Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia
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Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia

Le relazioni familiari nella globalizzazione del diritto

  1. 144 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia

Le relazioni familiari nella globalizzazione del diritto

Informazioni su questo libro

Che cos'è la famiglia? Come e perché diventa un'istituzione giuridica? E quale tipo di comunità familiare è 'famiglia' per il diritto?Nel libro, uno sguardo critico sulla famiglia quale prodotto del diritto positivo degli Stati, e sul ruolo che svolge nella disciplina dei rapporti interpersonali, sessuali e intergenerazionali, strutturando precise relazioni di potere fra i generi e costruendo identità e ruoli sociali che coinvolgono gli individui e i gruppi fino a incidere sulla fisionomia delle comunità nazionali.

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Informazioni

1. Che cos’è la famiglia

1.1. Il complesso rapporto tra famiglia e diritto

Lungi dall’essere una formazione pregiuridica e in qualche modo a-storica, la famiglia è il prodotto del diritto positivo degli Stati e, insieme, di una tradizione giuridica comune che si è evoluta negli ultimi due secoli in tutto l’Occidente. In questo contesto storicamente e politicamente determinato, la famiglia con il suo regime giuridico ha rappresentato e rappresenta uno straordinario strumento di governo della società: essa disciplina i rapporti interpersonali, sessuali e intergenerazionali, in tal modo strutturando precise relazioni di potere fra i generi e costruendo identità e ruoli sociali che coinvolgono gli individui e i gruppi fino a incidere sulla fisionomia delle comunità nazionali. La stessa idea di famiglia quale articolazione necessaria e distinta della società civile è un’idea che prende corpo compiutamente nell’Ottocento ed è il frutto di una determinata cultura politica e giuridica, la cui genealogia spiega gli svolgimenti successivi e le ragioni della specialità del diritto di famiglia; dell’elevazione, cioè, del regime giuridico della famiglia a specifica branca del diritto, distinta, perché intrinsecamente diversa, dal diritto comune.
Le caratteristiche in origine ascritte al diritto di famiglia, infatti, sono le stesse che lo connotano nella sua fisionomia attuale, almeno secondo la visione dominante. Esse tendono a persistere contrassegnando il diritto di famiglia, ora come allora, come diritto speciale. La ragione e il fondamento di tale specialità hanno una loro precisa consistenza tecnico-giuridica, garantita da un complesso strumentario grazie al quale il diritto di famiglia esibisce un proprio paradigma, specifiche categorie concettuali e tecniche giuridiche, e un diverso posizionamento in rapporto alla dicotomia pubblico-privato, che fornisce un’autonoma giustificazione all’intervento dello Stato nella famiglia, rispetto all’intervento nelle relazioni patrimoniali.
In primo luogo, dunque, il diritto di famiglia si avvale di nozioni e tecniche giuridiche assai differenti da quelle proprie del diritto del mercato: ove quest’ultimo è retto da norme di carattere dispositivo, il diritto di famiglia è tendenzialmente inderogabile; è il contratto a definire le relazioni di mercato, mentre i rapporti fra i componenti della famiglia legittima sono sottoposti alla rigidità degli status, e su di loro incombono doveri reciproci di fedeltà, assistenza, ecc. che non costituiscono obbligazioni in senso tecnico. Mentre nei rapporti sociali vige il principio del neminem laedere (art. 2043 C.c.), che obbliga chi cagiona un danno ingiusto al risarcimento, la comunità familiare ne è stata immune per secoli, e solo di recente tale principio ha trovato applicazione anche tra i suoi membri.
Rispetto al principio di uguaglianza, posto dal diritto liberale a fondamento dei rapporti di mercato, la famiglia ha rappresentato a lungo una zona franca; infatti, fino alla metà del Novecento (in Italia sino agli anni Settanta), essa ha mantenuto un’organizzazione gerarchica, fondata sulla potestà patria e maritale del patriarca-capofamiglia. Sarà solo a partire dalle riforme di ispirazione egualitaria e ‘moderna’ che hanno interessato la famiglia in tutta l’Europa a partire almeno dall’ultimo dopoguerra (da noi la L. 19 maggio 1975, n. 151)1, che le diversità fra famiglia e mercato scemeranno, senza tuttavia scomparire del tutto. Il motivo è intuitivo: mentre i rapporti obbligatori si fondano sull’uguaglianza formale, all’interno della famiglia non si prescinde totalmente da un rapporto non egualitario, come può desumersi, ad esempio, dall’istituto della potestà parentale che sovrintende i rapporti genitori-figli minori2.
Infine, appare peculiare il ruolo che la famiglia assume rispetto alla dicotomia pubblico/privato. La famiglia, infatti, se da un lato è considerata il privato della società civile, in quanto luogo di affetti, amore e cura, e pertanto la si esclude da indebite intrusioni del potere pubblico, dall’altro è ritenuta elemento fondante di un dato ordine sociale. Ciò implica, allora, l’esistenza di un interesse pubblico a regolare la famiglia e, prima ancora, a definire cosa è famiglia. Il ruolo che l’intervento statale gioca sulla famiglia, perciò, varia, essendo strettamente connesso alla concezione di Stato e al rapporto tra cittadini e Stato vigente in un determinato contesto storico, culturale e giuridico.
Tanto non stupisce, se si considera che la stessa regolamentazione giuridica della famiglia è stata a lungo controversa. Se da una parte sono ben noti i tentativi autoritari di funzionalizzare la famiglia a interessi pubblici, dall’altra è ricorrente e probabilmente più significativa la tendenza opposta, orientata a ricostruire la famiglia come il luogo dell’intimità, degli affetti, della privatezza per eccellenza, tale da dover essere sottratta quanto più possibile all’intervento dello Stato, a intenderla come un’entità pregiuridica o comunque prestatuale, regolata da una logica e da valori suoi propri, relativamente autonomi rispetto alle scelte dell’ordinamento giuridico generale3.
