Capitolo 1.
Carrel il Bersagliere
Due deputati piemontesi con la passione dei monti. Quintino Sella incarica Giuseppe Torelli diretto al Breuil, ai piedi del Cervino, di cercargli la guida Carrel. Un telegramma da Biella. Colloquio tra il fondatore del Club Alpino e il Bersagliere. Carrel narra a Torelli di un diverbio con Whymper sotto l’uragano. Ritratto della guida.
Torino, luglio 1864. Nel grandioso padiglione che ospita la Camera dei deputati del Regno d’Italia nel cortile di Palazzo Carignano il caldo è insopportabile. L’elegante struttura provvisoria, eretta in quattro mesi in vista dell’Unità dietro la secentesca facciata di nudi mattoni del Guarini, è una moderna meraviglia in ferro e vetro, ma d’inverno guai a togliersi il tabarro e d’estate diventa un forno. Eppure il calendario dei lavori non permette ancora di fuggire in villeggiatura, come ha già fatto il re che si è trasferito al fresco di Valdieri nelle valli di Cuneo, a caccia di camosci e stambecchi. Vagheggiando fughe sui monti, due deputati si scambiano messaggi affidandoli ai commessi, perché nella confusione delle riunioni e dei rispettivi impegni non riescono a incontrarsi. Il primo viene da Biella, l’altro da Novara.
Mercoledì
Caro Amico.
Quando vai a Breuil? Se ci andassi presto ti lascerei il delicato incarico di porre sul tuo pollice una robusta guida, che ti indicherei, e quindi con un colpo d’indice convenientemente applicato di cacciarmela a Torino.
Addio
Il tuo amico Q. Sella
Mercoledì
Caro Sella.
Perch’io vada a Breuil, bisogna prima che vada, non so dove, il Parlamento. Non posso piantare qui il senno della Nazione abbandonato a se stesso, e ai 25 gradi Réaumur. La spedizione pertanto della tua guida da Breuil a Torino avrà luogo non sì tosto.
Sarà mia cura informartene con apposito dispaccio.
Addio
Aff. G. Torelli
Non passano molti giorni che il deputato di Novara, che non gode di una salute di ferro e spera di ritemprarsi con una pausa all’aria fina dei monti, capitola alla calura. Apprestandosi a partire lo annuncia a Sella che gli precisa l’incarico.
Martedì
Caro Amico.
La guida di Breuil con cui vorrei parlare è Giovanni Antonio Carrel, il quale tentò l’ascensione del Cervino con Whymper. Fa di trovarlo, e quando l’hai trovato mandamelo a Biella. Ivi chiegga di me, che facilmente mi troverà.
Se ha bisogno di qualche scudo di lest per porsi in viaggio, e tu fammi credito a piccolo interesse.
Buona passeggiata, e fatti una grossa provvista di ozono tra quei monti bellissimi.
Tuo aff.mo amico
Q. Sella
Venerdì 23 luglio il deputato biellese, che da tempo ha spedito moglie e bambini in campagna, è rimasto a Torino. Nella sua casa di Corso del Re n. 1, a due passi dalla stazione di Porta Nuova, il portinaio gli consegna un telegramma inviato dal fratello Giuseppe Venanzio:
Giunse guida monte Cervino ti aspetta sino domani mattina primo arrivo.
Rientrato a Biella la sera stessa con l’ultimo treno, Quintino Sella riceve l’ospite valdostano in casa sua, che si trova all’interno della fabbrica di famiglia, sulla sponda del torrente Cervo all’altezza del ponte di Chiavazza.
– Mon cher Carrel! quel plaisir serrer la main d’un brave soldat et d’un patriote. Vedo qui una bella medaglia.
La decorazione d’argento con il profilo di Napoleone III spicca sul bavero della guida, appesa a un nastrino rosso a righe bianche.
– È la medaglia della campagna del ’59, che ha cancellato l’onta di Novara. All’inizio del servizio militare ho subito anch’io la disfatta del ’49. Poi dieci anni dopo, a San Martino e Solferino abbiamo avuto la meglio noi e i francesi sugli austriaci. Ma è stato un carnage spaventoso. Dei bersaglieri della nostra brigata Aosta ne è rimasto sul campo uno ogni tre.
