
- 154 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Falsi storici, luoghi comuni, pregiudizi, impressionanti lacune: ecco cosa accade quando si delega la conoscenza della storia al disinvolto uso pubblico che ne fanno politici, giornalisti, operatori dei media, complici e in parte responsabili dei generalizzati 'vuoti di memoria' da cui sono affette le giovani generazioni. Con passione civile, Stefano Pivato si pone una domanda urgente: non tanto a cosa serve la storia ma piuttosto a chi serve.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Vuoti di memoria di Stefano Pivato in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Ciencias sociales e Historia del siglo XXI. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Argomento
Ciencias socialesCategoria
Historia del siglo XXI«Grande è la confusione sotto il cielo»
Se, come dimostrano varie indagini, per i ventenni storia e memoria appaiono finiti nel limbo della conoscen-za, le cose non sembrano stare meglio per la genera-zione più adulta. All’indomani delle elezioni del 9 e 10 aprile 2006 una inchiesta condotta dalla trasmissione televisiva Le Iene Show davanti a Montecitorio il giorno del debutto dei nuovi parlamentari, rivelava dati alquanto sconfortanti. L’onorevole Salvatore Greco (Udc) richiesto di individuare la data della scoperta dell’America la collocava «nel 1640». Lo stesso parlamentare interrogato sull’anno della rivoluzione francese così balbet-tava: «è passata [...] non ci appartiene [...] con le date non vado d’accordo». Non meglio andava con l’onorevole Luigi Vitali (FI) che situava la rivoluzione francese «nella prima decade dell’Ottocento» e il crollo del Muro di Berlino «negli anni Settanta». Anche l’onorevole Eugenio Minasso (An) collocava la rivoluzione francese «nell’Ottocento», mentre il suo collega Riccardo Minardo (FI) la individuava «nella seconda metà dell’Ottocento».
Sulla rivoluzione francese i parlamentari del centro-sinistra non se la cavavano meglio dei loro colleghi di centro-destra: l’onorevole Italo Tanoni (Ulivo), non rispondeva; altri suoi colleghi la collocavano genericamente «nell’Ottocento».
I conti con la storia non tornavano neppure con la rivoluzione russa se quasi tutti gli interpellati rivelavano di non ricordarne la data. Altri deputati situavano genericamente «negli anni Settanta» il crollo del Muro di Berlino.
Le cose non miglioravano con domande più direttamente attinenti al mestiere di parlamentare: quasi nessuno degli intervistati ricordava, per esempio, quante donne si erano succedute, nel corso della storia della Repubblica, alla carica di presidente della Camera. Nessuno poi sapeva dire quale fosse il numero della legislatura che si stava inaugurando (la XV)1. Divisi su tutto, centro-destra e centro-sinistra erano perlomeno uniti nell’ignorare l’abc della storia.
Una trasmissione forse un po’ goliardica Le Iene Show, ma comunque rivelatrice, sia pure in termini non oggettivamente statistici, del difficile rapporto fra politica e storia.
In realtà , oggi, più che dal passato la politica sembra trarre ammaestramento dal presente. E, ancor più, dal futuro. Sondaggi d’opinione e indagini di mercato sono i nuovi ferri del mestiere della politica che ha definitivamente mandato in soffitta la storia (e gli storici).
La «crisi» della storia sembra del resto essere confermata anche dal «mercato» delle riviste di storia contemporanea. Nel 1995, dopo oltre venti anni di presenza nel panorama storiografico nazionale, chiude la «Rivista di storia contemporanea». Nello stesso anno anche «Ventesimo secolo», erede di «Movimento operaio e socialista», termina la sua breve esperienza. E, sempre nel 1995, cessa le pubblicazioni «Memoria. Rivista di storia delle donne», che aveva iniziato la sua esperienza nel 1981 come una fra le prime riviste italiane di storia di genere2.
Segnali più significativi che consentono di precisare come sia in atto un certo disuso della storia provengono dal mercato librario. Editori che negli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta avevano ampiamente investito nella storia chiudevano definitivamente le collane. Emblematico il caso della Feltrinelli. La collana «I fatti e le idee. Biblioteca di storia contemporanea», diretta da Massimo L. Salvadori e Nicola Tranfaglia cessa nel 1981 e la sua fine può essere considerata come un precoce segnale di quella «crisi» della storia che apparirà in termini più vistosi nel giro di qualche anno. È pur vero che nel corso degli anni Novanta, e ancor più di -recente, aprono nuove riviste. Fra queste «Contem-poranea. Rivista di storia dell’800 e del ’900», diretta da Francesco Traniello ed edita dal Mulino. Oppure «Nuova Storia Contemporanea», diretta da Francesco Perfetti e pubblicata da Le Lettere. O, ancora, «Mondo contemporaneo», diretta da Renato Moro per i tipi della Franco Angeli.
Tuttavia, in un bilancio complessivo, il panorama delle riviste presenta un resoconto deficitario soprattutto per quel che riguarda i destinatari attratti anche dagli strumenti di informazione elettronica3.
Ulteriore segnale della crisi del sapere storico è la scomparsa (o quasi) di un prolifico settore di ricerca come quello della storia locale.
