23 dicembre 2016, venerdì mattina
Questura, via Medina
— Così avete qualche dubbio sul motivo reale che spinge l’assassino a vendicarsi delle sue vittime, proprio nove anni dopo ciò che accadde all’ospedale San Leucio — riassunse Macchia.
— Sono convinto che la sua necessità , quasi la disperazione frenetica con cui uccide in questi giorni dipenda anche dalla coincidenza delle date. Il 10 dicembre del 2007 e questi giorni del 2016. Però mi sento di escludere che in passato avesse voluto agire e gli sia stato impedito.
— Non ti seguo — ammise la Garzya.
Buonocore osservò in controluce una sigaretta, che aveva sfilato dal pacchetto fino al filtro, poi a malincuore la spinse giù.
— Non è chiaro nemmeno per me. Più che una deduzione, è una delle mie solite sensazioni: l’assassino scopre solo in ritardo ciò che accadde allora, e decide subito di fare giustizia. O qualcosa del genere.
— Per esempio? — insistette la poliziotta.
— Era presente al fatto ma non comprese la responsabilità di quelle persone. Molto tempo dopo, capisce cosa hanno provocato e li ammazza. Cose del genere.
— Se vi sente il dottor Pierannunzi, sono guai. Questi sono proprio i ragionamenti che lo irritano — commentò Macchia.
— Lo so, Micheli’. Per questo dobbiamo risalire immediatamente a un evento accaduto anni fa nel pronto soccorso di un ospedale che non esiste più. Forza, infiliamo le mani nel pagliaio e vediamo se scoviamo questo maledetto ago. In fondo, si tratta di risalire solo a nove anni fa. Vi ricordate che per risolvere il caso Salazar dovemmo indagare su un presunto suicidio avvenuto vent’anni prima?1 Lina, interroga i tuoi database, e che Dio ci aiuti.
— Anche io mi sono trovata in una situazione simile, Tonio. Due anni fa, quando tu eri in convalescenza, Michelino e io indagammo sul caso di quelle quattro donne assassinate con una messa in scena ispirata da una canzone. Ebbene, l’assassino si vendicava addirittura venticinque anni dopo!
— Sì, me lo ricordo. Però la vittima dell’imbroglio combinato da quelle quattro donne rivelò la verità solo in punto di morte a chi decise di farsi giustizia da sé. Tanto tempo dopo.2
— Commissa’, anche voi, su quel treno, giusto un anno fa, avete indagato su un omicidio simile — rifletté Macchia.
— Micheli’, era l’Orient Express, mica un treno qualunque! C’era a bordo chi aveva assassinato la Schiano, una cantante, per coprire un segreto di trent’anni prima!3
— Mi concentro su qualcosa di serio, e tralascio ricoveri per motivi banali?
— Certamente — approvò il commissario.
— Adesso devo scoprire in quali ASL o altri ospedali sia stata distribuita la documentazione sanitaria del San Leucio. — La Garzya avvicinò il viso al monitor del computer, aggrottando la fronte.
Mentre Macchia ordinava i fogli di carta sparpagliati sul tavolo dell’ufficio, il commissario Buonocore giocherellava con un bastoncino di liquirizia e rifletteva intensamente, ma non riuscì a mettere a fuoco il sospetto che intuiva dalla notte precedente.
— Ecco qui. L’archivio sanitario del San Leucio era diviso in schedari conservati nei relativi padiglioni. Ogni padiglione è stato assorbito, tecnicamente si dice accorpato, dall’omologo di altri ospedali. Il Cardarelli, il Policlinico, il Santobono... La documentazione economica e finanziaria ha preso altre strade, che non ci interessano.
Il commissario Buonocore cercò di nascondere la propria impazienza e sbuffò piano.
— Toh, è arrivata una mail, vediamo se... Riguarda lo stato di servizio dell’infermiera Rosanna Colaiacono. Tonio, senti qua! Era in servizio il 10 dicembre 2007, al pronto soccorso, e vi rimase fino a fine turno, alle 21!
— Brava, Lina. Ora cerca Saracino!
