Bestiario napoletano
eBook - ePub

Bestiario napoletano

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Bestiario napoletano

Informazioni su questo libro

Le categorie umane e animali che abitano Napoli e la percorrono accompagnano il lettore dentro quell'umanità speciale che da sempre la abita.

Sulle prime ci vengono incontro le rinnovate specie antropologiche che affollano il panorama urbano: le 'pèrete' ingioiellate o impellicciate, che sono altra cosa dalle 'cacatronnole' o dalle 'zeze'; i 'chiattilli', intenti a sfarfalleggiare in piazza dei Martiri, da non confondere con i 'chiachielli'. Ma le bestie più affascinanti disseminate nei luoghi, nella letteratura e nella pittura sulla città sono senza dubbio quelle antiche: dalle piccolissime, come la cicala di rame appesa a San Gennariello all'Olmo, ai coccodrilli di cui scrisse Croce, una volta di casa nel fossato del Maschio Angioino. Titti Marrone, "Il Mattino"

Bestiario napoletano restituisce al lettore la fisionomia magica e irregolare di un'umanità incognita, che sfugge all'osservatore esterno o frettoloso. Una topografia umana e sentimentale della città. Claudio Finelli, "Le Monde diplomatique/il manifesto"

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Bestiario napoletano di Antonella Cilento in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Cultura popolare. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

