
- 112 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Vogliamo davvero che alla storia e al presente dell'Europa corrisponda una reale democrazia europea? Se la risposta è sì, bisogna costruire la comunanza di lingua, condizione fondante di vita della pólis. La voglia di democrazia, la voglia di unità politica e la crescita degli attuali livelli di istruzione sono le condizioni per risolvere la questione linguistica come questione democratica dell'Europa.
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Informazioni
Argomento
Scienze socialiCategoria
Cultura popolare1. Il sorriso di Omero
Né quando Europa
del divin Radamanto e di Minosse
padre mi fece
Iliade, XIV
L’Europa ha vissuto conflitti esacerbati, crudeli, di etnie, religioni, Stati, eserciti. E tuttavia è giusto ricordare che la storia d’Europa comincia con un sorriso. È il sorriso con cui Omero, nell’Iliade, racconta un momento della lunga guerra sotto le mura di Troia. In uno scontro sanguinoso i greci sono ridotti a mal partito dai troiani. La causa è Zeus: Teti, crucciata per le offese fatte dai greci al figlio Achille, lo ha indotto a prestare aiuto ai troiani. Gli altri dèi dell’Olimpo, favorevoli ai greci, si consultano, ma non sanno che cosa fare. Opporsi al loro padre e signore è impensabile. Ma Hera, la sposa di Zeus, ha un’idea: sale sulla vetta dell’Olimpo e si presenta a Zeus vestita di tutte le sue grazie. Zeus, incontinente tombeur de femmes, non resiste e tenta un approccio con quella che, oltre tutto, è la sua legittima sposa. Ma Hera fa la ritrosa, al momento non è disponibile. Zeus è molto irritato: resistere a lui! Lui sposo, padre, signore e, in più, amatore indefesso. E per convincere la riluttante Hera comincia a elencare i suoi sterminati successi amorosi, citando tutte le dèe, le ninfe e le donne mortali che ha posseduto. Hera, che in realtà conosce bene le avventure extraconiugali dello sposo, finge stupore e ammirazione e, infine, gli cede. Zeus dà sfogo ai suoi desideri e poi, spossato, si assopisce in un sonno ristoratore. Sulla terra, intanto, via libera agli dèi filoellenici che intervengono pesantemente nella battaglia. Mentre Zeus dorme, le sorti dei greci si risollevano e i troiani sono costretti a trovare rifugio entro le mura della loro città.
L’elenco delle donne amate da Zeus è impressionante. Lorenzo da Ponte e Mozart, due millenni più tardi, faranno appena poco meglio con l’album da cui Leporello estrae il numero degli amori di don Giovanni. Tra le amate di Zeus, una viene evocata senza nominarla esplicitamente, tanto doveva essere nota: Omero la indica come la figlia del re di Tiro, la maggiore città della Fenicia (all’incirca l’attuale Libano). Gli antichi commentatori di Omero (e Vincenzo Monti nella sua traduzione) ci dicono il suo nome, Εὐρώπη, Eurōpē (da cui poi in latino Eurōpa), e, insieme ai mitografi, raccontano che per possederla Zeus dovette assumere l’aspetto di un mansueto torello bianco. L’ingenua fanciulla, che se ne stava intenta a cogliere fiori in riva al mare, pensò di montargli in groppa, a quel punto il dio si tuffò in mare, insieme alla fanciulla, e attraversò il Mediterraneo fino a Creta. Qui tornò ad assumere le forme antropomorfe e si unì alla giovane. Uno dei figli, Minosse, fu il fondatore della più antica civiltà ellenica ed europea, la civiltà che chiamiamo minoico-micenea o cretese-micenea.
Europa, dunque, era semita, una extracomunitaria nel mondo indoeuropeo. Un vero smacco, un peccato originale agli occhi dei razzisti. Non ci sono etimologie del nome accettabili dal punto di vista rigorosamente linguistico. E non è chiaro se sia stata lei ad aver dato il nome al continente europeo o se, al contrario, il significato geografico sia il più antico. Certo è che due secoli dopo i versi di Omero troviamo il nome in uso per designare, anche se in modo vago, terre e paesi a nord della Grecia, e cioè grosso modo la parte centrale e settentrionale della penisola balcanica, dalla Macedonia verso il Danubio. Nell’uso dei posteriori geografi greci e romani il nome andò estendendosi lentamente a tutte le terre dell’attuale Europa: dall’ultima Tule, nel Nord, alle isole del Mediterraneo, Creta e Sicilia, Malta e Lampedusa, dall’Atlantico e dalle Isole britanniche alle pianure russe fino agli Urali.
