1. Le unioni antifasciste
1. L’azione per il partito e per il paese
È fin troppo scontato sostenere che le unioni amorose e i legami siano facilitati dal comune denominatore dell’antifascismo. La militanza politica, che trova un cemento forte nel combattere il nemico fascista, ha inevitabili riverberi sul piano della formazione delle coppie, con i comunisti a distinguersi per un intreccio fra pubblico e privato nella lotta contro la dittatura.
I due amanti comunisti, titolano i giornali di fronte alla notizia di arresti che segnalano una comunanza politica anche negli affetti. La visione di un modello politico che diventa anche esistenziale trova un valore aggiunto nell’individuare nel referente esterno – in questo caso il fascismo – un ulteriore elemento di raccordo per sperimentare e valorizzare gli ideali. Unirsi contro il fascismo voleva dire anche unirsi nella vita, condividendo le stesse passioni e gli stessi rischi, secondo una scala di valori che determinava scelte personali prima ancora che politiche.
Pur in visioni spesso mitizzate o targate politicamente a proposito di una lettura dell’antifascismo, la storiografia si è già ampiamente soffermata sul «vissuto» che riguarda gli anni fra le due guerre, utilizzando memorie, diari, testimonianze che, nei limiti noti della documentazione autobiografica, hanno restituito un affresco quanto mai variegato non solo di piccole storie, ma anche della storia di un periodo così complesso come quello della clandestinità , dell’emigrazione antifascista e della Resistenza. Le relazioni amorose e familiari rientrano in questo ambito, attribuendo al rapporto fra storia e memoria una sfaccettatura più ampia, con uno sguardo d’insieme capace di far intrecciare il piano politico e quello privato.
L’azione e l’attività per sabotare il fascismo e diffondere gli ideali comunisti acquistano maggior vigore se condotte in coppia, come viatico non tanto per la solidità della relazione, quanto per il bene del partito e del paese. La precedenza accordata alla lotta clandestina rispetto alla scelta affettiva è condizione indispensabile per una condotta comunista che richiede come primo imperativo l’affezione e la dedizione al partito. Il legame fra la dimensione politica e privata nella vita del militante è funzionale all’organizzazione di un partito che deve continuare a esistere e operare nella clandestinità . Schierarsi contro il regime mussoliniano, che reprime la facoltà di espressione e cancella le opposizioni, rappresenta la necessità prioritaria di ogni militante che, battendosi per la libertà , rende un servizio civile e politico. L’antifascismo diviene dunque valore al contempo politico ed esistenziale, a connotare un’identità che non può mutare fino all’obiettivo finale della caduta della dittatura.
All’interno di questa categoria, si sviluppa un modus vivendi che attraversa tutti i campi, passando dal lavoro alla famiglia, dalla mentalità agli spazi affettivi. La liberazione dal giogo del fascismo si trasforma in una prospettiva ideale in grado di produrre reazioni, passioni e impeti ribellistici che diventano ancora più veementi se vissuti con uguale intensità dalla coppia di innamorati, fidanzati o sposi. Gli entusiasmi alternati alla paura nelle attività clandestine finalizzate ai sabotaggi o alla distribuzione di materiale di propaganda costituiscono il filo rosso che lega uomini e donne nella cospirazione. La consuetudine a correre rischi e a punteggiare la quotidianità di pericoli non fa altro che cementare i rapporti, che devono dosare momenti condivisi e fughe, fino a prevedere allontanamenti o incognite legate al fermo o all’arresto.
Questo non significa che l’esperienza dell’antifascismo sia vissuta allo stesso modo dal militante uomo o dalla militante donna. Pur se a lungo studiato e valorizzato, il ruolo delle donne nell’attività clandestina lascia ancora molti margini da esplorare per quel che riguarda il versante sentimentale, ovvero quanto gli slanci amorosi femminili abbiano saputo o voluto incidere sui rapporti tradizionali di coppia. L’impressione è che anche nella vita a due della cospirazione rimangano inalterate le gerarchie di genere, con legami diretti e gestiti dagli uomini. Una connotazione tanto più vera quando si è in presenza di figure di apparato – rappresentato in larga maggioranza da uomini – che accettano e intrattengono relazioni solo con donne che seguono il loro stesso percorso, preferibilmente con ruoli più marginali. Certo esistono – come vedremo – coppie di dirigenti che si uniscono e si rafforzano nella comune esperienza clandestina, spesso vissuta in lontananza, con compiti di primo piano sia per l’uno che per l’altra anche dopo quella stagione. Ma nella maggior parte delle situazioni sono i clandestini a decidere se e quando intessere rapporti, con le donne ad adeguarsi a decisioni già prese, e disposte finanche ad accettare la prospettiva della vedovanza.
