Il tempo della peregrinazione
Al tempo della riconciliazione, che abbraccia il periodo che va dalla Resurrezione fino all’Ascensione e alla Pentecoste – avendo il Cristo con la sua Incarnazione, la sua Passione e la sua Resurrezione permesso al tempo di riconciliare l’umanità con Dio – succede il tempo della peregrinazione. In un tempo divenuto ormai escatologico, che guarda agli ultimi giorni e alla speranza della salvezza eterna, l’umanità è come un pellegrino in cammino, in attesa che il divenire si interrompa nell’eternità .
Il tempo della peregrinazione va dalla festa di sant’Urbano, il 18 maggio, a quella dei santi Barlaam e Iosafat, il 27 novembre, e comprende poco meno di un centinaio di santi. Gesù è asceso al cielo e non compare in questa sezione. Sua madre, la Vergine Maria, invece compare in occasione della sua Assunzione al cielo e della sua nascita, ricordate rispettivamente il 15 agosto e l’8 settembre. All’insieme dei santi è dedicata la ricorrenza di Ognissanti, il 1° novembre, immediatamente seguita dalla commemorazione dei fedeli defunti, festa istituita tra XI e XII secolo. Infine, come vedremo, la Legenda aurea si conclude con due capitoli eccezionali: il primo, con il pretesto di san Pelagio papa, è di fatto un esempio di costruzione del tempo storico; il secondo, «la Dedicazione della Chiesa», presenta gli edifici dove si realizza la sacralizzazione del temporale e del santorale, i luoghi che più di ogni altro favoriscono l’esperienza del tempo sacro sulla terra.
Essendo la Vergine sopravvissuta a Gesù dopo la resurrezione di lui, due delle maggiori feste che la riguardano si situano nel tempo della peregrinazione, nel quale vive l’umanità dopo l’incarnazione, la passione e la resurrezione di Cristo. Durante il tempo della deviazione Iacopo da Varazze ha dedicato un capitolo alla purificazione della Vergine, ma la festa celebrava anche, e soprattutto, il primo momento importante della vita terrena di Gesù incarnato. Per quanto nel calendario, e nella Legenda aurea, l’Assunzione della Vergine preceda la Natività di Maria, per meglio esaminare il contributo di queste due feste alla comprensione del tempo sacro dell’umanità le esaminerò in ordine inverso.
La Natività della Beata Vergine Maria
Inizio dunque con la Natività di Maria. Trattandosi della madre di Gesù, Iacopo non sente il bisogno di riassumerne la figura attraverso l’etimologia del nome. Così, il capitolo comincia con una ricerca delle sue origini storiche, etniche e sociali, il che è in fondo ancora un modo di valorizzare il tempo. Iacopo da Varazze insiste sul fatto che la Vergine appartiene alla tribù di Giuda e soprattutto al lignaggio del re Davide. Anche per un membro di un ordine mendicante, per quanto domenicano e non francescano, il rango sociale, e a maggior ragione la dignità regale, rimangono determinanti nella costruzione dell’identità di una persona. Iacopo da Varazze, senza dubbio sensibile alla crescente attenzione che nella sua epoca ricevono i problemi legati a parentela e consanguineità , spiega poi che Maria era parente di Elisabetta, madre di Giovanni il Battista, benché la prima provenga da una tribù regale e la seconda da una tribù sacerdotale – che nell’antico Israele non potevano imparentarsi. Il nostro domenicano, tuttavia, appoggiandosi a Beda, avanza l’ipotesi che una tale alleanza fosse in realtà consentita nell’epoca più recente della storia ebraica, quella in cui Maria visse e partorì Gesù. Come vediamo, nella sua complessa e totalizzante concezione del tempo, egli tiene conto dell’evoluzione storica dei costumi e delle norme sociali.
