La donna e la famiglia
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La donna e la famiglia

  1. 20 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La donna e la famiglia

Informazioni su questo libro

Al limite del nostro periodo, verso il secolo XI, lo schema tripartito che domina le concezioni della società cristiana non accorda nessun posto specifico alle donne. Gerarchizza «ordini» o «condizioni» cavalieri, chierici, contadini ma questa piramide, in cui coloro che pregano e quelli che combattono o amministrano la giustizia gareggiano per la conquista del primo posto, non prevede una «condizione femminile».Acquista l'ebook e continua a leggere!

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Informazioni

La donna e la famiglia

Al limite del nostro periodo, verso il secolo XI, lo schema tripartito che domina le concezioni della società cristiana non accorda nessun posto specifico alle donne. Gerarchizza «ordini» o «condizioni» – cavalieri, chierici, contadini – ma questa piramide, in cui coloro che pregano e quelli che combattono o amministrano la giustizia gareggiano per la conquista del primo posto, non prevede una «condizione femminile»
Tuttavia gli uomini del Medioevo a lungo hanno concepito «la donna» come una categoria; ma solo tardi hanno fatto intervenire distinzioni sociali e attività professionali per conferire delle sfumature ai modelli di comportamento che le proponevano. Prima di essere contadina, castellana o santa, «la donna» è stata caratterizzata in base al suo corpo, al suo sesso, alle sue relazioni coi gruppi familiari. Che si tratti di spose, di vedove o di vergini, la personalità giuridica e l’etica quotidiana è stata tratteggiata nel rapporto con un uomo o con un gruppo di uomini.
Questo saggio eviterà dunque di giustapporre in una galleria di ritratti, le molteplici figure che le donne, nel corso di mezzo millennio, hanno assunto sulla scacchiera sociale. Cercherà piuttosto di situarle nella cornice che i contemporanei assegnavano loro di primo acchito, nel complesso delle costrizioni che la parentela e la famiglia hanno imposto all’affermazione delle donne come individui dotati di piena personalità giuridica, morale ed economica. Limitandosi al contesto familiare, questo studio guarderà ai rapporti di sesso dove sono più evidentemente e quotidianamente in giuoco: nella divisione dei compiti e delle responsabilità domestiche, che esprimono le finalità e le speranze della cellula familiare e della parentela.
Potrà sembrare che questo progetto adotti un punto di vista troppo influenzato a un tempo dagli accecamenti e dai pregiudizi del Medioevo e da quelli dei medievalisti di ieri e di oggi! Non evoca forse la donna custode del focolare, il peso di una tradizione che a lungo si è imposta come regola e che ha imprigionato, senza ammettere discussione, le donne nella soffocante atmosfera domestica, in una sfera di attività priva di rilievo? Si dirà che rinunziando a trarre le conseguenze dal lustro conferito ad alcune donne dalla cultura monastica, dall’eredità delle funzioni feudali, dalla nascita principesca, dalla vita spirituale o mistica, ci si condanna a collocare una volta di più «la» donna dal lato del corpo e della Natura, a rispedirla al grigiore della vita di tutti i giorni, delle occupazioni casalinghe e materne che non sono né una fonte di gloria né un mestiere – ad assumere, insomma, un atteggiamento di commiserazione che ignorerebbe buona parte dei fatti, rafforzando, tutto sommato, una visione riduttrice della «condizione femminile».