1. Zoccole e scarrafoni

Sembrerà strano, ma il primo collegamento che si stringe fra le zoccole, tradizionalmente luride pantegane ma anche prostitute di città, e scarrafoni, ovvero sia letterali scarafaggi che, in linguaggio delinquenziale arcaico, camorristi è tutto letterario. Anzi, per l’esattezza, è il legame più forte stretto da Napoli con il padre della letteratura moderna, Miguel de Cervantes.
Cervantes amò moltissimo Napoli, la citò nelle sue meravigliose Novelle esemplari e nel Viaggio in Parnaso, ci visse a lungo, la praticò, sperò di restarci a lavorare come era successo al suo illustre e, in vita, più fortunato collega Francisco de Quevedo, e dal suo porto salpò solo per finire nelle galere algerine, prigioniero degli arabi per cinque, lunghi anni, ricordati, anche questi, nel Don Chisciotte e nelle Novelle.
I romanzi si scrivono da vecchi, disse. Ed è vero: i romanzi davvero importanti li scrive spesso chi ha molto vissuto e contrattato con la vita. Cervantes ebbe la sfortuna (e la fortuna) di abitare un mondo in profonda mutazione: di colpo ogni cosa diventava grande, anche solo geograficamente, mentre l’uomo si faceva sempre più piccolo. Vide le Americhe, ovvero le Indie, colonizzate dai suoi conterranei e subito trasformate in colonia penale e rifugio di falliti e stupratori, l’orbe terraqueo che, con l’uomo, perdeva la sua centralità nell’universo.
Un mondo pieno di possibilità e, al tempo stesso, dei soliti, maledetti problemi: poteva mai tornare il povero Chisciotte a Itaca? Poteva mai sperare di ritrovarci Penelope? No, al massimo poteva amare non riamato una fantasiosa Dulcinea. C’era forse una polis cui tornare, un Sacro Graal da cercare? Ogni idea di comunità finisce con il Seicento e si conclude in Cervantes, dando l’avvio all’età moderna, al romanzo, all’individuo solo contro tutti, al solitario, incompreso, fallito, ridicolo individuo.
E Napoli è casa sua.
È la città in cui non ci si può fidare delle leggi, gli avvocati sono troppi, i magistrati in vendita, i politici ruffiani, i medici ignoranti e assassini, le donne sfruttate, violentate e uccise impunemente. Che aria di modernità! Questa è l’aria della Spagna dopo Carlo V, dopo le eroiche battaglie perché il sole non tramonti mai su un regno ispirato ad Augusto e ad Alessandro Magno, ma di fatto governato dalla vil razza dannata, cortigiani, politicanti, poltronisti (e tronisti ante litteram).
Dunque, eccoci a casa nostra.
E Cervantes è il primo che racconta davvero tutto questo: non è più Boccaccio che critica ammonendo che seguire una morale salverà, non ci sono più esergo didattici alle sue novelle, no. Tutto è promessa non mantenuta, tutto è solitudine e amarezza: non resta che riderne. Ecco l’amara scienza di cui un narratore napoletano secoli dopo parlerà, Luigi Compagnone, e che scorrerà nel sangue di un altro grandissimo meridionale, Leonardo Sciascia.
Così, è naturale che una novella inizialmente ambientata in Italia e che contiene il più struggente dei ricordi napoletani – l’ingresso dal golfo sulla nave di Tomàs, futuro dottor Vetrata – abbia per protagonista il prototipo dei dissestati, degli scissi, degli scompensati, l’antesignano dei personaggi di Hoffmann in cerca della propria immagine smarrita dagli specchi o di Peter Schlemihl che, inavvertitamente, ha venduto la propria ombra al diavolo: il dottor Vetrata, studente convinto d’essere fatto di vetro e di potersi rompere a ogni passo da quando è impazzito a causa di una fattura mal riuscita, dice tutte le verità che gli passano per la testa, che i medici sono assassini impuniti dalla legge, che gli editori sono ladri e imbroglioni, che il mondo è pieno di plagiari, che tutti sono in vendita e l’onestà è perduta. Vetrata è Gregor Samsa, è il signor K del Processo, benché più allegro, è Raskolnikov, è Oblomov, è il Čičikov di Le anime morte di Gogol’. Vetrata siamo noi.
Se Cervantes avesse scritto La metamorfosi, ed è quasi come se lo avesse fatto, Vetrata sarebbe stato un napoletanissimo scarrafone e non un grosso, generico insetto.
E veniamo alle zoccole (ma agli scarrafoni torneremo).
I racconti di Cervantes sono pieni di donne in vendita, che se la cavano come possono: la definizione di zoccola indicava la più antica professione, che necessitava di rumorosi calzari per segnalarsi di notte ai clienti nella città buia e di giorno perché la città era già bolgia sovraffollata, super urbanizzata a causa del malgoverno spagnolo, in piena speculazione edilizia poiché si costruiva in stili, forme e luoghi senza alcun criterio, solo per stare più vicini al palazzo del viceré, per apparire e non mostrare la povertà che le gabelle causavano a quei nobili che si erano dovuti spostare dalle ricche campagne alla puzzolente città.
Le prostitute suonavano gli zoccoli sul selciato ­napoletano.
Ed erano così tante da essere paragonate ai topi che già allora affollavano acquedotti greci e latini, l’acquedotto nuovo del Carmignano, le fogne e gli ipogei scavati dai cavatori di tufo per millenni, dove tutto si gettava alla rinfusa: spazzature, mobilia, parti di corpi umani, cadaveri interi, escrementi, cibi, abiti e deiezioni d’ogni sorta.