A proposito della Natività della Vergine, Iacopo da Varazze si confronta con un nuovo tema legato alla durata, ovvero il tempo durante il quale una donna può concepire un figlio. Discute poi il problema della sterilità femminile nella Storia Sacra e sottolinea che nell’Antico Testamento sono documentati episodi di generazione tardiva rientranti nei progetti divini. Sara ha dato alla luce Isacco a novant’anni, Rachele era sterile prima di concepire Giuseppe. I bambini nati dalle concezioni tardive bibliche, osserva, sono spesso eccezionalmente vigorosi e sani; ad esempio Sansone e Samuele, entrambi nati da madri a lungo sterili, brillano rispettivamente per forza e santità . Così, il parto tardivo di Elisabetta, fino ad allora sterile, non è un’eccezione. Iacopo segnala anche che Maria ed Elisabetta, nonostante la loro parentela terrestre, non sono sul medesimo piano dal punto di vista divino. Elisabetta non rappresenta un caso unico: figlia tardiva di madre sterile, rientra in una categoria che ha degli antecedenti nell’Antico Testamento. Maria, che solo nel XIX secolo la Chiesa proclamerà frutto di un’immacolata concezione, un’idea molto controversa nel Medioevo, è invece caso eccezionale e irripetibile nella storia biblica e umana poiché in quanto madre di Cristo è anche madre umana di Dio.
Attraverso il racconto dell’infanzia di Maria, Iacopo da Varazze informa poi il suo pubblico sui tempi che regolavano la vita delle giovani vergini nel Tempio. Forma del tempo e uso del tempo. Egli da un lato osserva che le vergini dovevano restare nel Tempio fino a quattordici anni, data della maggiore età a partire dalla quale potevano sposarsi; dall’altro, nota che la giovane Maria alterna ogni giorno preghiera e lavoro manuale, un modello, come sappiamo, ripreso dai monaci dell’alto Medioevo, i quali, però, non figurano tra i modelli del nostro domenicano, membro di un ordine che nel XIII secolo insisteva sui propri elementi di novità . Secondo Iacopo da Varazze, che si basa qui su san Gerolamo, Maria pregava dal mattino fino all’ora terza, dalla terza alla nona lavorava al telaio e ricominciava a pregare dalla nona ai vespri; ella godeva inoltre del raro privilegio di aver un angelo che gli faceva da orologio, gli ricordava quando mangiare portandole il pasto.
Iacopo da Varazze riconosce che anche un segmento di tempo straordinario come la vita della Vergine, una figura a tutti gli effetti eccezionale, non è esente da un’evoluzione storica per quanto attiene alla sua commemorazione. La Natività della beata Vergine, in effetti, per un certo periodo venne trascurata dai fedeli. Poi, in un’epoca che il domenicano non precisa, un uomo pio rivelò al papa che ogni anno, il sesto giorno delle Idi di settembre, udiva le gioiose voci degli angeli che celebravano una messa per celebrare il giorno della nascita di Maria. Fu allora, ma Iacopo non dice quando, che venne istituita la festa della Natività della Vergine Maria. La festività andò incontro a un ulteriore mutamento storico: non si usava celebrare l’ottava della Natività della Vergine prima che la decisione di festeggiarla venisse presa da papa Innocenzo IV, del quale Iacopo sottolinea l’origine genovese. L’ottava fu dunque istituita in un periodo e in un contesto storico diversi, proprio durante la vita di Iacopo da Varazze, che evidentemente si augura che l’innovazione diventi definitiva. L’occasione fu il lungo conclave che seguì la morte di Gregorio IX, nel 1241. I cardinali erano divisi e decisero che il papa sul cui nome avessero infine trovato l’accordo avrebbe istituito la celebrazione dell’ottava della Natività della Vergine. Il tempo di Iacopo da Varazze integra così le dinamiche delle contingenze storiche recenti; il domenicano avverte tanto intensamente l’importanza e la complessità del problema del tempo per l’umanità da sentirsi in dovere di puntualizzare che la Chiesa celebra solo tre natività : di Cristo, della Vergine e di Giovanni Battista. Tutte e tre sono nascite speciali. La posizione di Iacopo da Varazze implica l’idea che una nascita puramente terrena e umana, o realizzata grazie all’incarnazione nel caso di Gesù, possieda una forza spirituale e un valore simbolico più o meno grandi in funzione delle caratteristiche del neonato.
