
- 96 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Il tramonto delle ideologie ha determinato la solitudine dell'agire politico. Si è quasi in obbligo di dichiararsi non-ideologici, anti-ideologici, post-ideologici. Così la politica, smarrita nella quotidianità e povera di orizzonte culturale, si trova stretta fra economia e fedi religiose, fra tecno-crazia e clero-crazia: le due potenze che in Italia riempiono il deserto lasciato dalle ideologie. Ecco la tenaglia, che la preme e serra con inaudita energia. C'è modo di rompere la morsa e di restituire dignità di pensiero alla vita politica?
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Informazioni
Argomento
EconomiaCategoria
Storia giuridicaI. Critica del pragmatismo
1
La dissoluzione del socialismo reale (raccolta nella fisica immagine del ‘crollo del muro di Berlino’) cela ancora il suo significato più profondo. Ma la nostra storia – il tempo che oggi abitiamo – ha inizio proprio da quella rovina; soltanto così siamo in grado di capire ciò che accade dentro di noi e intorno a noi. Potremmo ripetere le parole famose, pronunciate da Goethe per la battaglia di Valmy: «Da oggi comincia una nuova epoca nella storia del mondo, e voi potrete dire di esservi stati presenti».
Si dissolveva con i regimi dell’Est l’ultima filosofia della storia, l’ultima concezione capace di indicare una meta finale e conclusiva: la società giusta senza classi e senza Stato. Per milioni e milioni di uomini il cammino sulla terra aveva trovato un senso unitario; il divenire sembrava compiersi in un esito indubitabile. La prassi della politica era tutt’uno con il pensiero filosofico: pensare significava trasformare il mondo. La seconda Tesi su Feuerbach già enunciava: «Nella prassi può l’uomo provare la verità , cioè la realtà e potenza, la positività del proprio pensiero». Pensiero, che è insieme agire, prassi politica, movimento del partito rivoluzionario. La marxiana filosofia della storia era filosofia della prassi: «una filosofia che è anche una politica e una politica che è anche una filosofia»1.
Questa filosofia – ancorché poco o nulla sopravvivesse nel regime sovietico – costringeva tuttavia individui e partiti e Stati a prendere posizione, a contrastarla in nome di altre e discordi visioni della realtà . Il nostro nemico è sempre costitutivo della nostra identità . Ci costruiamo e definiamo in rapporto a lui. Quando egli declina o scompare, s’impoverisce anche la nostra energia oppositrice, la nostra tensione vitale. Abbiamo vinto, eppure non siamo più noi stessi. L’Occidente aveva dinanzi a sé un nemico, e questi pretendeva di possedere una verità illuminante e orientante tutto il corso storico. Il nemico non si poteva combattere che con le stesse sue armi, sul suo stesso terreno: opponendo, cioè, altre concezioni del mondo alla dialettica del materialismo storico. Erano quelle che Marx sprezzava e liquidava come ‘ideologie’: distorsioni ingannevoli della realtà , e dei rapporti economici fra le classi, che la ‘falsa coscienza’ della borghesia elaborava e utilizzava in difesa dei proprî interessi. Il duro giudizio sulle ideologie, il degradarle a menzogna e inganno, presupponeva l’esistenza e la conoscibilità di una verità , di un criterio di distinzione, capace di valutarle dal di fuori e dal di sopra. Tale si professava il materialismo dialettico2.
Da un lato, dunque, la filosofia marxiana della storia; dall’altro, le ideologie borghesi, le false rappresentazioni della realtà . La battaglia – come ormai sappiamo – avrebbe riservato sorprese: le ideologie ne sarebbero uscite vincitrici, ma si sarebbero dissolte con il loro stesso nemico.
2
Provandoci in una sintesi storica, si direbbe che le ideologie liberali e democratiche, prima chiamate a prender posizione contro il fascismo, abbiano poi compiuto un rovesciamento di fronte. L’anti-fascismo si divise e capovolse in anti-comunismo3.
Un nuovo nemico occupò il posto del vecchio. E come questo si presentava nella categoria filosofica dello Stato etico, il nuovo stringeva l’agire politico al materialismo storico e dialettico. L’unità di pensiero e azione, l’energia creatrice della prassi, si ritrovano in Karl Marx e in Giovanni Gentile. Si deve all’acume di Biagio De Giovanni la notazione che il ventesimo fu «secolo della lotta tra le filosofie, secolo ‘filosofico’ quanti altri mai, quando la verità si voleva realizzarla, e non ci si accontentava di contemplarne i contorni»4.
Non bisogna stancarsi di lumeggiare questo profilo: la prassi politica di fascismo e comunismo è tutt’uno con un dato pensiero, con un indirizzo speculativo che, facendosi azione, costruisce la storia terrena degli uomini. La lotta contro comunismo e fascismo assunse perciò la grandezza di un conflitto filosofico, e costrinse tutti i contendenti, grandi e piccoli, principali e secondarî, a entrare nel mondo del pensiero.
Contestare e confutare il pensiero del nemico era, insieme, elaborare e asserire il proprio. A talune categorie filosofiche venivano contrapposte altre categorie, le quali, pur degradate dal marxismo a ideologie, erano tuttavia indirizzi e moti di pensiero. La prassi politica si atteggiava a semplice corollario, ad altra faccia di una complessiva e serrata unità .
3
Il socialismo reale, nel suo precipitare e rovinare, ha trascinato con sé tutto il mondo intellettuale, che da quasi un secolo e mezzo (dal 1848) – o, se si vuole, da circa settant’anni (dal 1917) – si era andato costruendo e determinando in rapporto con il pensiero e la prassi del marxismo. La caduta del muro di Berlino fu anche caduta delle ideologie. Queste declinarono o tramontarono senza lasciare nostalgie: vecchi arnesi, che un tempo furono pur utili, ma che ora, dissolto il nemico comune, recavano soltanto disagio e fastidio. Scomoda eredità di una lotta ormai conclusa5.
