Umanisti e presidenti
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Umanisti e presidenti

L'Accademia Nazionale dei Lincei (1900-1933)

  1. 144 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Umanisti e presidenti

L'Accademia Nazionale dei Lincei (1900-1933)

Informazioni su questo libro

L'Accademia Nazionale dei Lincei è stata una delle principali protagoniste della storia delle istituzioni scientifiche italiane. In queste pagine vengono ripercorse le sue vicende attraverso alcune parole chiave – scienze dell'uomo, patria, internazionalismo, guerra, dittatura e ricostruzione – e la vita e l'attività di quattro dei suoi presidenti-umanisti – Angelo Messedaglia, Pasquale Villari, Francesco D'Ovidio e Vittorio Scialoja – dal 1900 al 1933, anno in cui l'Accademia fu sciolta dal regime fascista per essere poi fusa con l'Accademia d'Italia. Il libro costituisce la seconda parte di un progetto che ha avuto un primo esito nella disamina della politica culturale dei presidenti-scienziati dell'Accademia dalla sua rifondazione nel 1874 fino al 1926: Quintino Sella, Francesco Brioschi, Eugenio Beltrami, Pietro Blaserna e Vito Volterra.

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Informazioni

Argomento
Storia

Sandra Linguerri
Angelo Messedaglia (1900-1901)

Messedaglia.tif
Angelo Messedaglia (Cortesia Assr, Senato del regno, Fondo fotografico, Angelo Messedaglia n. 1462).

1. Prologo

Il 22 marzo 1874, nel discorso conviviale da neopresidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Quintino Sella, mineralogista e geologo rinomato in campo europeo, personalità autorevole della politica italiana, si rivolgeva agli accademici presenti proponendo un brindisi di omaggio al tricolore e all’Accademia appena divenuta istituzione governativa.
Sella aveva lottato non poco, sia a favore della costruzione dello Stato unitario, sia per rilanciare l’Accademia dei Lincei1 all’interno di un vasto programma culturale che si componeva di diversi tasselli e che aveva fatto propria un’idea che circolava già nel Risorgimento: l’idea di una «Terza Roma», una Roma della scienza moderna, dopo quella dei Cesari e quella dei Papi. Sella, infatti, aveva ben compreso l’urgenza di una riforma dell’alta cultura scientifica italiana, promossa e diretta dallo Stato attraverso un progetto politico che prevedeva lo svecchiamento del corpo docente dell’Università di Roma; radicali interventi di edilizia universitaria che ammodernassero il complesso degli istituti, laboratori, musei, biblioteche ovvero le strutture didattiche e di ricerca2; la creazione di un museo della scienza e di una biblioteca nazionale, sull’esempio di quelli di Londra e Parigi; e infine, ma non per ultimo, il rinnovamento dell’Accademia dei Lincei.
Nel caso dell’università era fondamentale imprimere una svolta radicale allo scopo di favorire la crescita scientifica, tecnica e imprenditoriale del paese; mentre per l’Accademia era prioritario riunirvi le personalità di maggior prestigio e rappresentative della cultura nazionale per permettere all’Italia di partecipare in maniera attiva al progresso in corso sul fronte internazionale della ricerca.
Sotto questo profilo, la strategia del presidente Sella era duplice: da un lato, puntava alla creazione di un gruppo altamente selezionato di soci stranieri; dall’altro, prevedeva l’istituzione di una Classe di scienze morali, filologiche e storiche da affiancare a quella tradizionale delle scienze fisiche, matematiche e naturali, così che i Lincei potessero racchiudere in sé l’intero campo del sapere.
Nel suo discorso Sella non esitava a dichiarare che le scienze morali e politiche procedono di pari passo con quelle naturali, accogliendo pienamente un originale movimento intellettuale di matrice internazionale che allora tendeva a favorire visioni concettuali d’insieme.
Per Sella il termine scienza non aveva una connotazione restrittiva e non indicava affatto il solo campo delle cosiddette «discipline dure»; al contrario, egli, mettendo alla base delle scienze umane il criterio del saper osservare tipico dei modelli matematici, attribuiva alla parola «scientifico» il significato di metodo, «il metodo con cui in vari ambiti disciplinari si produceva l’avanzamento del sapere»3, il metodo che «all’epoca animava i migliori recenti orientamenti positivistici»4. Ed è qui che Sella chiamava in causa, come unico esempio personale, uno studioso di statistica, docente di economia politica prima a Padova e poi a Roma, Angelo Messedaglia:
Quante scienze morali e politiche non procedono oggi come le naturali? Quanta analogia nel modo d’indagine fra i geologi e gli archeologi, fra i filologi e i botanici o zoologi? Fra un astronomo od un fisico, e l’onorevole Messedaglia il quale, applicando a numerosissime osservazioni statistiche il calcolo delle probabilità, ne deduce la formula che connette i fatti esaminati ed i coefficienti numerici della medesima?5
Ma chi era Angelo Messedaglia?6
Figura di spicco dell’Italia postunitaria, si era laureato in giurisprudenza a Pavia nel 1843. I suoi primi lavori sulla scienza delle finanze erano stati pubblicati su «Il Politecnico» di Carlo Cattaneo. Ricoprì la cattedra di Diritto filosofico, Scienze politiche e Statistica, sempre a Pavia, dal 1844 al 1848, quando fu nominato docente di diritto mercantile, cambiario e marittimo dal governo provvisorio della Lombardia. Sospeso dopo il ritorno degli Asburgo, si dedicò alla professione legale fino al 1858, quando venne reintegrato e nominato professore di economia politica e statistica nell’Università di Padova. Nel 1863 rifiutò, però, la proposta del governo austriaco di fare parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione per il Lombardo-Veneto.
Nel 1866 fu eletto deputato nel collegio di Verona, carica che mantenne fino al 1883. Nel 1871 passò a Roma come professore di economia e statistica. Nel 1884 fu nominato senatore del regno; sempre in quell’anno lavorò al riordino dell’imposta fondiaria7. Nella sua vita parlamentare fece parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione, di cui fu vicepresidente dal 1886 al 1888. Da tale data, fino alla morte avvenuta nel 1901, fu presidente della commissione governativa per la statistica giudiziaria; dal 1896 al 1899 sedette nella commissione incaricata di rivedere il sistema finanziario di imposta censuaria8.

