
- 160 pagine
- Italian
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Contro la Lega
Informazioni su questo libro
«È necessario sgomberare la scena politica italiana da un partito che invoca la secessione, esige il potere nel governo della Repubblica e ha ottenuto e usato, per anni, posti chiave in quel governo senza altri fini o ideali che la promozione personale dei leader di partito e la persecuzione degli immigrati con leggi condannate dall'Europa e da tutte le organizzazioni umanitarie del mondo. Ha fatto danno al Paese con spaccature balcaniche nella vita interna, ha denigrato l'immagine internazionale dell'Italia, ridotta a provincia razzista.»
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Argomento
Languages & LinguisticsCategoria
Journalism1. Diario italiano
È il diario di un giorno solo, un giorno cominciato da tempo e che in certi momenti di disorientato stupore dà l’impressione di continuare a lungo. Questa espressione – a lungo –, che ha in sé un guizzo di speranza, un lucignolo in un punto lontano, dovete però metterla accanto all’inadeguatezza della vita umana. Qualche volta «a lungo» è per sempre.
Troverete – nelle righe che sto scrivendo – alcune date, alcuni riferimenti di tempo e di luogo. Sono legati a ciò che è accaduto e al modo e al luogo in cui alcuni di noi hanno tentato di reagire. Altri fatti hanno una data d’inizio, ma non finiscono. Mentre mi leggete continuano, con la tenacia ottusa di certe epoche della storia. Perciò vorrei offrire ai lettori di questo strano diario – che è il verbale di un lungo, squallido giorno italiano – un suggerimento. La vera data di ciascun evento è quella del giorno in cui leggete, così come è quella del giorno in cui io scrivo.
Per dimostrarvelo vi racconterò la storia di cinque bambini, Michele, Cristina, Luca, Anastasia, Mattia (nell’ordine, dai 14 anni di Michele ai 14 mesi di Mattia), che, insieme al papà , alla mamma e alla nonna, vivono in una roulotte e non possono fermarsi mai. Non quando ho saputo la storia, non quando l’ho raccontata nel Parlamento italiano, non quando ne ho scritto e neppure adesso, mentre state leggendo. Questa è infatti la storia di un malefico incanto, che ha preso nella sua morsa il «Paese Italia», facendolo diventare indifferente e stupido.
Nel paese di Chiari, una bella e ricca cittadina non lontana da Brescia, viveva la famiglia Karis che ho appena descritto. Posso aggiungere che il padre dei cinque bambini di mestiere commercia in ferro (un antico mestiere, che ricordo dalla mia infanzia: lo chiamavamo il «ferrivecchi»). Posso precisare che i Karis sono rom del gruppo sinti, considerati «nomadi» dalle questure, ma cittadini italiani (come quasi tutti i sinti) da generazioni. E pochissimo nomadi perché, avendo un lavoro, tendono a stare nell’area in cui conoscono e sono conosciuti dai commercianti che vendono e dagli artigiani che comprano.
I Karis avevano casa e residenza nel comune di Chiari. La casa era un prefabbricato di tre stanze e servizi costruito dal Comune per questi nomadi non nomadi. A quel tempo – che sembrava un altro tempo e un altro Paese – gente strana governava il Comune di Chiari. Li chiamavano «il centro-sinistra». Aveva trovato, ripulito e messo a norma un terreno, iscritto i fratellini Karis e tutta la famiglia all’anagrafe di Chiari, in modo da garantire la scuola e l’assistenza ospedaliera, e la Caritas aveva costruito accanto alla casa dei non più nomadi una seconda casa prefabbricata per il doposcuola, la biblioteca e i giochi dei bambini, non solo i Karis, ma anche tanti altri piccoli della zona lasciati dai genitori che lavorano in lunghi e freddi pomeriggi vuoti.