Il nostro domenicano si sofferma poi su due tempi liturgici molto particolari, vale a dire i giorni che fanno da cornice alle feste maggiori: la vigilia, il giorno prima della festa, e l’ottava, otto giorni dopo. Iacopo precisa che tutte e tre le natività hanno un’ottava, perché «tutte e tre anelano all’ottava della Rsurrezione». La Natività di Maria non ha, invece, la vigilia poiché con la natività della Vergine noi rinasciamo nella penitenza, e ha quindi tutta intera il carattere di una vigilia. Il tempo è in qualche modo al centro degli aneddoti miracolosi e degli exempla che contraddistinguono la parte finale di molti capitoli della Legenda aurea, compreso questo. Gli exempla hanno un carattere che si pretende storico e sono più o meno ben datati, al fine di persuadere il pubblico della loro realtà . Uno narra di un ladro devoto alla Vergine condannato all’impiccagione e che lei sostenne per tre giorni appeso al cappio; stupefatti dal prodigio, le autorità che l’avevano condannato lo liberarono e lo lasciarono libero. Un secondo exemplum narra di un prete che celebra solo messe per la santa Vergine e viene prima severamente rimproverato e poi sospeso dal vescovo. Maria appare allora al prelato e lo ammonisce: se non avesse restituito le sue prerogative al suo fedele sacerdote il vescovo sarebbe morto entro trenta giorni. Un altro exemplum presenta un personaggio divenuto celebre grazie all’arte e alla letteratura, Teofilo, il devoto alla Vergine per eccellenza. Teofilo, che si era dato anima e corpo al diavolo, si pente in seguito all’intervento della Vergine, rompe il legame con il Maligno e muore in pace tre giorni dopo. Iacopo fa di questo evento immaginario un fatto storico, che si sarebbe verificato nel 537 in Sicilia. Un altro aneddoto in cui emerge il talento narrativo del domenicano racconta la storia, che sarebbe avvenuta intorno al 1100 nelle vicinanze di Lione, di una donna tanto invidiosa della figlia da far strangolare il genero da una coppia di contadini. Successivamente, però, sconvolta dal rimorso, ella implora la Vergine e grazie a lei esce indenne dalle fiamme in cui era stata gettata per punirla del crimine. Infine, il famoso san Giovanni Damasceno, «all’epoca di Teodosio il Vecchio» (346-395), secondo Iacopo è beneficiario di un miracolo compiuto a suo favore dalla Vergine Maria: a causa di un’accusa ingiusta, l’imperatore ordina che al santo venga amputata una mano, ma l’intervento di Maria restituisce al monco l’arto e l’integrità fisica.
L’Assunzione della Beata Vergine Maria
Iacopo da Varazze racconta l’Assunzione della Vergine prima della Natività in coerenza con il fatto che la commemorazione cade in una data, il 15 agosto, cronologicamente precedente. Si tratta di uno dei capitoli più lunghi di tutta la Legenda aurea. Iacopo esordisce affermando che la migliore esposizione dell’argomento si trova in uno scritto apocrifo attribuito a Giovanni Evangelista. Anche in questo caso egli riconosce agli apocrifi un valore storico paragonabile a quello dei testi canonici ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa. La vita di Gesù incarnato è il fulcro del tempo, il motore che lo muove, e il capitolo sull’Assunzione della Vergine comincia proprio dalla fine dell’esperienza terrena di Cristo, con la descrizione della vita di Maria negli anni successivi alla morte del figlio. La santa Vergine compie un viaggio devoto durante il quale visita i luoghi legati al ricordo del suo figlio divino: «il luogo del battesimo, del digiuno, della preghiera, della passione, della sepoltura, della resurrezione e dell’ascensione». Il domenicano riprende Epifanio (secolo V), traduttore in latino di cronisti greci per conto di Cassiodoro, secondo il quale Maria sarebbe sopravvissuta al figlio per ventiquattro anni. Al momento della morte avrebbe quindi avuto settantadue anni. Egli applica però il suo consueto spirito critico ed esprime dubbi sulla possibilità che Maria sia sopravvissuta così a lungo a Gesù e sia morta a un’età tanto avanzata: essendo documentato in modo incontestabile che la Vergine è spirata circondata dagli apostoli, è probabile che la sua esistenza dopo la Resurrezione non sia durata più della predicazione apostolica in Giudea e nelle regioni limitrofe, vale a dire dodici anni. Ciò significa che dovrebbe essere salita al cielo intorno ai sessant’anni. La speculazione di Iacopo da Varazze è basata sulla Storia Ecclesiastica di Eusebio, opera che considera altamente affidabile e ben informata, opinione condivisa dalla storiografia di oggi. Il domenicano dedica diverse pagine all’agonia di Maria, un tema assai popolare nell’iconografia medievale. È per lui l’occasione di narrare l’apparizione di un angelo che annuncia a Maria la sua prossima ascesa al cielo, di descrivere Maria sofferente vegliata dagli apostoli, questi ultimi che ne depongono il corpo nella tomba e si siedono intorno al sepolcro, Gesù che si manifesta accompagnato dagli angeli e chiede agli apostoli come vorrebbero che egli dimostrasse il suo amore e la sua riconoscenza per la madre. Gli apostoli rispondono che vorrebbero che lui resuscitasse il corpo di Maria e la tenesse alla sua destra per l’eternità .
