Anna Karenina
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Anna Karenina

  1. 960 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Anna è giovane, bella e sposata a un uomo che non ama: quando incontra Vronskij, brillante ufficiale, con spavento e gioia se ne scopre attratta. Per Vronskij lascia marito e figlio, ma allo spegnersi dell'amore di lui si rifiuta di tornare sui propri passi e decide da sé quale dev'essere la fine. Il contraltare di Anna è il tormentato Levin, che cerca la sua strada lontano dal mondo aristocratico da cui proviene, nella semplicità della terra, nella fede. Nella vasta architettura del romanzo, Tolstoj osserva i suoi personaggi - Levin in cui mise così tanto di sé, l'amatissima Anna - mentre si muovono alla disperata ricerca di quei pochi, intensi spiragli di luce e di felicità che la vita concede agli uomini e alle donne. Pubblicato in volume a Mosca nel 1878

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817059749
eBook ISBN
9788858629994

SECONDA PARTE

I

Alla fine dell’inverno in casa Ščerbackij si tenne un consulto allo scopo di stabilire quali fossero le condizioni di salute di Kity e quali provvedimenti adottare per ristabilire le sue deboli forze. Era malata e, con l’avvicinarsi della primavera, la sua salute stava peggiorando. Il medico di famiglia dapprima le aveva dato olio di fegato di merluzzo, poi ferro, poi nitrato d’argento; visto però che né il primo, né il secondo, né il terzo avevano avuto effetto, e visto che il medico di famiglia aveva consigliato di partire per l’estero con l’inizio della primavera, venne chiamato un medico di fama. Il medico di fama, uomo ancora piuttosto giovane e assai bello, pretendeva di visitare l’ammalata. Questo dottore insisteva, e si sarebbe detto con particolare compiacimento, che il pudore verginale era solo un residuo della barbarie e che non c’era nulla di più naturale del fatto che un uomo ancora piuttosto giovane tastasse una giovane ragazza svestita. Lui lo trovava naturale poiché lo faceva ogni giorno e, facendolo, così gli sembrava, non provava né pensava niente di male, motivo per cui considerava il residuo di pudore non solo una barbarie, ma anche un’offesa personale.
Ci si doveva rassegnare dato che, nonostante tutti i medici studiassero alla stessa scuola, sugli stessi libri e conoscessero la stessa scienza, e nonostante taluni dicessero che quel medico di fama non era affatto bravo, in casa della principessa e nel suo ambiente si riteneva per qualche ragione che solo il medico di fama avesse particolari conoscenze e che lui solo avrebbe potuto salvare Kity. Dopo aver accuratamente visitato e picchiettato l’ammalata, imbarazzata e paralizzata dalla vergogna, e dopo essersi lavato con perizia le mani, il medico di fama si trovava ora in piedi in salotto e parlava col principe. Mentre ascoltava il dottore, il principe s’incupiva e tossicchiava. In quanto persona vissuta, non stupida e sana, non credeva nella medicina e, in cuor suo, provava rabbia per tutta quella commedia, tanto più che era probabilmente l’unico a comprendere pienamente la causa della malattia di Kity. “Sei proprio un ‘fanfarone’!” pensava ascoltando le sue chiacchiere sui sintomi della malattia della figlia e attribuendo mentalmente al medico di fama quell’epiteto del gergo dei cacciatori. Dal canto suo, il dottore si sforzava a malapena di trattenere un’espressione di disprezzo per quel vecchio signorе e di abbassarsi al suo misero livello concettuale. Capiva che parlare al vecchio non serviva a niente e che in quella casa era la madre a comandare. Con lei si riproponeva di sciorinare tutte le sue perle. E in quel momento la principessa entrò in salotto con il medico di famiglia. Il principe si appartò cercando di non far notare quanto considerasse ridicola tutta quella commedia. La principessa era a disagio e non sapeva che fare. Si sentiva colpevole nei confronti di Kity.
«Allora dottore, decidete il nostro destino» disse la principessa. «Ditemi tutto.» “C’è speranza?” voleva dire, ma le sue labbra presero a tremare e non riuscì a pronunciare quella domanda. «Allora, dottore?…»
«Ora, principessa, mi consulterò con il collega e dopo sarò onorato di riferirvi il mio parere.»
«Dobbiamo lasciarvi soli?»
«Come desiderate.»
La principessa sospirò e uscì.