Un giorno del 2004 altra gente, molto diversa, vince le elezioni. Si chiama la Lega Nord per l’indipendenza della Padania. Nessuno sa che cosa sia la Padania, ma tutti la prendono con rispetto e sul serio, forse a causa delle ronde e dei cani d’assalto con cui pattugliano il territorio. «Territorio» sarebbe il comune, ma la Lega intende stabilire un rapporto coloniale, occupanti che dettano nuove leggi e portano un’altra civiltà . La prima decisione è recintare il terreno in cui vive la razza inferiore dei sinti. La seconda è affidare la sorveglianza ai vigili urbani che – nel nuovo mondo dei sindaci-sceriffi – diventano polizia persecutoria. La terza è: niente visite, nessuno entra o esce senza permesso, coprifuoco la notte.
Poi, come in una misera parodia di paese, la «fase esecutiva». È il 1º agosto 2006. Il Comune si riprende il terreno «perché è cambiato il piano regolatore». Casa Karis e casa Caritas vengono abbattute. Il Comune cancella la residenza e i bambini non possono più andare a scuola. Quando sta per nascere Mattia, volontari portano la mamma in un comune non leghista, dove può partorire con normale assistenza. I bambini Karis, adesso, hanno come unico rifugio la roulotte-camioncino che il padre usa per lavoro. Ma nei territori leghisti (tutta la zona in cui il signor Karis compra e vende ferro vecchio e mantiene la famiglia) tutti i vigili sono in guardia (più le ronde, se i vigili urbani non bastano) e hanno l’ordine di battere con mazze di ferro e di legno sul piccolo veicolo, svegliando i bambini terrorizzati, se il padre si è fermato per un breve riposo o per un bisogno. Ordine di chi? Dell’avvocato Sandro Mazzatorta, sindaco leghista di Chiari e senatore a Roma, eletto con i voti e i rimborsi elettorali della Repubblica italiana.
Vi domanderete da quale giornale o telegiornale o radio ho appreso questa storia che – come dire – è certo un po’ fiabesca, cinque bambini e i loro adulti che non si possono fermare mai. Vi rispondo: nessuno. Solo una serie di e-mail scrupolosamente documentate, ricevute da una giovane giornalista, Elisabetta Reguitti, che non è mai riuscita a far pubblicare almeno qualche riga di questa vicenda sui giornali locali.
Il 29 ottobre 2008, quando mi sono alzato a raccontare la storia che avete appena letto alla Camera italiana (la presidenza mi ha accordato un minuto, perché la questione non era all’ordine del giorno), i deputati della Lega Nord hanno urlato per tutto il minuto. Alla fine il deputato leghista Brigandì ha avuto questo da dire, come risposta politica: «Faccia da culo». Non c’è stato alcun tumulto alla Camera. Tutti sono ritornati ordinatamente alle questioni previste dall’ordine del giorno.
Nei giorni scorsi, mentre cercavo di dare un senso e un ordine al materiale senza senso con cui intendo rendere conto di un unico, interminabile, intollerabile giorno, ho notato questo titolo in una pagina interna di un grande quotidiano: Tassista milanese prende coca e investe passante. In tutto 10 righe, in cui l’unico problema che traspariva era: non si dovrà rivedere il sistema delle licenze?
La vera storia, per fortuna, era stata narrata dal Tg3 la sera del 28 dicembre. Due marocchini, che vivono e lavorano a Milano, piccoli imprenditori che dovevano recarsi ad un incontro di lavoro a Monza, hanno chiamato un taxi per telefono. Ma il tassista, una volta arrivato nel luogo in cui era stato chiamato, evidentemente ha giudicato deludenti e inadatti al suo taxi i due clienti. Ha detto no. E c’è stato uno scambio di parole certo poco gradevoli. I due, costretti, si sono allontanati a piedi, ma il tassista ha dato un colpo di acceleratore e li ha investiti entrambi.