S’inaugurava la politica senza ideologia. Gli uomini politici del nostro paese gareggiano nel dichiararsi non-ideologici, anti-ideologici, post-ideologici. Nel professare una sorta di acquoso pragmatismo, un fluido trascorrere da uno ad altro tema, un prendere e abbandonare le cose, una quotidianità sùbito vissuta e sùbito dimenticata. Se il mondo ideologico era il mondo della memoria, dei vincoli di tradizione e di continuità , il pragmatismo è, per sua indole, il mondo dell’oblio: tutto si consuma di giorno in giorno; tra ieri, oggi e domani non c’è alcun legame. Il linguaggio politico si fa, esso stesso, pragmatico e giornaliero: dichiarazioni, interviste, smentite, pentimenti, abbandoni, ritorni. Nessuna direzione, nessun ‘verso dove’, che vincoli nel tempo la volontà , e sia spiegato e proposto agli elettori. Il tramonto delle ideologie, delle quali ci siamo sbarazzati con gioiosa impazienza, ha determinato la solitudine intellettuale dell’agire politico.
Non si vide che l’ideologia, se pur è strumento di persuasione e di pratica efficacia, ha sempre dietro di sé, vicina o lontana, esplicita o allusiva, una filosofia, una visione del mondo e della vita. Le ideologie vincitrici (vincitrici, si vuol dire, del socialismo reale) non riuscirono a liberarsi del giudizio sprezzante dei marxisti, e si considerarono per ciò che propriamente non erano, ossia distorsioni ingannevoli della realtà . E così dimenticarono che ciascuna di esse si appoggiava su una filosofia, o ne traduceva i contenuti; e che, dissolvendosi insieme con il nemico, avrebbero lasciato un buio e orrido vuoto. Il punto è che le ideologie non vanno considerate come ‘travestimenti’ di interessi economici o di fremiti irrazionali, ma piuttosto come forme strumentali e funzionali, assunte da filosofie o categorie filosofiche nell’atto in cui vogliono farsi criterî di persuasione e di guida collettiva.
Le idee, che aspirano ad agire come forze tra le forze storiche, si traducono in ideologie. Esse, per così dire, non salgono dal basso, ma scendono dall’alto. Ogni ideologia s’inscrive nell’orizzonte di una filosofia. Carlo Antoni, che ne fu giudice severo, finì con lo scrivere: «Noi possiamo criticare e svuotare d’ogni contenuto speculativo ed etico le utopie e le ideologie. Però la loro efficacia e il loro continuo riapparire indicano che un principio universale è indispensabile all’azione degli uomini, che cioè abbiamo bisogno, per agire, di credere nella verità o in qualcosa che assomigli ad essa»6. Non basta conoscere le cose come sono (ufficio che può ben demandarsi a ‘esperti’ e ‘tecnici’ della materia), ma occorre volere che esse siano o non siano in un certo modo; questo volere, questo impeto di cambiare la realtà , postula un’interpretazione della vita e della storia, un guardare oltre l’arida pianura della quotidianità . Non c’è ideologia senza filosofia; non c’è filosofia, che voglia farsi azione nel mondo, senza ideologia7. Il tramonto delle ideologie fu perciò tramonto del pensiero politico.
Né si replichi che le ideologie, cioè dedizione e passione per l’una o l’altra ‘causa’, sospingano verso l’astratto dottrinarismo. Il quale ben merita l’altera condanna, già pronunciata da Napoleone e poi ripetuta da grandi uomini di Stato. L’ideologo muove da una filosofia o concezione della vita verso la realtà , e ad essa la applica e commisura; il dottrinario ripudia la realtà , e, dove le cose siano diverse e discordi, le dice erronee e le rifiuta nella loro effettualità . Il dottrinario giudica la realtà dall’esterno, come conforme o difforme; l’ideologo sta all’interno della realtà , e vi esprime il proprio pensiero e la propria azione8.
4
Al principio degli anni Novanta, e dunque poco dopo il declino del ‘socialismo reale’ e la crisi delle ideologie, l’Italia vide la sostituzione giudiziaria della classe politica. La paretiana ‘circolazione delle élites’ fu attuata nelle aule dei processi penali. Il fenomeno riguardò soprattutto, se non esclusivamente, i partiti anti-comunisti, cioè i partiti che dal 1917 si erano venuti definendo e costruendo in funzione del nemico comune. Sicché il vinto dal corso storico, mentre era d’improvviso spogliato di sostegni teorici e di modelli concreti, vedeva i vincitori colpiti e dispersi dai processi penali.
La storia, in luogo di rinsaldare le ideologie vincitrici e di sospingerle verso ulteriore espansione, ne determinò la crisi. I partiti anti-comunisti perdevano l’anti-, ossia il criterio di definizione dei loro contenuti ideologici. La tempesta giudiziaria si abbatté, e con facilità si abbatté, su partiti già ideologicamente impoveriti dalla loro stessa vittoria9.
Donde il frammentismo politico di questa stagione, la quale – tramontati i vincoli ideologici e spazzati via i vecchi dirigenti di partito – non può e non sa raccogliersi intorno a stabili nuclei di pensiero. Pragmatismo e frammentismo sono due lati o profili dello stesso problema. È scomparso ogni centro degli eventi, e questi si succedono, l’uno dopo l’altro, privi di significato unita...
Indice dei contenuti
- I. Critica del pragmatismo
- II. La tenaglia