Cucina politica
eBook - ePub

Cucina politica

Il linguaggio del cibo fra pratiche sociali e rappresentazioni ideologiche

  1. 328 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Cucina politica

Il linguaggio del cibo fra pratiche sociali e rappresentazioni ideologiche

Informazioni su questo libro

Il cibo è uno straordinario strumento di comunicazione. È una forma di linguaggio che comunica idee e valori, caricando il gesto del mangiare di significati che pur cambiando nel tempo e nello spazio hanno sempre una straordinaria forza espressiva – quella che solo gli oggetti e le pratiche d'uso quotidiano possono avere. Questo libro descrive la dimensione politica del linguaggio alimentare, in due direzioni. Da un lato guarda al cibo come segno di appartenenza a una comunità, capace di definire l'identità di gruppi sociali, economici, culturali, religiosi – per ciò stesso assumendo una dimensione politica. Dall'altro guarda alle azioni promosse dai pubblici poteri per garantire sicurezza alimentare ai sudditi, o cittadini: politici sono quegli interventi; politici i 'discorsi' che li accompagnano, facendone veicolo di propaganda e di narrazioni collettive. Intrecciando e facendo interagire tali prospettive, il 'linguaggio del cibo' non si limita a esprimere il reale, ma contribuisce a crearlo – come tutte le forme di comunicazione. I saggi del volume si muovono liberamente nel tempo e nello spazio, attraversando i territori della storia, dell'antropologia, della semiotica, della filosofia, della storia dell'arte. Approcci diversi e complementari, che evidenziano le sorprendenti potenzialità della storia dell'alimentazione come chiave di accesso alla storia.

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Informazioni

Il re fornaio.
Economia morale e politica
del cibo nell’età di Luigi XIV
(con uno sguardo a Carlo Magno)1
di Jean-Pierre Devroey

Il 5 e il 6 ottobre 1789 vanno annoverati fra i giorni più importanti della rivoluzione francese2. Quando, la sera del 6 ottobre, Luigi XVI rinunciò al diritto di veto che spettava al re e ratificò la Costituzione e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, accettò di fatto la fine della monarchia assoluta. La folla che si era recata a Versailles riportò il re a Parigi, riunendo nella capitale i due rami del potere costituzionale. Queste vicende sono direttamente collegate alla disponibilità e alla diffusione dei prodotti alimentari di sussistenza: infatti, nonostante gli abbondanti raccolti che avevano seguito la bassa produttività dell’anno precedente, il pane continuava a scarseggiare e a essere molto costoso a Parigi, alimentando voci di cospirazioni in corso e un clima di sospetto e agitazione tra la folla3.
La cattiva qualità del cibo si aggiungeva all’amarezza dello scontento: il colore nero del pane, il sapore di terra, l’odore disgustoso, la farina nuova avariata o viziata da miscele che avrebbero potuto rendere velenoso il cibo destinato a sostenere la vita. Tutta la città era dominata da un terribile sospetto e serpeggiava una furia sorda che aspettava solo un’opportunità e un motivo preciso per scoppiare in aperta violenza4.
Insieme con le tensioni fra il re, l’assemblea costituente e le varie fazioni politiche, la carenza di pane influenzò fortemente le vicende di quei giorni e anche il modo in cui quegli avvenimenti furono ricordati dalle persone che vi presero parte. Il 22 luglio 1789 l’ultimo intendente di Parigi, Bertier de Sauvigny, e suo suocero Foullon furono uccisi da una folla di rivoltosi, poiché erano stati accusati di aver cospirato per far aumentare il prezzo del grano5. Il 12 luglio il re aveva nominato Foullon controllore generale delle finanze al posto di Necker. Secondo Jules Michelet, l’opinione pubblica attribuiva affermazioni crudeli a Foullon: «se il popolo ha fame, bruchi l’erba... Pazienza! Lasciate che sia ministro e gli farò mangiare del fieno; i miei cavalli ne mangiano pure»6; inoltre, si dice che egli abbia pronunciato questa terribile minaccia: «bisogna falciare la Francia [il faut faucher la France7. Arrestato e riportato a Parigi, Foullon fu la prima persona a essere impiccata a un lampione durante la rivoluzione, poi fu decapitato e gli fu messo del fieno in bocca. Da parte sua, Bertier fu rimproverato dalla folla per averle fatto mangiare pane di pessima qualità e quando fu riportato a Parigi dopo il suo arresto, la folla gettò del pane nero nella sua carrozza gridando: «prendi, miserabile, ecco il pane che ci facevi mangiare!»8. Questo corteo minaccioso era preceduto da uomini che reggevano cartelli che ne tessevano le lodi così: «Ha rubato al re e alla Francia. – Ha divorato la sostanza del popolo. – È stato lo schiavo dei ricchi e il tiranno dei poveri. – Ha bevuto il sangue della vedova e dell’orfano. – Ha ingannato il re. Ha tradito la patria»9.
L’arrivo del reggimento delle Fiandre a Versailles, il 1° ottobre, fu festeggiato con un banchetto. Secondo il racconto che presto giunse a Parigi, la coccarda tricolore era stata distrutta e sostituita con la coccarda bianca e dai colori del re e della regina, il bianco e il nero10. Questo racconto agitò molto l’opinione pubblica a causa delle ingenti somme pagate ai fornitori per il cibo. Il 5 ottobre Mirabeau chiese pubblicamente al re «di intervenire con la sua autorità e di giustificare una volta per tutte questi cosiddetti banchetti patriottici la cui magnificenza insultava la miseria di quei tempi»11. La regina era il bersaglio principale dell’opinione pubblica: si sospettava che volesse porre il re alla testa delle truppe lealiste e fargli lasciare Versailles; inoltre si commentava: «la regina ha partecipato al banchetto, è stato un insulto alla carestia»12.
Il 5 ottobre, una folla composta prevalentemente da donne che lavoravano ai mercati generali e nell’industria alimentare si recò all’Hôtel de Ville per chiedere al comune di prendere misure che sopperissero alla mancanza di cibo. Molte migliaia di loro, a cui presto si unirono la milizia e la Guardia nazionale, si diressero a Versailles, dove si trovavano il re e l’Assemblea nazionale, per chiedere che il problema del pane fosse messo in cima alla lista degli affari da trattare e che il prezzo del pane e della carne fosse ridotto. Una delle pescivendole che avevano occupato l’Assemblea replicò al presidente Mounier, che cercava di riportare il silenzio nell’aula, gridando: «Fate tacere quel chiacchierone! Non si tratta di questo, si tratta di avere del pane!»13. Nelle prime ore del mattino il palazzo fu invaso dalla folla e il re dovette accettare di trasferirsi nella capitale. Come scrive lo storico Jules Michelet, alla fine del secondo giorno (il 6 ottobre)
Tutta la folla si mette in moto, si dirige verso Parigi, precedendo il re e seguendolo. Uomini e donne vanno, come possono, a piedi, a cavallo, in fiacre, sulle carrette che si trovano lungo la strada, sugli affusti dei cannoni. La folla incontrò un convoglio di farine: ottima cosa per una città affamata. Le donne portavano infilati sulla cima delle picche grossi pani; altre, rami di pioppo già ingialliti dall’autunno. Erano molto allegre, e a loro modo gentili, se si eccettui qualche frizzo indirizzato alla regina. «Noi portiamo», gridavano, «il fornaio, la fornaia e il piccolo garzone». Tutte pensavano che, avendo tra loro il re, non avrebbero più corso il pericolo di morire di fame. Tutte erano ancora realiste, piene di gioia perché si sentivano sicure di mettere finalmente quel buon papà in buone mani; egli non era una gran testa, aveva mancato di parola; tutta colpa di sua moglie; ma, una volta a Parigi, non sarebbero mancate delle brave donne che lo avrebbero consigliato per il meglio14.
«Ovunque», scrisse Pierre-Joseph Roubaud nel «Journal de l’agriculture, du commerce et des finances» nel gennaio 1772, «la necessità di mangiare darà forza alle rivoluzioni»15. Come i vermi nella carne avariata servita ai marinai della corazzata Potëmkin, la carenza di pane del 1789 costituì la causa scatenante e il fattore legittimante della violenza popolare. Al culmine della rivolta, un soldato della Guardia nazionale esclamò: «non possiamo puntare le nostre baionette contro un popolo e delle donne che ci chiedono il pane»16. Al di là degli obiettivi “politici”, la folla di donne si occupava di economia morale e pretendeva che il re fosse garante del buon rifornimento dei viveri, anche a dispetto del declino della monarchia assoluta e nonostante il fatto che negli ultimi due decenni l’autorità regia aveva dato il suo pieno consenso alla liberalizzazione del commercio dei cereali propugnata dai fisiocratici e attuata dal ministro Turgot nel 177417.
Lo slogan impiegato dal popolo esprimeva appieno il principio del re nutritore, ossia che se il re fosse stato presente a Parigi il pane non sarebbe più mancato. Questa è la formulazione originale della frase, che è citata nel Rapport par M. Chabroud sur la procédure du Châtelet au sujet de l’affaire du 6 octobre 1789: «Nous aurons du pain, nous emmenons le boulanger, la boulangère et le petit mitron»18 (Noi avremo il pane, noi prenderemo il forn...