Uno è grave all’ospedale. Poi la polizia ha accertato che il tassista faceva uso di droga. Ma senza dubbio nel suo rifiuto e nell’impulso a investire i due immigrati (legali, ma immigrati) ha fatto uso di Lega. Ma siamo nella stessa città , Milano, in cui è stato ucciso a bastonate il diciannovenne cittadino italiano Salam Abdul Guibre da una famiglia milanese molto unita: padre e figlio che si alternavano nei colpi di mazza al grido di «sporco negro». Ma era il 16 settembre 2008.
Subito prima, il 25 agosto, i vigili urbani di Termoli avevano acciuffato un venditore ambulante del Bangladesh che tentava di salvare la sua merce dalla requisizione; lo hanno picchiato e rinchiuso nel portabagagli dell’auto di servizio. Poco dopo, il 1º ottobre, a Parma, i vigili urbani in borghese trasformati in polizia segreta hanno seguito Emanuel Bonsu, giovane nero che stava recandosi alla scuola serale, lo hanno riempito di botte, al punto che il giovane ha dovuto essere operato a un occhio, e lo hanno trascinato nel loro posto di guardia, dove nella notte ha potuto liberarlo il padre. L’imputazione – «spaccio di droga» – è apparsa del tutto infondata.
Intanto, proprio in quei giorni, la foto di una giovane donna africana seminuda – che giaceva tra il tavolo e il pavimento dello stesso ufficio dei vigili urbani di Parma – faceva il giro di tutti i giornali. «È solo il fermo di una prostituta», hanno spiegato i vigili. Alla Camera il ministro dell’Interno, Maroni, ha ricostruito i fatti. Ha ripetuto quattordici volte «la prostituta in questione», senza mai comunicare il nome della giovane donna in Parlamento. Il suo nome o il suo destino. Ma pochi giorni dopo, a Verona, in pieno giorno, un ragazzo è stato ucciso a calci e a pugni da una pattuglia di teste rasate con svastica e croce celtica, perché colpevole di «sembrare» di sinistra. Ma la giornata che sto raccontando comincia prima.
Per esempio, il 10 maggio 2009 viene approvato, per ogni reato, l’aggravante della clandestinità , che pure non è un reato. Dunque una norma incostituzionale. Il 30 maggio, a Milano, i vigili urbani cominciano le ronde sui tram per identificare e bloccare i clandestini, che però non sono (non ancora) imputabili di alcun reato. Come lo fanno? Certo non disturbano tutti i passeggeri con la richiesta di documenti. Basta guardare le facce. Il 13 giugno, però, dice sì alle ronde anche il Pd. Il presidente della Provincia di Milano Penati dice che potranno esservi ronde democratiche di vigili e volontari.
La grande svolta avviene l’8 luglio, con l’invio di 5000 soldati in funzione di polizia. Faranno la guardia a chiese, basiliche, ambasciate. Come nell’Argentina del generale Videla, anche oggi potete vedere alpini in tuta mimetica e armi automatiche intorno alla residenza dell’ambasciatore americano. Ma, nonostante i soldati italiani in funzione di ronda per far piacere ai leghisti, che giurano sul terrore degli italiani verso gli immigrati, Bossi – il capo della Lega – fa il celebre gesto del dito all’inno nazionale italiano. Crede sinceramente che non la vittoria – come vuole il pomposo inno – ma tutto il Paese, e dunque anche la Padania, sia schiavo di Roma.
E infatti il 2 agosto 2008 il sindaco leghista di Novara, Massimo Giordano, vieta che più di tre persone possano ritrovarsi insieme nelle sere di quella città . È un curioso ritorno a leggi badogliane di guerra (estate 1943). Nessuno lo spiega e nessuno chiede spiegazioni.
