Ketamina
I
Fino a qualche anno prima del 2000, luglio per i ragazzi del bar significava campeggi. Campeggio ad Arezzo Wave, campeggio a Pelago, campeggio al Pistoia Blues, uno dopo l’altro. Una notte brava in tenda a ognuno dei tre festival, tra jambé, acidi e canne a migliaia. Adesso è diventato difficile anche solo portare il gruppo a bere in un pub, figuriamoci a pernottare sul terriccio brullo delle zone-campeggio dei festival musicali dell’estate toscana.
Èil diciotto luglio. Arezzo Wave e Pelago sono già passati, rimane solo Pistoia. Da quando è arrivato il caldo, a metà giugno, ciò che rimane del gruppo si è ritrovato al bar quasi ogni sera. Solo cinque o sei volte, sempre di venerdì o di sabato, sono riusciti a raggiungere una birreria. Mai una destinazione più impegnativa. Ogni serata se n’è andata tra una bevuta al bar, una partita a biliardino e un cannino nel cortile sul retro. Da quando Iacopo e il Mella sono spariti, nessuno più si interessa a eventuali feste, serate o concerti, ma il gruppo pare non patirne, come fosse un’involuzione naturale.
Il Malpa non ci sta. Seduto sul letto di camera, circondato da cimeli della sua adolescenza e da libri e dischi del suo presente, riflette corrucciato. Almeno a Pistoia, teatro di tante nottate memorabili, vuole andarci. Gli pare inammissibile saltare tutti e tre gli appuntamenti irrinunciabili di luglio. Ce l’ha soprattutto col Paride, con la sua pigrizia che fa sempre finire tutto. Si attacca al telefono. Sa che gli sms non sarebbero sufficienti.
“Ciao Paride, senti... Vieni al Pistoia Blues? Siamo già io, il Sasso, Sandrone, forse Iacopo, Mimmo...”
La tattica elaborata dal Malpa consiste nel dire a ognuno che tutti gli altri sono già d’accordo nel venire. Addirittura mette in mezzo anche Mimmo, che non esce con loro da anni.
“Boh. Se siamo tutti, anche sì...”
Il Malpa chiude la comunicazione e si riattacca velocissimo al telefono perché sa che il Paride chiamerà subito il Sasso e deve anticiparlo.
“Ciao Sasso, senti... Vieni al Pistoia Blues? Siamo già io, il Paride, Sandrone, Iacopo, Mimmo...”
“...”
“...c’è anche il Dimpe...”
Il Dimpe non esce mai con loro, sta sempre col gruppo dei Portici, ma dopo quella notte sul suo terrazzo, quando li incontra per caso, mostra un entusiasmo e un’affezione affatto particolari. È sempre stato considerato un “tranquillo”, ma nell’ultimo anno ha preso a uscire con questa Eleonora, una campagnola ravettara, e pare si faccia tutte le feste. Probabilmente al Blues ci sarebbero stati, e al Malpa sembra legittimo tirarlo dentro, tanto per far numero, che fa persuasione.
Il Malpa ripete l’operazione con Sandrone, al quale neanche chiede se Mimmo può essere interessato a venire, e perché no anche con Iacopo, che declina anche se dice che “se ci si fa, si passa” (“ci” significa “io e Serena”, oppure io e la tipa con cui la sto incornando al momento”, e in ogni caso significa: “non passiamo”).
Da un diario scolastico del ’94 ripesca anche il numero del Dimpe.
“Ciao Dimpe, sono Emiliano, il Malpa. Noi domani pensavamo di andare al Pistoia, tu passi?”
“Sì, partiamo oggi... Ma non staremo al campeggio, io e l’Ele andiamo direttamente alla festa che fanno a Casamarconi, i suoi amici hanno anche il sound...”
“Che festa? Un festa nel senso di un rave?”
“Chiaro.”
Il fatto che ci sia anche un rave party nella campagna circostante rende più realistica l’ipotesi di riuscire ad andare. Il Malpa saluta il Dimpe, promettendo di incontrarsi, e fa subito un altro giro di telefonate per informare tutti che non solo c’è il campeggio, ma anche una festa lì vicina – chiaro che i concerti, ovvero il festival vero e proprio, non rientrano nemmeno tra le possibili destinazioni di chi va al Pistoia Blues, e sì che quest’anno ci sono Ben Harper, Patti Smith e i Jethro Tull, nientemeno.
Alla fine riesce ad agganciare il Paride e Sandrone. Il Sasso esce con la tipa.
Essendo solo in tre è facile che di lì al giorno dopo salti tutto, invece il sabato il Malpa riscuote con enorme sollievo le conferme telefoniche dei due. Sono però necessari vari compromessi col Paride: innanzitutto non andranno in campeggio, “troppo sbattimento”. Quindi non arriveranno neanche nel pomeriggio, “impossibile stare sotto quel sole senza tenda”. A conti fatti il programma si riduce nel raggiungere il campeggio, comprare una bella varietà di droghe, far due canne e spostarsi verso questo famoso rave in campagna. Il Malpa, come sempre accade dalla scomparsa del Mella, è quello che prende la macchina. Alle sette parte per raccogliere gli altri due, alle nove hanno già parcheggiato.
“Iacopo alla fine non è venuto,” fa Sandrone dando un calcio a una bottiglia di Moretti.
“Iacopo non lo rivediamo più,” azzarda il Paride.
“Io l’ho incontrato l’altra sera, al bar, verso chiusura,” obietta il Malpa.
