone». In questo famigerato pti nel 2007 verranno ultimati i lavori del «più grande Parco a tema d’Italia, realizzato da società collegate a Fashion District». L’outlet occupa 45.000 mq di superficie commerciale e contiene 110 negozi. Nel 2005 ha avuto 3,2 milioni di visitatori. Il fatturato stimato all’anno è di 600 milioni di euro con un assorbimento occupazionale di 3000 addetti.
Insomma questa realtà pulita e sgargiante esiste ed è a portata di mano nella provincia di Roma. È un mondo dove la criminalità è stata finalmente sconfitta4. Non c’è neanche un angolo dove si spaccia droga. In questo spicchio di universo, la disoccupazione è una parola sconosciuta. Qui a differenza che da noi sono presenti «servizi e strutture d’intrattenimento di altissimo livello»5. E viene concepito lo svolgimento di due sole attività , cioè quelle che questi extraterrestri devono aver considerato nella loro saggezza avveniristica le uniche degne di qualche senso: comprare e lavorare.
Poi, è vero, ci sono anche diverse similitudini. Ad esempio c’è la gravità . Ad esempio si respira ossigeno. Ad esempio le persone fanno alcuni dei lavori che si fanno anche fuori. Vediamo commesse e commessi; bariste e baristi; vigilanti; addette alla pulizia. Viene da chiedersi se le loro condizioni di lavoro sono improntate a questo benessere rilucente. Ma dev’essere per forza così.
Unità Umana di Vendita 1 - la pasoliniana
Non è difficile avvicinare l’Unità Umana di Vendita 1 (o uudv1), barista del Fashion Café, perché il locale è vuoto (è pur sempre venerdì). Forti della confidenza guadagnataci qualche minuto prima a causa del malfunzionamento di bevanda nerastra alla spina, che ci ha fatto su suo consiglio ripiegare sulle lattine, la affianchiamo mentre spolvera il portellone appannato delle bibite. Le chiediamo due parole per un’intervista sul lavoro nel Mondo, perché è di questo che ci interessiamo noi. Ci spacciamo per scrittori. uudv1 dimostra di saper gestire le emozioni e reprime l’imbarazzo che finisce per manifestarsi con un vago, rapido rossore sulle gote. La seguiamo al bancone ed è là che, a sorpresa, ci racconta tutto ciò che la riguarda o quasi.
Ha venticinque anni e fa la barista dalla maggiore età . È separata. Ha due figli. È di San Cesareo. Risiede a San Cesareo. Lascia i figli con sua madre. Guadagna circa mille e duecento euro al mese e non ha diritto a ferie pagate né a giorni di malattia perché – ecco il primo scoop – lavora in nero. Il lavoro uudv1 l’ha avuto grazie a sua sorella, regolarmente assunta nello stesso Fashion Café, ed è questo che le impedisce – ma c’è una certa serena rassegnazione nella voce di uudv1, la vena polemica più che sopita o inespressa è inibita a un livello che non esiteremmo a definire genetico – di fare causa al suo datore di lavoro: metterebbe nei guai sua sorella oltre che se stessa. Ci viene in mente che per un imprenditore assumere consanguinei potrebbe essere la strategia giusta per risparmiare sui costi del personale: uno regolare e uno in nero. Niente cause, niente controversie. Tra le parti si instaurerebbe un legame dalla forte connotazione emotiva, per cui tutto tenderebbe a restare esattamente com’è a oltranza; il lavoro che come motivazione ha lo status quo, anzi lo status familiae. Certo che le piacerebbe cambiare lavoro, ci dice, anzi è una cosa a cui pensa spesso, ma non sa dire cosa le piacerebbe fare. Non ne ha la minima idea, il suo è un impulso, un istinto più che un progetto. Tra una frase e l’altra ci mette in attesa per servire i pochi clienti del bar. È proprio durante una di queste pause che ascoltiamo un commento di uudv1 su un ragazzo con una maglia gialla con su scritto il numero 54 che è appena uscito dal bar. Capiamo che si tratta del Responsabile della Lotto e sentiamo uudv1 dire che gli romperebbe volentieri un bicchiere in faccia. Non lo può vedere. Ma non ci spiega perché.
