
- 188 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Come funziona la memoria
Informazioni su questo libro
Che cos'è la memoria. Com'è organizzata. Quali sono i meccanismi con i quali si apprendono e si dimenticano informazioni. Quali sono i disturbi della memoria. Cosa accade se la si perde. Come la si può curare. Un saggio brillante e curioso su una fondamentale capacità della mente.
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Informazioni
Argomento
PsicologiaCategoria
Storia e teoria della psicologiaII. La patologia della memoria
II.1. Memorie infrante: alcune storie di pazienti
Scopo dell’umanità è di allungarsi la vita,
al che ella giunge mercé la memoria. Chi più sa, più vive. (Carlo Dossi, Note azzurre,
n. 2302)
al che ella giunge mercé la memoria. Chi più sa, più vive. (Carlo Dossi, Note azzurre,
n. 2302)
Memorie infrante o spezzate non è un titolo originale. Qualche anno fa, la professoressa Ruth Campbell di Londra e il professor Martin Conway di Lancaster hanno curato un libro che aveva proprio questo titolo: Broken Memories (1995). Diversi neuropsicologi che si occupano di disturbi della memoria raccontavano ciascuno, in maniera discorsiva, la storia di qualche paziente con un deficit di una delle componenti di memoria appena descritte. Si utilizzava questa descrizione per giungere a conclusioni di natura teorica. Questo è il modo di procedere della ricerca neuropsicologica. Esistono modelli elaborati dalla psicologia cognitiva che spiegano come funziona la memoria. I ricercatori arrivano a costruire questi modelli teorici in seguito a esperimenti sui soggetti sani. Tuttavia, come ho già ricordato precedentemente (cfr. supra, I.1), nessun modello può considerarsi adeguato se non è in grado di spiegare i comportamenti osservati nei pazienti con un danno cerebrale. Questo ha fatto sì che lo studio di soggetti con particolari alterazioni della memoria (così come di altre funzioni cognitive) abbia permesso un notevole progresso per elaborare teorie sul normale funzionamento.
Cercherò quindi di descrivere, nel modo più semplice possibile, una serie di pazienti, in maggior parte osservati da me, ma anche alcuni famosi nella letteratura neuropsicologica, per dare ragione delle teorie fino ad ora esposte.
II.2. HM: la vita è solo presente
Le temps perdu, devant quoi les efforts de ma mémoire et de mon intelligence échouaient toujours. (Marcel Proust, Le temps retrouvé)
Uno dei pazienti più famosi in neuropsicologia è HM (ScoÂville e Milner, 1957). Nel 1953 questo paziente, che allora aveva 27 anni, fu operato per un’epilessia resistente ai farmaci. A 7 anni HM era caduto dalla bicicletta ed era rimasto privo di coscienza per circa 5 minuti. Non esistevano allora gli strumenti sofisticati di cui disponiamo adesso e quindi non si poté individuare che cosa fosse esattamente successo nella testa di HM. A 10 anni comparve il primo attacco epilettico, ma la prima crisi di grande male (cioè contrazioni a tutto il corpo, seguite da irrigidimento con perdita di coscienza) si verificò a 16 anni. A quell’epoca il paziente aveva lasciato la scuola e soffriva di circa 10 attacchi di piccolo male (brevi perdite di coscienza) al giorno e di una crisi di grande male alla settimana. La qualità della vita si era deteriorata a tal punto che sia i medici che i genitori decisero che solo l’intervento chirurgico poteva migliorare la situazione. A quel tempo, purtroppo, non si conosceva ancora il ruolo dell’ippocampo nella memoria e così durante l’intervento furono rimossi quasi interamente entrambi i lobi temporali mediali. In realtà erano già stati eseguiti interventi simili (anche se non così estesi), dallo stesso chirurgo, su pazienti psicotici per ridurre i loro problemi