1. Storia dell’astronomia dall’osservazione a occhio nudo ai radiotelescopi
1. Astronomia, astrofisica e astrologia
Sin dalla più remota antichità l’uomo ha cercato di comprendere l’universo che lo circonda, d’interpretare i movimenti degli astri, i disegni delle costellazioni, la ciclicità di alcuni eventi come il succedersi del giorno e della notte e quello delle stagioni. L’astronomia è la scienza che studia i corpi celesti, cioè le stelle e i pianeti; oggi, con questo nome, s’intende in particolare l’astronomia classica, le cui origini risalgono agli albori della civiltà.
In particolare gli antichi greci e poi gli arabi si erano accorti che la posizione degli astri cambiava col tempo, e distinsero le stelle dai pianeti, osservando che le stelle conservano la stessa posizione relativa l’una rispetto all’altra, mentre i pianeti si muovono tra di esse: «pianeta», infatti, è una parola che deriva dal greco e significa «stella errante». I greci consideravano pianeti il Sole, la Luna e i cinque visibili ad occhio nudo, ossia Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Oggi la parola pianeta indica i corpi celesti, Terra inclusa, che ruotano intorno al Sole. Il Sole è una stella. I corpi minori che orbitano attorno ai pianeti – e con essi intorno al Sole – si chiamano «satelliti». La Luna è il satellite della Terra.
Astronomi dell’antica Grecia
Eudosso (408-355 a.C.) pensava che i corpi celesti fossero fissati a varie sfere trasparenti ruotanti su assi distinti; la Terra era immaginata immobile al centro di queste sfere. Solo Aristarco, vissuto all’inizio del terzo secolo a.C., intuì che era invece la Terra a ruotare su se stessa e intorno al Sole; un’idea che sembrava assurda ed ebbe moltissimi oppositori fino ad essere quasi dimenticata e che fu ripresa nel secolo XVI da Copernico. Aristarco ideò anche un metodo ingegnoso per determinare il rapporto delle distanze della Luna e del Sole e per misurare la distanza Terra-Luna, poi messo in pratica da Ipparco. Anche se sottostimò grandemente la distanza Terra-Sole, Aristarco si rese conto che il Sole era di gran lunga più grande e luminoso della Luna e forse fu proprio per questo che lo pose al centro del sistema solare. Eratostene (276-195 a.C.) misurò la circonferenza della Terra.
Lo scrittore latino Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) ci tramanda che in una notte di luglio del 134 a.C. apparve nel cielo una nuova stella che, dopo aver brillato d’uno splendore vivissimo per qualche tempo, andò poi gradualmente affievolendosi. La constatazione della comparsa di nuove stelle aveva indotto l’astronomo greco Ipparco (nato verso il 180 a.C.) a compilare un catalogo di tutte le stelle «affinché i posteri potessero conoscere se realmente si producevano cambiamenti nel cielo». In effetti, nel corso dei secoli si è registrata l’apparizione di molte stelle, alle quali è rimasto il nome di «novae» dato dagli antichi. In realtà non si tratta di stelle nuove – cioè non nascono nel momento in cui appaiono ai nostri occhi – ma di stelle che aumentano improvvisamente di splendore a causa di fenomeni esplosivi.
Ipparco misurò per la prima volta la distanza della Luna ottenendo un valore molto vicino a quello misurato oggi (circa 60 volte il raggio terrestre) e determinò anche la distanza Terra-Sole, che risultò fortemente sottostimata – circa 21 volte più piccola del suo vero valore – non perché il metodo fosse sbagliato ma a causa di errori di misura.
Ipparco arrivò alla conclusione che i corpi celesti si muovono percorrendo traiettorie che chiamò «epicicli» e «deferenti», e fornì a Tolomeo (100-178 d.C.) una serie di osservazioni sistematiche che quest’ultimo raccolse nell’Almagesto, il più grande libro di astronomia dei tempi antichi, nel quale viene descritto un sistema geocentrico con il Sole, la Luna e i pianeti che ruotano attorno alla Terra, sistema che dominò fino al XVI secolo, cioè finché Copernico introdusse l’ipotesi eliocentrica.
L’astronomia comprende la branca dell’astrofisica, cioè lo studio della fisica dei corpi celesti, che si è sviluppata nel corso degli ultimi due secoli. Studiare la fisica di un corpo celeste vuol dire misurarne la temperatura, la densità, la composizione chimica; capire perché le stelle brillano, qual è la loro fonte d’energia. Le risposte a queste domande sono cominciate ad arrivare soprattutto a partire dall’inizio del Novecento, grazie ad una tecnica – la spettroscopia – che consiste nel disperdere la luce bianca delle stelle nei vari colori di cui essa è composta. Osserviamo per esempio la luce bianca emessa da una lampadina: se la facciamo passare attraverso un blocco di vetro a forma di prisma, noteremo che la luce della lampadina in uscita dal prisma non è più bianca ma iridata, cioè è scomposta dal rosso al violetto. La spettroscopia è la fonte più ricca di informazioni sulla struttura fisica dei corpi celesti.