Quando i medici restarono soli, quello di famiglia cominciò a esporre timidamente la propria opinione; secondo lui c’era un principio di processo tubercolotico, tuttavia… eccetera. Il medico di fama lo ascoltò e, a metà del discorso, diede un’occhiata al suo grosso orologio d’oro:
«È così» disse. «Ma…»
E il medico di famiglia tacque ossequiente a metà discorso.
«Come sapete, non possiamo stabilire un principio di processo tubercolotico; finché non si formano i tubercoli non si ha nulla di definito. Ma un sospetto possiamo averlo. E i sintomi ci sono: cattivo appetito, eccitazione nervosa eccetera. La questione va posta così: se si sospetta un processo tubercolotico, cosa si può fare per supportare la nutrizione?»
«Ma voi lo sapete bene, qui ci sono sotto motivazioni interiori, mentali» si permise di dire il medico di famiglia con un sottile sorriso.
«Questo va da sé» rispose il medico di fama guardando ancora una volta l’orologio, poi domandò: «Chiedo umilmente scusa, ma non sapete se il ponte Jauzskij è stato ripristinato o se si deve ancora fare tutto il giro?… Ah, se l’hanno rimesso in funzione, allora in venti minuti posso esserci. Dicevamo, dunque, che la questione va posta così: supportare la nutrizione e guarire i nervi. Una cosa è collegata all’altra, si deve agire sui due fronti.»
«Ma il viaggio all’estero?» chiese il medico di famiglia.
«Io sono contrario ai viaggi all’estero. E consentitemi di considerare: se c’è un principio di processo tubercolotico, cosa che non possiamo sapere, allora il viaggio all’estero non gioverà. È necessaria una cura che supporti la nutrizione senza danni.»
E il medico di fama espose il suo piano terapeutico a base di acque di Soden, la cui somministrazione, evidentemente, aveva la fondamentale funzione di non poter essere dannosa.
Il medico di famiglia ascoltò tutto attentamente e rispettosamente.
«Ma a favore del viaggio all’estero vedrei un mutamento delle abitudini, la lontananza da situazioni che provocano il ricordo. E poi lo vuole la madre» disse lui.
«Ah, beh, se è così, che posso dire, che partano; solo che questi ciarlatani tedeschi la danneggeranno… Bisognerebbe che ascoltassero… Comunque, che partano pure…»
E guardò di nuovo l’orologio.
«Oddio! È ora» e si avviò alla porta.
Il medico di fama (come suggeriva il senso del decoro) annunciò alla principessa che avrebbe dovuto vedere la malata ancora una volta.
«Ma come! Deve visitarla ancora?» esclamò la madre inorridita.
«Ma no, solo alcuni dettagli, principessa.»
«Favorisca allora.»
E la madre, accompagnata dal dottore, entrò in salotto da Kity. Smagrita e arrossata, con un particolare bagliore negli occhi causato dall’onta subita, Kity era in piedi al centro della stanza. Quando entrò il dottore, ebbe un fremito e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Tutta quella malattia e quelle cure le parevano una cosa così stupida e persino buffa! Curarsi le pareva altrettanto stupido che incollare i pezzi di un vaso rotto. Ma come facevano a volerla curare con pillole e polverine? Ma non poteva offendere la madre, tanto più che la madre si sentiva in colpa.
«Cerchi di sedersi, principessina» disse il medico di fama.
Con un sorriso il dottore si sedette davanti a lei, le sentì il polso e di nuovo le rivolse le solite noiose domande. Lei rispose, ma poi, di colpo, si alzò incollerita:
«Scusatemi, dottore, ma questo davvero non ci porterà da nessuna parte, è la terza volta che mi chiedete le stesse cose».
Il medico di fama non si offese.
«Irritazione morbosa» disse alla principessa quando Kity uscì. «Comunque ho finito.»
E alla principessa, come dinanzi a una donna d’intelligenza eccezionale, il dottore espose in termini scientifici la condizione della principessina e concluse insistendo che bevesse le acque che non servivano a niente. Alla domanda se si dovesse andare all’estero, il dottore si profuse in riflessioni come stesse affrontando un problema complesso. Finalmente si giunse a una decisione: partire, ma senza fidarsi dei ciarlatani e, per ogni cosa, rivolgersi a lui.
Quando il dottore se ne andò, era come se fosse successo qualcosa di bello. La madre tornò dalla figlia di buon umore e anche Kity simulò di essere allegra. Le capitava spesso, quasi sempre, di dover fingere.
«Davvero sto bene, maman! Ma se volete partire, partiamo pure!» disse e, cercando di mostrarsi interessata al viaggio imminente, cominciò a parlare dei preparativi per la partenza.