Come spiegano i moderni geografi, questa delimitazione non ha molto senso in termini strettamente geografici e geologici: con i suoi quasi dieci milioni e mezzo di chilometri quadrati, l’Europa appare piuttosto un’appendice dei quarantaquattro milioni di chilometri dell’Asia, un’appendice di non molto superiore alla Penisola Arabica (quasi tre milioni di chilometri quadrati) e all’India (tre milioni e trecentomila chilometri), che consideriamo senza dubbio propaggini dell’Asia. Si aggiunga che clima e orogenesi marcano i confini di Arabia e India verso il resto dell’Asia assai meglio di quanto i confini dell’Europa siano segnati dal displuviale degli Urali e dalla linea convenzionale e variamente individuata che se ne diparte verso sud e il Mar Nero o Mar Caspio (a seconda delle scelte convenzionali).
2. Le radici culturali dell’Europa
L’Europa solamente
ha avuto qualche regno e infinite repubbliche
Niccolò Machiavelli, Dell’arte della guerra
Non l’Himalaya o grandi deserti delimitano l’Europa e ne hanno fatto e fanno una unità specifica. Fattori unificanti e individuanti sono stati fenomeni d’ordine storico e culturale. Un’enumerazione anche frettolosa non è breve. Con un po’ di pazienza proviamo a elencarli: la diffusione e l’adozione dell’alfabeto greco (di origine fenicia, come la ninfa Europa) e poi l’affermazione delle sue due grandi filiazioni, l’alfabeto latino e il cirillico, che consentono di scrivere tutte le lingue europee; l’eredità e lo sviluppo sia del common law sia del civil law romani; l’eredità della cultura letteraria e scientifica della grecità classica; Roma, la sua letteratura, le sue istituzioni, il suo impero; le ondate e il disperso insediamento della diaspora ebraica; Bisanzio e il suo impero millenario; la cristianizzazione con le sue diverse forme istituzionali (cristianesimo cattolico romano, cristianesimo riformato e cristianesimo ortodosso); la ricezione dell’apporto arabo nelle scienze, nelle tecniche, nell’architettura; le piazze al centro delle sue città, le piazze come mercato e luogo di incontro di signori e popolo; la nascita degli Stati monarchici nazionali fra tardo Medioevo e Rinascimento (una entità nuova nella storia, nuova rispetto alle organizzazioni tribali e agli imperi multietnici e alle città-stato); una secolare, quasi millenaria convergenza verso una comune lingua dell’alta cultura e del nascente pensiero critico e scientifico, quella latinità classica, medievale e moderna alla cui luce si sono formate le diverse lingue nazionali; gli “astratti” ideali delle grandi comuni utopie, le parole e i testi in cui si sono concretate, l’Utopia appunto di Tommaso Moro, le parole della Rivoluzione francese, liberté, égalité, fraternité, il Manifesto per eccellenza; il regime parlamentare.
Tutto ciò, perfino quando ha prodotto contrasti laceranti, ha creato frames comuni, comuni basi concettuali, cui magari cercare di ribellarsi, ma accomunanti, e ha cementato l’unità profonda e specifica di popoli che né confini di Stati né diversità di suoni e grammatiche delle differenti lingue riescono a compromettere.
Alcuni di questi fenomeni che hanno caratterizzato l’Europa rispetto ad altre aree sono essi stessi fatti linguistici: la comunanza dei due alfabeti derivati dal greco per fissare in forma scritta i testi di lingue disparate; l’adozione del latino, da parte dei ceti colti, per circa dodici secoli come unica grande lingua comune del pensiero, delle scienze, della medicina, del diritto da un capo all’altro dell’Europa, da Uppsala a Palermo, da Madrid a Mo...
Indice dei contenuti
- Premessa. Nuove questioni linguistiche
- 1. Il sorriso di Omero
- 2. Le radici culturali dell’Europa
- 3. Inventario geopolitico delle lingue d’Europa
- 4. Cronologia comparata delle lingue d’Europa
- 5. Plurilinguismo genetico
- 6. Minimo comune multiplo
- 7. Una lingua per l’Europa?
- Nota bibliografica