La scienza che non c'è
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La scienza che non c'è

Informazioni su questo libro

Questo libro affronta un tema scottante.
Partendo da un errore medico l'autrice ripercorre il suo lungo e tormentato calvario alla ricerca dapprima di una diagnosi corretta e successivamente di un improbabile miglioramento delle sue condizioni di salute.
La paziente che soffre di una patologia di cui non si conoscono le cause si viene a trovare in una situazione kafkiana in cui il suo problema viene dapprima erroneamente diagnosticato, poi mal risolto, successivamente l'interessata si ritrova a combattere con "professionisti" che si denigrano vicendevolmente, con soluzioni poco credibili e tentativi di colpevolizzazione.
Le numerose visite e indagini a cui si sottopone forniranno però lo spunto per osservazioni e riflessioni che la porteranno a formarsi delle opinioni sulle modalità di lavoro dell'attuale classe medica.
Il giudizio finale è drammaticamente negativo, tuttavia il fine del libro non è solo quello di arrivare a una denuncia, ma costituisce un estremo e molto probabilmente inutile tentativo di spingere a una riflessione una categoria che tenta in tutti i modi di scaricare sui pazienti le proprie evidenti lacune metodologiche e l'incapacità di lavorare in sinergia tra specializzazioni diverse.

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Informazioni

DOVE NON C’E’ METODO NON C’E’ SCIENZA

Quando si parla di scienza si cita frequentemente la Medicina, ebbene quella con cui sono entrata in contatto non lo è per niente, lo potrebbe diventare, ma attualmente ne siamo lontani.
Premetto che per vantare una formazione di natura scientifica, senza per questo essere un ricercatore, non si devono possedere solo nozioni, quelle sono assolutamente necessarie, ma ahimè non sufficienti, perché la struttura portante di una scienza è il metodo.
Ritornando per un attimo alla Matematica, gli Egiziani e i Babilonesi erano bravissimi nei calcoli e nelle soluzioni di problemi, ma la loro non era una scienza perché la Matematica diventa tale quando si concepisce il concetto di dimostrazione e questo avvenne nell’antica Grecia tra il VI e il V secolo a.C. e l’esistenza della democrazia favorì l’ideazione di questo potentissimo strumento.
C’è quindi un legame tra la nascita della democrazia e origine della scienza, desidero sottolinearlo, poi certo non si decide ciò che è scientifico da ciò che non lo è per alzata di mano, ma a quei tempi i futuri governanti dovevano evidentemente portare delle argomentazioni convincenti per essere eletti e questo deve aver favorito lo sviluppo della logica; poi quello che è avvenuto nella Grecia antica rimane un miracolo.
Da quel momento storico se si fanno delle affermazioni in Matematica queste o sono dei postulati, degli assiomi oppure sono le conseguenze di dimostrazioni, cioè teoremi, non si esce da questo.
La stessa cosa vale per la Fisica che ufficialmente diventa scienza grazie a Galileo Galilei che si pone il problema del metodo, da quell’epoca in poi la Fisica ha seguito degli step ben precisi per studiare i fenomeni e per trarne le successive conclusioni.
La stessa Informatica che ho in parte studiato all’Università, poi all’IBM e con cui ho lavorato, è partita in modo arrangiato, ma poi ci si è accorti che i programmi erano pieni di errori, infatti testare tutti i casi possibili in un programma complesso era un’impresa molto lunga e in buona parte impossibile, ma anche l’eccessiva lunghezza dei test rallentava la produzione e quindi per limitare gli errori e riuscire a svolgere meglio e più velocemente i test è stata inventata la programmazione strutturata.
Da quel momento in poi un programma doveva essere costruito seguendo delle regole ben precise e sono stati creati dei linguaggi che permettessero di utilizzare le strutture necessarie.
Non ancora contenti si sono creati gli oggetti, le classi, stessa sorte è toccata agli archivi di dati, sono state eliminate le ridondanze e le incongruenze grazie alla creazione di database dapprima gerarchici poi reticolari e infine relazionali.
In Informatica ora ci si muove possedendo regole ben tracciate, questo non vuol dire che di fronte ad un problema si abbia un percorso già precostruito, ma significa solo possedere delle strategie che aiutino il cervello umano a trovare la soluzione senza commettere troppi sbagli.
Con questo non voglio affermare che i programmi non contengano errori al contrario, ma senza gli strumenti di cui ho parlato sarebbe stato impossibile realizzare sistemi informativi complessi e integrati tra loro.
