Retorica
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Retorica

Aristotele, Cristina Viano

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  1. 480 pagine
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Retorica

Aristotele, Cristina Viano

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In un'epoca appiattita sull'attualità, alla ricerca di senso, la filosofia e i suoi classici continuano a indicare essenziali punti di orientamento e possono fornirci le chiavi interpretative del nostro futuro. La Biblioteca Filosofica Laterza raccoglie opere che hanno formato la cultura filosofica occidentale e documenta la varietà di voci di cui essa si compone. La collana presenta testi rispondenti a rigorosi criteri scientifici di edizione, introdotti e curati dai massimi studiosi.

La Retorica è la prima sistematizzazione filosofica dell'arte della persuasione, una pratica fondamentale nel mondo greco, riflesso diretto delle vicende della vita politica e dell'importanza del discorso pubblico come principale strumento di espressione della democrazia. Aristotele attribuisce per la prima volta alla retorica uno statuto teorico e dei principi propri, inserendola nella sua classificazione dei saperi, mostrandone la stretta connessione e, al tempo stesso, l'autonomia rispetto alla logica, l'etica e la politica. Questa nuova traduzione italiana, curata da Cristina Viano, è la prima a essere basata sull'edizione di Kassel, la più recente e la migliore. Essa cerca di restare quanto più vicina al testo greco, al fine di riprodurre il più fedelmente possibile lo stile compatto e talvolta ellittico della prosa aristotelica. Le note hanno il compito di mostrare l'articolazione degli argomenti, chiarire i punti più difficili e soprattutto approfondire i rinvii sintetici alle altre dottrine del corpus aristotelico. L'introduzione offre una sintesi della storia, la struttura, i contenuti e la fortuna della Retorica.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858146019

