Maometto papa e imperatore
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Maometto papa e imperatore

  1. 176 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Maometto papa e imperatore

Informazioni su questo libro

Accanto all'idea del turco massacratore e impalatore, vi è anche quella del sovrano barbaro, crudele, ma giusto. È, anzi, un'idea radicata: come dimostra lo storico del diritto Marco Cavina nel suo saggio denso e preciso.Franco Cardini, "Avvenire"

La caduta di Costantinopoli nel 1453 apparve ai contemporanei come un evento epocale. Mentre gli eserciti turchi sembravano ormai destinati a conquistare Roma e a instaurare un nuovo impero islamico, in tutta l'Europa dilagò un clima di terrore in cui presero a diffondersi profezie che annunciavano conseguenze terribili e perfino la fine del mondo. La caduta di Costantinopoli del 1453 nelle mani dei turchi segna la fine di un impero bimillenario e di un potere che si riteneva universale. È un evento epocale ma anche la fonte di sogni, di aspirazioni, di leggende e di profezie.

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Informazioni

eBook ISBN
9788858144916
Argomento
Storia

I.
La caduta di Costantinopoli, Mosca ‘terza Roma’
e le congiure dei pagani

§1. Dove Nestore Iskinder profetizza la caduta e il riscatto di Costantinopoli, liberamente interpretando la lotta
fra un serpente e un’aquila al tempo di Costantino il Grande1

Quando il luogo – in cui doveva sorgere la nuova Bisanzio, cioè Costantinopoli – fu pronto, l’imperatore riunì i potenti, gli alti funzionari ed i maestri; essi incominciarono a progettare le mura, le aperture, le porte della città, e ordinò di misurare il luogo sotto tre angolature, di tracciare tutti i lati di sette verste in modo che tutta la città si trovasse tra i due mari: il Mar Nero e il Mar Bianco. E un serpente uscito improvvisamente dalla tana, strisciò attraverso il luogo. Subito dall’alto un’aquila piombò giù per afferrare il serpente e ritornò verso l’alto: il serpente allora cominciò a stringersi intorno all’aquila. L’imperatore e tutto il popolo guardavano l’aquila e il serpente. L’aquila scomparve dalla vista per molto tempo, riapparve volando verso il basso e cadde con il serpente nello stesso luogo, vinta dal serpente. La gente, accorsa, uccise il serpente e raccolse l’aquila.
L’imperatore venne preso da grande spavento, riunì i dotti ed i saggi e raccontò loro il segno. Dopo aver meditato dissero all’imperatore: «Questo luogo sarà chiamato ‘dei sette colli’, sarà famoso e si ingrandirà in tutto il mondo più delle altre città; ma, poiché si trova tra due mari, sarà battuto dalle onde marine e sarà sconvolto. L’aquila è il simbolo del cristianesimo, il serpente è il simbolo del male e, poiché il serpente ha ucciso l’aquila, così il male trionferà sul cristianesimo. E poiché i cristiani hanno ucciso il serpente e raccolto l’aquila, dopo un po’ di tempo il cristianesimo sconfiggerà di nuovo il male, conquisterà la città dei sette colli e in essa dominerà». Il grande Costantino si turbò molto, ciò malgrado comandò di trascrivere le loro parole.