2. Scienziato e patriota

Persona di vastissima cultura, Angelo Messedaglia era uno studioso appassionato, curioso, generoso e assai versatile tanto che, di volta in volta, i suoi commentatori lo hanno segnalato come pioniere della scienza dell’amministrazione in Italia e riformatore della statistica; lettore critico delle teorie malthusiane; parlamentare e studioso di politica monetaria; letterato di razza, poeta e fine conoscitore degli scritti omerici; esperto di matematica, geografia, astronomia, geofisica e di idraulica, e, a sua volta, autore di alcuni contributi famosi sulle condizioni fisiche e idrauliche del fiume Mississippi, sull’uranologia, sui venti, l’orientazione geografica e la navigazione in Omero.
La sua formazione era senza dubbio di respiro europeo e la singolare conoscenza delle lingue straniere – che andavano da quelle classiche alle europee per finire con l’arabo – gli consentiva di mantenersi costantemente aggiornamento sulle novità bibliografiche estere e coltivare una fitta rete di corrispondenti internazionali: per esempio Jacques Bertillon, Karl von Czoernig-Czernhausen, Ernst Engel, Pierre-Émile Levasseur, Adolf Wagner e, tra gli economisti, Carl Menger e Léon Walras9.
E, tuttavia, è possibile individuare un filo conduttore in una produzione così eclettica e così ricca di riferimenti anche oltre confine: Antonio De Viti De Marco nella sua Commemorazione ha osservato come «questo suo spirito enciclopedico» fosse
altamente filosofico; [egli] guardava e tendeva al risultato d’insieme delle conoscenze umane; ogni...

Indice dei contenuti

  1. Umanisti e presidentiL’Accademia Nazionale dei Lincei (1900-1933)
  2. Sandra Linguerri Angelo Messedaglia (1900-1901)
  3. Giovanni Paoloni Pasquale Villari (1901-1904)
  4. Monica Cristina Storini. Francesco D’Ovidio (1916-1923)
  5. Guido Melis e Antonella Meniconi Vittorio Scialoja (1926-1932, 1933)