La morte di Cesare
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La morte di Cesare

L'assassinio più famoso della storia

  1. 360 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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La morte di Cesare

L'assassinio più famoso della storia

Informazioni su questo libro

Strauss racconta la complessità della politica della tarda Repubblica romana con un ritmo narrativo serrato. In più è un abile ritrattista: tutti i protagonisti sono personalità vivissime e ben delineate, nessuna meglio di Cesare stesso.«Time»

Le fonti antiche tendono a ignorare i legionari senza nome per dare spazio solo ai grandi leader. Questo libro ha un punto di forza che gli altri non hanno: mette in primo piano i più duri e temprati veterani di Cesare e il loro ruolo nella vicenda.«New York Times Book Review»

Un libro magnifico che possiede tutti gli ingredienti di un grande giallo – delitto, brama di potere, tradimento, alta politica –, con la differenza che quello che vi è narrato è vero e ci viene raccontato da un grande storico.Andrew Roberts

Un complotto preparato nei minimi particolari. Le motivazioni dei congiurati. Il carattere di Bruto e Cassio. Il mistero del terzo uomo che tradì.

Le Idi di marzo hanno cambiato la storia dell'Occidente, ben più di quello che i congiuratiavrebbero mai potuto immaginare.

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Informazioni

Argomento
Storia
Categoria
Storia antica

Capitolo 1.
Sul carro con Cesare

Nell’agosto del 45 a.C.1, sette mesi prima delle Idi di marzo, una processione faceva il suo ingresso nella città di Mediolanum2, l’odierna Milano, nella calda e umida pianura lombarda. In testa al corteo c’erano due carri. Nel primo, in piedi, il dittatore Gaio Giulio Cesare, raggiante per la vittoria riportata sulle forze ribelli in Hispania (Spagna).
Al posto d’onore, al suo fianco, Marco Antonio. Era il candidato di Cesare per l’elezione, l’anno seguente, a uno dei due posti di console, la carica romana più elevata dopo quella (straordinaria) di dittatore. Dietro di loro veniva il protetto di Cesare, Decimo, appena rientrato dal suo incarico di governatore della Gallia. Accanto a lui, Gaio Ottavio, meglio noto come Ottaviano. A soli diciassette anni, il pronipote di Cesare era già un uomo del quale occorreva tenere conto.
I quattro uomini si erano incontrati nel Sud della Gallia e avevano viaggiato insieme, attraversando le Alpi3. Presero la via Domizia, un’antica strada densa di richiami a tragici destini – l’aveva percorsa Annibale per invadere la penisola, e secondo il mito vi era transitato Ercole per raggiungere la Spagna. Cesare era diretto a Roma. Per la seconda volta in poco più di un anno, aveva in animo di entrare nella capitale in trionfo, proclamando la vittoria militare e la conclusione della guerra civile che si era aperta quattro anni prima, all’inizio del 49 a.C. Ma non era facile porre termine al conflitto, che aveva radici profonde. Era infatti la seconda lacerante guerra civile a cui aveva assistito nel corso della sua vita. In ognuno di quei conflitti si riflettevano gli enormi problemi che affliggevano Roma, dalla povertà presente in Italia all’oppressione delle province, dal miope egoismo e dalla politica reazionaria della vecchia nobiltà all’appello a un dittatore carismatico che riportasse l’ordine. E sullo sfondo di tutto ciò, l’emergere di una scomoda realtà: a Roma il vero potere non era nelle mani del Senato o del popolo, bensì dell’esercito.
Cesare aveva gli occhi scuri, era abile nel parlare, sensuale e violento. Dotato di un eccezionale pragmatismo, lo utilizzò per cambiare il mondo, mosso dall’amore per Roma e dalla brama di potere. I suoi eserciti uccisero e ridussero in schiavitù milioni di persone, molte delle quali donne e bambini. E tuttavia, dopo questi bagni di sangue egli perdonava i propri nemici, in patria come all’estero. Tali manifestazioni di benevolenza suscitavano sospetti – com’era possibile che il conquistatore fosse un conciliatore? – ma nella maggior parte dei casi non c’era altra scelta che adeguarvisi.
Fra tutti i Romani della sua cerchia, Cesare scelse questi tre uomini – Antonio, Decimo e Ottaviano – per occupare i posti d’onore in occasione del suo rientro in Italia. Per quale motivo? E perché uno di loro, da lì a sette mesi, lo avrebbe tradito? E come avvenne che dopo la morte di Cesare questi tre uomini reclutarono degli eserciti e si scontrarono in una nuova guerra che li portò a percorrere a ritroso quella stessa strada, dall’Italia del Nord alla Gallia meridionale?
Guardiamo come ognuno di loro, negli anni precedenti al 45 a.C., era riuscito ad arrivare così vicino a Cesare.

