II.
Il rispetto come riconoscimento
1. Due concetti di rispetto
Il concetto di rispetto di cui ci siamo occupati nel precedente capitolo e che ora andiamo ad analizzare più nel dettaglio è quello di rispetto-riconoscimento, ossia quell’atteggiamento di riguardo nei confronti degli altri, dovuto al loro essere persone, degne in quanto tali di essere rispettate. Il rispetto-riconoscimento si distingue da un altro senso in cui la nozione di rispetto è abitualmente usata, per esempio, in espressioni quali «È uno scrittore di tutto rispetto», oppure «Roberto Bolla si è conquistato il rispetto nel mondo internazionale della danza classica». Qui il rispetto si riferisce all’atteggiamento di ammirazione e stima che si prova per qualcuno in virtù di sue speciali qualità , condotte, virtù e abilità .
Le due nozioni, rispetto-riconoscimento e rispetto-stima, sono state precisamente distinte da Stephen Darwall in un noto saggio del 1977 che costituisce un po’ il punto di partenza della riflessione analitica sul concetto nell’ambito della filosofia morale contemporanea, a partire dall’ovvio debito kantiano1. Poiché, come s’è detto, ai frequenti riferimenti al rispetto in filosofia politica non corrisponde un’analoga attenzione a ciò che esso significa e alle sue implicazioni, occorre rivolgersi alle accurate indagini in etica e, innanzi tutto, alla fondamentale distinzione di Darwall per definire con qualche precisione il significato e il funzionamento del principio dell’ER nella politica democratica.
Alcune osservazioni preliminari su questa distinzione riguardano il fatto che il rispetto-riconoscimento è attribuito a priori, in virtù del riconoscimento degli altri come persone e, in questo senso, è indipendente dai comportamenti, dal carattere, dai contributi dati o meno da un particolare individuo; il rispetto-riconoscimento è incondizionato con riferimento alla particolare persona che ci troviamo davanti. Al contrario, il rispetto-stima è l’atteggiamento che consegue dalla considerazione positiva del carattere, delle condotte, dei risultati conseguiti da una particolare persona; quindi è a posteriori e ammette gradazioni. Il primo (rispetto-riconoscimento) non può non essere attribuito alle persone, a ciascuna persona, pena far loro torto; il secondo (rispetto-stima) è dato solo se la persona lo merita e nella misura appropriata ai suoi meriti2.
Infine, mentre il rispetto-stima è un atteggiamento che orienta il comportamento solo in casi particolari e in circostanze determinate, come un concorso o una competizione, ma che normalmente si traduce in un sentimento; il rispetto-riconoscimento unisce necessariamente alla componente di riguardo, la disposizione a dare le considerazioni appropriate all’oggetto del rispetto nella deliberazione su azioni che lo concernono. Rispettare qualcuno implica (a) considerarlo come pari e (b) orientare il comportamento verso quella persona in modo tale da evitare di umiliarla, degradarla, misconoscerla, ignorarla. In questo senso il rispetto-riconoscimento è sempre anche una pro-attitude, un atteggiamento orientato all’azione che comporta un insieme di vincoli morali sulle azioni relative ad altre persone3.
La nozione di cui questo lavoro si occupa, in quanto centrale per orientare la politica liberaldemocratica, è il rispetto-riconoscimento. Nell’originaria esplorazione da parte di Kant, esso è attribuito solo sulla base del riconoscimento degli altri come persone che, in quanto tali, sono luoghi del valore morale, capaci di giudizio, di porre fini, di scelta autonoma e razionale e co-legislatori della legge morale4. L’ascendenza kantiana è in generale riconosciuta da tutti coloro che si occupano di rispetto in etica; tuttavia il riferimento a Kant non è sufficiente a rispondere a tutti gli interrogativi sul significato del rispetto e sul perché gli esseri umani sarebbero reciprocamente fonte di rispetto e di rispetto eguale, a fronte delle loro vistose differenze morali. La soluzione kantiana a queste domande sta infatti nella concezione trascendentale della persona come ente noumenico, distinto dagli io empirici. Si tratta di una metafisica impegnativa e controversa, senz’altro non applicabile a tutte le svariate richieste di rispetto in sede morale, sociale e politica, e a tutte le affermazioni del principio di eguale rispetto che caratterizzano il mondo etico-politico contemporaneo.