– Siete voi sui campi di battaglia che avete fatto l’Italia. Pensi che anch’io nel ’48 sono scappato da Parigi per arruolarmi volontario, ma il governo mi ha rispedito a studiare per fare il professore. E adesso abbiamo il compito di tenerla in piedi quest’Italia unita e di farla crescere. Abbiamo altre battaglie da combattere per affratellare gli italiani e guadagnarci il rispetto delle altre nazioni. Per questo una guida alpina valorosa come voi può ancora offrire dei preziosi servigi alla patria. Ma vi prego, accomodatevi.
Il valdostano porta il pizzo con baffi alla foggia militare, mentre la barba del biellese sembra quella di uno “zappatore”, così ha scritto un giornale satirico.
Prima di sedersi, il montanaro gli porge una lettera di Torelli.
– Grazie. Mentre leggo, posso offrirle un bicchiere di limonata? O non preferite piuttosto del vino appena spillato in cantina? Questo viene dalla nostra campagna di Lessona.
– Quand’è così, dobbiamo assaggiare il vostro vino.
Mentre Sella, versato il vino, apre la lettera, Carrel con il bicchiere in mano è attirato dal quadro di un gigantesco scarpone irto di chiodi appeso dietro la scrivania.
– Me lo ha donato un amico pittore. Dopo la salita del Monviso sui giornali mi fanno sempre le caricature con gli scarponi grossi. Ridano pure, perché per me è un vanto essere montanaro, anche se le cime biellesi non sono maestose come le vostre della Valle d’Aosta. Noi sappiamo che senza scarponi in montagna non si va lontano. Lo chiedano un po’ al mio amico Torelli, come farebbe adesso a traversare i ghiacciai del Rosa!
E legge tra sé.
Breuil, giovedì 21 luglio 1864
Salvo errore od omissione
Caro Quintino.
Appena riposate le mie parti meridionali sopra una scranna, occupo le settentrionali a scriverti un prezioso autografo per renderti conto del modo svelto in uno e coscienzioso col quale sto adempiendo alla commissione onde volesti onorarmi.
Ho dunque parlato col Jean Antoine Carrel (che qui unito ti spedisco): gli ho fatto una descrizione vivace e lusinghiera della tua persona – non tanto sotto l’aspetto di ex ministro come sotto quello di montagnard – e sono riuscito a distoglierlo dal progetto ch’egli covava in petto di tentar di fare l’ascensione del Cervino appunto domattina. Invece, grazie alla eloquente mia parola – (e dire che non la domando mai!) – egli partirà domani stesso per Châtillon, Ivrea, e verrà dritto all’alma città che ti fu culla. Giusta i venerati tuoi ordini gli anticipo un capitale pel viaggio: se vi saranno delle maggiori spese, tu, essendo stato ministro sai come si fa ad averne un bill di indennità: non volendo del resto affidargli troppa ricchezza mobile ho limitato il sullodato capitale a L. 30. Spero che non gli verrà la voglia di impiegarlo ad interesse.
E mentre domani il Carrel viaggerà per Biella, io anderò pel colle S. Théodule a Riffelberg, attraverso il ghiacciaio di Gorner, e così risparmiando la discesa a Zermatt. A Riffel farò bella mostra di me ne’ ghiacciaj presso il Rosa per un pajo di giorni, quindi ritornerò a Breuil e andrò a Gressoney per le Cimes Blanches.
Ciò detto ti saluto perché questa bella giovinetta dell’hôtel mi avverte che è ora di pranzo: e l’appetito oggi c’è, malgrado che io non senta molcermi l’orecchio colla politica, colla dignità e senno del Parlamento, etc.
Addio di nuovo. Se hai qualche cosa da rispondere all’onorevole proponente, scrivi pure a Torino ove io conto di essere martedì sera, salvo il caso che scivolassi in una crevasse del Gorner.
Aff. G. Torelli
– Leggo qua che ieri intendevate tornare sul Cervino. Io vi ho fatto venire fino a Biella apposta per questo. L’anno scorso con una cordata di compatrioti abbiamo compiuto la prima ascensione tutta italiana del Monviso, già scalato dagli inglesi. Poi a Torino abbiamo fondato noi pure un Club Alpino, come a Londra. E adesso sappiamo che vari inglesi hanno tentato di scalare anche il Gran Cervino. Soprattutto il professor Tyndall e quel giovane Whymper, a costo di rompersi l’osso del collo. Ma senza la nostra guida Carrel dove andrebbero? Ora io domando al caporale dei bersaglieri: siete contento di portare sul Cervino uno straniero, o non preferite piuttosto dare una mano a un compatriota come me, per condurmi lassù a piantare insieme il nostro tricolore? Corpo d’un cane, non saremo capaci noi italiani questa volta di arrivare in vetta prima degli inglesi?