Del resto, lo stesso regime giuridico della famiglia inteso come un corpo autonomo di regole, il diritto di famiglia, ha origini relativamente recenti, soprattutto in confronto alle altre partizioni del diritto privato, e continua a essere terreno conteso fra diritto pubblico e diritto privato. Non può infatti nascondersi che, anche nella storia recente, il rapporto fra il diritto e la famiglia continua a essere proiettato in uno scenario composito, i cui attori, lo Stato, la società civile e il mercato intrecciano ciascuno con l’istituzione-famiglia una relazione costitutiva, cosicché la famiglia stessa mostra ora accenti prevalentemente privatistici, ora accenti prevalentemente pubblicistici, a seconda del terreno di confronto considerato. In altre parole, il ruolo e la fisionomia della famiglia come istituzione giuridica dipende dal modo in cui si costruisce il rapporto fra essa e lo Stato, fra lo Stato e la società civile e fra il diritto comune che regola le strutture del mercato e il regime giuridico della famiglia.
La stessa scelta di costituzionalizzare la famiglia, ossia di includere in una carta costituzionale i princìpi che sono alla base dell’istituzione-famiglia e del suo regime giuridico, dipende da queste opzioni di fondo. Prima ancora, da queste opzioni di fondo dipendono l’intervento e il non intervento dello Stato tout court nella vita sociale e nella famiglia. Il dibattito in proposito è stato ed è ancora condizionato da una visione dicotomica della realtà sociale che contrappone lo Stato, la sfera pubblica, alla società civile, il privato, e all’interno di quest’ultima, il mercato alla famiglia4. Data la separazione fra Stato e società civile, le interferenze del potere pubblico e della stessa legislazione nella seconda necessitano di una legittimazione che le scelte di politica del diritto di volta in volta assunte dallo Stato sono chiamate a fornire. Ma il carattere ideologico che connota l’idea della privatezza e/o della naturalità della famiglia incide fortemente sul modo in cui la relazione con il diritto è interpretata. Infatti, la non interferenza dello Stato in nome della pregiuridicità della famiglia può significare preservazione dello status quo (ad esempio il mantenimento della disuguaglianza fra i coniugi) e presentarsi come funzionale a una visione di tipo autoritario dello Stato, della società e della famiglia stessa, esattamente come, per converso, l’intrusione dello Stato nella sacralità della sfera familiare (ad esempio, l’imposizione di un regime egualitario fra i coniugi) può incrementare il tasso di libertà fruito da ciascun membro all’interno della famiglia, e in tal modo favorire un progressivo affrancamento della famiglia stessa dalle scelte di fondo dello Stato.
In dimensione diacronica, il mutare della percezione circa la legittimazione del diritto statuale a intervenire nella famiglia può cogliersi agevolmente se si guarda alla recente storia occidentale, e in particolare al passaggio dallo Stato liberale al Welfare State, fino a considerare gli assetti politico-istituzionali attuali: alla neutralità dello Stato propria del pensiero liberale subentra la famiglia regolamentata del Welfare State, vera e propria istituzione dello Stato sociale, fino alla fisionomia attuale di una famiglia regolata più attraverso l’ascrizione di diritti ai suoi componenti che attraverso un controllo diretto sulla sua organizzazione5. La costante in questo scenario è una contrapposizione di carattere ideologico tra famiglia e mercato e la sottolineatura della distanza che intercorre tra il regime giuridico della famiglia e il diritto patrimoniale che presiede al funzionamento del mercato (diritto comune).
Tutto ciò trova espressione nella specialità del diritto di famiglia, nella sua supposta eccezionalità rispetto alle altre partizioni del diritto. Una specialità che non significa solo sottrazione al diritto comune, ma anche peculiarità di origine, di paradigmi e princìpi, di metodo e funzioni. Quest’idea, largamente dominante nella tradizione giuridica occidentale, risulta decisiva in molteplici ambiti. Sul piano del diritto interno, la specialità del diritto di famiglia pone quest’ultimo in una relazione di opposizione rispetto al diritto comune, condizionandone gli sviluppi vuoi sotto il profilo metodologico, vuoi dal punto di vista delle opzioni di politica del diritto, in un senso che chiariremo meglio nelle pagine successive. A livello costituzionale la supposta specialità del diritto di famiglia si risolve in una sua certa marginalità, che oggi prende corpo anche attraverso l’idea che la tutela dei diritti fondamentali delle persone che compongono la famiglia esaurisca o occupi in gran parte il posto che una carta costituzionale deve riservare alla famiglia in quanto tale. Un esempio in tal senso può ritrovarsi nell’art. 8 cedu che definisce il diritto dell’individuo alla privacy come tutela della vita privata e familiare.
Infine devono considerarsi gli effetti che le presunte peculiarità del diritto di famiglia hanno giocato sul piano della comparazione giuridica, a lungo ritenuta poco significativa ai fini dello studio e dell’evoluzione del regime delle relazioni familiari, sia a livello interno che transnazionale. Oggi l’attenzione per l’analisi comparatistica del diritto di famiglia è sicuramente più viva, grazie soprattutto alle spinte provenienti, da una parte, dal processo di armonizzazione del diritto privato europeo, ormai tendente a interessare anche questo settore, dall’altra, dall’esplosione degli studi postcoloniali, che sul versante giuridico trovano nella famiglia uno dei terreni di esplorazione più promettenti6.