Se si vuole affermare il ruolo fondazionale dell’ER alla base del liberalismo politico, il riferimento alla metafisica kantiana della persona è troppo stretto di fronte ai tanti che, attualmente o anche solo potenzialmente, ad esso si richiamano. Ma allora, ci si chiede, che cosa esattamente nell’essere persone comanda rispetto incondizionato che, essendo a priori e indipendente dal carattere e dalle condotte dei singoli, non può che essere eguale? Se si abbandona la metafisica kantiana, possiamo fornire un resoconto del rispetto-riconoscimento, adeguato alle nostre credenze condivise rispetto alla natura della persona? Anziché tentare di rispondere subito al problema di che cosa riconosciamo come fonte della dignità delle persone che comanda rispetto incondizionato, vorrei cominciare ad avanzare alcune osservazioni sulla incondizionatezza del rispetto-riconoscimento che costituiscono un primo passo d’avvicinamento a quella risposta.
2. Incondizionatezza e perdita del rispetto
2.1. Il caso di Mengele e del marito infedele
La distinzione analitica fra i due tipi di rispetto è chiara ed efficace; tuttavia a un esame più approfondito, il rispetto-riconoscimento che viene attribuito a priori alla dignità delle persone in quanto tali (qualunque cosa ciò significhi) non sembra sempre essere incondizionato. Se una persona si comporta in maniera sistematica e consistente in modo sadico e crudele verso il prossimo, per esempio verso i bambini, intuitivamente, sembra aver perso il diritto al rispetto. E sembra averlo perso non tanto perché non merita più la nostra stima: perdere la stima è qualcosa di quotidiano, non ha bisogno di condotte eccezionalmente sadiche e crudeli, bastano alcuni cedimenti del carattere o qualche azione che noi troviamo riprovevole; in aggiunta, è un fatto che tante persone non hanno la nostra stima pur mantenendo il nostro rispetto. Mi riferisco invece a quelle condotte che suscitano universale disprezzo, disgusto e orrore: quelle che, per esempio, rientrano nella categoria del «male radicale»5. Mentre diciamo che un marito infedele e bugiardo non merita il nostro rispetto, nel senso di stima, di fronte al dottor Mengele diciamo che ha perso il rispetto che si deve all’umanità . Parlare di disistima per Mengele suona decisamente fuori luogo e inappropriato. Quello che voglio indagare dunque non è se, quando e dove le due nozioni di rispetto si intersecano a un certo punto, quanto come è possibile rendere conto dell’intuizione secondo la quale il rispetto-riconoscimento è, per un verso, a priori e incondizionato e per l’altro verso può, ancorché eccezionalmente, essere perso. Si noti che anche in questo caso drammatico in cui sembra appropriato dire che si è perso il diritto al rispetto, in ogni caso, si riconferma che del rispetto-riconoscimento non ci sono gradazioni. Mengele l’ha perso e il marito infedele no, tanto quanto non l’ha perso il marito premuroso.
2.2. Lo status di persona
Per cercare di dare ragione di questa intuizione, ci viene in soccorso una riflessione di Thomas Hill jr. al riguardo che indica una possibile linea argomentativa verso una soluzione, da lui però non perseguita fino in fondo.
Hill ritiene, nella tradizione kantiana, che il concetto di persona o di essere umano costituisca uno status normativo che fonda il titolo al rispetto incondizionato6. Lo status di persona, con riferimento all’attribuzione del rispetto, funziona analogamente a come funzionava lo status di «duca» nelle società pre-moderne. Come nel mondo pre-liberale, essere duca costituiva di per sé, indipendentemente dall’individuo in questione, titolo per certi privilegi e per un certo tipo di trattamento e riverenza, così oggi nel nostro mondo morale essere persone, indipendentemente da chi siamo, costituisce titolo per il rispetto7.
