L'esperimento
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L'esperimento

Inchiesta sul Movimento 5 Stelle

  1. 248 pagine
  2. Italian
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L'esperimento

Inchiesta sul Movimento 5 Stelle

Informazioni su questo libro

Un movimento partito dalla democrazia dal basso, ma controllato in realtà da una srl dall'alto; nato sul mito della rivolta di popolo contro il sistema e finito a incontrare lobby e costruire reti di potere; un movimento che è passato dal tifare per le Pussy Riots a incontrare gli emissari di Vladimir Putin. Un esperimento che costruisce e organizza il consenso usando le reti.

È questa duplicità che bisogna spiegare per raccontare la vera storia del Movimento 5 Stelle.

A questo esperimento Casaleggio lavorava fin dalla fine degli anni Novanta, quando – amministratore di Webegg – cominciò a testare nei forum intranet dell'azienda i meccanismi di formazione e produzione del consenso attraverso le reti. Ma quello era solo l'inizio. L'esperimento si sviluppa attorno a un nocciolo: propaganda, propaganda, propaganda. Sociale, pianificata, centralizzata, virale. Testi e scaletta dei Vday (gli eventi che rappresentano di fatto l'antecedente storico del Movimento) sono già coordinati da due dipendenti della Casaleggio. Grillo è l'innesco per far evolvere l'esperimento a un livello superiore: è il frontman, l'uomo del consenso elettorale che può coagulare e incarnare un sentimento di rivolta contro il sistema, ormai fortissimo nella società.

In questa prima stagione il Movimento predica alcune cose con integralismo militare: il rifiuto assoluto di comparire nella tv italiana, la promessa di dimezzare lo stipendio ai suoi futuri politici e di vivere secondo uno stile di vita francescano, la posizione contro l'euro e lo scetticismo verso l'Unione europea. Al contrario, promette la democrazia attraverso Internet ed esalta la meritocrazia, denunciando la piaga dei tanti ragazzi italiani costretti a cercare fortuna all'estero.

Per ognuno di questi cavalli di battaglia emergerà lo scollamento tra come il Movimento si è proposto inizialmente a elettori e attivisti e quel che realmente ha fatto sino a oggi.