In ogni caso, ciò che importa sottolineare è come le unioni ai tempi dell’antifascismo siano funzionali a una militanza che possa servire anche politicamente, nella consapevolezza di dover «porre il partito sempre al di sopra della persona». Il privato viene contemplato nell’unica dimensione politica, con una vita che si forgia sulle esigenze di una clandestinità forzata che detta e scandisce i ritmi giornalieri. La possibilità di conciliare ideologia e vissuto quotidiano si ritrova nell’impegno a rendere concrete le direttive di un partito che, per esistere, prevede l’abbattimento del regime che ne impedisce la sopravvivenza.
In questa lotta, in cui la politica e il privato si fondono nell’obiettivo unico, devono essere distinti periodi diversi che segnalano anche le tappe dei cambiamenti delle modalità di opposizione. Dalla metà degli anni Venti e fino all’entrata in vigore delle leggi fascistissime, l’attività si indirizza soprattutto alla propaganda contro le azioni violente e l’affermazione del partito fascista, e comincia a maturare una coscienza accompagnata da strategia offensiva. Nel decennio successivo cresce il numero delle azioni clandestine, annoverando anche le esperienze all’estero, sia in supporto ai gruppi antifascisti fuori dall’Italia (soprattutto in Spagna), sia nei tristi esiti carcerari o al confino. Durante la guerra l’impegno nella Resistenza rende gli sforzi e le risorse ancora più incisivi, con un apporto che contraddistingue i comunisti come colonne dell’antifascismo armato.
Nelle tre fasi, la militanza costituisce fonte e alimento anche per un’analisi dei caratteri e delle evoluzioni dei legami amorosi e familiari, riuscendo a fornire varie chiavi di lettura per interpretare non solo le biografie comuniste, ma pure la biografia – o meglio l’autobiografia sentimentale – di un paese.
2. Gli ideali comuni
Le donne lavoratrici devono comprendere la necessità dell’unione di tutte le forze per la lotta comune. Lavoratori e lavoratrici devono lottare assieme, fianco a fianco per conquistarsi il pane, il lavoro e la libertà . Esse devono comprendere la necessità di organizzarla, questa lotta, per poter vincere, per poter abbattere il fascismo ed il capitalismo.
Le parole di Teresa Noce, pubblicate negli opuscoli della Piccola biblioteca proletaria, esprimono la ferma volontà di un’unione fra uomini e donne nel perseguire la lotta antifascista. In questo caso si fa riferimento alla classe operaia, ma il discorso va esteso anche in senso familiare, ovvero alla necessità di trovare nella battaglia contro la dittatura un tratto comune capace di rendere solidi i rapporti.
I valori tradizionali espressi dall’ideologia comunista vengono dirottati nella direzione dell’antifascismo, come prioÂrità per i militanti impegnati in una fase della vita in cui l’obiettivo centrale riguarda la lotta per abbattere il regime. Come rileva Pavone, il nemico fascista viene individuato come «figura politico-esistenziale» all’interno di un «fenomeno globale che andava combattuto anche se non si riconoscevano le componenti di classe». E infatti anche l’antifascismo comunista, proprio per opporsi a questo fenomeno, mette in campo le diverse classi sociali, unendo gerarchia e base, uomini e donne, pur se sono frequenti e rilevanti le differenze di impostazione e di azione fra i rappresentanti di apparato e i semplici militanti.
Soprattutto nella sfera sentimentale, si riscontrano elementi comuni rintracciabili nella tipologia di relazione incentivata dalla consonanza politica, ma pure differenze dettate da maggiori o minori vincoli imposti dall’organizzazione centrale. In sostanza, alla formazione di coppie con analoghi compiti nei ruoli dirigenziali, si contrappongono legami spontanei nell’antifascismo popolare che rispettano i consueti canoni del rapporto uomo-donna. In entrambi i casi persiste una gerarchia di genere mai superata, con la figura maschile preminente, ma laddove si è in presenza dei dirigenti di partito vige una dinamica più flessibile rispetto ai militanti di base, con il partito schierato apertamente contro unioni non omogenee politicamente che «avrebbero potuto provocare smagliature nella rete cospirativa».
Quello di coppie non compatibili politicamente non è un problema nuovo nell’universo comunista. Il confronto con il tema della religione,...