L'Italia che legge
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L'Italia che legge

  1. 182 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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L'Italia che legge

Informazioni su questo libro

Le statistiche ci dicono che in Italia si legge poco, drammaticamente meno che negli altri paesi. Il 'lettore forte', come l'Istat definisce chi legge almeno un libro al mese, è una persona che non fa parte della maggioranza degli italiani, è fuori dalla 'norma'. E il futuro che si annuncia non sembra migliore. Le differenze per genere, fascia d'età, area geografica, livello culturale e sociale non solo si confermano ma si radicalizzano.Giovanni Solimine analizza i numeri di questa incrollabile allergia alla lettura, riflette sul profilo di chi legge, sui suoi gusti e sui suoi stili di vita, confronta i dati del panorama del libro e dell'editoria con gli altri consumi culturali e delinea qualche possibile strategia per voltare finalmente pagina.

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Informazioni

1. Libri e lettura

Per cominciare, e prima di analizzare i canali di circolazione dei libri e i comportamenti di lettura, partiamo da qualche dato sulla produzione libraria nel nostro paese.
Ogni anno vengono pubblicate in Italia circa 60.000 edizioni librarie (20% libri scolastici, 68% libri per adulti, 12% libri per ragazzi), stampate in circa 250 milioni di copie (quindi 4 copie in media per ogni italiano), con una tiratura media inferiore alle 5.000 unità (negli anni passati, prima dell’attuale periodo di crisi che ha fatto ridurre anche il numero di titoli prodotti, si era registrata una tendenza all’aumento dei titoli pubblicati accompagnata dalla riduzione del numero medio di copie stampate, che è passato da 8.500 copie per titolo negli anni Ottanta, a 6.200 copie a metà degli anni Novanta ed è ulteriormente calato nell’ultimo decennio, fino ad arrivare a una tiratura media di 3.500-4.000 copie per titolo negli ultimi anni). Ciò risponde a un tentativo degli editori di stimolare la domanda immettendo sul mercato un numero maggiore di novità, riducendo però in questo modo il mercato potenziale di ciascun titolo. Sull’abbattimento del lotto minimo di ogni tiratura incidono, comunque, anche le attuali tecnologie di stampa e la necessità di contenere le scorte di magazzino.
Quasi due terzi dei titoli pubblicati (62%) sono opere in prima edizione. Il genere più rappresentato è quello letterario, con un 15% formato da libri di narrativa moderna e contemporanea, e che arriva a sfiorare il 23% della produzione se si considerano anche i classici e la poesia, mentre nel campo della saggistica le punte più elevate riguardano i settori delle opere religiose e giuridiche, che superano ognuna il 6%, seguite da storia, arte e fotografia. Diminuisce la produzione di opere di consultazione (enciclopedie, dizionari, repertori di dati), sempre più esposte alla concorrenza che viene dalla rete.
Circa il 20% della produzione editoriale italiana è costituito da traduzioni da altre lingue (di cui la metà dall’inglese). A questo proposito, va sottolineato che fra tutte le industrie di contenuti quella del libro risulta la meno colonizzata: a differenza di ciò che accade con il cinema, ad esempio, essa si muove all’interno di un orizzonte italiano ed europeo, non americano, con la sola eccezione di alcuni best seller di narrativa.
Il prezzo medio di copertina è di circa 20 euro ed è cresciuto di pochi centesimi nell’arco di un quinquennio (di poco più di un euro l’aumento del prezzo medio delle edizioni scolastico-educative, mentre quello dei libri per ragazzi oscilla da qualche anno intorno ai 10 euro).
Per dimensioni l’industria editoriale italiana si colloca al settimo-ottavo posto al mondo e al quarto-quinto in Europa. Il numero di titoli pubblicati per 1.000 abitanti non è molto diverso da quello di altri paesi europei (si colloca in una posizione intermedia tra Francia e Germania), mentre è inferiore a quello di Spagna e Regno Unito, che possono disporre però di ben più ampi mercati linguistici internazionali di assorbimento della loro produzione, non paragonabili a quello dell’editoria italiana. Modesto, infatti, anche se in leggera crescita, l’export di libri italiani: questo dato riflette la scarsa conoscenza della lingua italiana all’estero e la debole diffusione di libri italiani nelle librerie straniere, anche per quelle aree per le quali la produzione italiana raggiunge certamente livelli di eccellenza (come l’editoria d’arte, il design, l’architettura, ecc.).
L’industria del libro è fortemente concentrata nelle regioni dell’Italia settentrionale, dove viene pubblicato oltre l’80% dei libri: circa il 55% nella sola Lombardia, dove operano oltre 500 editori. Altre zone con una forte presenza editoriale sono il Lazio con 436 editori, la Toscana con 227 editori, il Piemonte con 221 editori e al quinto posto l’Emilia-Romagna con 210 editori. Queste 5 regioni (su 20) raccolgono il 63,8% di tutte le case editrici italiane.
La produzione libraria lombarda copre tutti i settori dell’editoria e vede Milano, insieme alle altre città della regione, al primo posto per la pubblicazione di testi scolastici e di libri per adulti e per ragazzi. In cima alla graduatoria delle case editrici compare il Gruppo Mondadori (comprendente i marchi Mondadori, Sperling & Kupfer, Frassinelli, Einaudi, Piemme, Electa), che è anche leader assoluto del mercato italiano dei libri. Mondadori occupa nella produzione libraria il 29% del mercato italiano, seguita significativamente da altri tre gruppi editoriali lombardi: gruppo Rizzoli (13,6%), gruppo Longanesi (8,2%) e Feltrinelli (3,8%). Se inseriamo tra questi l’unico grosso editore non milanese, il gruppo Giunti (che detiene una quota di mercato pari al 5,4% delle vendite in libreria), vediamo che da soli i primi cinque gruppi editoriali italiani coprono il 60% del mercato nazionale.
Degli oltre 3.000 editori italiani censiti, solo 1.750 hanno pubblicato almeno un’opera nel corso dell’ultimo anno e poco più di 1.000 hanno una presenza organizzata sul mercato: soltanto l’11% sono grandi editori (oltre 50 titoli all’anno) e pubblicano l’87% della produzione; mentre più del 60% degli editori sono piccoli (da 1 a 10 titoli all’anno). I piccoli editori sono fortemente penalizzati sul versante finanziario e comunicativo, ma essenzialmente incontrano insormontabili difficoltà dal punto di vista della logistica, della promozione e della distribuzione (il cui costo arriva a coprire fino al 60% del prezzo di copertina), non riuscendo a raggiungere i canali di vendita.

