Il Quirinale
eBook - ePub

Il Quirinale

Storia politica e istituzionale da De Nicola a Napolitano

  1. 336 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il Quirinale

Storia politica e istituzionale da De Nicola a Napolitano

Informazioni su questo libro

Fino a che punto gli inquilini del Quirinale hanno influenzato la storia politica dell'Italia repubblicana e hanno contribuito a determinarne gli sviluppi?

Giuseppe Mammarella e Paolo Cacace ricostruiscono l'intreccio fra le undici personalità che hanno ricoperto la massima carica dello Stato, le loro attività e le vicende politiche del paese.

Attraverso documenti d'archivio spesso inediti, memoriali e testimonianze dei protagonisti, si ripercorrono tutte le tappe salienti delle varie presidenze: dalle 'prediche inutili' di Einaudi agli anni di Gronchi; dal 'mandato breve' di Segni e dai retroscena del 'piano Solo' alle clamorose dimissioni di Leone; dalle esternazioni irrituali di Pertini ai misteri di Cossiga; dalle aspre polemiche degli anni di Scalfaro fino al complesso settennato di Napolitano ancora in corso.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Il Quirinale di Paolo Cacace,Giuseppe Mammarella in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Storia e Storia del XXI secolo. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

X. Ciampi, il nuovo patriottismo europeo (1999-2006)

1. Perché un ex banchiere

Nella primavera del 1999 c’era un vero e proprio concentrato di appuntamenti elettorali. Tra aprile e giugno erano in agenda le elezioni amministrative (comunali, provinciali e regionali), il referedum per eliminare il residuo 25% di proporzionale alle elezioni della Camera previsto dal «Mattarellum» e, dulcis in fundo, le consultazioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Ma probabilmente l’appuntamento più delicato e impegnativo per le forze politiche era l’elezione del successore di Oscar Luigi Scalfaro, che si era detto disposto a lasciare il Quirinale con qualche settimana d’anticipo proprio per evitare l’ingorgo istituzionale.
Scartata l’ipotesi di una possibile riconferma dello stesso Scalfaro, per l’immediata quanto prevedibile e drastica opposizione del centro-destra, i principali partiti cominciarono a vagliare la rosa dei potenziali candidati.
Ma alcune indicazioni emersero sin dai primi contatti. Era arduo per gli ex democristiani rivendicare un proprio rappresentante sul Colle per la terza volta consecutiva, dopo Cossiga e Scalfaro, anche se i tentativi non mancarono e furono reiterati e pressanti; i diessini si trovavano in una condizione pressoché analoga, bloccati nelle loro ipotetiche aspirazioni dalla presenza di Massimo D’Alema, primo ex comunista alla guida di Palazzo Chigi. Quindi l’identikit del candidato ideale era in qualche modo obbligato. La scelta era ristretta ad un laico, di alto profilo morale e politico, possibilmente proveniente dall’area della maggioranza e gradito all’opposizione.
Eliminate per le ragioni suindicate, ma non senza aspri contrasti, le candidature dei «popolari» Franco Marini, Nicola Mancino e Rosa Russo Jervolino, restavano in ballo, in vista della dirittura d’arrivo, i nomi di Emma Bonino, Giuliano Amato e, soprattutto, Carlo Azeglio Ciampi. Sull’allora ministro del Tesoro si concentravano i contatti ufficiosi tra il segretario dei Ds, Walter Veltroni, e il presidente di An, Gianfranco Fini. Ma per vincere riserve e conflitti all’interno della maggioranza di centro-sinistra e soprattutto le ambizioni del segretario del Ppi, Marini, era D’Alema a dover prendere risolutamente in mano la questione per risolverla con un confronto a quattr’occhi con Berlusconi241.
Risultato: la mattina del 12 maggio, Gianni Letta saliva le scale del ministero del Tesoro a via XX Settembre e comunicava personalmente a Ciampi il «via libera» del Cavaliere con queste parole: «Caro presidente, Berlusconi ha sempre chiesto che al Quirinale andasse un uomo al di sopra delle parti, un garante vero. Lei, per sua stessa natura, corrisponde perfettamente a questo ritratto»242.
Ciampi incassa sornione, ma evidentemente soddisfatto, questa investitura. Ma fino all’ultimo non pensa di essere eletto. Anzi è talmente scettico che rivelerà: «Avevo preparato una lettera di rinuncia non fossi stato eletto al primo scutinio»243. Invece, il giorno successivo le Camere lo eleggeranno con un voto ad ampia maggioranza decimo presidente della Repubblica. Otterrà infatti 707 voti su 1010 (il 71,4%), provenienti sia dal centro-destra che dal centro-sinistra; contrari soltanto la Lega e Rifondazione comunista.
Era la terza volta nella storia repubblicana (dopo De Nicola e Cossiga) che un capo dello Stato veniva eletto in modo così rapido e indolore. Ma era la prima volta che veniva eletta una personalità che – pur avendo occupato incarichi prestigiosi – non aveva dietro di sé una carriera politica e quindi alcun partito che lo appoggiasse.
Ma perché i principali schieramenti avevano deciso di convogliare i rispettivi voti proprio sull’ex banchiere e allora ministro del Tesoro? Una prima ragione è probabilmente legata alla figura del suo predecessore Scalfaro, che aveva assunto un ruolo molto attivo, ma controverso, nel gioco politico durante il settennato. Dopo una stagione contrassegnata dai veleni tra i partiti, in cui il Quirinale era finito spesso nella mischia, c’era la volontà comune di un periodo di tregua per consentire ai principali attori del confronto politico di riorganizzare le rispettive forze in vista delle sfide successive.
