I. Manuale per la costruzione di un mondo
Io è da cinque anni che scrivo storia lunga sui rotoli di seta ma continuo solo a fare il finale perché non trovo più fogli scritti con inizio e parti centrali, che secondo me li ha nascosti mio salmone domestico. Io non dico in giro che scrivo perché poi arriva sicuro giovane scrittore esordiente che mi dice io lo sapevo che eri una giovane scrittrice anche tu, pacca sulla spalla, benvenuta in famiglia, mi dice, dandomi magari i tipici strumenti del giovane scrittore: tabacco da masticare, barrette di carne secca, assenzio, cassetto, vocabolario sudtirolese, stivali da giovane cowboy e lista siti internet per giovani scrittori, anchioscrittore punto com, esordidifficili punto it, emulami punto net, nonmollaremai punto ue. Allora in attesa che le mie carte saltino fuori io continuo a scrivere e riscrivere il finale e aggiungere talmente tante cose che ogni foglio diventa un prefinale che alla fine penso è più lungo di tutti i signori degli anelli messi insieme, questo finale, ma non importa.
Mio salmone domestico dice che non so scrivere e che l’unica cosa che posso fare è parlare di lui e io gli dico stai zitto salmone egocentrico, e lui ride ancora. Quando ride è un brutto segno, poi mi dice non sei mica Dino Campana tu, che perde le poesie e riscrive tutto a memoria, e poi ride di nuovo. Te la do io la campana se non la smetti, gli rispondo, e lui ride, ma ride strano, come se avesse qualcosa in bocca.
Se qualcuno ora si chiedesse chi è mio salmone domestico ricordo che avevamo fatto apposta un contratto qualche pagina fa, punto e a capo.
Io posso solo limitarmi a spiegare quello che so: Crodo, questo il suo nome, cinque anni fa lasciò il branco di salmoni che andavano verso il nord del fiume Po e si è immesso in una delle innumerevoli statali dell’Italia settentrionale per giungere infine a casa mia. Non chiedetemi perché, perché io non lo so. Io so solo che nell’adolescenza si innamorò perdutamente di Medusa, una femmina cattivissima destinata a diventare famosa. Perduto l’amore si diede, in successione cronologica e non di intensità, a: 1) le big babol; 2) corsi di scrittura creativa; 3) corsi per assaggiatori di vino; 4) corsi di artigianato sudtirolese; 5) corsi di cucina a vapore; 6) giardinaggio; 7) invio di lettere minatorie a persone antipatiche; 8) lettura intensiva dei fumetti di Leo Ortolani; 9) corsi di lettura creativa.
Di queste esperienze decise che per la loro pericolosità non avrebbe mai più ripetuto i punti numero due, quattro, sei, cinque, sette e nove. Iniziò quindi a interessarsi delle cose del mondo. E la cosa gli piacque molto, sentiva che quella era la chiave per stare bene con gli altri. «Crodo, da quanto tempo», già, «come stai?», già, «e cosa fai?», mi interesso delle cose del mondo. Per questa sua nuova attività fece, in ordine strettamente cronologico, le seguenti esperienze mistiche: 1) iscrizione al giornale dell’Accademia della Crusca «La Crusca Per Voi» (cinquanta euro socio onorabile); 2) imparare a mettersi le lenti a contatto; 3) prime esperienze serie con salmoni femmina (esperienza numero uno, regalato pacchetto di ciunghe alla Sardina; esperienza numero due, la Sardina mi ha dato indietro i soldi del pacchetto); 4) la Psicoanalisi.