Il parallelo fra lo status di duca e di persona aiuta a capire che l’ascrizione è certamente a priori, dunque incondizionata rispetto al singolo duca o al singolo individuo, e tuttavia condizionata alla possibilità di riconoscere Malborough come duca e Giovanni come persona. Il fatto è che lo status di persona oggi, come quello di duca un tempo, fa riferimento a un contenuto normativo che per i duchi consisteva in uno specifico ethos e in correlate virtù e per le persone consiste invece, in via provvisoria da precisare poi, in una serie di capacità intellettuali e morali che si presume tutti gli esseri umani abbiano in quanto persone: capacità morali generali di distinguere il bene dal male, di avere un senso di giustizia, di provar rimorso per i propri errori, cercare di ripararli etc., capacità insomma che sono ascritte come marchi della comune umanità 8.
Il rispetto a priori è dunque giustificato dalla presenza (presunta) di capacità morali, indipendentemente dall’uso che gli individui ne fanno e dalle attitudini che mostrano nella loro condotta. Né i duchi, né le persone devono provare di avere le carte in regola per ottenere il rispetto cui hanno titolo per status: lo status non si guadagna. Eccezionalmente, però, possono provare, in negativo, di essere indegni del loro status. Proprio perché esso rinvia a un contenuto di capacità morali, la possibilità di perderlo se quel contenuto viene tradito in maniera drammatica esiste. Come il duca che patentemente tradisce l’ethos proprio del suo status perde la propria dignità , così la persona che in maniera sistematica trasgredisce le leggi dell’umanità sembra possa perdere il titolo al rispetto.
Hill vede questo problema e si domanda se il rispetto incondizionato possa mai essere ritirato come conseguenza di condotta seriamente immorale che mostri che l’individuo non possiede la capacità propriamente umana che egli identifica, seguendo Kant, in quella di legislazione morale neanche a livello potenziale9. Egli è estremamente riluttante ad ammettere che il rispetto possa essere perduto anche in casi eccezionali, e dà molte ragioni per cui dovremmo sempre, come regola, presumere, anche nelle circostanze peggiori, la presenza della capacità di legislazione morale a fondamento dello status di persona, almeno a livello potenziale o ipotetico. In ogni caso, dal suo argomento emerge chiaramente: (a) che il rispetto per le persone è basato sulla presunta presenza in ciascun individuo di un contenuto normativo (non necessariamente definito, nei termini kantiani di Hill, come «capacità di legislazione morale») e (b) che lo status di persona in senso proprio è ascritto sulla base di questo contenuto, ossia sulla base di capacità morali presuntive.
Quindi, in via di principio viene ammesso che se qualcuno mostra in maniera grave e persistente con la propria condotta di mancare completamente di quelle capacità , costui o costei finisce per perdere lo status di persona e con questo il titolo al rispetto. In questo senso, si noti bene, la condotta particolarmente degradante non è tanto la causa della perdita del rispetto, come nel caso della stima, quanto il sintomo che consente di diagnosticare l’assenza d’umanità . La perdita del rispetto, dunque, riguarda la perdita dei connotati di riconoscibilità del singolo essere umano che risulta non essere persona in senso proprio, come la perdita dell’onore segnalava che lì non si aveva a che fare con un duca, ma con un essere umano di qualità inferiore.
Ovviamente questi casi sono e devono essere rari perché questa perdita non può mai essere provata in maniera conclusiva. E tuttavia, al di là di ogni precauzione, l’argomento di Hill concede che quando qualcuno si comporta in maniera orribilmente sadica e crudele con donne e bambini, senza assumersi la responsabilità delle sue azioni, né provare rimorso e senso di colpa, in quel caso il ritiro del rispetto risulta giustificato, perché il soggetto non è più riconoscibile come persona. In questo senso il rispetto che non si può guadagnare, perché è dato a priori, però si può perdere, poiché è condizionato al riconoscimento del soggetto come persona, e ciò quadra con la nostra intuizione morale che esso possa in circostanze eccezionali essere ritirato, anche se non come conseguenza di cattive azioni o imperfezioni del carattere in quanto tali.
2.3. Sospensione del riguardo e obblighi di trattamenti rispettosi
Va notato, però, che anche in questi casi eccezionali, si può smettere di guardare al pedofilo recidivo come a una persona degna di rispetto, ma ciò non implica che si possa smettere di trattarlo come una persona. Non si può torturarlo o umiliarlo o degradarlo: la sua pena deve essere giusta e secondo la legge, come il requisito dell’eguaglianza del rispetto impone10.
Quindi, mentre possiamo so...