La spettroscopia è importante soprattutto per studiare le stelle, che emettono luce propria; i pianeti, al contrario, si limitano a riflettere quella che ricevono dal Sole, di cui, se dotati di un’atmosfera, ne assorbono una parte. Analizzando la luce delle stelle si possono trarre informazioni dirette su di esse, mentre esaminando quella dei pianeti otteniamo informazioni molto limitate sulla loro struttura fisica. Per questo, prima dell’era spaziale si conosceva molto meglio la natura fisica delle lontane stelle che non quella dei pianeti, tanto più vicini a noi. Sono state le sonde spaziali – i Pioneer, i Voyager, le Venera, e ora la recente sonda Galileo – a farci vedere in dettaglio la superficie dei pianeti.
L’astrologia è un modo completamente diverso con cui l’uomo si rapporta alle stelle e ai corpi celesti, che è pure antichissimo, anzi in un certo qual modo ha dato la prima spinta all’osservazione degli astri e quindi alla nascita dell’astronomia: trae origine dalla superstizione primitiva che attribuiva alle stelle il carattere di divinità che guidavano con il loro potere i destini dei popoli e dei singoli individui. La volta celeste era dunque la sede degli dei, cui la mitologia delle varie civiltà antiche attribuiva nomi vari: Giove era il re, Saturno suo padre, Mercurio il dio dei ladri e dei commercianti, Venere la dea dell’amore, Marte il dio della guerra. La mitologia greca racconta gli amori, le lotte, le gelosie degli dei fra di loro e verso gli uomini.
Oggi si sa che in tutto questo non c’è nulla di vero, ed è impresa assurda voler leggere nelle posizioni e nei movimenti di stelle e pianeti la sorte di ciascuno di noi, anche se qualche astrologo fonda la propria attività su queste credenze. Qualcuno impara a fare gli oroscopi e fa l’astrologo per divertimento, talvolta credendoci davvero, ma con una completa incompetenza scientifica: se fosse a conoscenza di come sono fatte le stelle, di quanta luce e quante particelle ci arrivano da esse, qual è l’intensità dei loro campi magnetici e quale l’attrazione gravitazionale che un pianeta esercita sulla Terra, capirebbe che l’influenza che una stella o un pianeta può avere sulla vita umana è praticamente zero. Per fare un esempio, è come se pensassimo che, riempiendo un bicchiere d’acqua e versandolo nel Pacifico, il livello del mare Adriatico si possa alzare in modo apprezzabile. L’astrologia è pura fantasia, un retaggio di antiche credenze, quando non si sapeva niente delle stelle, della loro distanza e composizione chimica, di che cosa le differenzi dai pianeti.
Pertanto l’astrologia non ha nulla a che vedere con la scienza, neanche nel caso in cui gli oroscopi siano fatti al computer; dice un detto inglese «garbage in, garbage out»: se nel computer metti spazzatura, spazzatura esce. Chi si fa guidare dall’oroscopo perde la propria autonomia; ci sono addirittura aziende che selezionano il personale in base all’oroscopo: è un danno grave per i lavoratori e un’offesa alla ragione e al buon senso.
2. L’astronomia dell’osservazione a occhio nudo
Oggi le città sono tanto illuminate che è difficile scorgere il cielo notturno; ma per chi abita lontano dai centri abitati, in campagna o in montagna, la volta celeste punteggiata di stelle si disvela con più facilità. Se si tenesse d’occhio la posizione delle stelle notte dopo notte, mese dopo mese, anno dopo anno, ci si accorgerebbe che le stelle si spostano tutte da Est a Ovest nel corso della notte (un’impressione che è effetto del moto di rotazione della Terra da Ovest a Est), e che le costellazioni visibili cambiano nel corso dell’anno (conseguenza del moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole).
Gli uomini preistorici si accorsero molto presto dei cambiamenti della Luna, probabilmente si spaventavano quando la Luna era «nuova» (quando cioè scompariva), perché temevano che non sarebbe ricomparsa. Poi si accorsero del regolare susseguirsi delle «fasi» della Luna, che, insieme all’alternarsi del giorno e della notte, fornirono le basi per i primi calendari.
Le stelle
Su una mappa celeste le stelle che appaiono vicine (in realtà sono a distanze molto diverse dalla Terra e fra di loro) sono riunite in raffigurazioni immaginarie chiamate «costellazioni», e la Via Lattea si presenta come una fascia biancastra prodotta dalle luci di miliardi di stelle. Le stelle non sono tutte uguali fra loro; è possibile notare differenze di colore e luminosità, che sono i parametri più appariscenti che le distinguono. Quelle più splendenti sono dette di «prima grandezza» o «magnitudine» (come furono chiamate dagli antichi perché erano le prime ad apparire nel cielo del crepuscolo); in una notte oscura, un osservatore dalla vista molto buona può distinguere stelle anche di sesta grandezza, che sono cento volte più deboli. Più difficile, invece, è cogliere le differenze di colore, che sono molto tenui. Ciascuna stella ha un colore caratteristico determinato dalla sua temperatura superficiale: il Sole, come molte altre stelle, è giallastro; ma vi sono stelle rosse come Betelgeuse, o azzurre come Rigel, che sono le due stelle più splendenti della costellazione di Orione; arancioni come Aldebaran, la più brillante nella costellazione del Toro; bianche come Vega, nella costellazione della Lira, che d’estate appare quasi sopra la nostra testa, o come Sirio, visibile nelle notti invernali e che è la stella più splendente del nostro cielo boreale.