II

Dopo il dottore arrivò Dolly. Sapeva che quel giorno si sarebbe tenuto un consulto e, nonostante si fosse da poco ristabilita dopo il parto (alla fine dell’inverno aveva avuto una bambina), nonostante avesse le sue molte afflizioni e preoccupazioni, aveva lasciato la neonata e una figlia malata, e aveva fatto un salto per sapere della sorte di Kity che veniva decisa quel giorno.
«Beh, allora?» disse, entrando in salotto senza togliersi il cappello. «Siete tutte allegre. Davvero va tutto bene?»
Provarono a raccontarle cosa avesse detto il dottore, ma risultò che, sebbene costui avesse parlato a lungo e in modo molto appropriato, non c’era alcuna possibilità di riferire ciò che aveva detto. Era interessante solo il fatto che era stato deciso di partire per l’estero.
Senza volerlo Dolly sospirò. La sua migliore amica, sua sorella, stava per partire, e la sua vita personale non era allegra. Dopo la riconciliazione, i suoi rapporti con Stepan Arkad’evič erano divenuti umilianti. La saldatura operata da Anna non si era rivelata salda e l’intesa familiare si era spezzata nello stesso punto. Non c’era nulla di concreto, ma Stepan Arkad’evič non era quasi mai in casa e a casa non c’erano quasi mai neppure i soldi: i sospetti delle sue infedeltà tormentavano continuamente Dolly, che ormai li respingeva temendo le già sperimentate sofferenze della gelosia. Quello che era stato il primo impeto di gelosia, una volta superato, non avrebbe più potuto ripetersi e neppure la scoperta di un tradimento le avrebbe più fatto lo stesso effetto della prima volta. Una simile scoperta, adesso, l’avrebbe solamente privata delle consuetudini familiari, per cui si lasciava ingannare, disprezzando lui e soprattutto se stessa per la propria debolezza. Oltretutto, la tormentavano senza sosta gli oneri dеlla numerosa famiglia: ora non procedeva l’allattamento della piccola, ora se n’era andata la bambinaia, oppure, come in quel momento, s’era ammalato uno dei figli.
«Allora, come vanno le cose da te?» chiese la madre.
«Oh, maman, qui avete già una grande disgrazia. Lily si è ammalata e temo sia scarlattina. Sono uscita proprio per sapere di Kity, perché, se è scarlattina, Dio ci scampi, resterò immobilizzata a casa senza più poter uscire.»
Anche il vecchio principe, dopo che il dottore se n’era andato, era uscito dal suo studio e, porta la guancia a Dolly, dopo averle parlato un po’, si rivolse alla moglie:
«Allora pensate di partire? Beh, e cosa volete che faccia io?».
«Penso che tu resterai, Aleksandr Andreevič» disse la moglie.
«Come volete.»
«Maman, ma perché papà non può venire con noi?» disse Kity. «Starebbe meglio lui e staremmo meglio noi.»
Il vecchiо principe si alzò e carezzò Kity sui capelli. Lei sollevò il viso e, con un sorriso forzato, lo guardò. Le era sempre sembrato che in famiglia lui la capisse meglio di tutti, anche se con lei parlava poco. Essendo la più piccola, era la prediletta del padre e le sembrava che quell’affetto per lei lo rendesse perspicace. E ora, incontrando i suoi occhi azzurri e buoni che la fissavano da quel viso rugoso, le sembrava che le leggesse dentro e comprendesse tutto il male che avveniva in lei. Arrossendo, Kity si sporse verso di lui in attesa di un bacio, ma lui si limitò a passarle la mano sui capelli e proferì:
«Questi stupidi chignons! La tua vera figlia neppure arrivi a toccarla e accarezzi i capelli di qualche contadina morta. E allora, piccola Dolly,» e si rivolse alla figlia maggiore «che combina il tuo bellimbusto?».
«Niente, papà» rispose Dolly comprendendo che stava parlando del marito. «È sempre in giro, praticamente non lo vedo» non poté non aggiungere con un sorriso sarcastico.
«Ma come, non è ancora partito per la campagna a vendere il bosco?»
«No, deve sempre andarci.»
«Ma bravo!» proferì il principe. «Devo forse andarci io? Ubbidisco!» e si rivolse alla moglie sedendosi. «E tu, Katja,» aggiunse rivolgendosi a Kity «tu, un bel momento, un bel giorno, svegliati e di’ a te stessa: sto benissimo, sono allegra, e me ne vado di nuovo col mio papà a passeggiare al gelo la mattina presto. Eh?»
Sembrava molto semplice quello che le aveva detto il padre, ma Kity, a udire quelle parole, provò imbarazzo e smarrimento come un delinquente di strada. “Certo, lui sa tutto, capisce tutto e con queste parole mi sta dicendo che, nonostante la vergogna, la devo superare.” Non poteva trovare la forza interiore per rispondere. Cercò di dire qualcosa, ma di colpo scoppiò a piangere e corse via dalla stanza.
«Eccoli i tuoi giochetti!» e la principessa se la prese col marito. «Tu ogni volta…» e cominciò la sua predica.
Il principe ascoltò piuttosto a lungo e in silenzio i rimproveri della principessa, ma il suo viso s’incupiva sempre più.
«Fa così pena, poverina, fa così pena, e tu non capisci che le fa male ogni allusione a quello che lo ha causato. Eh! Ma com’è possibile sbagliarsi così con le persone!» disse la principessa e, dal mutamento del suo tono, Dolly e il principe compresero che stava parlando di Vronskij. «Non capisco perché non ci siano delle leggi contro persone così abiette e ignobili.»
«Ah! Era meglio se non sentivo!» disse cupo il principe alzandosi dalla poltrona come desiderasse andarsene, ma si fermò sulla porta. «Le leggi ci sono, amica mia, e visto che mi provochi, allora ti dico chi ha tutta la colpa: tu, solo tu e ancora tu! Le leggi contro questi bulli ci sono e ci sono sempre state. E già! Se non fosse successo quel che non doveva succedere, per quanto io sia vecchio, l’avrei sfidato a duello quel damerino. Già, e ora la curate e fate venire quei ciarlatani!»
Il principe, si sarebbe detto, aveva ancora molte cose da dire, ma non appena la principessa udì il suo tono, come sempre accadeva nelle questioni gravi, si arrese immediatamente ammettendo la propria colpa:
«Alexandre, Alexandre!» sussurrò avvicinandosi a lui e scoppiando a piangere.
Non appena la moglie scoppiò a piangere, anche il principe tacque e si avvicinò a lei:
«Su, basta, basta! Anche per te è dura, lo so. Che fare? No...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. ANNA KARENINA
  4. Prima parte
  5. Seconda parte
  6. Terza parte
  7. Quarta parte
  8. Quinta parte
  9. Sesta parte
  10. Settima parte
  11. Ottava parte
  12. POSTFAZIONE. Al di qua del bene e del male:. specificità e universalità di Anna Karenina
  13. Nota del traduttore
  14. Cronologia della vita e delle opere
  15. Copyright