Violet
eBook - ePub

Violet

  1. 544 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Rimasta sola dopo la morte del marito, Kris torna con la figlia Sadie, sette anni, nella vecchia casa sul lago dove trascorreva le sue estati da bambina e che dopo la morte della madre è rimasta in uno stato di totale abbandono. Il suo obiettivo è elaborare il lutto, far uscire la figlia dal torpore doloroso in cui è sprofondata, e in qualche modo ricominciare: ridare vita a quella vecchia casa che tanto ha significato per lei sembra essere la migliore delle cure. Ma un'ombra ricopre la tranquilla cittadina di Pacington, Kansas. Sotto la sua placida superficie negli anni sono state scritte storie orribili, di bambine scomparse e ritrovate senza vita, o mai più ritrovate. E in quella casa dove Kris ha vissuto i suoi giorni più felici, e poi i più dolorosi, una vecchia amica aspetta da tempo il suo ritorno. Un orrore parzialmente dimenticato e, soprattutto, mai finito, vecchi fantasmi che non hanno trovato pace e che continuano a esigere il loro sanguinoso tributo.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2022
Print ISBN
9788817159494
eBook ISBN
9788831808057
PARTE QUARTA

Mothers of the Disappeared

Capitolo 29

Kris fissò l’appuntamento con la dottoressa Baker alle dieci di mattina del venerdì, due giorni dopo quell’orribile notte all’officina. Kris aveva sperato di far visitare Sadie in tempi più celeri, ma la segretaria dello studio principale, a Emporia, le aveva riferito che la dottoressa Baker non avrebbe ricevuto al suo studio di Pacington prima di quel giorno. Così, Kris non ebbe altra scelta che aspettare.
Lei fece del suo meglio per tenere occupata Sadie fino al giorno dell’appuntamento. Per stare il più possibile alla larga dalla casa, passeggiarono nel bosco e fecero dei giochi da tavolo nella terrazza in giardino. Tuttavia, Kris sorprendeva spesso la figlia a lanciare occhiate in direzione della casa, a osservare a lungo le finestre, come se dietro i vetri ci fosse qualcuno che le spiava, celato ai loro occhi. Non le sfuggì la nostalgia nello sguardo di Sadie, il desiderio di lasciar sola la madre e di tornarsene ai suoi giochi. Kris dovette ripetersi più volte che nessuno le teneva d’occhio. Non poteva lasciarsi trascinare nelle fantasie della bambina.
Quando guardava verso la sponda opposta dell’insenatura, una parte di lei sperava di scorgere, in piedi sulla terrazza della sua casa, la donna dai lunghi capelli neri che le osservava, inerte come una statua. In ogni modo, se la donna era lì, se ne stava nascosta nella sua catapecchia, a spiarle dall’ombra.
Lo Xanax la faceva stare meglio, anche se non per molto. Le compresse rimaste si contavano sulle dita di una sola mano. Stava attenta a non esagerare, perciò se ne concedeva solo una al giorno. Malgrado questo, ogni volta che ingoiava una compressa, era come se le lancette di un orologio si fossero avvicinate di un altro minuto alla mezzanotte.
Il venerdì mattina, partirono da casa alle otto in punto per andare in centro, dove avrebbero fatto colazione al Patty’s Plate in tutta tranquillità. La presenza di altre persone rassicurava Kris. Il profumino di bacon e di biscotti, il tintinnio delle posate sui piatti spaiati, il brusio di voci di primo mattino… tutto contribuiva a ricordarle che condivideva il mondo con persone vive e reali.
Mentre camminavano per strada, dirette allo studio della dottoressa Baker, Sadie le stringeva la mano. Ben presto, tra i mattoni marrone chiaro degli edifici che fiancheggiavano Center Street fece capolino il portone rosso dello studio Clear Water Counseling.
Come le era già successo svariate volte dal suo arrivo in città, Kris fu sopraffatta dalla strana sensazione di rivivere un ricordo, ma dal punto di vista di un’altra persona. Lei era suo padre che accompagnava una bambina dai capelli rossi all’appuntamento con la dottoressa.