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Informazioni

eBook ISBN
9788858131701
Argomento
Economia

1.
L’esperimento

Cominciò tutto con un esperimento. Condotto per lo più a Bologna, ma anche nelle sedi di Torino e Milano, tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio. In una piccola azienda di ricerca, sviluppo tecnologico e consulenza informatica chiamata Webegg, un team ristretto di lavoro composto da informatici, ingegneri, manager, inizia a sperimentare alcune tecniche di formazione e distribuzione del consenso all’interno dei gruppi intranet aziendali. Un’azienda piccola, ma strategica: nata da una joint venture tra l’inglese Logica e la Finsiel, di lì a breve Webegg verrà assorbita in Olivetti, poi Telecom Italia.
L’uomo che guida quel team – un perito informatico, ex studente non laureato di fisica all’Università, diventato programmatore e analista, e poi amministratore delegato di quell’impresa – si chiama Gianroberto Casaleggio. Ufficialmente, il suo gruppo sta valutando in che modo le imprese italiane testate si servono di quell’abbozzo di social network che sono le reti aziendali alla fine degli anni novanta. Nel documento finale di una ricerca sulle intranet italiane realizzata nel 2002 da Webegg e dal Politecnico di Milano, Casaleggio osserva che la rilevanza strategica delle intranet in quel momento è bassa per investimenti, che i sistemi di governance quasi non coinvolgono i top manager, e che anche la misurazione degli effetti delle reti sulle prestazioni dei dipendenti è insufficiente. Dopo aver studiato trentuno intranet aziendali diverse, Casaleggio osserva quindi che la maggior parte di esse sono reti «istituzionali», usate per mere comunicazioni interne e di servizio. Poi ci sono le intranet «operative», che servono a sostenere il business e le vendite. Infine, ma sono una strettissima minoranza – nota il futuro fondatore del Movimento 5 Stelle –, vengono catalogate le intranet che hanno come focus «la gestione della conoscenza». Si tratta di reti centrate sul concetto di «community», spiega Casaleggio, ossia network che stabiliscono delle comunità. Influenzano. Guidano le menti. Creano comunità, dicevamo, ma hanno già definito – a monte – chi è che stabilisce i confini e il funzionamento di quelle comunità. Comunità organizzate dall’alto.
In Webegg il team di lavoro ristretto sul forum del network interno è costituito da cinque persone, in quegli anni. Solo cinque, che vedono dunque come lavora, cosa pensa, quali sono gli obiettivi della sperimentazione di Casaleggio. Uno di loro è un giovanissimo ingegnere bolognese. Si chiama Carlo Baffè, e si è laureato da poco a pieni voti in ingegneria elettronica. Dev’essere curioso, per un giovane di quell’età, trovarsi a vivere un’esperienza sperimentale così singolare, a ripercorrerla oggi con gli occhi dell’Italia del 2017. Ma non è un’eccezione. Casaleggio ama i giovani. Tende a pagarli tanto. Affida loro delle responsabilità – il primo motto aziendale è «empowerment», responsabilizzazione. È convinto che in questo modo quei ragazzini diventino dei fedeli, i suoi primi fedeli. Baffè si rivelerà in verità un giovane un po’ singolare. Uno dei pochi, di quel gruppo ristretto, che non seguirà Gianroberto nella Casaleggio Associati, la piccola srl che l’ex ad fonderà nel 2004, alla fine della parabola di Webegg. Ma ora, nel 1997, i due si conoscono e si prendono. O meglio, nella primavera del ’97 è Casaleggio che prende Baffè. Quel manager quarantatreenne dai lunghi e curiosi capelli ricci da hippie, ma sempre in giacca e cravatta, è l’amministratore delegato di Logicasiel. Si tratta di una joint venture fra Logica plc, la multinazionale di servizi informatici, con quartier generale nel Regno Unito e storici legami di collaborazione con il governo e il ministero dell’Interno britannico, e Finsiel – una galassia di aziende miste pubblico-private, anche queste di servizi informatici. Con l’uscita di Logica plc, e l’ingresso di altri azionisti italiani (della galassia Olivetti-Telecom), l’azienda cambia nome in Webegg. Come scriverà il «Guardian» nel 2013, in uno dei rari colloqui concessi da Gianroberto all’inizio dell’anno del boom elettorale alle elezioni politiche, con informazioni mai contestate dall’interessato, «Casaleggio [prima di guidare Webegg] è stato a lungo il capo delle operazioni italiane della britannica Logica». È proprio Casaleggio a raccontare all’autore dell’articolo, John Hooper, quel particolare illuminante della sua biografia, che lo lega in maniera così significativa al mondo inglese.
