
eBook - ePub
Il giornalista quasi perfetto
- 392 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Il giornalista quasi perfetto
Informazioni su questo libro
Un manuale di sopravvivenza per ogni giovane cronista.Come si diventa un buon giornalista. Che cosè una notizia. Come scovarla. Come gestire le fonti. Come aprire un articolo. Come si organizza un pezzo. Quali sono i modi di raccontare. Come riportare gli eventi più drammatici. Cosè un articolo di cronaca. Cosè un articolo di commento. Come usare la rete. Questo e molto altro in un prontuario letto da giornalisti di tutto il mondo, semplice, diretto, ricco di aneddoti.
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Informazioni
Argomento
Lingue e linguisticaCategoria
GiornalismoXIII. Il giornalista come scrittore
La dote più rilevante che uno scrittore deve avere è un rivelatore di fesserie, indistruttibile e incorporato.
Ernest Hemingway
Il giornalismo non è letteratura ma, in fondo, neanche gran parte della letteratura lo è. Scrivere sui giornali non è come scrivere un romanzo o un racconto, ma la differenza è meno grande di quanto penserebbero alcuni. Tutti i tipi di buona prosa hanno alcuni elementi in comune: sono chiari e facili da leggere, usano un linguaggio vivace, stimolano e intrattengono. Questo vale tanto per un articolo di giornale quanto per un romanzo e indipendentemente dalla lingua in cui si scrive.
Cominciamo con le brutte notizie. Imparare a scrivere bene è un’impresa ardua e solitaria. Tutti conosciamo persone che dicono di voler scrivere, ma spesso vogliono semplicemente andarsene in giro a dire di essere degli scrittori. Una cosa che non vogliono fare è poggiare il sedere su una sedia e non muoverlo da lì finché non avranno riempito di parole un foglio di carta o una schermata di computer. E invece è proprio questo che dovete fare, molte, moltissime volte. Indipendentemente dal vostro reale talento, il percorso di formazione prevede che scriviate centinaia di pezzi e facciate degli errori. Tralascerete cose essenziali e ne scriverete di inutili, arriverete alla metà del pezzo per poi rendervi conto che non funziona e che dovete ricominciare, userete uno stile goffo o pomposo o rigido, cercherete di sviluppare un tema fumoso o banale, affiderete alla carta o alla schermata interi periodi talmente sciocchi che se doveste pronunciarli, l’imbarazzo vi toglierebbe la voce a metà frase.
Ora passiamo alle buone notizie. Dopo un po’ di tempo, aggirandovi per un buon giornale con l’orecchio attento, leggendo, studiando il meglio e il peggio e facendo di voi stessi il vostro critico più puntiglioso, comincerete a intravedere la mèta. Vi potrà ancora capitare qualche volta di metterci del tempo per far funzionare un pezzo, ma in generale, scrivendo molto, acquisterete una scioltezza sempre maggiore. La capacità di scrivere è come un muscolo, con l’esercizio quotidiano si rafforza. Perderete meno tempo con le false partenze e i percorsi sbagliati, meno tempo a correggere i ritmi con cui scrivete un pezzo in base alla lunghezza prevista, e sprecherete meno energie nella ricerca di un’espressione elaborata quando è preferibile una più semplice.
E troverete quella cosa indispensabile senza la quale nessuno può definirsi scrittore: il vostro linguaggio. Non dovrete più fare i conti con uno stile troppo elaborato, troppo formale o troppo discorsivo, perché avrete trovato il linguaggio che esprime il vostro stile naturale, è coerente, ha ritmi ed espressioni riconoscibili come vostri e – ecco la prova del fuoco – se leggerete il pezzo a voce alta, in generale riconoscerete il vostro modo di parlare, tirato appena un po’ più a lucido; sarà il vostro stile personale, non posticcio, non affettato, né preso a prestito da altri. Ovviamente rispecchierà in qualche modo i vostri scrittori preferiti, il vostro ambiente culturale, la vostra cultura e così via, ma sarà rigorosamente vostro, nelle parole, nelle espressioni idiomatiche, negli schemi sintattici e nel ritmo del periodare. Sarà per voi come una firma. Ma più leggibile.
Uno schema di lavoro
Se vi preparate a scrivere un articolo, la cosa più importante è quello che vi passa per la testa dal momento in cui completate le ricerche al momento in cui buttate giù la prima parola. Concentratevi sul materiale per dargli un senso e decidere che cosa farne. Per comporre un testo non basta mettere insieme delle parole, ma bisogna anche organizzare i propri pensieri, quindi, a dispetto di tutte le espressioni colorite e le argute osservazioni che saprete inventare, se non avete le idee chiare riguardo a quello che volete dire, il lettore se ne accorgerà.