Nella città profumata di giardini e orti che Cervantes vide coesisteva sia il paradiso che la Spagna inurbata aveva perso, che Madrid o Valladolid non conoscevano già più, sia l’inferno abitato dalla camorra che proprio gli spagnoli, ispirati dalla propensione all’inganno degli italiani, prima copiarono, poi impiantarono in madrepatria e infine reimportarono a Napoli. Un po’ il percorso della mafia: dalla Sicilia all’America e poi, di nuovo, dall’America alla Sicilia e all’Italia tutta.
In Rinconete e Cortadillo, novella straordinaria, Cervantes ritrae due picari che si trasformano in camorristi. È la prima testimonianza letteraria esistente del fenomeno: due ladri, convinti che sul furto non si paghino tasse, si trovano a dover accettare la protezione di Manipodio, organizzatore di malfattori. Manipodio stabilisce regole, gergo, protocolli, indica punizioni e assassinii, furti e tirate d’orecchio. Il suo è già il Sistema della camorra, della ‘ndrangheta, della mafia. Si ride. E si trema. Poiché tutto è così simile al presente.
In un’altra novella una giovane donna stuprata e messa incinta da uno che poi se ne fugge nelle Indie, colonia e ricettacolo di malfattori, avanzi di galera, truffatori e falliti (con buona pace dei padri pellegrini del secolo seguente), partorisce un figlio dalla violenza. Quindi, anni dopo, il figlio ha un incidente e viene soccorso in una casa dove, guarda un po’, è appena tornato il malfattore. Ma la donna stuprata non può riconoscere il colpevole poiché bendata, cieco anche lo stupratore confuso dalla violenza del desiderio. Un oggetto li fa identificare a causa del figlio e costringerà il disgraziato a “porre rimedio”.
A Cervantes può anche sembrare un happy ending, e non credo ne fosse davvero convinto neanche lui, ovviamente a noi no.
Nel dialogo fra Berganza e Scipione, cani d’intelletto (rieccoci al Bestiario ibero-napoletano) la società contemporanea è fatta a pezzi, anche se se la ride. E così anche le pretese di certa letteratura, le pretese di certi editori, librai e politici.
Se c’è una cosa che Cervantes, nella sua incommensurabile grandezza insegna è: attenzione, quel che vi racconto sono favole, ma de te fabula narratur.
È di te che questa storia parla.
Cosa conserva Napoli di questo suo illustrissimo visitatore, di questo suo innamorato, di quest’uomo che pensando ai suoi anni felici e giovanili non vedeva la Spagna dov’era nato ma Napoli, la città dove era passato? Da qualche anno l’Istituto Cervantes più grande d’Italia e con la sede più bella. E poi una sola, semplice targa.
È nella via che porta il suo nome, via Cervantes, all’angolo con piazza Municipio, che il primo scrittore di romanzi della storia occidentale è ricordato: “Questa città è Napoli illustre le cui vie percorsi più di un anno d’Italia gloria e ancor del mondo lustro che di quante città in sé racchiude non v’è nessuna che così l’onori: benigna nella pace e dura in guerra madre di nobiltude e d’abbondanza dai Campi Elisi e dagli ameni colli. Miguel Cervantes de Saavedra dal Viaje del Parnaso cap. VIII. Nel CCCXLIII anniversario della morte Napoli ricorda il grande poeta che in memorabili versi esaltò le virtù e le bellezze della città partenopea. XXIII aprile MCMLIX”.
Naturalmente, i passanti corrono verso le banche, i negozi, le bancarelle, gli uffici del Comune e dell’autore del Don Chisciotte e delle Novelle esemplari nessuno si accorge. Né Cervantes se ne stupirebbe, abituato come fu dalla vita a imparare presto che non il coraggio, non il talento, non la visione contano a questo mondo salvo che dopo la morte, ma qualità meno nominabili.
Qualità facili a esercitarsi nella capitale degradata del viceregno, poiché, con il ritorno degli spagnoli dopo il regno aragonese e l’interregno francese di Carlo VIII, Napoli non era più la capitale del Regno di Napoli, così importante che il Magnanimo aveva lasciato la Spagna per abitarvi, ma il semplice presidio di un’appendice dell’impero spagnolo.
Eppure (gli storici attingono a fonti diverse a seconda dei secoli) il Cinquecento napoletano fu anche luminoso nei suoi rapporti con Madrid e collaborativo e generoso, anche se a riguardare indietro sembra che la storia si conduca sempre a “mazz’e panella”, con l’abbassamento di tasse che subito si rialzano, con concessioni che coprono ritorsioni, con pesti portate da untori di comodo – gli ebrei che, ovunque arrivino, come le minoranze di ogni tempo, vengono accusati di portare malattie – ed editti contro i vizi comuni: molto colpita la sodomia, argomento che non passa mai di moda poiché omosessuali ed ebrei furono perseguitati, insieme con le donne, per tutta l’età moderna, esattamente come oggi.
E Miguel, che era nato ad Alcalà nel 1547 da un chirurgo, professione che ben altra fortuna avrebbe conosciuto nel secolo seguente, all’epoca confusa con quella dei barbieri, e che aveva iniziato studi letterari ma poi li aveva interrotti, era un perfetto abitante del suo tempo: accusato d’omicidio, come Caravaggio era pronto ad ammazzare un oste per quattro carciofi senza burro o un passante per un’alzata di naso (non si prenda mai sottogamba Manzoni quando ne parla), ma anche affascinato dal classico viaggio d’istruzione italiano, cioè sentimentale, culturale e sessuale. Del resto, passavano da Napoli tutti i maggiori scrittori di quegli anni e molti vi lavorarono come funzionari: Francisco de Quevedo, Lope de Vega, Tirso de Molina.