Ciampi, per il suo passato di grand commis dello Stato, di personalità sostanzialmente al di sopra delle parti ed estranea al mondo politico, era l’uomo ideale per far uscire il paese dal tunnel di una crisi profonda in cui i nodi politico-istituzionali si intrecciavano con quelli economici mentre sul fronte internazionale imperversava, ad un tiro di schioppo dalle nostre frontiere, la guerra dichiarata alla Serbia dalla Nato, che vedeva il governo D’Alema fortemente impegnato a sostegno dell’utilizzazione delle nostre basi da parte degli alleati e della partecipazione dell’aviazione italiana alla guerra.
Inoltre c’era la speranza che Ciampi potesse dare un utile contributo alla ripresa e, se possibile, imprimere un’accelerazione del sistema maggioritario che – proprio alla vigilia dell’elezione del successore di Scalfaro – aveva subito un’imprevista quanto pesante battuta d’arresto con la bocciatura del referendum antiproporzionale, che non aveva superato lo scoglio del quorum per soli duecentomila voti244.
In aggiunta, dopo il fallimento nel 1998 della terza Bicamerale della storia repubblicana, presieduta da D’Alema, a seguito del repentino retromarcia di Berlusconi, le ipotesi di riforma istituzionale erano ancora tutte sul tappeto245.
C’era dunque bisogno di un uomo in grado di riannodare il filo del dialogo tra le forze politiche e di riprendere il cammino interrotto, e Ciampi poteva essere il traghettatore verso quella «democrazia bipolare» che ancora non si vedeva all’orizzonte dopo la fine della Prima Repubblica e l’avvio dell’incerta fase di transizione.
Come se non bastasse, si riconosceva al neo-presidente una particolare autorevolezza a livello europeo. Principale fautore dell’ingresso immediato del nostro paese nell’euro, nelle sue funzioni di super-ministro dell’Economia del governo Prodi Ciampi aveva acquisito speciali benemerenze e godeva di stima e di appoggi autorevoli presso le principali cancellerie dei paesi dell’Unione europea. Quindi avrebbe potuto contribuire a tener alto e non marginale il nostro ruolo tra i «Ventisette», anche grazie al fatto che poche settimane prima Romano Prodi era stato eletto presidente della Commissione di Bruxelles.
Ma c’era probabilmente un altro fattore inconfessato che faceva capolino nella decisione finale di alcuni dei «grandi elettori» di maggioranza e di opposizione di affidare la massima carica dello Stato nelle mani di una sorta di «alieno»: un uomo che non aveva mai partecipato ad una competizione per la conquista di un seggio parlamentare e che aveva trascorso massima parte della sua intensa vita lavorativa percorrendo tutti i gradini della carriera alla Banca d’Italia fino al vertice del governatorato, ragionando di bilanci e di politica monetaria, salvo gli ultimi anni della improvvisa e in qualche modo inattesa «chiamata» a Palazzo Chigi da parte di Scalfaro e la successiva collaborazione con Prodi e poi con D’Alema alla guida del ministero dell’Economia.
La speranza, neanche tanto recondita, era che Ciampi, ormai settantanovenne, considerasse la sua elezione al Colle come il coronamento di una straordinaria carriera, si sentisse in qualche modo appagato e limitasse le sue funzioni a uomo-simbolo al di sopra delle parti, moderando gli interventi e le iniziative.
D’altra parte, a posteriori lo stesso Ciampi non escluderà che questo disegno possa essere stato coltivato da qualcuno ai piani alti della politica, al momento della scelta. E collegherà tale supposizione alle ragioni, mai sufficientemente chiarite, per cui meno di un anno prima dell’elezione, nel 1998, gli venne negata la possibilità di guidare un nuovo esecutivo quando tutto sembrava orientarsi verso quella soluzione. «La esclusione fu l’effetto di un accordo tra Cossiga e D’Alema», spiegherà in tempi successivi. E osserverà: «Penso che qualcuno temesse più un Ciampi operativo che un Ciampi istituzionalmente al vertice, ma con i poteri limitati del presidente della Repubblica»246.
Tuttavia, ammesso che un simile disegno possa essere stato perseguito, ci penserà lo stesso Ciampi a vanificarlo nel corso di un mandato destinato a diventare uno dei più incisivi della storia politica dell’Italia repubblicana.
Beninteso: neanche al presidente-banchiere saranno consentiti miracoli e molti dossier – a cominciare da quello delle riforme istituzionali – resteranno ancora aperti e insoluti; ma quella di Ciampi non sarà una presidenza notarile, di routine. Al contrario, sarà ricca di iniziative, gran parte delle quali orientate a restituire autorevolezza e prestigio all’istituto presidenziale, incardinate in un progetto strategico che ha preso consistenza progressivamente nell’arco del settennato, grazie anche al sostegno di una crescente (e forse imprevedibile nonché imprevista) popolarità.
In verità, alcuni tratti sono già presenti nel discorso d’insediamento (18 maggio 1999), laddove Ciampi si richiama al consenso politico determinatosi attorno al proprio nome (con la ricordata eccezione di Lega e Rifondazione) per assicurare il suo impegno a far perdurare questa significativa «convergenza costituzionale» nel segno di una «pienezza di unità nazionale» che peraltro «non nega, anzi presuppone il normale, vitale, netto confronto tra maggioranza ed opposizione». Sin dall’esordio c’è un immediato, forte richiamo all’«unità nazionale», che sarà uno dei Leitmotiv del mandato presidenziale – insieme alla continua, tenace, quasi ostinata, azione a favore dell’unificazione europea – e il presupposto per quella riscoperta delle «memorie nazionali e patriottiche» destinata a diventare uno dei pilastri della presidenza.

