paolo restuccia è scrittore, autore e regista radiofonico. Ha pubblicato i romanzi La strategia del tango (Gaffi, 2014) e Io sono Kurt (Fazi, 2016), oltre a diversi racconti in riviste letterarie e raccolte. Docente di laboratori di scrittura, ha contribuito alla pubblicazione di numerosi autori contemporanei. È regista del programma satirico “Il Ruggito del Coniglio” di Rai Radio 2. Precedentemente ha condotto il programma “Radiodue 3131”, di cui ha curato la regia, ed è stato impegnato in diversi altri format di grande successo (“Dentro la sera”, “A che punto è la notte”, “Luna permettendo”, “Buono Domenico”, “Permesso di soggiorno”). È autore di interventi specialistici sulle materie radiofoniche e televisive. Presiede a corsi di formazione per autori e animatori della radiotelevisione della Svizzera italiana. Fin dalla fine degli anni ’80 si è dedicato all’insegnamento della scrittura per radiodrammi, racconti e romanzi, prima negli Istituti di Scienze della Comunicazione, poi nella Scuola Omero, oggi nella Scuola Genius. Tra i suoi interessi ci sono anche le traduzioni dall’inglese all’italiano (Story e Dialoghi, di Robert McKee; Guida di Snoopy alla vita dello scrittore, a cura di C. Barnaby e M. Schulz).
© 2022 arkadia editore
Collana di narrativa a cura di
Ivana Peritore, Mariela Peritore e Patrizio Zurru
Collana SideKar 17
paolo restuccia
Il colore del tuo sangue
Foto di copertina: baytunc / istockphoto.com
Realizzazione grafica A.DeCicco, Cagliari
Prima edizione digitale marzo 2022
isbn 978 88 68513 94 8
arkadia editore
09125 Cagliari – Viale Bonaria 98
tel. 0706848663 – fax 0705436280
www.arkadiaeditore.it
Nella mente della protagonista di questo romanzo, compaiono molte scene di film. Il lettore può riconoscerle alla fine della storia.
Questo romanzo è dedicato a chi crede nelle storie.
Cosa che una volta o l’altra potrebbe salvargli la vita.
Adesso
E di colpo un brivido percorre la sua colonna vertebrale che sussulta come la crosta terrestre scossa dall’onda di un terremoto. Un particolare sfuggito le appare con chiarezza, allora ferma l’immagine e la fa tornare indietro, poi la manda di nuovo avanti e poi la mette in pausa. Greta capisce di essere in pericolo anche lì, dentro casa sua, perché adesso sa che non ha capito niente fin dall’inizio, mentre il bambino accucciato sulla sedia da regista fa un mugolio come se qualcosa avesse disturbato il suo sonno.
Prima
Tutto cominciò all’alba del quattro agosto quando Greta stava girando per piazza Vittorio con la sua videocamera a 360 gradi, che riprendeva contemporaneamente in ogni direzione.
Si fermò in via Nino Bixio a vedere cosa avesse filmato.
Nella scena di fronte c’era solo la strada deserta avvolta nella luce biancastra del mattino, ma quando guardò la ripresa da dietro comparvero Farid Akram e un biondo con un coltello.
Non se n’era accorta, però alle sue spalle si era svolto un corpo a corpo silenzioso. Sullo schermo dello smartphone, che usava per controllare le riprese, si vedevano Farid sdraiato per terra e quell’altro con la lunga lama sopra di lui. La sua mano premeva sulla bocca del biondo, l’altra gli teneva il braccio con il coltello.
Si voltò di scatto.
Non c’era più nessuno e non si sentivano nemmeno rumori di lotta o lamenti.
Tornò a guardare le immagini: Farid cercava di liberarsi strisciando sulla schiena. L’altro però non lo lasciava e i due si muovevano insieme fino a uscire dalla scena, nascosti dietro un furgone parcheggiato.
Greta infilò un pollice nel cinturone in cui teneva una fotocamera compatta, gli auricolari e le batterie. Si sentiva un cowboy, ma era una filmaker: gambe lunghe e videocamera.
Vicino al furgone, parcheggiato tra via Nino Bixio e via Conte Verde, non c’erano tracce della lotta tra Farid Akram e il biondo. Sul marciapiede nemmeno una goccia di sangue.
La ragazza tornò a guardare lo schermo.
Dove sei finito, Farid?
Erano dieci anni che non lo vedeva e adesso l’aveva inquadrato solo per pochi attimi mentre c’era uno che lo voleva ammazzare.
Greta emise un sospiro che le si bloccò a metà.
L’ansia che non l’avrebbe più lasciata in pace per tanti giorni cominciò, proprio allora, a lievitare nel suo stomaco e a premere sul suo cuore.
Farid Akram era stato il suo ragazzo al liceo: lei sempre con la kefiah, lui con un berretto da baseball. Farid profumava di buono, non puzzava di Africa, non sapeva di cinese e aveva occhi color castagna che si scioglievano come miele quando la guardava.
Greta percorse la strada avanti e indietro due volte, girò a destra e poi a sinistra. Per via Principe Eugenio passò un tram già pieno. L’Esquilino si stava svegliando e tra poco si sarebbe riempito di gente d’ogni età che veniva da tutte le terre del mondo.
Farid se la caverà come sempre.
Quando erano ragazzi, lui era il più sveglio di tutti.
Ma quest’idea non la tranquillizzò.
Non sapeva se chiamare la Polizia.
Greta non aveva voglia di averci a che fare.
E probabilmente neanche Farid.
In quel momento, ...