E’ vero che vengono talvolta realizzati prodotti pessimi, ma uno dei motivi per cui questo accade dipende dal fatto che le aziende, per le quali si lavora, pur di accaparrarsi un progetto dimezzano i tempi necessari per la sua realizzazione con le conseguenze suddette, ma nel caso di un medico professionista non c’è alcun dirigente che lo sottopone a pressione sui tempi del suo operato.
Ritornando al mio discorso, è un po’ quello che avviene in Matematica quando si deve dimostrare un teorema, si è acquisita una logica e questa deriva dall’aver assimilato delle metodologie, attenzione 'assimilato' non aver imparato a memoria perché sia in Matematica, sia in Fisica e sia in Informatica le nozioni servono, sono importantissime, ma non sono solo quelle che ti portano alla soluzione.
Tutto questo sproloquio mi è servito per dire che in una scienza non ci si muove a caso, non si possono saltare i passaggi, non si possono trarre conclusioni senza avere ben allineato tutti gli elementi che permettano di dedurre un certo risultato senza aver seguito tutti i percorsi necessari.
Continuo con la Matematica argomento che conosco meglio.
La dimostrazione comincia con un enunciato in cui si fanno delle affermazioni dalle quali si parte e si dichiara ciò che si vuole ottenere.
Il passo successivo è dato dall’allineamento di tutte e dico tutte le ipotesi, cioè tutto ciò che mi serve e che premetto, questo è un punto molto importante, se dimentico qualcosa ciò che dirò dopo non sarà corretto, poi parte la dimostrazione vera e propria in cui ogni affermazione fatta si deve appoggiare o sulle ipotesi o su teoremi precedentemente dimostrati o su postulati o su corollari che sono conseguenze intuitive di teoremi precedenti e quindi a questi legati, si deve essere molto rigorosi. Alla fine si giunge alla tesi e questa è corretta e in base alle premesse fatte sarà valida per sempre.
Con questo non voglio assolutamente affermare, ripeto assolutamente, che in una diagnosi si possa giungere allo stesso livello di totale certezza, ma si possono limitare gli errori e il controllo dell’errore dovrebbe essere attentamente preso in considerazione, la parola errore e la sua stima è stata per me oggetto di studio all’università quando seguii i corsi di analisi numerica, la quale lavora su approssimazioni che devono avvicinarsi il più possibile alla soluzione corretta minimizzando l’errore.
Ho premesso tutto questo e mi scuso di non aver spiegato tutti i termini adoperati, per me è sempre stato importante essere capita dal maggior numero di persone possibile, mi scuso appunto, ma non ho voluto allungare più di tanto le mie considerazioni per paura di annoiare qualcuno. I termini non comprensibili si possono cercare su Internet.
Questa lunga premessa ha un motivo evidente, infatti esaminando la storia, da me precedentemente descritta, non riesco a trovare traccia di un metodo, quest’ultimo esiste nei laboratori di ricerca, dove si fanno delle scoperte e/o si mettono a punto nuovi farmaci, ma lì la fanno da padrone ricercatori che hanno un’altra formazione, eppure la presenza di una strategia diagnostica è elemento indispensabile per poter arrivare a capire di cosa soffra un paziente.
Il dottor Arancione non mi chiese nulla sulla funzionalità del mio intestino, dato importante per capire l’origine dei guasti anatomici che si erano creati, il professor Bianco mi ha fatto pochissime domande su quest’argomento e ha attribuito tutto a problemi psicologici.
Questi cosiddetti problemi psicologici sono abusati in Medicina, non appena non si conosce l’origine di un disturbo, la causa è di natura psicosomatica, a parte che un medico in quanto tale si dovrebbe occupare innanzitutto d’individuare l’origine organica delle varie manifestazioni, altrimenti parte osservando il problema da una prospettiva non corretta che inevitabilmente finisce per influenzarlo e condurlo a darsi delle risposte che, tra l’altro, esulano in parte dalla sua sfera di competenza, inoltre, utilizzando in primis questa giustificazione, il paziente viene messo subito in uno stato di colpevole sudditanza che lo porta a dubitare di se stesso e questo certo non lo aiuta. Con ciò non voglio dire che non esistono problematiche fisiche di origine psichica, ma è la rapidità con cui vengono fatte queste diagnosi che mi lascia a dir poco perplessa; i miei dubbi aumentano se penso che raramente i dottori si accorgono del tipo di paziente che hanno di fronte e questa, lo confesso, non è una mia osservazione, ma mi è stata fatta notare proprio da un medico.