Apro una parentesi sul corso di scrittura creativa e il corso di artigianato sudtirolese: si rileva una forte tendenza al rossore, no non leggo no non leggo, chi legge? leggi tu, no tu, dai io, no io, scontro frontale, destro, sinistro, leggono entrambi, tremolio di voce, voci, tuo più bello, pacca sulla schiena, pacca troppo forte, botte, destro, sinistro, calcio, il maestro spiega il climax, tutti prendono appunti in più punti, punto numero uno fa freddo, se a un certo punto guardate fuori dalla finestra che inizia a nevicare quello è il climax, ma è il climax solo se il tempo della nevicata è uguale all’attesa. I partecipanti ideali del corso di scrittura creativa e del corso di artigianato sudtirolese sono: 1) neolaureata in lettere con velleità creative, indecisa sul futuro, appena uscita da una storia importante (soundtrack: Tiromancino); 2) giovane artista appena uscita da accademia d’arte, taglio di capelli notevole e vestiti stra-vaganti (soundtrack: Afterhours, ma di nascosto Tiromancino); 3) il pensionato simpatico con ricordi nel cassetto (soundtrack: De Gregori, ma di nascosto i Pooh); 4) la moglie che non ci sta al corso di taglio e cucito (soundtrack: De André, ma di nascosto Celentano); 5) un bambino prodigio silenzioso (soundtrack: Cristina d’Avena, ma di nascosto i Pooh); 6) il post laureato disoccupato (soundtrack: nessuna).
Prima fila: soggetto n. 3 + due o tre soggetti n. 4 + soggetto n. 5.
Seconda fila: soggetto n. 1 + due o tre soggetti n. 4.
Terza fila: soggetto n. 6 + soggetto n. 2.
Apro una parentesi sulla Psicoanalisi. Prima esperienza: «Risponde la segreteria telefonica del dott. Spallanzani. Attualmente non sono nello studio, parlare dopo il segnale acustico» (x 3 volte). Seconda esperienza: «Sono la segretaria della dott.ssa Cairoli, pronto? non la sento, non la sento».
Ogni volta che io e mio salmone domestico andiamo in giro per la città a noi ci viene da ridere da soli perché a me sembra strano pensare a mio salmone domestico in mezzo alla gente e a mio salmone domestico sembra strano pensare di essere un salmone domestico che gira per le vie della città.
Io e Avvocatessa Avvocato Canebianco Salmone e mio Minuscolofratello anni sei vaghiamo attraverso le stradine della città di Verona con in mano la mappa della manifestazione per minuscolibambini. La mia amica Avvocatessa adopera per Minuscolofratello un trattamento di favore che ho quasi un moto di gelosia: il suo spirito materno dilaga e Minuscolofratello si esalta e pare felice, abituato com’è al mio di spirito materno, e che spirito.
Anche Avvocato ha, in un modo tutto suo, un certo spirito paterno: ti è consono il cono gelato formato da due palline ai delicati gusti cioccolato e fragola il quale ti è stato posto nelle mani dall’inserviente del negozio di gelati, granite e ghiaccioli, che esercita il mestiere proprio davanti alla romanica porta leoni e ai vicini resti dell’impero romano che fu prima dell’arrivo delle invasioni barbariche? (con biblica scansione sillabica).
Sì.
Durante l’autunno mio salmone pensa sempre all’autunno di tre anni fa, soprattutto a un orologio di plastica azzurro che si può appendere ovunque ed è impermeabile all’acqua.
L’autunno è difficile perché cadono le foglie e c’è poco sole così la gente la clorofilla si ferma.
È un fatto di natura, io lo dico sempre.
Minuscolofratello dice che non gioco abbastanza a quel suo gioco in scatola che devi pescare i pesci che mi fa venire il prurito tra gli emisferi del cervello, fa finta di piangere per farmi sentire in colpa, ma io gli dico che è cattivo come quei Galli Boi e Insubri un po’ leghisti che ce l’avevano su con l’impero romano, solo perché si stava espandendo e perché sicuro si pensava già allora che Roma ladrona.
Mio salmone domestico dorme sempre in una cassettina di legno con sopra scritto fragole ma coprendo con una pinna la lettera «o» mio salmone domestico dorme in una cassettina di legno con sopra scritto fragile. Sta sempre nella sua cassettina di fragile a causa dell’autunno, e l’autunno provoca a mio salmone scompensi + ricorrenze + depressioni + freddo alle ossa.