Un episodio di straordinaria civiltà si verifica quando, il 10 luglio, la rivista «Panorama» dedica la copertina ai bambini rom con il seguente titolo: Nati per rubare. Appena vengono al mondo li addestrano ai furti, agli scippi, all’accattonaggio. Infatti è esplosa la più imbarazzante vicenda per un minimo di immagine dell’Italia in Europa e nel mondo. È la decisione del ministro leghista Maroni: impronte digitali obbligatorie a tutti i bambini rom. Per la prima volta nell’Italia post-fascista il prefetto di Roma, Carlo Mosca, dice no al ministro leghista dell’Interno. Per la prima volta un prefetto della Repubblica è destituito per contrasto col ministro. A che cosa possono servire le impronte digitali di poche migliaia di bambini che non hanno commesso reati e che – dal punto di vista giuridico – non possono commetterne (ovvero essere ricercati o imputati)? A che cosa possono servire, se non a creare un grave trauma nei piccoli perseguitati e una grave violazione della Costituzione?
La decisione italiana è condannata da tutta l’Europa, singoli Stati e Unione Europea. Per fuggire alla morsa, il ministro Maroni mente all’Europa e al Parlamento. In Europa manda una legge che non prevede le impronte digitali. In Parlamento afferma: «L’Europa ci ha capiti e ha detto di sì alla nostra legge».
La lunga ottusa giornata italiana continua. Il 20 novembre quattro ragazzi danno fuoco al barbone Andrea che dorme su una panchina e che è tuttora in gravi condizioni. Il 28 novembre l’assessore leghista del comune di Spresiano (Treviso), certa Minola Spolverato, dichiara: «Diamo agli immigrati 2000 euro e li rimandiamo a casa con la forza». Sta parlando di immigrati legali con i figli a scuola e il posto di lavoro sicuro, a volte da specialisti. La barbara idea fa furore in Parlamento. La Lega dichiara che diventerà legge. La nuova civiltà leghista sul «territorio», però, dilaga ovunque. Il sindaco Tiziana Sala (Cantù) ha istituito, subito imitata, un numero verde che consente di denunciare i clandestini con segnalazioni anonime.
Negli stessi giorni, su un autobus di Varese, un ragazzo di 14 anni, spalleggiato dai compagni, ordina a una coetanea con il velo di lasciargli il posto sull’autobus. Provvedono a calci e pugni i compagni del piccolo bullo a far eseguire l’ordine, nonostante i ripetuti no della ragazzina.
Verso la fine del 2008 – che non è la fine del giorno-incubo di cui sto parlando, ma solo una delle sue sgradevoli ore – anche il vice prefetto di Roma, Maria Rosaria Ingenito, è allontanata dal suo incarico per ordine del ministro dell’Interno. Anche la dottoressa Ingenito si era rifiutata di obbedire all’ordine delle impronte digitali dei bambini.
A Bergamo vengono sequestrate dal Comune le case in affitto dei clandestini. Ma non è che un sintomo del nuovo clima di quella città . Infatti il 9 dicembre «L’Eco di Bergamo» racconta la storia del ragazzo immigrato a cui hanno ordinato di spogliarsi nudo su un autobus perché una passeggera – bergamasca e bianca – aveva gridato «mi hanno rubato il cellulare». Il controllore, che era a bordo, ha preso subito a dirigere le operazioni e individuato il ladro, che doveva essere per forza il giovane immigrato. Poiché il giovane negava, bisognava sbugiardarlo. L’autobus è stato bloccato e il giovane spogliato. Non aveva nulla, ma il controllore ha ordinato al giovane di togliersi anche le mutande. Nessun cellulare, ma nei pantaloni sono stati trovati 70 euro. Era venerdì, giorno di paga, ma il controllore ha deciso di sequestrare la somma e donarla alla signora che non trovava più il cellulare e che ha incassato.
Il decreto legge che prevede classi separate – ovvero rigoroso regime di apartheid e una batteria di strambe prove e test di «cultura locale e tradizionale» – per i bambini immigrati è approvato tra gli applausi il 25 novembre al Parlamento italiano, insieme al divieto (annunciato, ma non è ancora legge) di assistenza medica agli immigrati senza permesso di soggiorno.