Indice dei contenuti

  1. Il linguaggio del cibo di Massimo Montanari
  2. Assaggi storici
  3. Alla tavola di Carlo Magno. Modelli alimentari e comunicazione politica di Massimo Montanari
  4. Un pranzo puramente politico? Il “banchetto diplomatico” in Francia nei secoli XIV e XV di Bruno Laurioux
  5. I banchetti come rituale politico (secoli XV e XVI) di Antonella Campanini
  6. Il gusto del potere. Tra arte, alimentazione e politica di Fabrizio Lollini
  7. «Dei cibi che usavano i signori» Lessico gastronomico e progettualità politica nel mondo coloniale della Nuova Spagna (XVI sec.) di Davide Domenici
  8. Il re fornaio. Economia morale e politica del cibo nell’età di Luigi XIV (con uno sguardo a Carlo Magno) di Jean-Pierre Devroey
  9. Mappe mentali, confini e politiche:tra nazionalismo e sovranismo di Ilaria Porciani
  10. Cibo e comunità politica nella prima metà del Novecento di Paolo Capuzzo
  11. Ascesa e declino della dieta maoista di Françoise Sabban
  12. Politiche globali e sicurezza alimentare di Silvia Salvatici
  13. Ricette o politica di Alberto Capatti
  14. Cibo e patrimonio, una questione politica di Laura Di Fiore
  15. Nativismi e contagi di Fabio Parasecoli
  16. Assaggi semiotici e filosofici
  17. Politiche della cucina: una prospettiva semiotica di Gianfranco Marrone
  18. Dietetica e politica: regimi di senso di Ilaria Ventura Bordenca
  19. Propaganda alimentare di Dario Mangano
  20. Cinema e politiche del vino di Francesco Mangiapane
  21. Dal tavolo alla città (e ritorno) di Alice Giannitrapani
  22. Il gusto come senso estetico-politico di Maddalena Borsato
  23. L’olfatto come senso estetico-politico di Elena Mancioppi
  24. Cucinare come educazione estetica e politica di Nicola Perullo
  25. Gli autori