Racconterò in breve l’episodio.
In una delle mie tante peregrinazioni negli studi e nei laboratori incontrai un cardiologo dal quale ero stata mandata per una visita e per un accertamento che doveva essere propedeutico a un altro; spiegai al professionista il motivo della mia indagine, al termine del mio breve discorso mi chiese che mestiere facessi e io dichiarai la mia professione, mi confessò di averlo intuito e mi disse che aveva notato la mia capacità di sintesi nell’illustrazione delle mie problematiche e la facilità dell’eloquio, affermò di aver avuto come formatori dei docenti legati alla vecchia scuola che gli avevano insegnato a osservare attentamente il paziente in tutte le sue manifestazioni e dichiarò con rammarico che tale capacità era stata persa.
Mi ricordo che riflettei su ciò che mi disse e mi riaffiorò alla mente come ero stata trattata da non pochi ‘professionisti’ da me consultati.
Voglio però sottolineare che tutti, indipendentemente dal loro bagaglio culturale, devono essere ascoltati con attenzione e rispetto.
Desidero tuttavia evidenziare che, con così scarse capacità di osservazione e non essendo ferrati su problematiche psichiche, è quantomeno azzardato che si riescano a fare diagnosi attendibili in tal senso.
Sottolineo anche un altro aspetto che trovo contraddittorio e cioè è strano che ci si occupi tanto del disagio psichico del paziente e poi quest’ultimo rischi contemporaneamente di essere verbalmente aggredito e colpevolizzato da questi ‘professionisti’.
Voglio essere cattiva e brutale fino in fondo e dichiaro che è un bel sistema per liquidare una persona senza avergli fatto la diagnosi ed evitare così d’impegnarsi con lui nella ricerca delle cause dei suoi problemi.
Dopo questa lunga digressione ritorno al mio precedente discorso e dichiaro che è stato fatto un primo errore colossale e cioè non sono state allineate tutte le ipotesi.
La conclusione è che le feci si bloccavano in alto non per effetto dell’enterocele e questo mi è stato spiegato successivamente, ma per il problema funzionale relativo alla scarsa spinta evacuativa, quella dell’enterocele era una delle ipotesi, ma è stata presa come diagnosi perché non si sono considerate tutte le cause, l’accertamento (peraltro non idoneo) ha evidenziato un modesto difetto nel tenue ed ecco partorita la diagnosi errata.
Mi si permetta di dire che capire di cosa soffre un paziente è estremamente complesso, ma i medici non sembrano rendersene conto. Questa complessità viene portata come giustificazione in caso di errore, ma si continua a lavorare male anche perché non sembrano porsi alcun interrogativo sull’origine di un determinato fenomeno, infatti data la mole di interventi negativi c’era da chiedersi se il problema non risiedesse tanto nella tecnica quanto nella causa che procurava i guasti anatomici.
Posto come premessa che la diagnosi è qualcosa di molto difficile, io l’ho paragonata alla tesi di un teorema, non riesco a capire come si possa pensare di farla in poco più di mezz’ora e con qualche accertamento.
Come ho detto si devono allineare tutti i dati, importantissima è la storia del paziente che va ascoltata non per fargli un favore, ma perché è un elemento utilissimo e tale storia deve essere guidata dal medico con domande appropriate e richiede tempo e una buona impostazione, il professor Phillips mi ha interrogato per un’ora.
Questa prima parte, che corrisponde in Matematica all’allineamento di tutte le ipotesi e in Fisica all’osservazione e allo studio del fenomeno, è fatta sommariamente, ricordo che la mia relazione scritta, che si poteva leggere in dieci minuti, è sembrata troppo lunga al medico che mi stava seguendo, da questo deduco che ai medici non interessa effettuare uno studio preliminare approfondito.
Per la mia esperienza il primo punto fondamentale in una scienza empirica viene disatteso.
In seguito si possono prescrivere degli accertamenti, ma nel mio caso, poiché c’erano le feci collose e poi perché si deve lavorare in sinergia tra specialisti, mi si doveva mandare da un gastroenterologo e da un ginecologo qualora avessi avuto alle spalle uno o più parti vaginali, ma non era il mio caso.
Questa è un’altra grave lacuna, la mancanza di sinergia nel lavoro tra specialisti diversi di fronte ad un problema che abbraccia più aspetti, invece nella mia esperienza ho potuto notare che, se il problema è poco conosciuto, si tende a lavorare come monadi e con un approccio che definirei random, utilizzando un termine tratto dal gergo informatico, infatti sono stata indirizzata da una dottoressa che faceva l’idrocolon e da una psicologa.