Una Napoli da rimettere a lucido con l’aiuto di Vasari, in quegli anni convocato e riconvocato a Napoli per dipingere anche il sontuoso Refettorio di Sant’Anna dei Lombardi a Monteoliveto. A Napoli Cervantes sempre pensò, mentre era prigioniero ad Algeri nelle mani di un rinnegato greco di nome Dali Mamì, tentando la fuga avventurosamente come il conte di Montecristo ma fallendola spesso come un personaggio dei fratelli Coen. Quando in vecchiaia si ritrovò plagiato, di certo pensò ai napoletani, che qualche anno fa fotocopiavano per risparmio i libri di Erri De Luca: il diritto d’autore per le arti tutte, inclusa pittura e scultura, è acquisizione recentissima: allora era normale vendere statue moderne per antiche, copiare quadri oggi intoccabili, figurarsi le pagine degli scribacchini. E anche quando la vena si estinse e la vita sparì, Napoli era negli occhi di Cervantes.
Con occhi simili, innamorati e polemici insieme, Salvatore Di Giacomo anni dopo avrebbe scritto delle famose zoccole nel suo La prostituzione in Napoli raccontando tre secoli di leggi e tariffe, cibi, prezzi, scambi, mura di contenzione e quartieri destinati.
La Lucrezia d’Alagno che fa innamorare il vecchio Alfonso d’Aragona, il Magnanimo, ci riporta a più squallide vicende contemporanee di ninfette e potenti, mentre la sifilide cambiava nome a seconda delle dominazioni: mal francese se a regnare erano gli spagnoli, mal spagnolo se erano i francesi, mal di Napoli se a prenderla era un visitatore d’altra provenienza, olandese, inglese o tedesco.
Ecco allora la Rua Catalana, il porto, il Malpertugio, Portanova e gli altri angiporti e quartieri malfamati dove esercitavano le eredi della Ciciliana del Boccaccio (vedi Andreuccio da Perugia), odiatissime ma pagate: “La femina è uno animale imperfecto, una rosa fetente, uno veleno dolce, instabile più che lo aere vagabondo”, scrive amabilmente il letterato Francesco Del Tuppo riferendosi alle signore della Selleria e della taverna del Cerriglio, alle varie celze o ceuze, o spitalere, come sarebbero state poi chiamate per via della frequentazione dell’ospedale celtico, ovvero per sifilitiche, nomi tramandati dalla storia, Bona, Faustina, Porzia, Vittoria, Angelica, Serafina, Isabella, Clara, Dianora, Aurelia, Beatrice... Prostituzione come economia di sopravvivenza anche nelle case, dove una moglie si dava anche al fratello, al cognato, allo zio in cambio di salsiccia, pesce e farina: esempio celebre ma non certo unico quello della moglie di Masaniello, Berardina Pisa.
Ecco allora zeze e lavannare insieme a cortigiane di alto bordo mescolate nell’unica categoria delle zoccole, nel secolo d’oro vestite anche come uomini, separate da una cinta, isolate fuori dalle mura con l’ovvia trasformazione delle stesse in luogo di massimo commercio umano, rinchiuse nell’Albergo dei Poveri ad alimentare scene ben peggiori di quelle descritte da José Saramago nel lager per ciechi di Cecità; infine tradotte nelle case d’appuntamento, protagoniste di famose canzoni, quasi eroine (vedi Bambulella), donne dei camorristi, ovvero degli scarrafoni (vedi I misteri di Napoli di Francesco Mastriani), madri infelici che rivendicano figli e matrimonio nella Filumena Marturano di Eduardo De Filippo.
E oggi? Raccontiamo una variante contemporanea...
Quasi subito, mentre siamo seduti al bar, arriva la telefonata: “Carissimo, ti aspettavo... Già mi dicevo: oggi è mercoledì e ancora non si è fatto sentire... Lo sai, non disattenderò nessuna tua aspettativa... Cosa vuoi provare: un cavallo di razza già rodato o un nuovo equino? Ah, il Palestrato... Ti faccio sapere, ci risentiamo più tardi...”.
Guardo Gaetano, nome di fantasia per il giovane e gradevole uomo che ho davanti, poco più di un quarto di secolo d’età, professione da due anni a questa parte escort o, come mi dirà poi alla fine, call boy, e gli chiedo: “Il Palestrato?”. Mi spiega che da un po’ di tempo lavora in coppia con altri professionisti che sceglie accuratamente perché le persone si stancano della monotonia, “altrimenti starebbero in casa con la moglie”, ammicca ironico. “Lavoro in coppia con più di un collega che propongo in base al gusto e all’esigenza dei clienti. Sono il più famoso, il migliore in città perché questo lavoro si fa con il cervello prima che con il proprio corpo: gestire clienti d’ogni genere, con esigenze diversissime prevede empatia, discrezione, presenza...”.
Gaetano, che pratica fra tutti i mestieri, si sa, il più antico del mondo, il più condannato, un’attività che da anni non si svolge più solo per strada ma al telefono e in rete, si mostra sicuro, spigliato, abituato a condurre il gioco, però – specifica – non è che sia così nella sua vita, in privato: “Il personaggio che interpreto e propongo non coincide con tutte le mie caratteristiche personali... Ho imparato a darmi un valore, ad attribuirmelo. All’inizio mi sottovalutavo, ma ho...