§2. Dio lo volle, non senza dolore

Caduta di Costantinopoli in mano turca, cioè definitiva scomparsa – anche simbolica – del più autentico impero romano antico, impero universale ‘mondiale’ in quanto impero cristiano. Impero eterno inopinatamente scomparso, benché un sedicente impero sacro e romano prosperasse in vaste zone dell’Europa occidentale. Nella mentalità comune dell’ultimo scorcio del medioevo la caduta di Costantinopoli in mani ‘infedeli’ – diverso ovviamente era stato il caso della conquista crociata – non poteva che essere il segno divino di una insanabile e incomprensibile frattura nel percorso provvidenziale della storia umana, magari il segno dell’avvento dell’anticristo. Secondo l’opinione comune – col senno del poi – Dio non aveva lesinato gli indizi intorno alla necessità fatale della conquista turca. Già il nome di Costantino XI e quello di sua madre avrebbero dovuto mettere in guardia, in quanto «l’impero dei cristiani, che era pure l’impero dei romei, ebbe al suo inizio come imperatore Costantino e sua madre Elena; alla fine di tale impero era imperatore Costantino e sua madre Elena»2.
A complicare ulteriormente il quadro, la caduta di Costantinopoli andò a incardinarsi sul piano culturale in una filosofia profetica le cui radici affondavano nella Bibbia, e in particolare nell’interpretazione delle visioni del profeta Daniele: la Visio Danielis sulla successione degli imperi nella storia3. La sovrapposizione della fine del mondo alla fine dell’impero romano d’oriente si fondava anzitutto sulla presunta eternità dell’impero romano-cristiano, il ‘quarto’ e ultimo impero della profezia di Daniele: «Vi sarà poi un quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto [...] il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre»4.
Conseguenza di ciò fu l’affannosa elaborazione di spiegazioni, alla ricerca di un plausibile ‘disegno divino’. Occorreva cancellare in radice ciò che non si poteva pensare senza orrore, cioè che la storia non avesse direzione e che il cristianesimo potesse affogare nelle contingenze del tempo così come tante altre religioni prima di esso. Un disegno del vero Dio, quello cristiano, doveva esserci e, se c’era, doveva essere stato annunciato, anche se non compreso dalla limitatezza e dall’imperfezione della ragione umana. Dovevano esservi stati messaggi e moniti divini inosservati, ovvero dispersi nella gran massa delle false profezie. Un inquietante contraccolpo anche sul piano teologico era determinato dai reiterati e inquietanti successi militari musulmani a danno dei fedeli in Cristo5. Quale era il sotteso disegno della Provvidenza? Dio aveva inteso abbandonare e punire i cristiani per i loro peccati? O le vittorie turche stavano addirittura a significare che la religione musulmana era la sola autentica, per una sorta di ordalia bellica?
Gli anni successivi al fatidico 1453 furono quindi segnati dalla ripresa di profezie antiche – talora nuove o rinnovate o ‘rilette’ – che avrebbero preannunciato l’evento traumatico della caduta della seconda Roma. Niccolò Barbaro, Isidoro di Kiev, Calcondila, Ducas e Leonardo di Chio ne ricordavano alcune fra le tante6:
1. Costantinopoli fu fondata da un imperatore di nome Costantino e sarebbe caduta sotto un imperatore di nome Costantino.
2. La ‘cosiddetta’ statua di Costantino Magno a cavallo, presso Santa Sofia, indicava con la mano tesa il luogo di provenienza del nemico che un giorno avrebbe distrutto Costantinopoli: l’Anatolia. In realtà – occorre glossare – doveva trattarsi della statua di Giustiniano, la cui mano tesa intendeva ammonire i riottosi popoli dell’Anatolia a rispettare i confini dell’impero.
3. Costantinopoli – secondo quanto avrebbe affermato Costantino Magno – sarebbe caduta durante un’eclissi di luna, come in realtà avvenne. Niccolò Barbaro, testimone oculare, nel suo Giornale sulla caduta di Costantinopoli riportò l’evento che procurò entusiasmo fra i turchi e angoscia fra i bizantini:
Abiando noi tuti cristiani e pagani, aver visto questo mirabel segno, l’imperador de Costantinopoli forte se spaurì de questa cosa, e cusì feze tuta la sua baronia, e questo perché Griexi avea una profetia, che dixea, che Costantinopoli mai non se perderia per fina tanto che la luna non mostrasse segnal in zielo in nel suo tondo, sì che questa iera la paura che avea Griexi. Ma Turchi si fexe una gran festa per el suo campo per alegreza de questo segnal, perché a lor i parea aver vitoria, sì come fo anche ben el vero.
4. L’ineluttabile caduta di Costantinopoli fu preannunciata dalla Sibilla Eritrea e da vari altri profeti di sciagure, fra cui primeggiava una maledizione contro i perfidi greci di papa Nicolò I, peraltro di assai dubbia autenticità. E Norseno, vir sanctus – un presunto monaco armeno che prima del patibolo aveva predetto tribolazioni e sventure al mondo intero –, era andato dicendo che gli abitanti di Costantinopoli sarebbero stati sterminati da una gens sagittaria, cioè da una popolazione abile con l’arco.
5. Una tabula datata al tempo dell’imperatore Leone VI il Saggio, presso il monastero costantinopolitano di San Giorgio dei Mangani, riportava una serie di riquadri in cui erano dipinti tutti gli imperatori. L’ultimo spazio disponibile era quello col ritratto di Costantino XI.
Fallace si rivelò la diceria popolare – riferita da Ducas e Calcondila – secondo cui, quando i turchi fossero penetrati in città, un angelo sarebbe disceso dal cielo presso la statua di Costantino sulla colonna di porfido del Forum Constantini, consegnando ad un poveruomo una spada con l’ordine di vendicare il popolo del Signore, e questi avrebbe ributtato i turchi sino al fondo dell’Anatolia. Con questa speranza, nel pieno dell’irruzione turca in città, una ingente folla si assemblò vanamente intorno alla statua: furono tutti uccisi7. Nell’imminenza della conquista, altri prodigi di origine divina avrebbero avvertito i bizantini che la loro ultima ora stava per risuonare:
Fu etiam la mente de li homeni da crudeli et cuori monstri et prodigii per quelli zorni agitate in cielo in terra et in mar. Pochi giorni avante fu preso ostrege ...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. Prologo. Intorno a Maometto il profeta
  3. I. La caduta di Costantinopoli, Mosca ‘terza Roma’ e le congiure dei pagani
  4. II. Maometto II imperatore musulmano universale
  5. III. Un cristianesimo semplice per cristiani e musulmani
  6. IV. Una religione, una fede, un impero: la proposta fallita di una religione cristiano-islamica