Ma cosa significa esattamente essere «il capo delle operazioni italiane della britannica Logica»? Casaleggio rispondeva alla parte italiana o a quella inglese dell’azienda? È una domanda fondamentale. Abbiamo rintracciato tutto il management di Logica dell’epoca, e l’abbiamo girata ai suoi titolari. Andrew Karney era il direttore responsabile di Logica per la joint venture tra Logica e Finsiel: «Roberto lavorava per Logicasiel, ed era diventato a quel tempo responsabile per alcune delle operazioni. Il mio collega Sandy Christie era l’uomo di Logica che lavorava full time in Italia per Logicasiel, come direttore. Lui conosceva Roberto molto bene». È dunque a lui che bisogna porre la questione: Casaleggio riferiva alla parte italiana dell’azienda o agli inglesi? Alexander «Sandy» Christie lavora ancora adesso con l’Italia, per la società Ingegneria dei Sistemi, a Pisa. Si tratta di un’azienda, registrata in Inghilterra, che si occupa di gestione del traffico aereo, sistemi di volo senza pilota, avionica, ingegneria elettromagnetica, ma anche sistemi di sicurezza avanzata. Christie dal 1985 al 1994 è stato membro del board di Logica, e ci svela così il primo particolare fondamentale, inedito in Italia, della sua testimonianza: «Per un certo tempo fui general manager di Logica residente a Milano; e in quel tempo Roberto riportava a me». Casaleggio riportava a Christie, dunque agli inglesi.
Logica, che oggi non esiste più in quanto tale, è stata comprata da una società canadese, «come parte della sua espansione nel 1985 comprò una quota del 49% di General Systems, una società che aveva il quartier generale a Torino, e uffici a Ivrea e Milano. L’altro azionista della joint venture era Data Management, una sussidiaria del Credito Italiano». La società fu ribattezzata Logica General Systems (LGS) e cominciò a occuparsi di sviluppo di sistemi nel mercato italiano. Negli anni novanta la quota di Data Management fu venduta a Finsiel, e la società LGS fu rinominata Logicasiel. La testimonianza prosegue indicando snodi organizzativi cruciali: «Roberto aveva la responsabilità dell’ufficio di Ivrea di General Systems quando noi comprammo la quota azionaria. Quell’ufficio in quel momento lavorava quasi integralmente a produrre software per la Olivetti. Noi allargammo le sue responsabilità, e Roberto prese la responsabilità di sviluppare una serie di sistemi per le banche, specialmente fuori Torino; quindi assunse la responsabilità della divisione Finanza. Continuò ad avanzare, e alla fine assunse la responsabilità dell’intera attività dell’azienda, ma questo solo dopo il 1994, quando io avevo già lasciato».
Chi comandava in questa joint venture, gli italiani o gli inglesi? Christie risponde in modo inequivocabile, fornendo il secondo punto chiave del suo racconto: «La società [LGS, poi Logicasiel] era in realtà trattata da Logica come se fosse la sussidiaria di Logica in Italia. Del resto l’accordo di joint venture specificava che doveva essere così». Comandavano gli inglesi, e a loro si rispondeva gerarchicamente e si riportava.
Cosa erano, allora, le «operazioni italiane»? Il manager inglese lo spiega così: «La società si occupava di sviluppo di sistemi per alcuni grandi soggetti, banche, Fiat, altre aziende industriali, più una piccola parte di lavoro per il governo. Oltre al lavoro sui sistemi, il gruppo di Roberto negli anni iniziali fu coinvolto nello sviluppo dei sistemi di messaggeria, e nei sistemi di supporto al trading per le banche». Messaggi, reti, sistemi, commercio. C’è tutto il futuro del Movimento 5 Stelle, a pensarci adesso. Lo scambio – sebbene concepito da Logica come parte di una società sussidiaria, ossia governato dagli inglesi – era intenso: «Logica all’epoca del progetto italiano incoraggiò manager inglesi a trasferirsi in Italia, come parte del trasferimento di know how. Un certo numero di inglesi andò in Italia, e finì col riportare a Roberto».
Logica aveva in quel periodo progetti o collaborazioni col governo inglese? È il terzo punto cruciale che questo racconto illumina: «Logica ha svolto nel Regno Unito un vasto lavoro per il governo», risponde Christie. Anche se «quando fui io alla guida, LGS non svolse lavori per il governo britannico».
Quanto al rapporto con la politica, l’immagine è molto diversa da quella che si sarebbe formata in epoca M5S. Casaleggio, ricorda Christie non senza affetto, «era un manager capace, ambizioso, ma in maniera ragionevole, che fece buoni progressi in azienda e lavorò bene per conto della società. Confesso di esser rimasto assai stupito nel vederlo emergere come figura di spicco politica, perché non manifestò mai un interesse in quel senso, anche se potrebbe essere un limite mio il non essermene accorto. Era un collega piacevole. Credo fosse un uomo molto attaccato alla famiglia, e rimase strettamente ancorato, con la sua famiglia, a Ivrea».