“Ma dai? Che ti ha detto?”
“Nulla di che. Aveva gli occhi truccati...”
“Gli occhi truccati?”
“Fammi finire. Si, aveva il mascara e la riga nera. Gli ho chiesto se andava a battere, mi ha detto che era con Silene, che si erano travestiti da dark.”
“O’ questa?”
“Ma che ne so. Lei gli ha sempre messo idee strane in testa. Tra l’altro neanche credevo che uscissero ancora insieme... Comunque ti dico una cosa, da quel poco che ho visto avrebbe fatto meglio a rimanere con quella Serena...”
“Sentite che casino,” li interrompe Sandrone: già dal viale si sentono i tuoni dei soundsystem. Una volta al massimo sentivi l’eco dei jambé. Il campeggio è affollatissimo e irriconoscibile. Lo popola una stirpe del tutto nuova di fricchettoni. Creste di rasta, cani e piercing dominano. Nessuno è sprovvisto di felpa col cappuccio e chiavi ciondoloni. Ovunque soundsystem piccoli e grandi bombardano di techno il popolo oscillante. Dei vecchi capelloni tutti acidi, barba, magliette etniche e jambé, manco l’ombra: pare d’essere in una versione adolescenziale di Mad Max. Lo spaccio è addirittura incrementato, soprattutto perché quasi tutti questi tecnofricchettoni vendono pasticche e speed, droghe prima piuttosto rare a questi festival, dove per ovvi motivi – dovevi stare una nottata seduto in tenda a suonare e parlare – andavano forti acidi e funghetti, al massimo l’oppio. I nuovi pusher hanno surclassato i vecchi, e si era aggiunta anche una corposa presenza di gruppi organizzati di senegalesi, con l’erba, e maghrebini, col fumo. Evidentemente allo sparire dei fricchettoni vecchio stampo, che vendevano il loro fumello preso chissà dove, le lobby dello smazzo organizzato hanno subito colto l’opportunità di tappare il buco. L’unica cosa che il campeggio del Pistoia Blues Festival ’99 ha in comune con quelli delle annate precedenti è che anche quest’anno tra le migliaia di campeggiatori non ce n’è uno solo che abbia intenzione di vedere i concerti. Col tempo il campeggio si è trasformato in una manifestazione parallela, del tutto estranea al festival stesso, al punto che dire “al Pistoia Blues” equivale a dire “al campeggio di Pistoia Blues”. Il pubblico del festival è un altro, più anziano, fatto di gente più seria e infinitamente più noiosa, amante della buona musica e del grande rock, gente che il cane lo tiene nel cortile di casa ed è senz’altro priva di piercing, soundsystem e scarpe da skateboard.
Il trio vaga sbalordito per gli stradoni che si sono formati adattandosi al progressivo piazzamento di tende, camper e banchetti. Il flusso di gente è costante, pare d’essere in via Calzaiuoli un sabato di Natale. Ai bordi degli stradoni e in ogni spiazzo polveroso è tutto un gridare “paste!” “trip!” “speed!”. I nostri girano, facendo quasi a gara a chi scova il pusher più strano: c’è quello col peyote e quello con l’olio, c’è chi ha la mescalina in polvere. Alla fine vince il Malpa, che ha visto uno col crack. Mai in Italia era capitato di vedere questa cocaina grezza, in cristalli, che a solo nominarla faceva venire in mente i ghetti delle città americane, o almeno i film ambientati da quelle parti. Tra le droghe meno “classiche”, c’è una presenza massiccia di ketamina. Il Malpa cova già da tempo il desiderio di sperimentarla, complice la lettura degli scritti di John Lilly, ma da quando Mimmo, Iacopo e il Mella, ognuno a modo suo, hanno lasciato il gruppo, simili “esperimenti” non sono più in auge, tanto che non hanno neanche avuto il coraggio di proporre l’idea ai suoi due compagni. Anche se hanno mangiato di tutto in carriera, Sandrone e il Paride sono piuttosto conservatori in fatto di sostanze, e al Malpa sembra improbabile che possano sniffare una polvere che è, sostanzialmente, un anestetico veterinario. L’idea per la serata è di comprare una pastiglia a testa, e poi, lesti, su al rave. Quando il Paride con quella sua voce apparentemente indifferente a tutto, gli fa: “Oh Malpa, perché non la proviamo, questa chéta-mina?”, per il Malpa è uno scoppio di gioia, e non solo per la battuta dal gusto melliano o per il fatto che per la prima volta da quando sono partiti il Paride gli rivolge la parola; in quella proposta intravede lo spirito da pionieri che avevano una volta.
Sandrone ha giusto pagato tre pasticche (tre mitsubishi blu, trentamila lire) a un tizio allampanato, tutto barba, capoccia rasata e piercing alle labbra. Guidati da un Malpa in gran spolvero i tre si guardano intorno alla ricerca di qualcuno dotato di ketamina che sembri non del tutto inaffidabile. Un nano bercia: “TRIP!”. Il Malpa gli chiede se per caso non ha la keta. Il nano lo guarda. Èun tipo sui trentacinque, con un cappellazzo da baseball mezzo mangiato, una felpa col cappuccio lurida, impregnata di chiazze di sugo e sborra, e un piercing alla gota in suppurazione, tenta di imitare, riuscendoci, e anzi superandolo largamente per imbrutimento e squallore, lo stile delle nuove generazioni. Sulla mano ha pure un tatuaggio fatto così male da rendere impossibile qualsiasi ip...