2. Quella notte a Palazzo Chigi

Per cercare di spiegare le ragioni profonde del «fenomeno Ciampi» e quindi per decifrare i motivi della sua incidenza nella vita politica del paese conviene tornare a quei giorni di fine aprile del 1993, quando Scalfaro convoca l’allora governatore di Bankitalia e gli affida l’incarico di formare il nuovo esecutivo dopo le dimissioni del governo Amato, travolto dagli scandali e con ben cinque ministri raggiunti da avvisi di garanzia e costretti a fare le valigie. È una decisione presa in assoluta autonomia dal capo dello Stato e quindi la sua scelta si configura – come non mai – alla stregua di un «governo del presidente».
Ciampi è colto di sorpresa dalla richiesta di Scalfaro. Fino a quel momento i suoi rapporti con il mondo politico – al di là dei doveri di ufficio – sono stati marginali. E in qualche caso burrascosi.
Livornese doc, figlio di un ottico e di un’insegnante di musica, laureato in Lettere (filologia classica) e in Giurisprudenza, carattere schietto e arguto, con una solida cultura umanistica cementata dagli studi alla Normale e alimentata dalla frequentazione di un maestro come il filosofo Guido Calogero, autore de La scuola dell’uomo247, durante gli anni tempestosi della seconda guerra mondiale (entrambi erano riparati a Scanno, in Abruzzo, dopo l’8 settembre 1943), Ciampi era stato introdotto proprio da Calogero alle idee e ai programmi del Partito d’Azione. Ma era stata un’esperienza fugace, destinata a dissolversi nella scia del deludente risultato del PdA alle elezioni del 1946.
Il giovane Ciampi comprese che la politica non faceva per lui. Confesserà più tardi: «Mi resi conto della mia incapacità di far politica, intesa appunto anche come capacità di parlare con la gente e di farsi intendere»248.
Cambiò strada, né seguì – salvo una breve fase iniziale – quella dell’insegnamento, verso la quale per i suoi studi era probabilmente più inclinato. Grazie soprattutto ai consigli della moglie Franca, conosciuta ai tempi dell’università (e futura compagna di una vita), partecipò ad un concorso alla Banca d’Italia e lo vinse, malgrado la scarsa dimestichezza con le materie economiche. Ma non ci mise molto a far valere le sue qualità.
Dal 1946 in poi aveva lavorato in...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. Prima fase: gli anni della ricostruzione
  3. I. De Nicola, un monarchico per l’unità della Repubblica (1946-1948)
  4. II. Einaudi, un economista per la stabilità del centrismo (1948-1955)
  5. III. Gronchi, l’interventista che vuole aprire nuove vie (1955-1962)
  6. Seconda fase: ascesa e declino della partitocrazia
  7. IV. Segni, il sigillo moderato su un mandato interrotto (1962-1964)
  8. V. Saragat, il sigillo del centro-sinistra su un paese in crisi (1964-1971)
  9. VI. Leone, un giurista tra scandali e anni di piombo (1971-1978)
  10. VII. Pertini, il socialista che scuote le istituzioni (1978-1985)
  11. Terza fase: la difficile transizione
  12. VIII. Cossiga, il demolitore nell’ora della grande svolta (1985-1992)
  13. IX. Scalfaro, il traghettatore tra due repubbliche (1992-1999)
  14. X. Ciampi, il nuovo patriottismo europeo (1999-2006)
  15. XI. Napolitano, garante di stabilità in un paese da riformare (2006- )