Iacopo da Varazze esalta le virtù della Vergine appoggiandosi agli scritti di autori celebri, in particolare san Gerolamo. Come sua abitudine, egli termina il capitolo con una serie di exempla sui miracoli compiuti da Maria. Il primo dei racconti ci conduce nella città di Bourges nell’anno 707, dove un giudeo getta in una fornace il figlio che si è convertito al cristianesimo insieme ai suoi compagni di scuola; il bambino implora una bella donna di cui ha visto l’immagine in chiesa: naturalmente si tratta della Vergine, che lo salva dalle fiamme. La seconda storia narra della cacciata da parte della Vergine dei demoni che infestavano il monastero di San Gallo e intendevano trascinare all’inferno l’anima di Ebroino, maggiordomo di palazzo di Neustria nel VII secolo. In conclusione Iacopo riprende un lungo passo di sant’Agostino che celebra la santissima Assunzione della Vergine. Così, dopo aver rievocato la vita terrena di Maria e la storia del suo culto, egli chiude il capitolo con un omaggio al suo grande maestro e, soprattutto, ponendo l’accento sull’eternità della Vergine Maria, che in queste pagine sembra elevata allo stesso livello del Cristo che ha messo al mondo. Senza che il domenicano menzioni esplicitamente l’idea di Immacolata Concezione, egli presenta tuttavia la vita terrena di Maria come caratterizzata dall’assoluta purezza e dall’assenza di qualsiasi forma di corruzione.
L’Esaltazione della santa Croce
Nella sezione dedicata al tempo della peregrinazione, l’ultimo capitolo a trattare un tema legato all’Incarnazione di Gesù, asse temporale della Legenda aurea, è quello che si occupa dell’esaltazione della santa Croce, strumento della Passione del Signore già oggetto di un capitolo relativo al ritrovamento della reliquia da parte di Elena, madre santa di Costantino, primo imperatore a convertirsi alla fede cristiana. La festa dell’esaltazione della Croce cade il 14 settembre e Iacopo si sofferma soprattutto sul fatto che esiste una storia della croce della Passione anche dopo la morte e resurrezione di Cristo. Si è già detto di come Elena, nel IV secolo, abbia prodigiosamente ritrovato la reliquia in Oriente. In questo nuovo capitolo Iacopo aggiunge alcuni altri aspetti fondamentali della storia della santa Croce. In termini generali, tale storia è segnata da un crescente abbellimento della santa Croce rimasta sulla terra. In un primo momento simbolo e strumento di morte, nel corso della storia essa va incontro a un processo che la porta a divenire eterna, un dato che fornisce a Iacopo da Varazze lo spunto, raro nella Legenda aurea, per ricordare al suo pubblico che il tempo escatologico è superiore a tutti gli altri.
Ma il capitolo sottolinea anche che la festa dell’esaltazione della santa Croce commemora un evento storico: quando nel 615 conquistò il Vicino Oriente, l’imperatore persiano Cosroe portò via da Gerusalemme un frammento della santa Croce; ma l’imperatore cristiano Eraclio mosse guerra contro di lui e, dopo aver sconfitto e decapitato l’avversario, riportò la reliquia a Gerusalemme. È proprio questo evento storico che la festa vuole celebrare. Storico che recepiva le fonti in modo critico, comunque più di quanto gli storici moderni gli abbiano riconosciuto, Iacopo fornisce poi una versione diversa desunta da cronache che evidentemente non lo convincevano a fondo. Eraclio non avrebbe riportato la santa Croce a Gerusalemme, ma a Costantinopoli. Uno dei miracoli che il domenicano inserisce come consuetudine nel racconto riveste un’importanza particolare perché data un avvenimento di ambito liturgico che avrebbe avuto luogo a Beirut nel 750. Un’immagine di Cristo sulla croce all’interno di una casa venne profanata da un gruppo di ebrei che, a imitazione di qu...