Siccome mio salmone sembra scemo ma non lo è, ogni autunno si attrezza per il controautunno attuando tutte le strategie necessarie per simulare la sopravvivenza. Solo che le energie per pensare ogni giorno a sopravvivenza non gli permettono di fare altro che respirare, e così sopravvivenza all’autunno è essa stessa effetto dell’autunno, causa e principio di ogni programmatica azione, andando infine a coincidere controautunno e autunno stesso.
Se tu pensassi a un salmone diresti che la sua stagione è l’autunno, lo diresti per esclusione, giacché il salmone odia la neve e perciò l’inverno, non sa che farsene delle robe fiorite primaverili, e trova davvero di scarso interesse le intelligenze di ferragosto. Invece a mio salmone l’autunno per fargli fare le cose lo devi insultare, lo devi imboccare dei cereali kellogs, devi convincerlo che nel pentolino non c’è latte di lurida mucca ma acqua pura e tiepida, tiepida significa non troppo fredda e non calda estate.
Mio salmone l’autunno è ossessivo di acqua come se dovesse lavarsi via vecchie squame, salvo che non ha il coraggio di uscire e rimane bloccato sotto l’acqua bollente per ore. Io lo traguardo nella cassetta ustionato, immobile non sa leggere altro che topolino. Con una pinna rassicura il piumone e sembra implorare una tregua, si tocca la gola cercando di sciogliere il nodo, e con gli occhi sembra chiedere solo la strada più breve per Topolinia. Mentre lui legge meridiano 12 euro di Virginia Woolf è arrivato l’inverno e io scrivo una lettera al mio amico Pessoa Rodriguez Pontormo e gli scrivo così:
Ti scrivo da questo posto ghiacciato, Crodo è diventato una polpa di ghiaccio. Ha gli occhi appassiti, fissi a scrutare il soffitto, è un parallelepipedo di ghiaccio che si rannicchia sotto le coperte e sta fermo a non fare. Non fa, e se lo muovo dal letto sta fermo: è davanti a una scala e si blocca, si appoggia sul water e sta ore a fissare il deodorante del bagno, gli devo lavare io le pinne. Non va nei posti affollati, trema, ha le ansie per nulla, legge la cronologia delle opere di Virginia Woolf. Ti scrivo da questo posto ghiacciato per parlarti di me. Sto facendo a maglia una sciarpa per Crodo. Ha il colore marrone. La sera trascino il blocco di ghiaccio in terrazza e gli faccio guardare le stelle. Rispondo al cellulare per lui: è la Medusa che gli chiede quando va a casa sua, è la psicoanalista che gli fissa un appuntamento, faccio tutto a stento, non so se sto facendo bene. Ho provato a spiegare a Crodo che il meridiano che sta leggendo non è un vero meridiano, che se prendi un meridiano dell’edicola e uno vero vero sono due robe diverse. Niente, guarda la scatola del meridiano dell’edicola di Virginia Woolf e osserva la faccia di lei, mi chiede come si fa quella capigliatura, gli dico che non lo so, forse si tirava su le punte dei capelli e se le infilava in un nodo interno, e lui a quel punto mi dice con due lacrime agli occhi lo sai che poi se li è tagliati come un maschiaccio? E mentre io sono lì che cerco di dirgli guarda la scatola del meridiano non vedi che non si incastra perfettamente al libro, lo vedi che sono scatole leggermente più grosse, lui si soffia il muso con un fazzoletto usato e usato e borbotta qualcosa sui capelli di Virginia Woolf. Poi si arrabbia, perché non vuole che abbasso le tapparelle la notte, ha paura del buio, per addormentarlo gli racconto la favola di Ulisse che si chiama Nessuno e Polifemo con l’occhio che arde. Accarezzo un angolo del parallelepipedo e gli racconto anche qualche