mentali, ma, dato che il comportamento degli psicotici era gravemente disturbato, non si era rilevata l’amnesia (che per altro, ad un esame successivo nei pazienti collaboranti, non si mostrò così marcata come in HM). Le crisi epilettiche di HM si ridussero drasticamente, ma la qualità della vita non risultò certo migliorata, dato che il paziente si risvegliò con la più grave amnesia mai descritta. Appena operato, fu subito evidente il guaio combinato: il paziente non riconosceva il personale medico che vedeva regolarmente e dimenticava cosa aveva appena mangiato. Oltre ad una grave amnesia anterograda, il paziente non ricordava gli eventi che avevano preceduto di alcuni anni la sua operazione. Un episodio rilevante riguardava un suo zio, al quale era molto legato, deceduto tre anni prima dell’intervento. HM non ne ricordava la morte e, quando qualche familiare lo informava (o meglio tentava di farglielo ricordare), scoppiava a piangere. Dopo pochi minuti, tuttavia, malgrado il forte contenuto emotivo dell’informazione, HM dimenticava l’accaduto e, se qualcuno nuovamente gli riferiva della morte dello zio, scoppiava ancora in un pianto dirotto. Ricordava solo episodi avvenuti prima del sedicesimo compleanno, soprattutto le esperienze dell’infanzia. Non riconosceva e non riconosce tuttora le sue fotografie, perché è convinto di avere un’età molto inferiore a quella anagrafica. Anche a distanza di anni dall’intervento il paziente non ricorda dove vive, chi si prende cura di lui, o dove cena. Sono citati due fatti miracolosamente appresi: anche se ignora totalmente cosa sia stato il Watergate, ricorda il nome del giornalista che leggeva le notizie e anche il nomignolo che un personaggio televisivo attribuiva al proprio figlio. Il quoziente intellettivo, le abilità percettive e il linguaggio, come dev’essere in un’amnesia globale pura, rimasero assolutamente invariati, malgrado HM fosse incapace di ricordare quanto gli capitava. Secondo la sua stessa descrizione, «ogni giorno è unico in sé, qualunque gioia io abbia e qualsiasi dolore io abbia [...] Ho fatto qualcosa o detto qualcosa di sbagliato? Vede, in questo momento ogni cosa mi è chiara, ma che cosa è appena successo? Questo è quello che mi preoccupa. È come svegliarsi da un sogno; io proprio non ricordo» (Milner, 1970). Tale descrizione ci mostra che il paziente non è anosognosico (cfr. supra, I.5.5). Un vantaggio è che HM non si annoia mai: può rileggere la stessa rivista o ridere delle stesse storie, come se fosse sempre la prima volta che le ascolta e soprattutto può essere sottoposto a migliaia di prove di memoria, di cui non si lamenterà mai, dal momento che non ricorda.
Vediamo cosa risulta dalla valutazione globale della memoria. Come ci si poteva aspettare, la memoria a breve termine è normale, ma basta incrementare di uno le sequenze di cifre o le sequenze spaziali che il paziente è in grado di ripetere, perché la prestazione si deteriori. Nell’apprendimento di liste di parole o di percorsi o nella copia ritardata di figure complesse (si mostra una figura e dopo qualche minuto si chiede di riprodurla), l’oblio del materiale è totale, al punto di non ricordare nemmeno che gli è stato presentato qualcosa. La ripetizione costante può mantenere l’informazione nella sua memoria a breve termine, ma non ha effetti a lungo termine: se il paziente si distrae per un attimo, per quanto abbia ripetuto incessantemente fino a pochi secondi prima, dimentica completamente qualunque cosa. Abbiamo detto che nell’amnesia globale la memoria semantica è risparmiata, però ho già accennato al fatto che gli amnesici non riescono ad apprendere parole nuove, perché sarebbe richiesta, per questo compito, l’integrità della memoria episodica. Il