1.2. La rilevanza costituzionale della comunità familiare

La famiglia ha trovato riconoscimento nel costituzionalismo moderno solo in tempi relativamente recenti e continua a ricoprire un ruolo tutto sommato marginale all’interno delle Costituzioni occidentali. È solo con la Costituzione di Weimar, all’inizio del secolo scorso (1919), che la famiglia fondata sul matrimonio assume rilevanza costituzionale, insieme all’affermazione dell’uguaglianza «dei diritti dei due sessi» (art. 119). Il modello, destinato a diffondersi, riflette certamente l’avvento di una nuova epoca e avvia il superamento del modello familiare classico, il quale nel periodo a cavallo fra i due secoli aveva peraltro trovato alimento nella prospettiva istituzionale. Ma sono soprattutto le Costituzioni del dopoguerra a porre le basi per l’avvento di un nuovo modello.
In Italia, invero, la Costituzione nasce in contrapposizione agli ideali fascisti, che esaltavano il carattere giuspubblicistico della famiglia. La nozione di ‘società naturale’ è allora utilizzata dal costituente per evidenziare la rottura, il rifiuto dell’esperienza storica fascista che faceva della famiglia uno strumento statale per il controllo sociale7. Prevale la retorica della famiglia «come isola che il mare del diritto può solo lambire»8, la famiglia cioè viene progressivamente sottratta al diritto pubblico, per essere condotta in jure privatorum. Sintetizzando, si può...

Indice dei contenuti

  1. Avvertenza
  2. 1. Che cos’è la famiglia
  3. 2. La nascita del diritto di famiglia e la sua diffusione
  4. 3. La fase contemporanea del diritto di famiglia
  5. 4. La «specialità» del diritto di famiglia nella scienza giuridica e nella comparazione
  6. 5. I modelli costituzionali
  7. 6. Dentro o fuori la famiglia
  8. 7. La famiglia e l’armonizzazione del diritto in Europa