Tauroetica
eBook - ePub

Tauroetica

  1. 124 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

«Che cosa abbiamo fatto e che cosa facciamo con gli animali? In che misura la nostra relazione con essi ha plasmato la nostra civiltà e azzardo la nostra 'umanità'?»Gli animali sono 'umani' nella stessa misura in cui gli uomini sono animali? La loro felicità e la loro salute fanno parte dei nostri doveri morali? Quali sono, nello specifico, questi doveri? Con loro abbiamo stipulato un contratto come con i nostri compagni di genere o istituito soltanto un protocollo di comportamenti che dobbiamo regolare in modo specifico, specie per specie? È peggiore la morte del toro in corrida o la vita di un animale da macello? Perché invochiamo rispetto per gli animali che ci ispirano pena e tenerezza e non per quelli che ci provocano ribrezzo o paura? Cosa significa esattamente far soffrire gli animali? E di cosa hanno realmente bisogno?Ovviamente gli animali soffrono, come tutti gli altri esseri viventi: buona parte degli animali che non sono mai stati in contatto con l'uomo soffrono, in certi momenti della loro vita, forse più della maggioranza di gatti, cani, cavalli, mucche, tori ecc. che convivono con gli umani. La Natura qualsiasi cosa sia quell'insieme di fatalità che chiamiamo con tale prosopopea pianifica o permette cacce, carestie, stragi e anche raffinate torture che garantiscono agli animali un'esistenza dolorosa come, ad esempio, la nostra. Ci sono uomini che sembrano soffrire per il dolore altrui, ma ciò si deve al fatto che noi umani lo si voglia o no abbiamo una vena anti-naturale: poche cose come la compassione sono meno naturali e più estranee ai cosiddetti processi naturali.Le domande che si pone Savater sono tanto pertinenti quanto spiazzanti, e ancora più spiazzanti sono le sue risposte.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Tauroetica di Fernando Savater, Andrea De Benedetti in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Saggi di filosofia. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