Il racconto di Christie va intrecciato con quello di un altro testimone speciale dei fatti dell’epoca. Alberto Peano, un elegante ingegnere torinese allora presidente di Logicasiel, oggi pensionato, ci racconta, accomodati nella sua bella casa in Crocetta a un passo dal Politecnico: «C’era un’integrazione abbastanza stretta, un coordinamento, con gli inglesi, sì. E anche un certo interscambio di persone, abbiamo avuto parecchi inglesi a rinfoltire i nostri quadri. General Systems era stata messa su dal Gruppo Finanziario Tessile, poi Facis, perché avevano dei problemi a gestire il personale tessile informatico. Li avevano scorporati, e avevano messo in piedi questo gruppo. In seguito il Gruppo Finanziario Tessile era stato rilevato da un altro gruppo, il gruppo Soi, che faceva capo all’ingegner Luigi Viglino, e si occupava di consulenze di organizzazione di direzione aziendale. A un certo punto Viglino aveva avuto delle proposte di rilevare General Systems da parte di Data Management, alla fine degli anni sessanta, e la cosa era andata avanti. Io ero rimasto a cavallo delle due società, perché Viglino era ancora dentro la cosa, io ero una specie di suo rappresentante in azienda e continuavo a seguire sia General Systems sia altre attività per conto di Soi. Poi si è fatta sotto Logica, e a quel punto Viglino si è fatto da parte». Era il 1985. Dieci anni prima, il 1975, è il momento in cui viene costituito il gruppo di Ivrea; quello in cui inizia Gianroberto Casaleggio. Composto da circa trentacinque persone, racconta Peano, a un certo punto il gruppo venne elevato al rango di sede separata, competente per problemi di tipo sistemistico.
«Roberto era una persona particolarmente sveglia e, come dire, autorevole, e divenne così il responsabile della sede di Ivrea. Portava una grande massa di capelli già allora, gli occhialini, era molto magro, credo che il suo riferimento estetico allora fosse un po’ John Lennon. Ma poi era un uomo precisissimo, sempre di corsa, concentrato, attento a non sprecare tempo. La sua passione erano i sistemi; non mi sono mai accorto che avesse altre passioni. Non ha mai parlato di politica, neanche di filosofia politica. Era difficile andare oltre il rapporto di lavoro, con lui, forse anche per ragioni anagrafiche, io ero molto più anziano, ed ero il capo. Poi gli affidammo la responsabilità anche della sezione Finanza dell’azienda. C’erano allora dei grossi cervelli, nel gruppo sistemistico di Ivrea, soprattutto un ingegnere cinese che era il vero genio del gruppo, poi morto in un incidente stradale. Da lì iniziarono i problemi del gruppo. Oltre al fatto che occorrevano sempre più investimenti, di una portata che non ci potevamo permettere in Italia. In ogni caso, proprio per la vicinanza in azienda tra la sezione sviluppo dei sistemi e la finanza, a un certo punto Casaleggio non era più soltanto l’uomo di Ivrea e della Olivetti, ma l’uomo della finanza».
Peano racconta ancora, senza girarci intorno, un punto chiave, riguardante i rapporti coi governi di queste operazioni industriali: «In Italia abbiamo lavorato pochissimo per il governo. In Inghilterra Logica lo ha fatto molto di più: aveva collaborato con l’intelligence britannica, aveva sviluppato per esempio un sistema di controllo e utilizzo delle impronte digitali, sistema che abbiamo provato a spingere anche noi di Logicasiel, ma in Italia purtroppo il sistema pubblico era, di fatto, tutto sotto il controllo di Finsiel-Italsiel. Però con Logica abbiamo partecipato a progetti in ambito europeo; per esempio in attività spaziali, con l’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea». Peano ricorda un dettaglio che aiuta a capire: «Quando parlavo con Logica, gli inglesi mi dicevano: ‘Ma perché non lavorate col governo?’. A Logica non lo capivano. Noi di Logicasiel abbiamo cercato di farlo col governo italiano in ambito spaziale, trovando fortissime resistenze. A livello europeo le cose sono andate meglio, e siamo riusciti a fare diversi progetti».
I sistemi e le reti erano ciò che più interessava Casaleggio, questo laconico John Lennon alla guida del team di Ivrea, nelle parole di Peano: «Sicuramente Casaleggio ha applicato, in maniera molto intelligente, i suoi esperimenti sulle reti alla società e alla politica. Una cosa che allora nessuno poteva immaginare. Era sempre molto difficile capire quanto fosse utopico, e quanto traducibile in un business, nei suoi esperimenti. Era certamente persona molto seria, molto stimata da chi lavorava con lui, certamente non uno sbruffone. Non sempre facile da capire, non perché parlasse complicato, ma perché diceva poco. Magari la sensazione, a quell’epoca, era che avesse qualche limitazione di carattere commerciale».
È con questo articolato retroterra – culturale, ambientale, di relazioni – che questo manager giovane e dall’aspetto quasi hippie, ma con una storia già così interessante, inizia l’avventura in Webegg. Anche qui, reti, sistemi di messaggeria, network. «Io», racconta Carlo Baffè, «fui assunto fresco di laurea in ingegneria elettronica e lavorai in Logicasiel/Webegg dal 1997 fino alla fine di maggio del duemila. Quell’azienda si occupava di progetti informatici e di consulenza: strategia IT, processi, organizzazione, qualità. E fu, ai tempi, fra le prime a fare progetti innovativi ‘con Internet’ per i propri clienti. Queste innovazioni, che allora erano roba nuova, prima venivano sperimentate in casa. Uno di quegli esperimenti fu la ‘Intranet aziendale’».