Le stelle più fredde (temperatura superficiale di 2000 o 3000 gradi) sono rossastre, mentre le azzurre sono le più calde, con temperature superficiali di 20.000 o 30.000 gradi.
Essi cominciarono anche a notare che quando faceva caldo i giorni erano più lunghi delle notti, e viceversa, col freddo, le notti erano più lunghe dei giorni; e si resero certamente conto di altre regolarità, come l’alternarsi delle stagioni, lo sbocciare di fiori e piante in primavera, la calura estiva, la caduta delle foglie d’autunno, il freddo d’inverno. Probabilmente non ne capivano la ragione e confondevano la causa con l’effetto. Per esempio, si accorgevano che col freddo cominciava a venire su la costellazione di Orione e quindi pensavano che Orione fosse la causa dell’abbassamento della temperatura, mentre in realtà la comparsa della costellazione di Orione in inverno dipende dal fatto che durante l’anno la Terra si sposta ruotando intorno al Sole, ed è appunto a causa di questo moto di rivoluzione che le costellazioni che si vedono d’inverno sono diverse da quelle che si vedono d’estate (fig. 1).

Figura 1. A causa del moto apparente del Sole durante l’anno, conseguenza del moto di rivoluzione della Terra, le costellazioni visibili cambiano nel corso dell’anno. Quando la Terra è in T1, vede le costellazioni C1 e non può vedere le costellazioni C3 nel cielo illuminato dal Sole. Analogamente, da T3 vede C3 ma non C1.
I nostri uomini dei primordi non si rendevano conto nemmeno che è il Sole a portare il giorno, e che la notte scende quando il Sole è tramontato, ma credevano che pure il Sole la sera andasse a dormire e all’alba si alzasse.
Tuttavia le osservazioni ripetute per anni hanno lentamente rivelato la reale natura dei cambiamenti che scandiscono il passare dei giorni, e oggi ci sembra straordinario che gli antichi abbiano potuto capire molte cose con gli scarsissimi mezzi di allora.
Secondo alcuni studiosi gli egizi orientavano le piramidi in una direzione tale che consentisse di vedere certe stelle in un dato periodo dell’anno. Per esempio da strette finestre, o meglio feritoie, si vedeva Sirio solo in certe particolari epoche dell’anno, e quando ciò accadeva voleva dire che erano vicine le piene del Nilo, il benefico grande fiume che era considerato il dio che portava fertilità, benessere, frutti dalla terra. Anche la disposizione delle pietre di Stonehenge in Inghilterra e di altri monumenti preistorici aveva probabilmente un significato astronomico, oltre che astrologico e religioso.
Le prime osservazioni astronomiche furono fatte per determinare la posizione degli astri e le loro variazioni nel corso dell’anno utilizzando delle mire (cioè strumenti di puntamento) meccaniche. Con questi semplici mezzi Ipparco si accorse che la posizione di tutte le stelle cambiava di 50 secondi d’arco all’anno1. Questo effetto, noto successivamente come «precessione degli equinozi», indica che in realtà non sono le stelle che si spostano bensì il punto di riferimento da cui viene calcolata la loro posizione, e cioè il punto in cui vediamo proiettato il Sole all’equinozio di primavera, che cade il 21 marzo. Ciò avviene perché la retta lungo cui il piano dell’equatore terrestre taglia il piano dell’orbita terrestre si sposta per effetto delle perturbazioni da parte della Luna e del Sole e descrive un intero giro in circa 26.000 anni (cfr. § 2.6.1 I moti e fig. 21).
Le eclissi di Luna e di Sole erano una della maggiori cause di spavento per gli antichi: si credeva che un drago mangiasse il Sole e la Luna; poi si cominciò a capire che quando la Luna passa davanti al Sole, occultandolo, si verifica un’eclisse di Sole, mentre quando la Luna entra nel cono d’ombra della Terra non viene più illuminata direttamente dal Sole e si verifica allora un’eclisse di Luna. Possiamo scorgere la Luna di un colore bruno tendente al rossastro perché è debolmente illuminata dalla luce solare diffusa dall’atmosfera terrestre.
Queste osservazioni, eseguite, come s’è detto, con semplici mire meccaniche, erano straordinariamente accurate e richiesero secoli, da Aristarco a Tycho Brahe e Keplero.

Figura 2. Misurazione della distanza del...