1.1. Chi legge e chi no

Se proviamo a chiederci ora quanti sono i lettori in Italia e cosa leggono, possiamo far ricorso a una grande quantità di dati che, sebbene non sempre omogenei e confrontabili, delineano con sufficiente chiarezza le tendenze in atto e le principali questioni su cui conviene soffermare l’attenzione.
In particolare, l’Istat mette a disposizione una serie storica di statistiche sulla lettura che consente di descrivere il quadro d’insieme e, scavando dentro i dati, di analizzare in dettaglio i fenomeni più rilevanti (Morrone-Savioli 2008). È necessario, ad esempio, distinguere tra la lettura nel tempo libero, svincolata da qualsiasi obbligo e costrizione, che corrisponde a una scelta deliberata, solitamente legata allo svago e al ‘piacere’ di dedicare qualche ora del proprio tempo a questa attività, e la lettura legata a motivazioni professionali o informative, di studio, di consultazione, che potrebbe non corrispondere a una scelta volontaria, ma essere avvertita come una necessità o un obbligo.
Un primo dato – grossolano, fatto solo di bianco e di nero, e che nelle pagine che seguono cercheremo di analizzare in dettaglio, in tutta la scala dei grigi – ci dice che tra gli italiani con un’età superiore ai 6 anni troviamo quasi 31 milioni di persone che non leggono e poco più di 25 milioni di persone (pari al 45% circa) che hanno letto almeno un libro nel corso dell’ultimo anno. L’andamento di questi dati negli ultimi anni presenta una leggera e non costante tendenza verso l’alto.
Questo dato riguarda solo la lettura nel tempo libero e, se volessimo aggiungervi la lettura per motivi professionali o legati allo studio (libri non scolastici, ma letti su indicazione dell’insegnante), sulla quale ci soffermeremo fra breve, arriveremmo a superare ma non di molto una quota pari alla metà della popolazione, che a vario titolo entra in contatto coi libri, e arriveremmo poco sotto al 63% se includessimo anche i libri scolastici.
Le piccole oscillazioni che si registrano anno per anno sono determinate al massimo da un milione di lettori in più o in meno, che a volte si accostano alla lettura perché ‘trainati’ da un bel film ispirato a un romanzo di successo, o perché attratti da un fenomeno mediatico o da un super best seller (è stato così, ad esempio, per Il codice da Vinci), ma che l’anno seguente, in assenza di fenomeni di forte richiamo anche su un pubblico piuttosto distratto, riescono a sopravvivere benissimo senza leggere.
Lo spostamento della percentuale complessiva stimola talvolta considerazioni e interpretazioni non del tutto giustificate, di segno ottimistico o pessimistico, pronte a essere smentite l’anno successivo. Così si rischia di dimenticare il dato principale e confermato in modo duraturo, e cioè che la quota dei lettori – anche se non si può dire del tutto ferma – si è mossa assai poco negli ultimi dieci o quindici anni. Eppure, nello stesso periodo il numero di italiani in possesso di una laurea o di un diploma è cresciuto di molto (i diplomati sono passati da un terzo a circa la metà della popolazione) e anche altri indicatori riferiti ai consumi culturali hanno subito profonde trasformazioni. Per il consumo di libri, invece, dopo la flessione del biennio 1999-2000, si è dovuto aspettare il 2005 per tornare a livelli superiori a quelli del 1998, livelli che dal 2006 al 2009 si sono spostati solo di un punto percentuale. Vedremo se nei prossimi anni, con l’auspicabile fine della crisi, che per il momento incide negativamente anche sulla vendita dei libri, questo indice comincerà a crescere in maniera più decisa e costante.
È assai ampia la quota di lettori deboli e instabili, che da un anno all’altro può mutare atteggiamento, abbandonando la lettura e facendo oscillare il dato complessivo. Anche nelle fasi in cui la lettura cresce, molte variazioni si manifestano in alcune nicchie di mercato e nei segmenti specializzati della domanda, con scarsi effetti quindi sui dati complessivi, sia in termini di lettori che in termini di fatturato per l’industria editoriale.
