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Il giudice
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Prende le decisioni; è l'organo centrale del processo; è soggetto soltanto alla legge; non deve essere oggetto né di premi né di punizioni; la sua cifra è l'indipendenza. È il giudice.
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Informazioni
Argomento
EconomiaCategoria
Politica economicaIl giudice
Il giudice secondo la legge italiana: indipendente e “indifferente”
«Ricorda particolarmente che non puoi in alcun modo essere giudice. Giacché nessuno può esser su questa terra giudice d’un malfattore, se prima non abbia egli stesso acquisito coscienza che anche lui è altrettanto un malfattore quanto quello che gli sta innanzi e che lui per l’appunto, rispetto al delitto di colui che gli sta innanzi, è forse prima di ogni altro colpevole»1.
In queste parole pronunciate dallo starec Zosima, un monaco russo dispensatore di saggezza, Gustavo Zagrebelsky, giurista, presidente emerito della Corte Costituzionale, coglie uno spunto “alto”: evocare la figura di un giudice un po’ speciale raccontata da Fëdor Dostoevskij in uno dei capolavori della letteratura russa e mondiale, I fratelli Karamazov, storia di un parricidio con errore giudiziario. Il tema affrontato da Zagrebelsky nel volume Intorno alla legge2 è profondo: «La giustizia non è solo questione di codici e procedure. È anche, anzi, questione di giudici e di ethos ch’essi si portano dietro. Prima che questione giuridica, è questione culturale».
Prosegue lo starec Zosima nel paragrafo intitolato, non a caso, Si può essere giudice dei propri simili? Della fede fino all’estremo: «Quando abbia raggiunto questa comprensione, allora [lui] potrà anche essere giudice. Per quanto abbia tutta l’apparenza di una cosa assurda, questa non è che la verità. Infatti se io stesso fossi stato giusto, forse anche il malfattore che mi sta dinanzi non sarebbe tale... E seppure fosse proprio la legge a costituirti giudice suo, anche allora, per quanto ti sarà possibile, opera secondo questo spirito, giacché egli andrà e si giudicherà lui stesso con giudizio maggiore del tuo».
Commenta Zagrebelsky: «Il giudizio, nel senso pieno di divisione del bene dal male, dei giusti dai reprobi, è prerogativa solo divina. Il vero giudizio sarà dunque solo quello finale e non sarà pronunciato da un uomo su un altro uomo. Il giudizio di quaggiù accerta una responsabilità solidale e mira piuttosto a ricomporre che non a sancire una rottura, attraverso un comune e compassionevole riconoscimento di colpevolezza»3. E ancora: «La legge è necessaria, è così anche il giudizio, per preservarla; non per vendetta, però, ma per generale riscatto... Il maggior errore del giudice è di credersi immune dalla responsabilità del delitto per il quale un altro è condannato; è di credersi membro di una società migliore, di una società di eletti»4.
Non è certo questo starec, per Zagrebelsky, il giudice che distribuisce giustizia ogni giorno nelle aule dei tribunali. Ma nemmeno un’altra figura tratta dalla letteratura americana, il giudice Danforth, protagonista di una pièce teatrale di Arthur Miller, Il crogiuolo5. Tema del dramma: un processo per stregoneria che si svolge nel 1692 in una piccola città del Massachusetts, Salem. In realtà Miller vuole accostare quel fatto alla caccia alle streghe scatenata negli Usa dopo la seconda guerra mondiale dal senatore repubblicano Joseph McCarthy, soprattutto contro gli intellettuali, compreso lo stesso scrittore, sospettati di simpatie comuniste. E chi era il giudice Danforth, orgogliosissimo delle condanne a morte da lui firmate? Uno che, secondo Zagrebelsky, «gioisce della sua giustizia». Una giustizia così interpretata da Danforth nei confronti di chi deve sottostare al suo “verbo” per qualche malefatta: «Queste persone non hanno nulla da temere se hanno la coscienza a posto... O uno è favorevole a questa corte oppure deve esserne considerato nemico... Nessun uomo retto può aver paura di questa corte». Il giudice Danforth, sempre per Zagrebelsky, «si sente un dio in terra ed è gioiosamente preso dalla sua bellezza e dalla santità della sua missione»6.
Il giudice dunque non può, né deve, essere come lo starec Zosima, e neppure come Danforth. Zagrebelsky tratteggia invece un «giudice apatico... un onesto funzionario della legge ch’egli cerca di applicare, entro una macchina giudiziaria “fredda”».
Allora, chi e com’è il giudice in Italia quale emerge dal codice? Di quali poteri è titolare? Vediamone il ruolo nelle norme che regolano le sue funzioni.
Il giudice è l’organo centrale del processo, è il centro verso cui tutto confluisce. È il giudice che prende le decisioni: rispetto a lui, l’attività del pubblico ministero è servente. Per la Costituzione italiana è soggetto soltanto alla legge. E, proprio per questo, non deve essere oggetto né di premi né di punizioni. C’è un’espressione latina che sintetizza efficacemente questo aspetto: sine metu sine spe, senza timore e senza speranza, che riecheggia l’antico regolamento di disciplina militare, cioè non per timore di punizione o per speranza di ricompensa, ma per la coscienza di adempiere al proprio dovere.
Di qui deriva la “cifra” del giudice: l’indipendenza. Che non è un suo privilegio: è più comodo eseguire un ordine che assumere la responsabilità di u...
Indice dei contenuti
- Il giudice
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