Si sentì tirare da qualcosa che voleva indurla a rallentare e Kris comprese che si trattava di Sadie, che stringeva sempre più forte la sua mano.
«Non c’è da essere nervosi» le disse Kris.
«E se non ho voglia di parlare?» Le parole di Sadie erano dei timidi topolini che non vedevano l’ora di tornare a svignarsela giù per la sua gola.
«In quel caso non devi parlare per forza. Però, ascoltami…» Kris si chinò in modo che i suoi occhi fossero alla stessa altezza di quelli della sua ansiosa bambina. «Quando avevo la tua età, ho parlato con la dottoressa Baker.»
Kris notò che il viso imbronciato di Sadie si era rilassato un pochino.
«Anch’io stavo vivendo un periodo piuttosto brutto. La mia mamma era molto malata e… e morì, e io ero molto triste, perciò il mio papà pensò che parlare con la dottoressa Baker potesse farmi stare meglio.»
«Ha funzionato?»
Kris annuì. «Sì. Ha funzionato. La dottoressa Baker è molto simpatica. Penso che ti piacerà.»
Per un attimo, rimasero entrambe immobili. Alcuni passanti che camminavano sul marciapiede passarono loro intorno, guardandole incuriositi.
Poi, Sadie fece sì con la testa.
«Bene» disse Kris.
Fece varcare il portone per prima a Sadie e lei la seguì dappresso, salendo con cautela le scale ripide. In cima c’era un piccolo pianerottolo. Alla loro sinistra, c’era una porta con al centro un grande vetro opaco. Sulla facciata interna del vetro era incollata una decalcomania piena di crepe che aveva iniziato a staccarsi; raffigurava un sole giallo che sorgeva su una distesa di acqua azzurra. Sotto l’immagine, una scritta a cui mancavano svariate lettere annunciava il nome dello studio: “C--ar -at-r Co-ns--ing”.
Kris sollevò la mano per bussare, ma si fermò: anche a lei erano venute le farfalle allo stomaco per l’agitazione. Bussò con delicatezza sul vetro opaco.
All’interno, una sagoma sfocata si mosse. Una voce amichevole esclamò: «Avanti!».
Kris esitò e diede una strizzatina alla mano di Sadie. «Non c’è niente di cui aver paura, capito?»
Sadie annuì, ma le sue guance pallide arrossirono e lo sguardo si abbassò di colpo per piantarsi sulle sue scarpe.
Kris aprì la porta.
Alice Baker era seduta su una poltrona imbottita dal rivestimento di stoffa verde e crema su cui era raffigurato un serraglio di piccole creature dei boschi. Non c’era nessuna sala d’attesa. Nessuna segretaria. La porta si apriva subito su un loft al primo piano. Nella parete che affacciava su Center Street, c’erano delle strette finestre da terra al soffitto. Su ambo i lati di ogni finestra erano appese delle spesse tende color vinaccia, tutte aperte e fermate da una porzione di corda di cotone per far entrare il sole. La luce disegnava delle losanghe oblique sul pavimento in legno. Le altre pareti ospitavano delle pesanti librerie in legno di quercia. Ogni scaffale era zeppo di riviste di medicina, romanzi rilegati in pelle e ninnoli di vario genere – una palla di vetro con dentro la neve finta e il Golden Gate Bridge, un piattino con un’immagine dipinta a mano di Peter Coniglio che scappava dall’orto del signor McGregor.
Kris inspirò con il naso per calmare i nervi provati, e in quell’aria avvertì un odore che le era familiare e, al tempo stesso, sconosciuto. Quell’unico respiro fu una macchina del tempo che la catapultò indietro, al momento in cui suo padre aveva aperto quella stessa porta e l’aveva fatta entrare nello studio. Era un odore di cuoio e di vecchi libri, di sole e di polvere, mischiato al lieve sentore di una delicata fragranza floreale.
La dottoressa Baker rivolse loro un sorriso amichevole e si alzò dalla poltrona. Era alta, superava di dieci centimetri abbondanti il metro e settanta di Kris. Mentre osservava la dottoressa attraversare lo studio, Kris fu colpita da un ricordo della sua infanzia: lei che alzava la testa per guardare la dottoressa e pensava che quella era la donna più alta e più forte che avesse mai visto.
«Kris?» domandò la dottoressa Baker.
«Sì. Kris Barlow.»