vocabolario di HM è quello di quando è stato operato e non aumenta; le uniche parole introdotte dopo l’intervento sono «ayatollah» e «rock’Ân’roll». Qualsiasi tentativo di apprendere il significato di altre parole, come «biodegradabile», è fallito: «biodegradabile», secondo HM, significa «due gradi». Addirittura, presentando parole nuove reali o inventate, il paziente non distingue quali siano quelle vere. Invece la memoria procedurale motoria è preservata e, nel compito di disegno allo specchio, citato nel capitolo sulla memoria implicita, HM mostra un netto miglioramento con la pratica. Ovviamente HM nega di aver svolto il compito in precedenza. Questa non è l’unica forma di memoria implicita preservata. In prove percettive si evidenzia un apprendimento, ad esempio mostrando un’immagine incompleta e poi aumentando progressivamente i dettagli, fino a che la persona riconosce di cosa si tratti. Testando nuovamente un soggetto a distanza di tempo, si vede se vi è stata ritenzione. Si presentano immagini molto incomplete, e si osserva a che punto il soggetto è in grado di riconoscerle. Un amnesico non riconoscerà come già presentate queste figure, però le identificherà più rapidamente, quando sono ancora largamente incomplete. In questo modo si comportava HM, che conservava il miglioramento anche a distanza, perfino dopo alcuni mesi, pur negando di avere visto le figure prima di quel momento. Anche nella prova di condizionamento con il soffio d’aria che provoca l’ammiccamento (cfr. supra, I.10.1) acquisiva la risposta classica, ma non ricordava il ricercatore né l’apparato.
HM è ancora oggetto di studio, oggi vive in una casa di cura, dove lo accudiscono e da dove non ha mai imparato a spostarsi. I medici che per anni lo hanno seguito devono ogni volta presentarsi, come se fosse la prima volta che si incontrano. La letteratura neuropsicologica pullula di esperimenti eseguiti su HM, al quale noi tutti dobbiamo essere grati per le conoscenze che ci ha fornito sull’anatomia e il funzionamento della memoria e a cui devono essere grati tutti i pazienti che hanno evitato un’asportazione bilaterale dell’ippocampo dopo la sua drammatica esperienza.
II.3. Il fioretto, il cardiopatico e Consuelo
Tu non ricordi; altro tempo frastorna la tua memoria. (Eugenio Montale, La casa dei doganieri)
Sono stati descritti numerosi altri amnesici, oltre al precedente. Ciascuno è stato segnalato per un motivo diverso: o perché il paziente era diventato amnesico dopo una lesione insolita, o perché l’amnesia aveva connotati particolari. Ad esempio, nel 1959, uno stupidissimo incidente di cui fu vittima un operatore radar dell’aeronautica degli Stati Uniti causò un quadro conclamato di amnesia, che fece luce su una delle strutture coinvolte nell’immagazzinamento dei ricordi. Il giovane, in caserma, stava costruendo un modellino, quando un compagno di camerata si mise a giocare con un fioretto. Malauguratamente il giovane si voltò in modo improvviso e fu trafitto dal fioretto che, entrando dalla narice destra, perforò il cervello. In seguito a tale incidente, la memoria episodica risultò compromessa, mentre intelligenza e memoria a breve termine rimasero normali. L’amnesia anterograda era piuttosto grave e il paziente non acquisiva alcuna nuova informazione, al punto che, se un programma televisivo era interrotto dalla pubblicità , dimenticava quanto era successo prima dell’interruzione; l’amnesia retrograda riguardava soltanto i due anni precedenti l’incidente. Quindi il quadro era assolutamente analogo a quello di un’amnesia causata da lesione temporale mediale. Ad anni di distanza, quando si rese disponibile la TAC encefalo, in questo paziente si è evidenziata una lesione del talamo dorsomediale.