Un pezzo su una calamità naturale o un breve articolo su una notizia semplice e circoscritta sono abbastanza facili, ma il giornalismo è fatto anche di articoli molto complessi e meno stimolanti di quanto vorreste, di lunghi servizi che trattano aspetti diversi, di pezzi commissionati in serie su argomenti che non siete certi possano interessare ai lettori. In questi casi dovrete riflettere a lungo per decidere che senso dare al pezzo, senza lasciarvi ingannare dall’apparenza. Immaginate ad esempio un articolo su di un uomo che raccoglie e tiene in casa rane esotiche: a prima vista sembra che debba trattare di anfibi, un argomento che in genere non suscita grande interesse nei lettori, ma in realtà presenta anche un caso di eccentricità maniacale, in cui un hobby arriva a invadere la vita di un uomo, compresa la sua casa – un tema assai più attraente delle rane.
Il consiglio più prezioso che abbia mai sentito sulla scrittura è quello di John Shirley, che lavora per il «Sunday Times» di Londra, l’«Observer» e il «Guardian»: bisogna avere il controllo totale del materiale. Questo significa che prima di sperare di poter scrivere un articolo chiaro, dovrete aver assorbito bene quel materiale, averlo interpretato e averne ordinato i punti principali nella vostra testa; solo allora sarete in grado di scrivere un resoconto coerente. Pensate, per esempio, a qualcosa di importante che vi è successo quest’anno. Se voleste raccontarlo a qualcuno, potreste farlo perché lo avete sperimentato personalmente, lo avete assimilato, e avete provato a raccontarlo in sequenza, almeno nella vostra testa. Potreste farlo perché avete il controllo totale del materiale, e dovreste averlo anche quando presentate una nuova notizia, soprattutto se è complessa. Mentre si progetta un pezzo, è anche importante ricordare che gli articoli e i servizi sono storie. Quindi, se avete fatto le ricerche giuste e avete pianificato bene, il pezzo dovrebbe avere la stessa coerenza e lo stesso sviluppo di un buon racconto. Vi sembrerà strano, ma appena usciti dal noviziato vale la pena di tenerne conto.
L’altra cosa che dovete decidere è l’impostazione del pezzo. Ha per oggetto una notizia drammatica? O un episodio leggero di indagine psicologica? Seguirà il naturale ordine cronologico o quello imposto dalla trattazione specifica di ciascun elemento? Tutti questi aspetti dell’impostazione di un articolo (e ce ne sono molti altri) influenzano la stesura e la sua struttura portante, che, quindi, dovete conoscere bene prima di cominciare. Nel caso di notizie semplici, potete limitarvi a delineare velocemente uno schema mentale di quello che volete dire e dell’ordine che intendete seguire nell’esposizione. Ma per gli articoli più lunghi e complessi, dovete basarvi su uno schema scritto. Non vi spaventate mai all’idea di scrivere un piano di lavoro. Non è tipico del novellino impreparato, ma di chi persegue la chiarezza, e poi non si deve necessariamente trattare di un piano dettagliato: di solito può bastare l’annotazione delle parti principali del pezzo nell’ordine stabilito, tutt’al più completata dall’indicazione dei criteri di collegamento. Alla composizione è dedicato tutto il capitolo 15 di questo libro e all’attacco, fondamentale, il 14. Essi spiegano come catturare immediatamente l’attenzione del lettore e come mantenerla costante sino alla fine del pezzo, due aspetti essenziali per scrivere bene. Oltre a questi, secondo me, ce ne sono altri sei: chiarezza, linguaggio nuovo, onestà, precisione, appropriatezza e produttività, che costituiscono altrettanti paragrafi del presente capitolo.
Chiarezza
Un articolo deve sempre essere contraddistinto da chiarezza di pensiero, di organizzazione e di linguaggio. Altrimenti va riesaminato e riscritto. Non è solo una mia convinzione personale; il romanziere francese Stendhal scriveva: «C’è soltanto una regola: essere chiari. Se non sono chiaro, allora tutto il mio mondo va in frantumi». Lo scrittore inglese H.G. Wells in termini meno drammatici diceva: «Quando scrivo, come quando cammino, seguo sempre la strada più diretta, perché è l’unica che conduce alla mèta». Questa regola deve essere seguita rigorosamente dai giornali, che vengono spesso letti in ambienti rumorosi, dove persone che non hanno tempo da perdere e possono informarsi con mezzi più semplici, anche se di qualità inferiore, tendono a distrarsi. Concentriamoci ora su alcuni punti particolari.
Dovete avere le idee chiare prima di buttar giù anche una sola parola
Per spiegare una cosa agli altri, dovete averla capita perfettamente, altrimenti non scrivete nulla. Se avete le idee confuse, vi suggerisco di raccontare la storia a un collega o a un amico: il nòcciolo della questione (e il suo senso globale) verrà fuori dalle vostre parole quasi senza che ve ne rendiate conto.
Fornite accuratamente ogni sviluppo di una storia, ogni evento di una sequenza, ogni elemento di un’argomentazione
Saltando da A a C, costringete i lettori a spremersi le meningi per capire che in mezzo c’è stato B. Questo è seccante, crea confusione e talvolta porta fuori strada, soprattutto quando nella realtà il punto B era fuori dalla sequenza. E non procedete a salti nella logica del discorso: i vostri processi mentali sono chiari solo a voi, un lettore non può seguirli a meno che non glieli spieghiate.
