
- 222 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Contratto sociale
Informazioni su questo libro
Dalle dottrine del contratto sociale le pagine filosofiche decisive per i concetti che – tra libertà e potere – definiscono la politica moderna.
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Informazioni
Argomento
PhilosophieCategoria
Philosophie politiqueII. Thomas Hobbes. 1588-1679
leviatano
[Leviatano o la materia, la forma e il potere di uno Stato ecclesiastico e civile (1651), a cura di A. Pacchi, Laterza, Roma-Bari 1989, pp. 38, 53, 99-108, 111, 114-15, 116-17, 125, 128-29, 131-35, 139-51, 153 (trad. di A. Lupoli, M.V. Predaval, R. Rebecchi)]
La scienza ha un carattere condizionale e il suo rigore consiste nella corretta connessione delle definizioni in sillogismi. Gli uomini nello stato di natura, cioè fuori della società civile, sono considerati a partire dalla caratteristica dell’uguaglianza. Da quest’ultima nasce la diffidenza reciproca che, in una situazione in cui ognuno ha diritto a tutto ciò cui può aspirare, comporta la guerra di tutti contro tutti. In questa situazione non si può parlare di giustizia e da un tale stato non si può non volere uscire.
Nella distinzione tra legge e diritto si definisce la libertà come assenza di impedimenti esterni. Le leggi di natura indicano la via della pace e conseguentemente della necessaria cessione del diritto a tutto. Ma in mancanza di uno stato civile e di un potere non si può prevedere che cosa l’altro farà e ci si trova per questo in una situazione di incertezza che non permette la cessione dei diritti. Le leggi naturali indicano perciò la via da percorrere ma non sono decisive per l’agire esterno; vincolano solo in foro interno.
Per realizzare la pace è necessario un patto speciale che produca la spada che costringerà gli uomini a mantenere le promesse date. Con il patto i singoli si vincolano tra loro e costituiscono una persona civile che esprimerà un’unica volontà e un’unica azione. Una tale persona artificiale è possibile solo in quanto essa viene impersonata da qualcuno, che dunque vuole e agisce per tutto il corpo politico, cioè lo rappresenta. Solo l’unità del rappresentante può rendere pensabile l’unità di una moltitudine di individui uguali. Perciò nel contratto l’unione di tutti è possibile nella misura in cui si ceda il proprio diritto a governarsi – per quanto riguarda l’agire in società – e dunque si autorizzi ad agire per tutto il commonwealth una persona (o un’assemblea), il sovrano-rappresentante nei confronti del quale tutti diventano sudditi. La dinamica del patto determina i diritti e le facoltà che caratterizzano colui, o coloro, a cui è conferito il potere sovrano.
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Da ciò appare che la ragione non è nata con noi come la sensazione e la memoria e non si acquisisce soltanto per esperienza come la prudenza, ma la si consegue con l’industria, cominciando con la corretta attribuzione dei nomi e impadronendosi successivamente di un metodo buono e ordinato nel procedere dagli elementi, che sono i nomi, alle asserzioni che risultano dalla loro connessione, e ai sillogismi, che sono connessioni di asserzioni, fino a raggiungere la conoscenza di tutte le conseguenze dei nomi che appartengono all’argomento in questione; e questo è ciò che gli uomini chiamano scienza. Mentre la sensazione e la memoria sono soltanto conoscenza del fatto, che è cosa passata e irrevocabile, la scienza è la conoscenza delle conseguenze, della dipendenza di un fatto da un altro.
[...]
Le «conclusioni» o «risoluzioni» del «discorso»
Perciò quando al discorso viene data forma verbale e comincia con le definizioni delle parole, procede attraverso la connessione di queste in affermazioni generali e ancora attraverso la connessione di queste ultime in sillogismi, il termine finale o ultima somma viene chiamata conclusione e il pensiero della mente espresso da quest’ultima è quella conoscenza condizionale, o conoscenza delle conseguenze delle parole, che è comunemente detta scienza. Se tuttavia il primo fondamento di questo discorso non sono le definizioni o se le definizioni non vengono connesse correttamente in sillogismi, allora il termine finale o conclusione è di nuovo un’opinione e precisamente un’opinione sulla verità di qualcosa che è stato affermato, anche se a volte con parole assurde e prive di senso al di là di ogni possibilità di comprensione.
La «condizione naturale» dell’umanità
riguardo alla sua felicità e alla sua miseria
La natura ha fatto gli uomini così uguali nelle facoltà del corpo e della mente che, benché talvolta si trovi un uomo palesemente più forte, nel fisico, o di mente più pronta di un altro, tuttavia, tutto sommato, la differenza tra uomo e uomo non è così considerevole al punto che un uomo possa da ciò rivendicare per sé un beneficio cui un altro non possa pretendere tanto quanto lui. Infatti, quanto alla forza corporea, il più debole ne ha a sufficienza per uccidere il più forte sia ricorrendo a una macchinazione segreta, sia alleandosi con altri che corrono il suo stesso pericolo.