Due giorni dopo un cittadino cinese legalmente residente a Roma è stato massacrato di botte da una gang di ragazzini a una fermata dell’autobus a Tor Bella Monaca (Roma); un ragazzo immigrato di Varese è stato abbattuto a calci e sputi e lasciato malamente ferito; e durante una partita l’arbitro esorta il calciatore nero «a raccogliere le banane in Africa».
Si diffonde l’abitudine di preghiere islamiche collettive nelle piazze di Milano tra dicembre 2008 e gennaio 2009. Scrupolosi credenti, come il ministro La Russa, vedono una pericolosa sfida alla sola religione unica e vera – quella cattolica – e chiedono una messa di riparazione nel duomo di Milano. Il cardinale Tettamanzi, vescovo di Milano, afferma che pregare è sempre una buona cosa e non vede la bestemmia. Certo, ricorda l’esortazione del ministro leghista Calderoli («Vadano a pisciare nelle loro moschee») e da buon pastore cristiano li difende. Per questo «la Padania», organo della Lega, direttore Umberto Bossi, definisce il cardinale di Milano «l’ultimo comunista». E decine di deputati e senatori del Popolo della libertà vedono in quelle preghiere in strada (avvenute dopo che ogni luogo per pregare era stato negato) una seria minaccia all’ordine pubblico e alla religiosità italiana.
La triste giornata di questo diario registra l’annuncio che sarà istituita una tassa di 50 euro su ogni immigrato legale che vorrà rinnovare il permesso. Dopo le prime, caute obiezioni dell’opposizione italiana, il ministro dell’Interno Maroni dice: «Peccato. Volevamo fare uno sconto. Vuol dire che la tassa sarà di 200 euro».
2. Dio, Padania, famiglia
Ho raccontato in Aula a Montecitorio il 29 ottobre 2008 la storia incredibile dei cinque bambini rom, del loro padre e della loro madre, dal sindaco del comune di Chiari (senatore avvocato Mazzatorta) al nomadismo senza fine.
Di tutta questa brutta storia la Lega non ha negato nulla. In un dibattito prontamente organizzato da Radio Padania, il sindaco-senatore mi ha detto orgogliosamente: «È quello che mi hanno chiesto i miei elettori». Ho potuto dirgli che erano le stesse parole che – nel 1962 – George Wallace, governatore dell’Alabama, mi aveva detto mentre, davanti alla porta dell’università di quello Stato, impediva l’ingresso del primo studente nero, ordinato dal Tribunale federale. Wallace diceva la verità . Ma, in uno Stato federale e democratico, in nome di un voto locale, stava mettendosi contro la Costituzione e il Governo federale del suo Paese. Glielo aveva fatto prontamente notare il ministro della Giustizia americano di quegli anni, Robert Kennedy. Alla minaccia dell’arrivo di truppe federali per scortare lo studente nero, George Wallace cedette.
In questa Italia il sindaco di Chiari sa che l’attuale governo italiano autorizza qualsiasi sfregio alla Costituzione, meglio se è grave. Oltre allo scandalo per una simile violazione dei diritti umani di una famiglia italiana ad opera del sindaco leghista della città italiana di cui questi cittadini erano residenti, c’è il fondato e ragionevole timore che «leghista» non voglia dire «italiano»; ma, al con...
Indice dei contenuti
- — epigrafe
- — Avvertenza
- Premessa
- 1. Diario italiano
- 2. Dio, Padania, famiglia
- 3. Lega: una truffa o un pericolo?
- 4. Libia: soluzione finale
- 5. Morte nel deserto
- 6. L’umanità a punti
- 7. Immigrazione: il giorno del giudizio
- 8. La croce e la Lega
- 9. Bianco Natale
- 10. Clandestino
- 11. Rosarno (dove tutto comincia)
- 12. Dentro le gabbie gelide di Ponte Galeria
- 13. Lo sgombero
- 14. Il degrado
- 15. La Destra ai tempi della Lega
- 16. Pontida
- 17. Legge, ordine, ronde
- 18. Fuori dalla politica
- 19. Nel «territorio» della Lega