Unità Umana di Vendita 2 - il self made man
Ci perdiamo nell’intrico di vicoli, non distinguiamo più un negozio dall’altro, una fontana da un posacenere, una persona da un’insegna. Stavamo seguendo un’altra Unità Umana di Vendita ma l’abbiamo persa. Ci troviamo spaesati davanti all’unico negozio di articoli video e musicali dell’intero out-let: Star Music. All’ interno, dato che è venerdì, non c’è nessuno a parte un ragazzo alla cassa. Ci basta uno sguardo e siamo dentro
In effetti uudv2, il ragazzo alla cassa, non è un semplice commesso ma il titolare, e ha un insopprimibile desiderio di parlare con noi. Sembrava che ci stesse aspettando. Da mesi. E infatti quello che uudv2 fa è parlare, ininterrottamente per mezz’ora. Ci dice che ha trent’anni è sposato ha un figlio ed è di Roma Roma, Roma Centro, dell’Alberone. Quando aveva ventuno anni guadagnava cinque milioni al mese installando sistemi d’allarme anti-terrorismo per gli aeroporti e poi si è ritrovato a ventinove, con famiglia e tutto, a guadagnarne mille e quarantaquattro, pur continuando a fare «l’Uomo Ragno sui piloni» ad altezze vertiginose. Quindi, alla luce del fatto che i suoi datori di lavoro giravano in Porsche Cayenne con l’azienda in fallimento, aveva deciso di dare una svolta alla sua vita. Il 12 dicembre 2005 si era dimesso e nel giro di pochi mesi si era ritrovato titolare dello Star Music dell’outlet di Valmontone. Ma come?, gli chiediamo. uudv2 con nonchalance tutta italiana dice che la suocera è assessore e che anche il suocero «lavora nello Stato». Assessore a Valmontone?, chiediamo. Un po’ dappertutto, dice lui.
Al Fashion District uudv2 si trova bene, è autonomo, può gestirsi da solo (o quasi, il negozio è co-gestito da sua sorella), e nel complesso è ben contento del cambiamento. Ciò che non gli piace è l’invadenza dell’organizzazione che gestisce il complesso. Ha orari molto rigidi su apertura e chiusura del negozio. Le telecamere sono piazzate pressoché dappertutto, ci racconta con un gesto onnicomprensivo delle braccia, e se apri in ritardo ti beccano e sono cinquecento euro di multa. Però, ci dice, anche quello è un problema che si può eludere: basta masterizzare i cd a quelli della sorveglianza. uudv2 si accorge che trasaliamo nel momento in cui nomina la pirateria musicale e ci tiene a sottolineare che è solo una piccola illegalità che preserva un equilibrio più grande. Non si può dichiarare guerra a tutto l’outlet, meglio dare un po’ a tutti.
È irritato anche dai report settimanali che vengono redatti su tutti gli esercizi, con volume di vendite e attività , allo scopo di produrre una classifica mensile di chi ha lavorato di più. Paragona il tutto al Fantacalcio, secondo logiche che in parte ci sfuggono.
Ci rivela che di affitto paga trecento euro l’anno, Iva inclusa, al metro quadro. Ovvero, per il suo negozio di circa centoquaranta metri quadri, quarantaduemila euro all’anno. Ci lascia intravedere non tanto il suo volume d’affari (sta per andare in pari con l’investimento iniziale, ci confida) ma quello dei negozi veramente grandi sparsi per l’outlet. La rottura di coglioni, dice, è la fideiussione che l’organizzazione pretende da qualunque titolare e spara una cifra enorme, impossibile.