1. Prologo

Nella Storia si parla troppo poco degli animali
Elias Canetti
La provincia dell’uomo
La ragione principale per la quale vengono pubblicate queste pagine (e per la quale, in gran parte, sono state scritte) è il dibattito avviato dal Parlamento della Catalogna a seguito di un’iniziativa cittadina che chiede l’abolizione delle corride di tori nella regione autonoma[1].
Non è azzardato supporre che, se la proposta diventerà legge, seguiranno iniziative simili in altre regioni, anche se con minori probabilità di successo (in Catalogna abolire la corrida è una scelta politicamente vantaggiosa, in quasi tutto il resto della Spagna no). In ogni caso, la vecchia polemica relativa alla corrida, ai suoi presunti valori simbolici e artistici o alla sua altrettanto presunta brutalità antimoderna è tornata prepotentemente d’attualità. E oggi, a differenza di altre epoche, il dibattito si svolge in un contesto generalizzato di sensibilità ecologica pro-animalista che ha trasformato in opinione diffusa ciò che un tempo era considerato un capriccio da intellettuali stravaganti, contrario al senso comune.
In termini di conseguenze sociali (e anche economiche), le decisioni che verranno adottate dal Parlamento catalano, per quanto di portata locale, rischiano di ripercuotersi anche su scala nazionale, soprattutto se risulteranno favorevoli alla tesi abolizionista. Ma da un punto di vista filosofico – quello che ci interessa in questa sede – la questione più rilevante è il dibattito stesso, specialmente per le sue implicazioni etiche (l’atteggiamento morale da tenere verso gli animali) e ontologiche (la relazione che ci lega alla natura). In realtà, tali questioni di fondo non sono state affrontate nel dibattito parlamentare: anzi, diciamo pure che hanno brillato per la loro assenza.
Forse il luogo e il momento per porle non erano i più opportuni, ma salvo brevi discorsi a carattere teorico che non hanno lasciato il segno, si è persa una buona occasione per riflettere su questi temi. Le considerazioni che propongo in queste pagine cercano almeno parzialmente di rimediare a tale mancanza, poiché il tema – indipendentemente dalla corrida – lo merita. Per quanto riguarda la retorica sublime che tanto infiamma sostenitori e detrattori della corrida, riconosco che mi annoiano enormemente frasi come «la tauromachia è l’espressione dell’animo spagnolo e per questo non potrà mai essere sradicata dal nostro paese», o «le corride sono forme di sadismo collettivo, antiquato e fanatico, che si alimenta della sofferenza di esseri innocenti», come pure le loro numerose varianti. Mi risulta più facile riconoscermi nelle parole dell’ammirevole Monsieur Teste di Paul Valéry: «La bêtise n’est pas mon fort».
Naturalmente, quando le discussioni hanno uno sfondo politico, gli argomenti vengono spesso interpretati in maniera distorta. Il caso a mio avviso più scandaloso è stato quello che ha avuto per protagonista il professor Jesús Mosterín, il quale, per rispondere a chi giustificava con l’argomento della tradizione il diritto a esistere delle corride, ha affermato che in certi paesi anche l’ablazione del clitoride costituisce una tradizione e non per questo è meno condannabile. L’argomento era chiaro e logicamente ineccepibile, ma ha provocato una levata di scudi da parte di numerosi politici e giornalisti, indignati dal fatto che Mosterín paragonasse l’ablazione del clitoride alla tauromachia... cosa che naturalmente non aveva fatto. Oggetto del paragone era la tradizione come fattore di legittimazione di certi usi, non gli usi in sé. Distinzione troppo sottile per i contestatori, capaci di alzare la voce e battere i piedi ma per nulla disposti a lasciarsi persuadere. Soprattutto quando si tira in ballo un tale oltraggio alla dignità delle donne... questione sulla quale nessuno è disposto a scherzare. È incredibile come, tra tutte le argomentazioni anticorrida basate sull’equivalenza implicita tra le «torture» subite dai tori e le sofferenze umane, l’unica a suonare offensiva alle orecchie dei più sia stata questo paragone concreto (e frainteso) del professor Mosterín. Per inciso, inizia a essere preoccupante il rifiuto oscurantista che una certa inquisizione pseudofemminista oppone verso qualsiasi forma di ragionamento giudicata irrispettosa nei confronti della sacra causa. Un tempo si diceva che non bisogna parlare alle stupide e alle pazze: ebbene, ogni giorno che passa sono sempre più numerose le occasioni in cui bisognerebbe attenersi a questa norma.
Mosterín, tuttavia, avrebbe potuto citare un esempio non meno utile al suo ragionamento e certamente più congruo, poiché riguarda una tradizione dotata di valore artistico (e che per di più interessa solo i maschi, con buona pace dell’irritabile genus): mi riferisco al canto dei castrati, che per secoli furono privati della loro virilità per intrattenere gli ascoltatori – tra cui predominavano gli alti ecclesiastici e i sovrani – con la raffinatezza dei loro gorgheggi. Per quanto elevato fosse il piacere estetico provocato dalla voce di queste creature mutilate, oggi consideriamo giustificata da ragioni di decenza umanitaria – dunque, strettamente etiche – l’abolizione della crudele pratica che rendeva possibili i loro acuti.
Naturalmente in questo caso, come in quello non meno drammatico dell’ablazione del clitoride (in cui non si insegue un piacere ma semplicemente si proibisce quello femminile), le vittime sono esseri umani, non animali. Ma non si potrà applicare lo stesso criterio al caso della corrida, in cui una tradizione artistica si basa anch’essa sul dolore di esseri viventi?