Quanto alle facoltà della mente (lasciando da parte le arti fondate sulle parole e in particolar modo quell’abilità di procedere secondo regole generali e infallibili, che si definisce scienza, e che pochissimi possiedono e solo rispetto a poche cose, non essendo questa una facoltà naturale e innata, né acquisita occupandosi di qualcos’altro, come la prudenza), trovo che tra gli uomini vi sia un’eguaglianza ancora più grande di quella della forza fisica. Infatti, come la prudenza non è che esperienza la quale, in tempi uguali, viene dispensata in egual misura a tutti gli uomini per le cose cui si applicano in egual misura. Ciò che può forse rendere non credibile una tale uguaglianza non è altro che la vana concezione che si ha della propria saggezza, che quasi tutti ritengono di possedere a un livello più alto del volgo, vale a dire di tutti eccetto se stessi e pochi altri che essi approvano, godendo questi di buona reputazione e condividendo le loro stesse opinioni. Infatti, tale è la natura degli uomini che, per quanto questi possano riconoscere in molti altri maggiore perspicacia1, eloquenza o erudizione, tuttavia difficilmente crederanno che vi siano molti uomini saggi come loro: infatti, essi vedono la loro propria perspicacia da vicino, quella degli altri da lontano. Ma ciò prova l’uguaglianza degli uomini su questo punto, piuttosto che la loro ineguaglianza. Infatti, di solito, non vi è prova migliore di un’eguale distribuzione di una cosa, qualunque essa sia, del fatto che ciascuno è appagato da quel che ha.
Da questa uguaglianza di capacità nasce un’uguaglianza nella speranza di raggiungere i propri fini. Perciò, se due uomini desiderano la medesima cosa, di cui tuttavia non possono entrambi fruire, diventano nemici e, nel perseguire il loro scopo (che è principalmente la propria conservazione e talvolta solo il proprio piacere) cercano di distruggersi o di sottomettersi l’un l’altro. Onde accade che, laddove un aggressore non ha che da temere il potere individuale di un altro uomo, se uno pianta, semina, edifica o possiede una posizione vantaggiosa, ci si può verosimilmente aspettare che altri, armati di tutto punto e dopo aver unito le loro forze, arrivino per deporlo e privarlo, non solo del frutto del suo lavoro, ma anche della vita o della libertà. Ma il nuovo aggressore corre a sua volta il rischio di un’altra aggressione.
A causa di questa diffidenza dell’uno verso l’altro, non esiste per alcun uomo mezzo di difesa così ragionevole quanto l’agire d’anticipo, vale a dire l’assoggettare, con la violenza o con l’inganno, la persona di tutti gli uomini che può, fino a che non vede nessun altro potere abbastanza grande da metterlo in pericolo; ciò non è niente più di quanto esiga la conservazione di se stesso, ed è cosa in generale ammessa. E poiché esistono degli uomini che provano piacere nel contemplare il loro proprio potere nelle azioni di conquista, che essi praticano più di quanto non richieda la loro sicurezza, se gli altri, che in altre circostanze sarebbero lieti di vivere tranquilli entro modesti limiti, non accrescessero il loro potere con l’aggressione, non sarebbero in grado, stando solo sulla difensiva, di sopravvivere a lungo. Di conseguenza, un tale accrescimento del dominio sugli uomini, essendo necessario alla conservazione di un uomo, deve essergli consentito.
Inoltre, gli uomini non provano il piacere dello stare in compagnia (ma al contrario molta afflizione) laddove non esiste un potere capace di incutere a tutti soggezione. Infatti, ciascuno bada a che il suo compagno nutra per lui la stessa stima che egli nutre per se stesso e ad ogni segno di disprezzo o di sottovalutazione per natura si sforza, per quanto può, di estorcere da quelli che lo disprezzano una stima più grande arrecando loro danno, e da tutti gli altri attraverso un siffatto esempio (il che è ampiamente sufficiente, tra coloro che non hanno un potere comune a tenerli in pace, a portarli a distruggersi reciprocamente).
Cosicché, troviamo nella natura umana tre cause principali di contesa: in primo luogo la rivalità; in secondo luogo la diffidenza; in terzo luogo l’orgoglio2.
La prima porta gli uomini ad aggredire per trarne un vantaggio; la seconda per la loro sicurezza; la terza per la loro reputazione. Nel primo caso ricorrono alla violenza per rendersi padroni della persona di altri uomini, delle loro donne, dei loro figli e del loro bestiame; nel secondo caso per difenderli. Nel terzo caso, per delle inezie, ad esempio per una parola, un sorriso, una divergenza di opinioni, e qualsias...
Indice dei contenuti
- I testi della politica
- Introduzione. Le dottrine del contratto sociale e la nascita dei concetti politici moderni
- I. Johannes Althusius. 1557-1638
- II. Thomas Hobbes. 1588-1679
- III. Samuel Pufendorf. 1632-1694
- IV. John Locke. 1632-1704
- V. Jean-Jacques Rousseau. 1712-1778
- VI. Immanuel Kant. 1724-1804
- VII. Johann Gottlieb Fichte. 1762-1814
- VIII. Georg Wilhelm Friedrich Hegel. 1770-1831
- IX. John Rawls. 1921-2002
- Bibliografia