LIBRO SECONDO1

1.2 [1377b 16] Questi sono i luoghi dai quali bisogna prendere le mosse per esortare e dissuadere, lodare e biasimare, accusare e difendersi3, ed ecco quali sono le opinioni e le premesse utili per i mezzi di persuasione che riguardano queste cose. Infatti gli entimemi riguardano queste cose e si traggono da questi luoghi [20] in maniera da parlare in modo specifico per ogni genere di discorso.
Poiché la retorica è in vista di un giudizio (infatti si giudicano le cose deliberate, e il processo è un giudizio), è necessario non solo vedere in che modo il discorso sarà dimostrativo e persuasivo, ma anche dare una certa immagine di se stessi e del giudice. [25] Infatti fa grande differenza per la persuasione, soprattutto nelle deliberazioni e poi anche nei processi, se l’oratore si mostra con certe qualità e se fa pensare di essere disposto in un certo modo nei confronti degli ascoltatori, e inoltre se anche costoro si trovano disposti in un certo modo, dunque il fatto che l’oratore appaia in un certo modo [30] è più utile nelle deliberazioni, mentre il modo in cui è disposto l’ascoltatore è più utile nei processi4. Infatti le cose non appaiono le stesse a coloro che provano amicizia e a coloro che odiano, o a coloro che sono adirati e a coloro che sono calmi [1378a], ma appaiono o diverse del tutto, o diverse per importanza. Infatti a chi prova amicizia per qualcuno che deve giudicare, sembra che costui o non abbia commesso una colpa o abbia commesso una colpa piccola, mentre a chi prova odio sembrerà il contrario. E, se deve prodursi una cosa piacevole, [5] a chi la desidera e ha buone speranze sembra che accadrà e che sarà una buona cosa, mentre a chi è indifferente e a chi è di cattivo umore, sembrerà il contrario.
Ora, le cause per cui gli oratori stessi sono credibili sono tre, dato che altrettante sono le cause che ci inducono a credere al di fuori delle dimostrazioni; esse sono: la saggezza, la virtù e la benevolenza5. Infatti se gli oratori falliscono6 nelle cose che dicono [10] o che consigliano, ciò accade per tutte le seguenti ragioni o per qualcuna di esse: o non formano correttamente un’opinione per mancanza di saggezza o, pur avendo un’opinione corretta, non dicono ciò che pensano per cattiveria, oppure, pur essendo saggi e onesti, non sono benevoli, poiché è possibile, pur conoscendo il meglio, non consigliarlo. E non vi sono altre cause oltre a queste, [15] quindi è necessario che colui che sembra possedere tutte queste virtù risulti persuasivo per chi lo ascolta.
I mezzi per mostrarsi uomini saggi e per bene sono da ricavare dalle nostre divisioni delle virtù7, infatti sono identici ai mezzi che ci permettono di dare una certa immagine di noi stessi, o di un altro. Quanto alla benevolenza e all’amicizia, bisogna trattarle nella discussione [20] sulle passioni8.
Le passioni sono le cause per cui gli uomini, subendo un cambiamento, differiscono nei loro giudizi, e che implicano9 dolore o piacere, come ad esempio, la collera, la pietà, la paura e tutte le altre simili o contrarie a queste10. È necessario distinguere in ciascuna di esse tre aspetti. Voglio dire, per esempio, a proposito della collera11: in quale disposizione d’animo si è adirati, [25] contro chi si è soliti adirarsi, e a proposito di quali oggetti12. Se infatti noi disponiamo soltanto di uno o di due di questi elementi, ma non di tutti, ci sarà impossibile provocare in qualcuno la collera, e lo stesso vale anche per le altre passioni. Come dunque nelle parti precedentemente trattate abbiamo tracciato una lista delle premesse13, così anche riguardo alle passioni procederemo e distingueremo secondo [30] il metodo già indicato14.
2.15 Sia dunque16 la collera il desiderio, accompagnato da dolore, di vendetta manifesta, causato da ciò che appare17 come una mancanza di riguardo rivolta a noi stessi o ai nostri18, da parte di chi non ne ha il diritto19. Se dunque è questo la collera, ne consegue necessariamente20: che colui che si mette in collera, si metta sempre in collera contro qualcuno di determinato, [35] contro Cleone, per esempio, e non contro un uomo in generale21, perché egli ha fatto o sta per fare qualcosa [1378b] contro noi stessi o contro qualcuno dei nostri, e che ogni collera implichi un certo piacere, derivante dalla speranza di vendicarsi, infatti è piacevole pensare che si otterrà ciò che si desidera, e nessuno desidera cose che gli appaiono come impossibili, mentre l’uomo in collera desidera cose che gli sono [5] possibili*22. Perciò è stato detto bene a proposito dell’impetuosità23: «Molto più dolce del miele stillante, cresce nel petto degli uomini»24. Infatti consegue25 anche un certo piacere sia per questa ragione sia perché ci si crogiola nella vendetta col pensiero, e quindi la rappresentazione26 che si produce in quel momento genera piacere, come fa la rappresentazione che si produce nei sogni [10]. Poiché la mancanza di riguardo è l’attualizzazione dell’opinione che qualcosa appare privo di valore (e infatti, noi consideriamo come degni di attenzione i beni, i mali e tutte le cose che vi tendono, invece non degniamo di alcuna attenzione tutto ciò che non ha nessuna importanza o ne ha poca), tre sono le specie di mancanza di riguardo: il disprezzo, il dispetto e [15] l’oltraggio27.
Infatti colui che disprezza manca di riguardo (noi disprezziamo tutte le cose che non riteniamo degne di valore, e la gente non ha riguardo per le cose che non hanno valore), e anche chi è dispettoso sembra disprezzare*28, in quanto il dispetto è un ostacolo posto alla volontà altrui, non per ottenere qualcosa, ma perché l’altro non ottenga nulla; non è dunque in vista di ottenere un vantaggio personale [20] che uno manca di riguardo. È infatti manifesto che chi disprezza non ritiene che l’altro lo possa danneggiare, altrimenti ne avrebbe paura e non gli mancherebbe di riguardo, e nemmeno che possa essergli di qualche utilità degna di nota, altrimenti si preoccuperebbe di essergli amico.
Anche chi oltraggia manca di riguardo, in quanto l’oltraggio consiste nel fare e nel dire cose che siano motivo di vergogna per chi lo subisce, e non per ottenere [25] per sé qualche altro vantaggio né perché qualcosa sia accaduto29, ma per provare piacere30; infatti coloro che rendono la pariglia non oltraggiano, ma si vendicano. La causa del piacere provato da coloro che oltraggiano sta nel fatto che essi credono, facendo del male, di essere superiori. Perciò i giovani e i ricchi sono portati all’oltraggio, infatti, commettendo oltraggio, credono di essere superiori31. Proprio dell’oltraggio è il disonore [30], in quanto colui che infligge disonore manca di riguardo. Infatti ciò che non ha valore non ottiene nessuna stima nel bene come nel male, perciò dice Achille adirato: «Mi ha oltraggiato, perché s’è preso e si tiene lui ciò che mi spetta»32 e «Come se fossi un qualunque vagabondo senza stima»33, perché è adirato per quelle ragioni.
Gli uomini infatti pensano di aver diritto ad essere tenuti in considerazione34 da coloro che sono [35] inferiori o per nascita, o per potere35, o per virtù o, in generale, [1379a] in ciò in cui sono essi stessi di gran lunga superiori: ad esempio nella ricchezza il ricco è superiore al povero, nei discorsi l’esperto di retorica è superiore a chi non sa parlare, chi comanda rispetto a chi è comandato e chi si ritiene atto a comandare rispetto a chi è atto ad ubbidire. Perciò è stato detto: «...

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