Che le corride costituiscano una tradizione è un dato indubbio, anche se – osserva giustamente il professor Mosterín – il radicamento ancestrale non legittima di per sé né le feste, né i comportamenti, né nulla di nulla: scusate, ma siamo moderni. Ed essere moderni vuol dire avere pregiudizi favorevoli verso ciò che è nuovo, non verso ciò che è antico. Dirò di più: anche la tauromachia racchiude un suo innegabile valore artistico, soprattutto in un’epoca come la nostra così generosa nel concedere la patente di «arte» ai prodotti e alle attività più insospettabili. Ci manca solo che possiamo chiamare «opera d’arte» l’orinatoio di Duchamp o qualsiasi piatto decostruito di Ferrán Adriá e non una grande esibizione di Curro Romero! E tuttavia nemmeno la perfezione estetica serve come certificato universale di buona condotta: pensate di nuovo ai castrati...
Da parte loro, i volenterosi militanti anticorrida hanno coniato il motto «la tortura non è cultura». E che altro sarebbe, di grazia? Piaccia o no, la tortura è cultura, al pari dei missili terra-aria o dello spionaggio industriale. Avrebbero potuto sostenere che la tauromachia – una tortura, a loro modo di vedere – è una forma di cultura da condannare, come tanti altri prodotti culturali che a volte accettiamo e in altri casi cerchiamo di estirpare: pensiamo alla tortura di esseri umani, per quanto si possa considerare «culturale» una tale forma di barbarie.
Dunque, coloro che propongono di vietare per legge la corrida non lo fanno in nome di un sentimento personale di condanna e ripugnanza verso di essa (la sensibilità di ognuno, per quanto nobile e «illuminata», non può trasformarsi in norma obbligatoria per gli altri) né perché ne mettono in dubbio i valori tradizionali, estetici o culturali (per non menzionare quelli economici o lavorativi), ma perché la considerano incontrovertibilmente immorale: di una immoralità, per giunta, non meramente personale, ma civile, che non può essere accettata nella società decente in cui vogliamo vivere. È questo il nocciolo della questione: le corride devono o no essere considerate immorali dal punto di vista civile? Se lo sono, nel senso che non risultano compatibili con diritti fondamentali su cui si basa la nostra Costituzione o con principi etici indiscutibili sui quali vorremmo che si basasse la civiltà, allora devono essere proibite a dispetto della tradizione e dell’arte che le attestano e per quanto possano costituire il modus vivendi professionale di numerose persone. Come ha affermato un militante antitaurino in occasione dell’ultima Settimana Santa, anche la crocifissione di Cristo ha reso possibili meravigliose opere d’arte e dato luogo a nobili tradizioni di pietà, ma non per questo consentiamo che oggi si continui a crocifiggere la gente. Ovvio che Cristo non è un toro (né una tigre, come pretendeva William Blake), ma l’Agnello di Dio, ossia un tipo di animale molto speciale e diverso rispetto agli altri. Arriviamo così alla questione di fondo: per accettare i paragoni di cui si servono gli oppositori della corrida per argomentare le loro posizioni, dobbiamo equiparare i tori agli uomini o agli esseri divini, cioè modificare il concetto abituale di animalità.
Alla riflessione su questa fondamentale questione di etica applicata è dedicata la maggior parte del libretto che avete in mano. La domanda a cui tenterò di fornire una risposta efficace è la seguente: «Gli animali sono esseri umani allo stesso modo in cui gli esseri umani sono animali? Qual è l’atteggiamento etico adeguato da tenere nei confronti delle bestie? Si devono riconoscere diritti agli animali e considerare la difesa dei loro interessi o del loro benessere come parte dei nostri doveri morali? Con loro abbiamo stipulato un contratto – come con i nostri compagni di genere – o istituito soltanto un protocollo di comportamenti che dobbiamo regolare in modo specifico, specie per specie?». È ovvio che le risposte a tali quesiti interessano tutti, appassionati di corride e no. Ed è altrettanto ovvio che queste risposte non chiamano in causa soltanto una certa forma di divertimento festivo tipico di certi luoghi (la Spagna, numerosi paesi dell’America Latina, la Camargue francese, ecc.), ma implicano delle conseguenze per quanto concerne la convivenza con gli altri esseri viventi del pianeta. Un tema controverso, dunque, che impone alcune riflessioni storiche, per quanto la nostra epoca nutra scarso interesse per la storia.
Le pagine che seguono possono essere lette in due direzioni: partendo dalla fine, dove affronto la questione specifica della tauromachia, per passare alla riflessione generale su come devono essere trattati gli animali; o al contrario, iniziando dalla riflessione più generica per arrivare a quella più concreta che l’ha motivata. In entrambi i casi, l’importante è l’indagine di fondo, non il contesto folklorico ed emotivo della discussione specifica sulla corrida. I testi della seconda parte sono scritti occasionali e in un certo senso riassumono in modo più giornalistico la mia opinione sul tema. È curioso notare che quando nel 2004 pronunciai il discorso di inaugurazione della Feria de Abril a Siviglia (che apre la seconda parte di questo libro), gruppi di cittadini si adoperavano per dichiarare Barcellona «città detaurinizzata», mentre un paio di anni più tardi José Tomás trionfava nell’arena della capitale catalana facendo il tutto esaurito. Ora è il Parlamento della Catalogna a riproporre il tema. E io sono di nuovo qui, pronto a discutere con tutti un’altra volta... e tutte quelle di cui ci sarà bisogno. Certamente non spero di «convertire» nessuno al mio modo di pensare[2], ma mi piacerebbe convincere i lettori che il pensiero non è mai di troppo quando cerchiamo di stabilire principi e fissare norme di vita, persino quando, per emotività o testardaggine, i temi sembrano destinati a essere risolti sull’onda dell’impulso momentaneo e di sentimenti confusi.
Aprile 2010