Certamente ragioni che riguardano più in generale il mercato editoriale stanno alla base di una più ristretta circolazione delle riviste e dei libri di storia. Negli ultimi anni, anche presso gli studenti universitari, il rapporto con il libro è in via di cambiamento. Il libro non sempre si compra: si fotocopia, si acquista di seconda mano, si prende in prestito dalla biblioteca. Oppure, caso estremo, si legge «in pillole», riassunto in forma di dispensa. Agenzie che propagandano la loro attività attraverso compiaciuti ritratti di campioni sportivi e promettono curricula universitari accelerati basano la preparazione dei loro studenti non più sul libro ma su dispense nelle quali il secolo breve è riassunto in poche decine di pagine.
Se gli indici ci spiegano che il libro si compra (e si legge) sempre di meno, un dato ancora più allarmante ci rivela la profonda mutazione intervenuta nel rapporto con la pagina scritta: fra il 1999 e il 2003 i lettori delle biblioteche pubbliche italiane sono passati da 2.138.237 a 1.620.967: il che vuol dire che nell’arco di pochi anni la pubblica lettura ha perso quasi un quarto di pubblico4.
Alla luce di queste considerazioni assumono un sapore di triste realismo le osservazioni di Peter Sloterdijk che, qualche anno fa, analizzando l’evoluzione dei processi culturali e comunicativi osservava che:
I libri, un tempo autorevoli [...], non si trovano più sui tavoli da lavoro e sui comodini dei loro lettori, ma sono caduti nell’atemporalità degli archivi: è per questo che il movimento umanistico ha perso buona parte dello slancio di un tempo5.
È vero. Si tratta di un dato che coinvolge ogni disciplina e, più in generale, il mutato rapporto con la pagina scritta. Tuttavia più di un segnale ci comunica che il calo delle vendite nel settore della storia è più rilevante che altrove. In discipline quali l’economia o la sociologia, per esempio, la diminuzione sembra essere meno drastica.
In una università che si sta trasformando sempre meno in luogo di produzione della cultura e sempre più in una «fabbrica» di laureati, il sapere (anche quello storico) soffre di accentuati «vuoti di memoria».
Note sono le vicende che negli anni Settanta conducono alla istituzione dei primi corsi di laurea in Storia che costituiscono l’approdo di un dibattito iniziato nel decennio precedente. È del 1960 la circolare ministeriale (n. 443 del 19 novembre) che inserisce la Storia contemporanea nei programmi scolastici dei licei e degli istituti magistrali. Argomenti come la seconda guerra mondiale, la lotta di liberazione o la Costituzione entrano per la prima volta nelle aule scolastiche e, finalmente, nel 1961 viene istituita la prima cattedra universitaria di Storia contemporanea.
In quei primi anni Sessanta, all’indomani dei fatti del luglio 1960, inizia a estendersi anche la rete degli Istituti storici della Resistenza. Il tentativo autoritario del governo Tambroni e, soprattutto, l’incontro fra gli ex partigiani e la generazione delle «magliette a strisce» pongono al centro del dibattito il rilancio dei valori e delle ragioni dell’antifascismo in un ambito non solo militante, ma anche di riflessione storiografica6.
È Fausto Amodei che, grazie ai versi di una canzone rimasta scolpita nella storia della cultura politica (Per i morti di Reggio Emilia), rilancia sul piano pubblico la simbolica congiunzione fra le lotte operaie e studentesche degli anni Sessanta e Settanta e gli ideali della Resistenza. In quella canzone Amodei, ricordando i cinque giovani morti a Reggio Emilia, li collega idealmente ai martiri dell’antifascismo:
Sangue del nostro sangue
Nervi dei nostri nervi
Come fu quello dei fratelli Cervi.
In questo clima, all’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione, costituito fin dal 1949, inizia ad affiancarsi una fitta rete di istituti associati destinata, nell’arco di un ventennio, a produrre ragguardevoli risultati sia sul piano della ricerca storica sia su quello della formazione dei cittadini ai valori dell’antifascismo.
Su questo terreno dove ricerca e passione civile si intrecciano, a partire dagli anni Settanta, alla domanda di storia delle giovani generazioni il mondo accademico risponde con l’istituzione dei corsi di laurea in Storia. Al primo di questi, creato all’inizio degli anni Settanta presso la facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Genova, ne seguono numerosi altri in varie sedi universitarie italiane.
Attualmente quei corsi sembrano soffrire di una accentuata «crisi delle vocazioni»7. E, quasi a suggellare un ideale passaggio di testimone fra le scienze del passato e quelle del presente nei gusti degli studenti, oggi i corsi di laurea in Storia sono stati sostituiti, in quanto a domanda, da quelli in Scienze della comunicazione, istituiti a partire dagli anni Novanta. Come a dire che, almeno nelle aspirazioni dei giovani, le professioni dei profeti del futuro sovrastano ormai quelle degli interpreti del passato.
Più di un segnale ci comunica dunque che il sentire collettivo avverte meno, rispetto a qualche decennio fa, l’esigenza di identificazione con il passato: ...
Indice dei contenuti
- Premessa. A chi serve la storia?
- Parte prima. Venditori di vento
- Nebbie
- «Grande è la confusione sotto il cielo»
- Che cosa fanno oggi gli storici?
- Luoghi della memoria e luoghi dell’oblio
- Vedere e sentire la storia
- La «Mulino Bianco history»
- Parte seconda. Venditori di fumo
- Il «secolo lungo»
- La defascistizzazione del fascismo
- Il bambino e l’acqua sporca
- Il Risorgimento della Lega
- Il «barbaro dominio»