Certo se si consiglia il paziente in modo casuale le peregrinazioni non finiranno mai e poi una volta che si sospetta che ci sia un problema funzionale, e non era impossibile da ipotizzare, proctologia e gastroenterologia dovrebbero lavorare insieme per prospettare la soluzione migliore possibile e se una buona scelta non esiste, come sembra nel mio caso, dichiarare l’inesistenza di una cura e non suggerire soluzioni peggiorative.
L’unico specialista a cui mi si doveva indirizzare era quindi il gastroenterologo che doveva capire la causa delle feci collose e valutare la mia funzionalità intestinale.
Il primo proctologo l'ha fatto, ma ha posto la cosa come se fosse una mia scelta cioè ha detto, testuali parole: “se vuole può andare da un gastroenterologo”.
Non commento. Io sarò un’illusa, ma per me un medico deve farsi carico di un paziente.
Io ho dato ripetizioni di Matematica e talvolta si sono presentati studenti con grosse lacune su conoscenze elementari, ho illustrato il problema ai genitori e ho chiarito che mi trovavo di fronte alla necessità di colmare dei buchi neri e il mio lavoro si sarebbe allungato, non mi sono certo limitata a ripetere gli argomenti dell’anno in corso, non sarebbe servito a niente e avrei rubato i soldi alle persone che si erano rivolte a me; spiegare la materia senza capire dove stanno le lacune non rappresenterebbe un problema per nessun bravo studente che avesse già assimilato quella parte di programma, i genitori avrebbero così risparmiato il loro denaro, ma dal momento in cui si sono rivolti a un insegnante di ruolo il lavoro deve essere diverso, infatti il docente deve capire la cause del blocco.
Questa seconda fase di cui stavo parlando prima della digressione potrebbe corrispondere al processo dimostrativo di un teorema ed è difficile perché ci si deve muovere con estrema competenza e capacità eventualmente consultando testi se non si è certi di avere tutto chiaro, in Medicina, come ho detto, si devono considerare tutti gli elementi raccolti consultandosi anche tra colleghi per avvalorare quanto si è supposto.
C’è un altro elemento di negatività non si dubita mai della diagnosi fatta, anche se, per quanto da me spiegato, ci si è mossi in modo molto raffazzonato.
In una scienza il dubbio ci deve essere sempre.
C’è in Matematica, perché una disattenzione è umana quando il rigore deve essere estremo e ci deve essere in tutte le discipline che si vogliano definire scientifiche.
Vorrei citare come esempio l’episodio intitolato ‘Medici’ del film di Nanni Moretti ‘Caro Diario’, ebbene narra ciò che è capitato al regista ammalato di linfoma di Hodgkin.
Questo tumore ha tra gli altri sintomi il prurito soprattutto notturno ed è quello che affliggeva il regista, il quale si rivolge a vari dermatologi che gli prescrivono una serie di analisi e dei rimedi del tutto inefficaci; scoraggiato decide di consultare degli allergologi che gli consigliano di fare delle prove allergiche ed effettivamente risulta positivo a molte sostanze. Viene ordinato un vaccino, per scrupolo il regista telefona a un amico immunologo il quale glielo sconsiglia perché tali vaccini sono inutili e anche pericolosi perché possono provocare shock anafilattico, in pratica si salva grazie a un amico.
Consulta altri professori senza successo, alla fine lo convincono che è solo un problema psicosomatico. Dopo molte peregrinazioni si rivolge a un centro di medicina cinese, anche se non sembra molto convinto della sua scelta, ma afferma che almeno lì sono gentili e lo trattano con riguardo (essere trattati con riguardo a quanto pare è una rarità). Sempre in questo centro si accorgono che ha la tosse e consigliano dapprima una...

Indice dei contenuti

  1. LA SCIENZA CHE NON C'E'
  2. Indice
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. Premessa
  6. Inizio
  7. La scoperta
  8. Il luminare
  9. L’intervento
  10. La discesa all’inferno
  11. La ricerca della diagnosi
  12. Un uomo di scienza
  13. Una vita difficile
  14. La sindrome
  15. La pensione
  16. Dolori insopportabili
  17. Parole in libertà
  18. Ultimo specialista
  19. Peggioramento
  20. Considerazioni
  21. Esperienze pregresse
  22. La professionalità
  23. L’onestà intellettuale
  24. Riflessioni
  25. Dove non c’è metodo non c’è scienza
  26. Linee guida e protocolli
  27. Oggi
  28. La pandemia