Qui dobbiamo fare un piccolo salto all’indietro usando una forzatura da macchina del tempo. Alla fine degli anni novanta tutto questo, che ora probabilmente ci appare ovvio, è sostanzialmente sconosciuto alla società e al dibattito pubblico italiano: figurarsi alla politica. Il 1998, per capirci, è l’epoca in cui la sinistra italiana si dibatte e litiga sull’interventismo democratico del governo di Massimo D’Alema in Kosovo, l’Ulivo ammazzato nella culla dal dietrofront di Fausto Bertinotti, con D’Alema e Francesco Cossiga sullo sfondo. Il centrodestra è nelle mani dell’alleanza tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, che s’è sfasciata dopo pochi mesi nel 1994, ma nel 2001 tornerà a riprendersi l’Italia. Nessuno di questi soggetti ha la minima idea di cosa stia avvenendo nel mondo delle reti.
Tuttavia le sperimentazioni di ingegneria sui network non sono particolarmente visibili neanche nella parte pubblica della discussione sulle aziende mondiali, o su ciò che ne arriva sui media mainstream italiani. Microsoft è stata fondata nel 1975, ma in quel momento appare ancora un’azienda pesante, a chi se ne occupa superficialmente, cioè un’azienda che ha il suo core business nel concetto di sistema operativo, più che nella possibilità interattiva. Il World Wide Web nasce nel 1991. Google è invece una neonata nel 1997, essendo apparsa solo pochi mesi prima. Facebook arriverà molto dopo, nel 2004, e Twitter nel 2006.
È insomma coeva alla nascita di Google la stagione dell’esperimento di Casaleggio sulle teste, e la psicologia cognitiva, dei gruppi di dipendenti di Webegg. Quel taciturno informatico, cresciuto alla Olivetti, sa già che in ambiente militare si stanno testando da un po’ le possibilità di sviluppo civili e commerciali dei network, e della relativa scienza delle reti? O non ci pensa così compiutamente, nel momento in cui avviene l’esperimento? O magari è solo un precursore dotato di intuizione, e spregiudicatezza, delle possibilità di applicazione e gestione dei network a strutture sociali anche molto complesse, più complesse di una semplice azienda?
Quello che sappiamo è che è proprio lui a scegliersi il suo team, e a coinvolgere direttamente Baffè, stabilendo un rapporto che nel tempo ripeterà con altri, di maestro e allievo. «Una delle cose più interessanti di quella azienda era che il processo di selezione era durissimo, ma poi anche i più giovani erano coinvolti in iniziative interessanti a diretto contatto con gli executive. Ci vedevamo in una riunione ristretta, un gruppo di cinque o sei persone, per decidere ‘cosa lanciare sulla Intranet’, per usare un’espressione di Roberto». In quel gruppo c’era anche Mario Bucchich, che poi lo avrebbe seguito nella Casaleggio Associati. Prove di marketing virale si fondono a quelli che sono, di fatto, test di psicologia per valutare i meccanismi cognitivi del gruppo e dei suoi componenti.
I test sul corpo sociale dell’azienda iniziano «con il banalissimo forum della Intranet aziendale», racconta Baffè. «A quei tempi, nel 1998, i forum/newsgroup pubblici su Internet erano usati per discutere apertamente di qualsiasi argomento, avevano dei moderatori, per evitare discussioni fuori tema o insulti, eccetera, e se ne servivano più che altro gli esperti dello strumento, non tutti». In un momento che è possibile datare in quell’anno, racconta l’allora giovane ingegnere bolognese, «si iniziò in Webegg a usare il forum per far passare certe posizioni di Roberto come se fossero frutto di una discussione democratica». Vale la pena ascoltare la narrazione di questo eccezionale testimone oculare, fino a quest’anno mai apparso in pubblico: «Il metodo, organizzato in queste riunioni, era il seguente: un membro del gruppo funzionale Intranet lancia la discussione su un tema, un altro membro risponde con una posizione contrastante, poi altri due membri prendono le parti del primo. Un po’ alla volta i normali dipendenti prendevano le parti del primo, e si creava quella che Roberto chiamava la ‘valanga del consenso’». Ogni tanto venivano inseriti nel forum rotture, o rumori di fondo, o distorsioni pil...

Indice dei contenuti

  1. 1. L’esperimento
  2. 2. L’azienda-partito
  3. 3. La rivolta contro la casta
  4. 4. La tv
  5. 5. I francescani
  6. 6. Regole ed espulsioni
  7. 7. Farage. Tra Cambridge Analytica e Breitbart
  8. 8. L’oro nero: i dati
  9. 9. Scatole cinesi
  10. 10. Le competenze
  11. 11. Primarie-hacker
  12. 12. Vaccini. Grillo prima di Trump
  13. 13. Padre e figlio
  14. 14. Album di famiglia
  15. 15. La mappa del potere della Casaleggio Associati
  16. 16. In Vaticano
  17. 17. Le gemelle
  18. 18. La Russia
  19. 19. Cyberguerre
  20. 20. Tu sei rete
  21. Fonti e bibliografia