Non presumete che i lettori abbiano conoscenze specifiche o pregresse
Se avete passato parecchio tempo ad approfondire un campo specialistico o tecnico, potete facilmente dimenticare che, per lo più, i lettori sanno soltanto quello che voi sapevate prima di cominciare: non fatelo. Nel caso di servizi che vanno avanti per giorni, settimane o mesi, non aspettatevi che i lettori abbiano fotografato con la mente quanto è accaduto prima o che abbiano preso diligentemente appunti leggendo le puntate precedenti: non l’hanno fatto. Al contrario, tenete presente il principio che, finché qualcosa non è divenuto saldamente di dominio pubblico, i lettori avranno bisogno di riepiloghi e richiami.
Spiegate tutte le espressioni tecniche e gergali
Normalmente si tende a scoraggiare l’uso di espressioni tecniche, siano esse scientifiche, burocratiche, gergali o di altro genere. A mio avviso è un errore. L’espressione gergale può essere utile, perché conduce il lettore in un mondo da scoprire, gli insegna la lingua usata dagli addetti ai lavori e, in particolare per il gergo burocratico, fa conoscere le espressioni, spesso comiche, inventate dai pubblici funzionari e, di conseguenza, la mentalità che esse rivelano. Per questi motivi e in nome di chi ama l’ironia, il gergo non dovrebbe mai essere escluso dai servizi giornalistici, ma è giusto disapprovare chi omette di spiegare in linguaggio corrente l’espressione gergale.
Comunque, anche se corredate da spiegazioni, le espressioni di questo tipo non devono essere usate troppo spesso. I giornalisti, specialmente i cronisti specializzati, cedono facilmente alla tentazione di usare espressioni tecniche, per dare prova di essere preparati e di saper parlare come gli addetti ai lavori. Io dico che una cosa del genere può andare bene a un ricevimento, se pensate che sia un modo per fare una bella figura, ma non sul vostro giornale. Cercare di presentarsi come un esperto o scrivere solo per gli specialisti sono atteggiamenti elitari e oscurantistici e, come tali, non graditi nel mondo dell’informazione.
Poi c’è il gergo politico e finanziario, che forse ai nostri giorni è il più dannoso. È molto diffuso, spesso difficile da interpretare e, oltretutto, tende a essere riproposto meccanicamente dai giornalisti. I portavoce di grosse società dicono che il loro «business» (azienda) «sta attraversando problemi contingenti di liquidità» (è a corto di soldi) a causa di «difficoltà di posizionamento del mercato» (la gente non compra più quello che loro vendono) e di conseguenza è prevista «una razionalizzazione della forza di lavoro» (licenziamenti a raffica). I funzionari governativi parlano di «istituti di riabilitazione» per dire carceri e di «squilibri tra la domanda e l’offerta di unità abitative» per dire che è difficile trovare casa.
Sono tutti eufemismi, cioè giri di parole consapevolmente ipocriti, molto diffusi soprattutto nei luoghi che pullulano di esperti in pubbliche relazioni. L’eufemismo è in sintonia con la tendenza naturale di politici e uomini d’affari, se non proprio a mentire, quanto meno a cercare di nascondere la verità, se costretti a farlo.
Esprimetevi con frasi assolutamente chiare
Non scrivete mai frasi che obblighino il lettore a tornare indietro per rileggerle: è meglio che torniate indietro voi per riscriverle. Ovviamente la chiarezza di cui sto parlando non riguarda quei casi in cui volutamente si induce il lettore ad aspettarsi una cosa per poi sorprenderlo con un’altra. L’elemento della sorpresa può servire a vivacizzare un articolo.
Evitate le espressioni complicate e un linguaggio enigmatico
Se scrivete mirando a un evidente sfoggio di bravura, otterrete quasi sempre una smaccata bruttura. Il fine del vostro lavoro non è bearvi di quello che create, ma comunicarlo agli altri. Perciò se avete scritto una frase puramente d’effetto di cui siete molto fieri, cancellatela subito; se dovete chiarire a voce il significato di un passo a qualcuno, cambiatelo; se siete tentati di usare certe parole per fare sfoggio di cultura, non cedete. E se volete un buon modello di come dovrebbe essere scritto un pezzo intelligente, chiaro, dettagliato e documentato, studiatevi i comunicati dell’Associated Press e della Reuters. Se il vostro giornale non è abbonato a queste agenzie, potete trovarne molti esempi recenti su Google...
Indice dei contenuti
- Ringraziamenti
- Prefazione
- I. Come si riconosce un buon giornalista?
- II. I limiti del giornalismo
- III. Che cos’è una notizia?
- IV. Da dove arrivano i buoni articoli?
- V. Ricerche
- VI. Gestire le fonti senza farsi gestire da loro
- VII. Interviste
- VIII. Dati e statistiche
- IX. Il giornalismo investigativo
- X. Come trattare gli eventi tragici
- XI. Errori, rettifiche e bufale
- XII. L’etica professionale
- XIII. Il giornalista come scrittore
- XIV. L’attacco
- XV. Composizione e descrizione
- XVI. Citazioni
- XVII. Diversi modi di raccontare
- XVIII. Commenti, espliciti e impliciti
- XIX. Come si diventa grandi giornalisti
- Letture consigliate