Un altro caso singolare è quello di un uomo operato di by-pass coronarico. A dispetto dei telefilm statunitensi, anche in quel paese si verificano complicazioni post-intervento come nei nostri meno rinomati ospedali pubblici. Il malato, durante la notte successiva all’intervento, ebbe una fissurazione ventricolare e perse quasi un litro di sangue in meno di due minuti. La pressione scese a 40 mm e il paziente fu sottoposto a massaggio cardiaco e ad intervento chirurgico. La fissurazione fu riparata, ma nel frattempo il malato aveva perso circa 5000 cc di sangue. Dopo una serie di altri guai di vario tipo (nuovo sanguinamento, aritmie, arresto respiratorio) fu trasferito in un reparto di medicina ed i neurologi trovarono una netta compromissione della memoria. Evidentemente la perdita di sangue aveva provocato un’insufficiente vascolarizzazione e quindi ossigenazione nelle aree deputate alla memoria, che avevano sofferto in modo irreversibile. Il paziente fu testato per 5 anni da Zola-Morgan e collaboratori (1986), fino a quando morì per un arresto cardiaco fatale. Il cervello del paziente fu esaminato e fu trovata una lesione circoscritta dell’ippocampo. Questo paziente è citato come un caso praticamente puro di amnesia anterograda, nel senso che i deficit retrogradi erano minimi, a detta degli esaminatori. Questo risultato testimonierebbe il ruolo dell’ippocampo nell’immagazzinamento di nuovi ricordi, ma non nel deposito e nella rievocazione di vecchi ricordi. In realtà , guardando con attenzione i risultati riportati ai test, si osserva che il paziente forniva solo scarsissimi dettagli nella rievocazione di eventi verificatisi 5-6 anni prima del suo intervento, né riconosceva programmi televisivi che erano stati trasmessi in quello stesso periodo. Tuttavia, questo caso è citato a sostegno dell’ipotesi classica di cui ho parlato nel capitolo sulla memoria anterograda (cfr. supra, I.7.3).
Da ultimo desidero raccontare la storia di una paziente che ho studiato insieme con una mia collega. Il motivo per cui l’abbiamo ritenuta degna di nota riguarda sia la sede lesionale che la peculiarità del disturbo. Questa signora, che chiamerò Consuelo (anche se in realtà Consuelo era il nome che la paziente attribuiva a me), era stata operata di un tumore relativamente benigno, un subependimoma, sviluppatosi all’interno di un ventricolo, cioè di una cavità del cervello. Subito dopo l’intervento, conclusosi brillantemente, il neurochirurgo si rivolse a noi esterrefatto: la paziente ripeteva le stesse domande, aveva un atteggiamento disinibito, raccontava cose mai esistite, non riconosceva i medici del reparto e le altre pazienti ricoverate, senza contare che faceva un’enorme confusione nell’attribuire la corretta identità ai visitatori sia suoi, sia delle altre pazienti. Era inoltre gravemente disorientata nel tempo e nello spazio. Ricordo che però la signora commetteva errori costanti. Ad esempio, interrogata su che giorno fosse, rispondeva ogni volta «non sono mica i giorni della merla?». Non so se sia un’espressione solo lombarda, ma «i giorni della merla» sono gli ultimi tre giorni del mese di gennaio. In realtà in quel periodo eravamo nella seconda metà di febbraio. Allo stesso modo non ricordava mai il mio nome né quello della mia collega, anche se glielo ripetevamo ad ogni nostra visita. Anche in questo caso la risposta era sempre la stessa. A me rispondeva che, le pareva, io avessi un nome originale: che fosse Consuelo? Mai, nei mesi durante i quali la testai, la paziente ricordò il nome corretto o ne produsse uno diverso da Consuelo. Per quanto riguarda la mia collega, ogni volta che ne sentiva il nome, la paziente ironizzava sul fatto che il suo doveva essere un nome d’arte, perché breve e semplice, anche se, di fatto, non fu mai in grado una sola volta di rievocarlo. Infine, un’altra frase che ripeteva costantemente era un commento poco lusinghiero su