teorema. Venerdì ci ho dovuto pensare io ad andare dalla psicoanalista. Entrare nella stanza, sedersi, presentarsi: sono qui al posto di Crodo, che è un cubetto di ghiaccio, non può muoversi da casa. Visto che ero lì per fare presenza ho fatto una breve analisi del luogo pazzesco: 1. la psic. si è messa in una poltrona più comoda del paziente ah beh perfetto allora, ho pensato, poi ho pensato è un gioco psicologico, che il paziente entra e crede di doversi mettere al centro dell’attenzione nella poltrona da psicopaziente, e invece ti frega e ci si mette lei, ti spiazza, ti mette in posizione secondaria (ma magari la teoria è sbagliata perché può essere che lei abbia subito capito che io non ero il paziente che aspettava); 2. aveva una enciclopedia con sopra scritto «psicologia» con copertina blu che mi ha subito ricordato l’enciclopedia dei ragazzi arancione che avevo regalato a Crodo per il suo quarto compleanno e allora ah beh perfetto allora, siamo proprio capitati bene. E alla fine, ti scrivo per dirti che entrando nella stanza della psic. di Crodo, sedendomi sulla sedia sbagliata, chiedendomi la psic. come mai io mi trovavo lì, ho pensato a cosa avrebbe fatto Crodo al posto mio, ovvero al posto dove doveva stare, e ho fatto quello che avrebbe fatto lui, e ho pianto.
Mio salmone domestico mi guarda e mi chiede se voglio sapere il nostro problema e io gli dico che non lo voglio sapere ma lui mi dice ugualmente che il nostro vero problema è il disincanto e che ormai le cose ci scivolano via senza che neanche proviamo a desiderare qualcosa così anche se noi avessimo qualcosa di eccezionale da essere (per ipotesi, ha aggiunto), sarebbe messo così in alto nella libreria ikea che nessuno lo potrebbe afferrare.
Ah, gli ho risposto, e poi sono andata a pulire il camino. Le cose sono andate esattamente così:
– Lo vuoi sapere il nostro vero problema?
– Non lo voglio sapere.
– Il nostro vero problema è il disincanto.
Allora penso al disincanto e guardo fuori dalla finestra che scoppia il temporale e vedo una coppia mano nella mano che corre bucolica alla ricerca di un riparo. Sospiro. Salmone prende cartoncino e fa sagoma di uomo, poi la guarda da lontano, poi si riavvicina e con un pennarello nero ci disegna i capelli gli occhi il naso e la bocca e la barba come Gattuso. Poi, forse perché anche lui pensava a Gattuso, trancia le gambe all’altezza delle ginocchia e lì disegna le scarpe. Tieni, dice con sguardo dolcissimo, su, vai a correre anche tu. Io lo guardo e inizio a piangere e lui mi chiede cos’ho, che pensava che Gattuso mi piacesse tantissimo ma che si può sempre aggiungere il resto delle gambe con lo scotch, se voglio, e io gli dico che il cartone sotto la pioggia si rovina. Allora afferra zampa di Canebianco e mi dice tieni, lui non si scioglie sicuro.
Dopo la pioggia esco con Sagomadigattuso e mi sento finalmente felice e parte del mondo. Poi Sagoma mi dice che va giocare a calcio e mi abbandona in mezzo al mercato.
Il giorno dopo Salmone prende un catalogo ikea e va e viene dalla camera riempiendomela di oggettini che, lui dice, «fanno ambiente», allora mette nei bicchieri candele che gli chiedo stasera dove hai intenzione di bere, toglie dal muro la stampa di Eleonora Duse, ci disegna un piercing e un paio di occhiali griffati, la riattacca, poi ridendo ritorna sul letto accanto a me. Che stupido, mi dice, perché?, mormoro, che non ci avevo pensato prima, e indica la Duse. Io mi giro e la fisso con attenzione: credo che abbia spostato gli occhi verso Sagomadigattuso.