Questa situazione di lieve crescita viene dopo un notevole incremento nei decenni precedenti (i lettori erano il 16,3% della popolazione nel 1965, il 24,4% nel 1973 e il 36,8% nel 1988), contrassegnati in modo deciso dalla crescita economica e dall’aumento della scolarità.
Questi dati complessivi contengono, però, al loro interno situazioni assai diverse. Gli indici di lettura sono molto differenti nei due sessi, nelle varie fasce d’età e nelle diverse aree geografiche. Leggono libri il 51,6% delle donne e solo il 38,2% degli uomini; il 64,7% dei ragazzi compresi fra gli 11 e i 14 anni e solo il 22,8% di chi supera i 75 anni; il 51,8% di chi vive al nord (con punte superiori al 60% in Trentino-Alto Adige) e soltanto il 34,6% di chi risiede nel Mezzogiorno (la quota più bassa si registra in Sicilia, dove meno di una persona su tre si dichiara lettore), mentre l’Italia centrale si assesta al 48%.
Fig. 1. Lettori di almeno un libro all’anno (percentuale sulla popolazione)
Fig. 1. Lettori di almeno un libro all’anno (percentuale sulla popolazione)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat (il dato del 2004 non è disponibile).
Nei bambini di entrambi i sessi tra i 6 e i 10 anni i lettori sono più dei non lettori. La distanza fra i due gruppi si acuisce tra i ragazzi di 11-14 anni e rimane comunque di segno positivo fino al gruppo compreso fra i 25 e i 34 anni. La curva della lettura è decrescente in relazione all’età, ma si muove a ritmi molto differenti in base al genere: tra le femmine troviamo percentuali di circa il 70% per tutta l’adolescenza e coloro che non praticano la lettura cominciano a prevalere solo dopo i 60 anni, mentre fra i maschi il sorpasso ad opera dei non lettori avviene molto prima, già verso i 15 anni. Molto interessante l’evoluzione dei dati storici sulle differenze di genere: fino al 1973 gli uomini leggevano più delle donne, anche perché fino a quell’epoca il loro livello di istruzione era mediamente più alto, mentre oggi l’indice è in equilibrio solo fra i bambini più piccoli; per il resto, il dato delle femmine è più elevato rispetto ai maschi in tutte le fasce d’età, raggiungendo uno scarto superiore ai 20 punti percentuali tra i 15 e i 24 anni (addirittura 27 punti di distanza intorno ai 20 anni), diminuendo poi gradualmente, fino a ribaltarsi di nuovo solo dopo i 75 anni, dove troviamo un 23,3% di lettori tra gli uomini e un 22,5% tra le donne (ma lo scorso anno quest’ultimo dato era del 19% e sta quindi rapidamente riassorbendosi a mano a mano che invecchiano le donne che hanno studiato); in particolare la lettura nel tempo libero è una passione tipicamente femminile, dove raggiunge una quota del 48,8%, a differenza dei maschi, di cui solo il 38,5% occupa il tempo libero leggendo.
Le percentuali dei lettori abituali divengono costantemente più basse anche via via che si scende lungo la penisola: nelle regioni settentrionali il dato medio sfiora il 52% e oscilla fra un minimo del 49,5% della Valle d’Aosta fino al 60,6% della provincia di Bolzano, mantenendosi sempre intorno o oltre il 50%; nell’Italia centrale la percentuale raggiunge il 50% solo in Toscana; al sud le quote sono sempre inferiori al 40%, con la sola eccezione della Sardegna, che si conferma anche in questo campo più simile ad alcune realtà dell’Italia centrale che a quella meridionale, dove si registra un 46,9% di lettori.
Queste differenze territoriali trovano conferma anche a parità di altre condizioni, come titolo di studio e condizione lavorativa.

1.2. Leggere poco, leggere tanto

Molto diversificata anche l’intensità nella pratica della lettura. Leggere un libro all’anno basta forse per qualificarsi come lettore agli occhi dell’Istat, ma non ci sembra sufficiente per poter dire che una persona abbia un rapporto stabile e consolidato con il libro, al punto da poter affermare che la lettura faccia parte delle abitudini di vita di quella persona. Pertanto, dobbiamo distinguere fra almeno due gruppi: quello più numeroso, equivalente a quasi ...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. 1. Libri e lettura
  3. 2. La figura del lettore
  4. 3. Luoghi comuni e verità nascoste
  5. 4. Le politiche di promozione
  6. 5. Come voltare pagina?
  7. Fonti e bibliografia
  8. Ringraziamenti