2. Il nostro atteggiamento morale verso gli animali

Frate Francesco, non ti avvicinare troppo...
Rubén Darío
Le ragioni del lupo
La scrittrice americana Zenna Henderson è forse la prima donna ad aver occupato un posto di rilievo nella storia della fantascienza, un genere letterario di tono e pertinenza prettamente maschili, almeno agli inizi: i suoi racconti sul Popolo (comunità di extraterrestri, più simili a esiliati che a invasori, che cercano di intendersi con gli umani e di difendersi da essi con uno sforzo simile a quello con cui il persiano di Montesquieu cercava di comprendere i parigini) sono paragonabili alle Cronache marziane di Ray Bradbury e non hanno nulla da invidiare a tale illustre precedente. Il mio preferito della saga di Zenna Henderson si intitola Tutte le sue creature (citazione di un versetto del Salmo 136: «Egli alimenta tutte le sue creature, perché per sempre è la sua misericordia»): racconta l’arrivo, cui assiste soltanto un prete, di una navicella proveniente da un altro pianeta in un paesino del New Mexico; i suoi occupanti sono una femmina aliena e i suoi figli, i quali, affamati in seguito al lungo viaggio, vengono nutriti dal sacerdote con qualsiasi alimento vegetale e animale a sua disposizione (compreso un toro selvatico, che la mamma terrestre uccide con un notevole sfoggio di potenza). Purtroppo nulla funziona: i nuovi arrivati vomitano tutto ciò che viene loro offerto, finché il morso casuale di uno dei cucci...

Indice dei contenuti

  1. Prima parte
  2. 1. Prologo
  3. 2. Il nostro atteggiamento morale verso gli animali
  4. Seconda parte
  5. 3. Orazione taurina
  6. 4. Toro o mai più
  7. 5. La fattoria degli animali
  8. 6. Chi va con lo zoppo
  9. 7. Il coraggio della bestia
  10. Appendice
  11. 8. Il ritorno del Sant’Uffizio
  12. 9. La barbarie della compassione
  13. 10. Animalisti non umanisti
  14. Congedo