Poi mio salmone si alza di scatto e toglie tutte le cose che «fanno ambiente», stacca anche la stampa della Duse dalla parete e la mette a terra coprendola con un telo. Io gli dico ma che stai facendo e lui mi dice, cosa vuoi che interessi alla gente del mio gusto nell’arredare gli ambienti. Lo dice così, in quel modo che non puoi non crederlo intelligente. Fissiamo per un po’ il pavimento. Allora di cosa vuoi parlare, provo a dirgli. Non abbiamo più niente da dire? dice a bassa voce mio salmone, mettendosi una pinna sul muso, un po’ spaventato. Prendo agendina nera e la apro: pare che non ci rimanga niente da raccontare, sempre che tu non ritenga degno di racconto la carie che ti hanno tolto da cucciolo o la prima volta che sei salito su un treno. A meno che, dichiaro, non trovi un amore diverso da Medusa o non ti inventi un grande colpo di scena, tu sei un salmone morto. Così gli dico, tirando fuori la cartellina del mio romanzo sui rotoli di seta. Salmone domestico si siede allora sulla cassettina di fragile e inizia a fissarmi con aria di sfida. Io alla fine gli chiedo mi spieghi come mai hai tolto la Duse dalla parete, perché guardava Sagomadigattuso in un modo che non mi piaceva, dice, e allora? dico, l’avevo invitata a cena fuori stasera, dice. Te lo sei inventato ora per fare un colpo di scena? dico, ma mi credi capace di una bassezza simile? dice. Penso di sì.
Il popolo ha fame, dico a mio salmone mentre stira la sua mascherina nera da supereroe. Il popolo si lamenta che non abbiamo mai storie, si lamenta che manca il filo narrativo e che si stava meglio quando si stava peggio. Il popolo vuole ridere, vuole vederti scivolare sulla buccia di banana e non vuole sentire drammi esistenziali di te che sei depresso e piangi nella tua cassettina di fragole e bevi cocktail al tamarindo prima di dormire. Il popolo vuole intrecci e colpi di scena, non vuole sapere di Medusa, a meno che Medusa non sia sposata con un marito che la picchia e che tra lei e te non ci sia una storia torbida segnata da una tremenda differenza di età di ottantacinque anni e un rapimento e una morte consumata al centro del central park, in autunno, in mezzo al calpestìo delle oche. Capito? Hai capito salmone? Gli dico scuotendolo per le spalle. Dove sono le pistole, i cowboy? Dov’è il sesso? E soprattutto dov’è quel reticolo metaletterario di citazioni omeriche che fa sempre piacere ai maniaci delle soap opera che vergognandosi di esserlo nascondono le loro inclinazioni con una laurea umanistica e quando leggono salmone pensano di leggere qualcosa di altro da salmone? Noi dobbiamo farglielo credere, che ci sia dell’altro. Mentre mio salmone annuendo prende meticolosamente appunti su un blocchetto nero a volte alzando gli occhi al soffitto e mordicchiando la matita per pensare meglio al lessico, credo, io rovescio la scatola di fragole e ci salgo sopra per continuare il mio appassionante discorso: Noi abbiamo una missione importante, caricare il significato di un significante inaspettato, noi dobbiamo fare nuove ricerche, cambiarci, capirci, metterci in discussione, fare riunioni per spiegarci le nostre intenzioni, affrontare i nostri dubbi esistenziali, chi siamo, dove andiamo, creare un progetto, guardare verso la meta, via le maschere, via i dubbi, il cammino è lungo e difficile. Dobbiamo uscire dagli schemi narrativi in cui ci siamo relegati. Osare. Rinnovarci, non cercare la facile ironia, non cercare a ogni costo il sorriso. Siamo seri per una volta. Poi vedo che Salmone non prende più appunti. Si avvicina e mi porge il foglietto. Lo prendo e lo leggo. Non comprare la verdura, mi dice, perché ce n’è ancora un po’. Mi raccomando il latte, controlla la data di scadenza. Ti ho messo i soldi sul tavolo, vicino alla scatola di preservativi. Ora vado con Significante a fare una corsetta. Ciao. P...