L’ascesa di Decimo

Decimus Iunius Brutus Albinus, questo il suo nome completo, era amico stretto di Cesare4. I due avevano lavorato insieme per almeno un decennio, a partire dal 56 a.C. Quell’anno, all’incirca venticinquenne, Decimo destò sensazione combattendo come ammiraglio di Cesare in Gallia. Vinse la battaglia del Morbihan (Veneticus Sinus), con la quale venne conquistata la Bretagna e aperta la strada all’invasione dell’Inghilterra.
Le prime impressioni sono importanti, e in questo caso corrispondevano alla realtà. La guerra, la Gallia e Cesare sono tutti elementi essenziali per comprendere Decimo. Era un uomo rapido, vigoroso, pieno di risorse, e gli piaceva combattere. Orgoglioso e competitivo, aspirava ardentemente alla fama. Come altri uomini ambiziosi del suo rango, ottenne cariche elettive a Roma. Ma la capitale e i suoi luoghi di potere non esercitarono mai su di lui un fascino pari a quello della frontiera con la Gallia.
Decimo era nato attorno all’81 a.C., il 21 aprile. Apparteneva a una nobile famiglia che affermava di discendere dal fondatore della Repubblica romana, Lucio Giunio Bruto. Il nonno di Decimo era stato un grande generale e statista, ma suo padre non era un militare, e sua madre aveva fama di civetta incline all’adulterio, che amoreggiava con la rivoluzione e forse con Cesare, il quale sedusse molte donne sposate della nobiltà romana. Un grande storico ha ipotizzato che Decimo fosse figlio illegittimo di Cesare5. Per quanto attraente, questa congettura non è però sostenuta da prove.
In ogni caso, il giovane Decimo si fece strada tra gli ufficiali di Cesare6. Sembrava fatto apposta per la vita militare. Legandosi alla brillante stella di Cesare, ridette lustro alla fama della sua famiglia per l’attività militare. Era l’uomo di Cesare, come nessun altro Romano lo era. Non sappiamo che volto avesse. Forse era attraente come sua madre, donna di risaputa bellezza, e alto come uno dei Galli nei cui panni una volta si calò. Nelle lettere che ci rimangono, una dozzina, si coglie l’atmosfera volgare del campo militare assieme alla formale gentilezza e alla sicurezza tipiche di un nobile romano. A volte elegante, la sua prosa contiene anche espressioni brusche come «Sol che tu prenda il morso con i denti, possa io perire se i tuoi avversari, quanti sono, avranno il coraggio di ribattere ad una tua parola»7. Forse i suoi gladiatori – ne possedeva una squadra – gli avevano trasmesso un po’ di rozzezza, ma ammesso che sia così, questo non gli impediva di scambiarsi complimenti con il più grande oratore di Roma, Marco Tullio Cicerone.
In Gallia, Decimo partecipò alla più grandiosa avventura militare della sua generazione. A Cesare occorsero solo otto anni (58-50 a.C.) per conquistare quella vasta, popolosa e bellicosa regione che i Romani chiamavano “Gallia dalle lunghe chiome”, a causa delle fluenti capigliature delle sue genti, una zona comprendente la maggior parte dell’attuale territorio della Francia, tutto il Belgio, parte dei Paesi Bassi e una striscia di Germania (la Provenza era già una provincia romana); invase inoltre la Gran Bretagna. Col suo oro, i suoi prodotti agricoli e i suoi potenziali schiavi, la Gallia fece di Cesare l’uomo più ricco di Roma. E questa ricchezza egli la spartì con ufficiali come Decimo. Dopo la sua vittoria in mare al largo della Bretagna nel 56 a.C., vediamo ricomparire Decimo nel 52 a.C., quando una vasta rivolta dei Galli fu sul punto di sconfiggere il dominio romano. Nel giorno più drammatico della guerra, prese parte all’assedio di Alesia (nella zona dell’attuale Borgogna). Secondo quanto narra Cesare, fu lui a dare l’avvio al contrattacco in risposta a un’offensiva dei Galli, e Cesare lo seguì, ben visibile col suo mantello color porpora. Il nemico cedette, e la guerra terminò, se si eccettuano i rastrellamenti dell’anno seguente.