Indice dei contenuti

  1. Benvenuti
  2. 1. Zoccole e scarrafoni
  3. 2. Pèrete, fecatielli, farinielli, sagliuti e chiachielli
  4. 3. Animali magici(ovvero mosche d’oro, sanguisughe, cicale di rame, cavalli di bronzo, martiri, maghi, santi e occhi strabici)
  5. 4. Civette ovvero cuccuvaie, ovvero ciucciuettole
  6. 5. Il Sileno
  7. 6. Balene in città(e si finì a pesci fetenti)
  8. 7. Coccodrilli
  9. 8. Rondini(Migranti da Sud e da Nord)
  10. 9. Il diavolo
  11. 10. La botta del maestro(solachianielli e acquafrescai)
  12. 11. Monacielli e Magnafoglie (ovvero il Popolo e i suoi Fantasmi)
  13. 12. L’Ebreo errante
  14. 13. Un dinosauro in chiesa
  15. 14. La Madonna delle Scarpetelle
  16. 15. Femminielli e ricchioni(perché il Gay Pride serve al Sud più che mai)
  17. 16. Donna(la Bestia che scrive, pensa e fa pure la rivoluzione)
  18. 17. Fantasmi
  19. 18. Sante che profumano da morte(e cantano come organi) e santarelle
  20. 19. Musicisti
  21. 20. Purpi(ma anche cape e zizze di sirene, draghi e leoni)
  22. 21. Bestie Rare(Pina Conte e la Sanità)
  23. Ringraziamenti
  24. Bibliografia