Poi, come un treno in corsa, dice che l’outlet l’hanno progettato quelli di Eurodisney e realizzato quelli di Cinecittà (il suo edificio in particolare è opera di quelli che hanno fatto i Five Points in Gangs of New York); che vuole farsi la villa a Valmontone perché nel giro di tre anni qualunque investimento si triplicherà ; che vorrebbe organizzare una festa clandestina notturna nella piazzetta con fontana antistante il suo negozio manomettendo le telecamere della sorveglianza, «perché si può fare»; che quasi tutti i secondi piani degli edifici sono finti tranne alcuni che ospitano le terrazze d’ispezione.
Per dare un filo logico a tutto questo, prima di andarcene gli chiediamo del Responsabile della Lotto. Se lo conosce. Se lo odia. Risponde che gli pare sia uno di Bari e quando gli chiediamo se sa perché ci sono persone che lo odiano, lui ci dice che è sempre la stessa storia: ci sono quelli che lavorano non aspettando altro che venga il giorno che l’azienda paga lo stipendio, mentre gli altri come lui che hanno le responsabilità sono odiati perché desiderano solo che le cose vengano fatte e bene. uudv2 indossa una felpa della Lazio.
Unità Umana di Vendita 3 - la vice-responsabile
Prima di parlare con uudv3, ventiseienne di Colleferro impiegata presso la profumeria Idea Bellezza, capitiamo di fronte al negozio della Lotto. Inevitabilmente, ci mettiamo a scrutare l’interno e vediamo lui, il Responsabile («quello con la maglia numero 54»), armeggiare davanti ad alcuni scaffali. Vogliamo capire il perché di tanto odio nei suoi confronti. Accanto a lui c’è un commesso che lo aiuta. Lo immaginiamo, il commesso, sottomesso, umile, lì che porge le maglie a lui, il Responsabile, che le ripone sullo scaffale. Gli sta mostrando come si ripongono le maglie. Il commesso non le aveva riposte bene e ora lui gli sta insegnando a farlo come si deve, immaginiamo. Il silenzio del negozio quasi vuoto rende tutto così umiliante, pensiamo, anche se non ci sono clienti. Fuggiamo da quel mondo di soprusi immaginati con un senso di inquietudine, acuito dall’oscurità che è calata anche sul Fashion District e si appresta a inghiottire gli ultimi clienti rimasti.
Dobbiamo dire che anche uudv3, come uudv2 e come uudv1, non si fa molti problemi a parlare e raccontarci le cose. La reticenza non è di questo mondo. E, dopo le solite lamentele sui turni massacranti e il lavoro nei giorni festivi, ci rivela che l’outlet di Valmontone è, tra i tre di proprietà di Fashion District, quello con meno giorni di chiusura all’anno, che è stato aperto anche a Pasquetta e che per l’outlet la gente fa cose umilianti. Il primo maggio scorso mucchi di persone si sono accampati a fare pic-nic fuori, sui pratoni che circondano la struttura e addirittura nei parcheggi6. Dal 2 al 6 agosto scorsi ci sono stati i fuochi d’artificio e quindi la ressa per andare a vederli invece di andare in ferie. Quelle erano le ferie, pensiamo.
Dopo altre confidenze, fondamentalmente gossip sulla barista in nero, il Responsabile della Lotto e il suo gioviale predecessore che avrebbe fatto carriera a Molfetta, uudv3 ci illustra la figura del Direttore dell’outlet. Ne dà un’immagine abbastanza poco connotata, sottoline...
Indice dei contenuti
- Inizio
- Sono come tu mi vuoi
- Tanti piccoli me
- Un milione di euro
- Tutte le donne di Zara
- I cancelli del mondo
- Non la reintegrano
- Crocefissi a un euro
- Riduzione del danno
- La giornata è quando si vede il sole
- Il posto è la notte
- Il cliente va conquistato
- L’uomo morto
- Promesse da manager
- Mo’ pure i rumeni se so’ messi a fa’ i sindacalisti?
- Fuori stagione
- All’alba delle notti bianche
- Mondo macello
- Fine
- Gli autori