– Signore, il professor Tyndall che si portava la guida svizzera Bennen, si è arreso dopo il secondo tentativo di due anni fa. C’ero anch’io per vedere cos’erano capaci di fare. Adesso mi hanno detto che Bennen è morto da poco sotto una valanga, pace all’anima sua. Invece lo so che il signor Whymper quando torna al Breuil domanderà ancora di me. Ma io non ho preso impegni precisi con lui. Adesso se voi mi fate l’onore di prendermi al vostro servizio per lo stesso salario, io dirò che sono già impegnato. Il salario è di 20 lire al giorno più il vitto e le spese per me e ognuno degli uomini che servono. Non sono mica tanti quelli capaci di resistere a quattromila metri.
– Lo posso immaginare col brutto tempo! Io sono stato dieci anni fa sulla cima del Breithorn, ma era una giornata stupenda. Da lassù ho ammirato il Gran Cervino là di fronte, pareva una fortezza impressionante, davvero inespugnabile. Allora neppure da pensarci. Finché siete arrivato voi a credere che l’impresa fosse fattibile.
– Per superare il limite Tyndall bisognerà lavorare diversi giorni con degli aiutanti. Abbiamo da aggiustare dei passi scabrosi, ma la cima adesso è a portata di mano. Tornerò subito sulla nostra Becca per organizzare i lavori e tra qualche giorno, quando sarà per voi il momento di venire al Breuil vi scriverò due righe. Speriamo solo che il bel tempo ci aiuti.
– Grazie Carrel. Io conto su di voi, come ci conta tutto il nostro Club Alpino che sostiene la spesa a gloria d’Italia. Stringiamo il nostro accordo così all’antica, con una bella stretta di mano. Io fino all’inizio di agosto sono occupato, poi spero di liberarmi. In attesa di vostre notizie faccio ingrassare gli scarponi e lustrare la piccozza. E dall’anno scorso sul Monviso che non li uso.
***
Il novarese Giuseppe Torelli, prima di essere deputato al Parlamento, è giornalista e letterato arguto e caustico, ben noto e apprezzato dai lettori col nome di Ciro d’Arco. Per questo, appena tornato dalla sua gita sui ghiacciai del Monte Rosa tra Italia e Svizzera, ne scrive un accurato resoconto da pubblicare con il titolo Cinque giorni di cura.
Avevo manifestato a Quintino Sella e a Giovanni Barracco, robusti e coraggiosi esploratori di montagne, il desiderio di andare a studiare un po’ minutamente la struttura di qualche grande ghiacciaio. Questo desiderio era determinato in me da un doppio ordine di idee, così sogliono talvolta dire taluni oratori, anche quando non ne hanno nemmeno uno. Il primo ordine di idee era questo: veder davvicino e con attenzione la singolare costituzione, la bizzarra legge che fa quasi vivere e muovere le enormi masse di ghiaccio, le quali, incastonate ne’ gorghi ed abissi degli altipiani, danno origine ed alimento sempiterno ai fiumi delle valli e delle pianure, e così conoscere e comprendere le ingegnose teorie moderne dei naturalisti; i quali risalendo alle epoche incerte, fanno scendere i ghiacciai giù giù per le valli, e fanno occupare pianure oggi ubertose ed abitate. Questo primo ordine di idee, però, altro non era che un pretesto: era il secondo quello che più mi premeva, cioè respirare aria buona, godere spettacoli sublimi, trovar quell’appetito e quella morale letizia che la monotonia, le angustie o le cure della vita cittadina sogliono involare; infine cambiare la qualità dei divertimenti e alternare a quello della politica quello, non meno gustoso, di non udirne per qualche tempo a parlare. Quei due amici avevano ciascuno già formato i loro progetti: il Baracco quello d’un viaggio fuori d’Italia; il Sella quello d’un tentativo di salita sulla guglia del Monte Cervino.
Io, fra i vari ghiacciai, scelsi la esplorazione del Ghiacciaio del Gorner, appunto perché essendo esso poco discosto dal Monte Cervino, potevo godere per lungo tratto di via la compagnia del Sella. Il Sella mi scrisse una lettera piena di spirito, dolendosi di non p...