di un medico. Il medico in questione non godeva della sua simpatia e, posso confermare, ad una conoscenza superficiale questo era assolutamente condivisibile. Di conseguenza, ogni volta che lo vedeva passare, la signora Consuelo si rivolgeva a me, dicendo «quel medico mi sta sulle scatole» e, siccome una volta le confessai che condividevo la sua antipatia, mi avvertì che glielo avrebbe riferito. Nessun problema perché dopo pochi minuti aveva già dimenticato ogni cosa! I test di memoria condotti su di lei erano fallimentari; non ricordava, da un giorno all’altro, di essere stata sottoposta ad alcuna valutazione. Non era in grado di riferire nessun altro esame eseguito durante la giornata, benché questi fossero rilevanti e avessero richiesto lo spostamento della paziente in una sede diversa dal suo reparto. Anche la memoria retrograda era compromessa, a tal punto che il papa in carica era considerato Paolo VI e il presidente della repubblica Leone (era il 1988). La memoria autobiografica era pure gravemente compromessa: non ricordava nulla degli ultimi mesi e del suo passato ricordava solo due eventi emotivamente rilevanti, di cui uno personale e l’altro relativo ad un bambino che viveva vicino a lei e che aveva perso un occhio in un incidente. Per il resto l’esame neuropsicologico era assolutamente normale, come deve essere perché si possa parlare di amnesia globale pura: il linguaggio era preservato, l’intelligenza era particolarmente brillante e non vi erano deficit nell’utilizzazione degli oggetti. Un altro sintomo che creò nel reparto non pochi problemi erano le sue confabulazioni. La signora Consuelo aveva deciso che il marito della sua vicina di letto era stato il suo fidanzato in gioventù, ma evidentemente la passione non si era spenta, perché ogni volta che il povero consorte veniva a trovarla, lo ignorava, mentre si gettava al collo del marito della vicina, la quale non gradiva assolutamente queste effusioni. Dato che nessuna delle strutture solitamente implicate nell’amnesia era danneggiata, si concluse che il problema derivasse dal tragitto seguito dai chirurghi per accedere a quella cavità . In particolare si erano sezionate delle strutture lungo la linea mediana che sembrano in relazione ai contenuti emotivi dei ricordi (per completezza dirò che si chiamano nuclei del setto). In effetti l’atteggiamento ridanciano e disinibito della paziente, malgrado i suoi guai, era un altro elemento che colpiva.
Ho casualmente rivisto la signora dopo circa sei anni dall’intervento (Papagno, 1995). Era lievemente disorientata nel tempo, ma non presentava serie difficoltà nella vita di tutti i giorni (arrivò da sola all’appuntamento), tuttavia riferiva di scriversi quello che doveva fare (appuntamenti, cose da acquistare, telefonate) e non usciva in genere da sola perché non era sicura di ritrovare la strada (era arrivata in taxi e con il taxi intendeva ritornare a casa). Il suo problema era che, sebbene ricordasse sempre di avere qualcosa da fare, poi non ricordava cosa. Quando le era stato detto che doveva incontrare una dottoressa che l’aveva esaminata nel 1988, si era ricordata che due medici, donne, l’avevano testata più volte dopo l’intervento, ma non ricordava i loro nomi né i loro volti. Durante la conversazione, se era interrotta, dimenticava subito l’argomento; per altro ripeteva sempre il racconto di due vicende, cioè un serio problema di salute del marito e la nuova professione della figlia, di cui era molto orgogliosa. Sottoposta agli stessi test di sei anni prima e ad altri nuovi, riconobbe quelli che già conosceva, ma la sua prestazione fu comunque al di sotto della norma. In particolare, la signora Consuelo fece ancora gli stessi commenti che le avevo senti...
Indice dei contenuti
- Introduzione
- I. L’architettura della memoria
- II. La patologia della memoria
- Epilogo
- Ringraziamenti
- Bibliografia
- Glossario dei termini essenziali