I rischi di questo tentativo sono evidenti. Proporremo dunque in primo luogo al lettore di vedere nella famiglia un complesso di parentela che oltrepassa i limiti dell’ambiente domestico. Infatti, per le donne, non tutto si svolge in questo spazio ristretto. Sollecitazioni e ingiunzioni dirette a loro maturano in una sfera più ampia, più fluida, anche, in cui i legami non si fondano soltanto sul sangue e sul matrimonio, ma sull’amicizia, sulla collaborazione economica o gli scopi politici. Qui non se ne fa l’inventario, ma i contributi dell’antropologia sociale hanno arricchito il ventaglio dei problemi, degli strumenti e delle idee di cui disponevano gli storici della famiglia e della condizione femminile, tradizionalmente collocati sul terreno della storia del diritto. Hanno consentito loro di spingersi ad indagare le modalità e le prospettive dell’affinità, e di rivedere l’interpretazione del suo potere di controllo nel corso del tempo. Qui si comincerà dunque in primo luogo a chiedersi qual posto le donne occupino nella parentela e nei rapporti di affinità.
Cercheremo poi di mettere in luce le speranze e le paure suscitate negli uomini dalle donne della loro famiglia utilizzando il materiale, eterogeneo e spesso di difficile interpretazione, che gli storici della popolazione hanno accumulato per questi secoli ancora oscuri. Per incerte e disperse che siano, le informazioni della demografia storica rinnovano la visione che si può avere, per esempio, delle pratiche sessuali e coniugali, delle relazioni di coppia e fra generazioni, del senso che si aveva dell’intimità dell’onorabilità; visione che, per epoche più remote, limita necessariamente la sua informazione alle fonti repressive o normative, ma che, nel basso Medioevo, può fondarsi su una scelta infinitamente più ricca di documenti di origine amministrativa, giudiziaria o familiare.
Pochi di questi testi, tuttavia, poche immagini della donna e della famiglia ci rendono la voce delle principali interessate. L’eco dei piaceri e delle pene quotidiane, delle gioie o della guerriglia domestica ci viene, colorito di comprensione, di malizia o di aperta ostilità, molto più spesso dagli uomini che dalle donne. A questo primo e fondamentale limite, si aggiunge una seconda restrizione che riguarda qualunque inchiesta sulla famiglia e le donne: tutto ciò che ne sappiamo risente dell’informazione e della deformazione delle fonti provenienti dagli strati superiori della società, la classe cavalleresca per il periodo più antico, la borghesia delle città per la fine del Medioevo. Ora, la cortesia signorile o la derisione borghese non delineano meglio degli ammonimenti e delle penitenze dei chierici dell’alto Medioevo la banalità dei comportamenti e dei sentimenti. Non dobbiamo dunque confidar troppo nella fedeltà del quadro che riusciamo a darne: le nostre osservazioni sono evidentemente schiave della ricchezza, della cultura e dell’identità sessuale dei nostri informatori.
Nel Medioevo il rapporto d’alleanza matrimoniale ha, alla sua origine, una «pace». Al termine di un processo di rivalità, talvolta di guerra aperta, tra famiglie, instaura e sigilla la pace. Dare una donna al lignaggio con cui ci si riconcilia pone la sposa al centro dell’intesa. A questo pegno e strumento di concordia si assegna un ruolo che oltrepassa il suo destino individuale e le sue aspirazioni personali.
Mantenere l’alleanza fra i due gruppi evitando qualunque comportamento reprensibile, operare alla perpetuazione del lignaggio in cui entra procreando per esso, assicurargli fedelmente l’uso del suo corpo e dei beni che gli porta: ecco ciò che si impone a lei con una forza forse maggiore dei doveri verso il marito. Ci vorrà una lenta maturazione della riflessione, nata negli ambienti ecclesiastici, sui fondamenti dell’unione coniugale, ci vorrà anche il sopraggiungere di sconvolgimenti economici e sociali molto profondi perché, in seno a questa rete di costrizioni, compaia l’immagine della coppia e perché, in seno alla coppia, si precisi la figura della «buona moglie».
Abbondano gli esempi di matrimoni che, utilizzando le donne, instaurano o restaurano dei legami d’amicizia fra due lignaggi. I primi a ricercare simili unioni sono certamente i capi stessi della cristianità: un re di Francia, Enrico I, nel secolo XI, va a cercarsi una sposa nel lo...

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