Nel 50 a.C. Decimo fece ritorno a Roma per il suo primo incarico elettivo, quello di questore, un magistrato addetto al tesoro8. Quello stesso anno, ad aprile, si sposò con Paola Valeria, di famiglia nobile. Il fatto destò scandalo, dato che per sposare Decimo la donna divorziò dal suo precedente marito, che era un uomo in vista, lo stesso giorno in cui doveva rientrare dal suo incarico in una provincia9. Un anno dopo questo matrimonio, nel 49 a.C., scoppiò la guerra civile fra Cesare e i suoi oppositori oligarchici. Gli avversari di Cesare lo consideravano un uomo affamato di potere, un demagogo populista che minacciava il loro sistema di vita. Da parte sua, Cesare li riteneva dei reazionari di ristrette vedute che offendevano il suo onore; e nessuno teneva al proprio onore come un nobile romano.
I principali oppositori di Cesare erano Pompeo e Catone. Pompeo il Grande – Gneo Pompeo Magno – non era un ideologo; difatti, era l’ex alleato politico di Cesare, nonché suo genero. Era un conquistatore, che le vicende della sua carriera avevano portato in Spagna, nell’Asia romana (la moderna Turchia) e nel Levante: fu il più grande generale vivente prima dell’affermazione di Cesare. Marco Porcio Catone, noto anche come Catone il Giovane, era un senatore di primo piano, fedele alla tradizionale idea di uno Stato libero guidato da una élite saggia e facoltosa; veniva preso in giro perché pensava che Roma incarnasse la Repubblica platonica, mentre altri non vi vedevano altro che la feccia di Romolo10. Era l’acerrimo nemico di Cesare.
La maggior parte della famiglia di Decimo tendeva a simpatizzare per Pompeo e per Catone, e i fratelli di sua moglie combattevano nelle loro file. In età adulta, Decimo venne adottato dalla famiglia di Postumio Albino, un clan patrizio che asseriva di avere un antenato che si era opposto ai re di Roma, e anche la sua famiglia adottiva aveva tendenze conservatrici. Tuttavia, Decimo rimase nel campo di Cesare. Probabilmente fu nel 49 a.C. che coniò delle monete per celebrare le sue vittorie in Gallia, la sua fedeltà, il suo senso del dovere e il suo spirito unitario, tutti temi propagandistici utilizzati da Cesare nel contesto della guerra civile11.
Quello stesso anno Cesare lo nominò ammiraglio per l’assedio della città di Massilia (Marsiglia), importante porto marittimo e base navale sulla costa mediterranea della Gallia, che appoggiava i nemici di Cesare. Nei sei mesi di lotta che ne seguirono, Decimo distrusse la flotta della città, meritandosi gli elogi di Cesare per aver dimostrato vigore, spirito, abilità oratoria, preveggenza e rapidità in combattimento. Dette un potente impulso propagandistico alla causa di Cesare, poiché fino ad allora era stato Pompeo a monopolizzare la gloria per le imprese navali12.
A questo punto Cesare fece ritorno in Italia, per poi dirigersi a oriente per la resa dei conti con Pompeo. Lasciò Decimo a rappresentarlo a Massilia con l’incarico di governatore della Gallia fino al 45 a.C. Decimo poi accrebbe ulteriormente la propria fama militare sconfiggendo la rivolta dei Bellovaci, che avevano fama di essere i migliori guerrieri di tutta la Gallia13. Era come...

Indice dei contenuti

  1. Parte prima. Ritorno a Roma
  2. Capitolo 1. Sul carro con Cesare
  3. Capitolo 2. Gli uomini migliori
  4. Capitolo 3. Una decisione nella villa di Cesare
  5. Capitolo 4. L’ultimo trionfo di Cesare
  6. Parte seconda. Sangue sulle pietre
  7. Capitolo 5. Nascita di un complotto
  8. Capitolo 6. Il reclutamento degli assassini
  9. Capitolo 7. Cesare esce di casa
  10. Capitolo 8. L’omicidio
  11. Capitolo 9. Una repubblica in bilico
  12. Capitolo 10. Un funerale memorabile
  13. Parte terza. Inversione di rotta
  14. Capitolo 11. La lotta per l’Italia
  15. Capitolo 12. La vendetta
  16. Capitolo 13. Augusto
  17. Nota sulle fonti
  18. Cronologia
  19. I personaggi principali
  20. Ringraziamenti