Barlow era il cognome di Jonah, la rimproverò la voce nella sua testa.
«Cioè, Parker. Ero… ero Kris Parker. Prima di sposarmi. Non so se ricorda, comunque sono stata sua paziente quando ero piccola…»
Per un attimo, la dottoressa Baker rimase disorientata e cercò di ricollegare un nome a un ricordo da tempo rimosso. Poi sgranò gli occhi e il suo viso divenne addirittura più raggiante. «Oh, cielo! Sì, certo che mi ricordo!» Ci fu un tremolio quasi impercettibile nella sua voce. «Kris! Perché non me l’hai detto quando hai fissato l’appuntamento?»
Kris scrollò le spalle. «Io…» esordì, per poi rendersi conto di non avere una spiegazione. Forse, una parte di lei aveva avuto paura di dirlo alla dottoressa Baker.
Puoi dirle tutto, sentì che la rassicurava suo padre.
La dottoressa Baker prese la mano di Kris tra le sue e la strinse con delicatezza. «Ma guardati! Sei una donna. Mi sembra ieri…» A quel punto, la donna cambiò espressione in modo quasi impercettibile, lasciando trasparire un accenno di ansia. «Come stai?» La domanda non era un semplice convenevole. Era un invito ad aprirsi con sincerità.
«Siamo state meglio.» Era il massimo che Kris fosse disposta a confidare.
La dottoressa Baker annuì, consapevole. Posò lo sguardo sulla timida bambina dai capelli rossi che se ne stava in piedi al fianco di Kris. «Oddio! Lei deve essere Sadie.»
Kris diede una bottarella con il fianco a Sadie. «Saluta.»
Sadie fece un timido saluto con la mano e disse «Ciao» con una vocina dolce e armoniosa come il tasto di un pianoforte appena accarezzato.
«Bene, Sadie» disse la dottoressa, «mi domandavo se potessi aiutarmi a fare una cosa.» Le indicò uno scaffale lì vicino, sul quale era posato un piccolo cesto di vimini. «C’è un po’ di cancelleria lì dentro, delle matite colorate, dei pastelli a cera e dei quaderni. Ti va di prenderli e di sistemarli sul tavolino? Più tardi coloreremo un po’.»
Sadie fece di sì con la testa, obbediente. Si allontanò silenziosa dalla madre e andò allo scaffale, tirando fuori dal cesto gli oggetti, uno alla volta.
La dottoressa Baker spostò lo sguardo da Sadie a Kris e sgranò gli occhi in modo esagerato per manifestare il suo stupore.
Kris annuì. «Lo so. Mi assomiglia un sacco.»
«Esatto» rispose la dottoressa, sbalordita. «È come se fossi entrata qui dopo… quanto? Trent’anni? E non fossi invecchiata di un giorno.»
Osservarono Sadie che si chinava sul cesto e raccoglieva le matite sfuse, sistemandole a formare un mucchietto ordinato sul pavimento.
«Kris, cos’è che ti turba del comportamento di Sadie?» domandò la dottoressa Baker a bassa voce, per non farsi sentire dalla bambina.
Kris sospirò, non sapendo bene quanto fosse giusto rivelare alla terapeuta in quel momento. Raccontò per sommi capi della morte di Jonah e della sua decisione di trascorrere l’estate nella casa al lago, lontano da qualsiasi cosa potesse ricordare loro quella perdita. Le confidò quanto avesse sperato che la vacanza le aiutasse a superare il dolore.
«A guardarla, si direbbe che stia funzionando» spiegò Kris. «Il più delle volte, si comporta in modo allegro. Sorride e ride. E parla. Subito dopo la morte di Jonah, apriva a malapena bocca. Adesso si comporta come se avesse dimenticato del tutto l’incidente. Sembra che la casa al lago le piaccia un sacco. Le piace un sacco giocare lì, ma…»
La dottoressa Baker concesse a Kris il tempo di cui aveva bisogno per proseguire il racconto.
«È sempre stata una bambina piena di fantasia. E so quanto sia importante, soprattutto in momenti come questo. Però trascorre sempre più tempo da sola. Gio...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prologo. Sotto il fiume
  4. Parte prima. There Is a Light that Never Goes Out
  5. Parte seconda. In Between Days
  6. Parte terza. Blackbird
  7. Parte quarta. Mothers of the Disappeared
  8. Parte quinta. The Killing Moon
  9. Epilogo. Into the light of the dark and black night
  10. Ringraziamenti
  11. Copyright