— Nel suo caso, basta controllare i viaggi dell’ambulanza che guidava e... L’ho beccato! Lavorava anche lui, quel giorno, e faceva parte di un equipaggio che effettuò sei ricoveri! Tutti pazienti trasportati al pronto soccorso del San Leucio.
— C’erano tutti e quattro, là : gli Iannone, Saracino e la Colaiacono. — Buonocore scartò il bastoncino di liquirizia, appallottolò il cellophane e lo lasciò cadere nel cestino.
— D’accordo, ma qualche giorno fa Lina aveva scoperto che l’autista dell’ambulanza che trasportò Ada Iannone non era Saracino — precisò Macchia.
— Giusto, lo confermo. — Lei mosse il mouse sul ripiano del tavolo, richiamò un’altra pagina e lesse un nome. — L’autista dell’ambulanza che si recò a Ponticelli e di nuovo all’ospedale San Leucio era un certo Gaetano Marangolo.
— Non avete ancora capito che il nostro uomo... o donna... era il paziente che fu preso a bordo dell’ambulanza di Saracino? Come si chiamava? — sbottò il commissario.
— Chiamavano, semmai. Dunque, Saracino trasportò sei pazienti. Tre li possiamo eliminare, perché giunsero prima dell’arrivo degli Iannone. Due furono trasferiti immediatamente in altri reparti... Ne resta uno solo.
— Bene, cerca nome e cognome.
— Intanto ho trovato un foglio con le generalità del medico di turno al pronto soccorso, in quelle ore. Purtroppo, si trova su un foglio scansionato. Qualcuno lo ha compilato a mano e firmato, poi lo ha infilato in una stampante che lo ha riprodotto come file... Ho ingrandito e schiarito la firma. Ma è poco più di uno scarabocchio, anche piuttosto sbiadito. Sembra un cognome, come De Martire o De Carmine.
— Michelino, a questo pensaci tu. Cerca negli elenchi dell’Ordine dei Medici della provincia di Napoli. Seleziona tutti i cognomi simili a De Martire o De Carmine.
— Va bene, commissa’.
— Tonio, non riesco a rintracciare il nome del paziente trasportato con l’ultimo viaggio dell’ambulanza di Saracino, chissà dove è finito il modulo compilato all’arrivo... Però qui c’è traccia di un altro paziente presente al pronto soccorso! Questo ci arrivò con mezzi propri, per una colica renale. Fu dimesso la notte stessa. Il suo nome è Pietro Sinagra.
— Cercalo all’anagrafe, negli elenchi telefonici, nel casellario giudiziario, non si sa mai.
— Eccolo! Pietro Sinagra è deceduto nel 2014 all’età di 78 anni.
— Maledizione! — Buonocore batté un pugno sul ripiano della scrivania.
— C’è ancora un’utenza telefonica a suo nome. Relativa a un indirizzo di Casoria.
— Chiama subito. Michelino, hai trovato qualcosa?
— Ancora no, commissa’.
— Insisti.
La Garzya alzò il ricevitore e compose un numero, leggendolo dallo schermo del computer.
— Tonio, inserisco il viva voce.
Buonocore annuì.
— Pronto? Casa Sinagra?
— Sì, ma lei chi è? — domandò a sua volta la voce esitante di una donna.
Il commissario stimò che avesse superato la quarantina.
— Sono l’ispettore capo Garzya della Polizia di Stato. Ho chiamato questo numero perché risulta intestato tuttora a Pietro Sinagra.
— Era mio padre. Adesso in questa casa abito io con mio marito. Ho fatto qualcosa di male? Dovevo cambiare il titolare dell’abbonamento? Ho commesso un reato?
Buonocore si accorse della sincera preoccupazione che trapelava dal tono della donna. Fece cenno a Lina di insistere. Lei annuì.
— No, signora. Abbiamo bisogno di un’informazione, nulla di grave, non si preoccupi. Dobbiamo risalire alle circostanze di un episodio accaduto all’ospedale San Leucio, di Secondigliano. Accadde la sera del 10 dicembre 2007, e ci risulta che suo padre fosse al pronto soccorso in quelle ore.
— Esatto, per una sospetta colica renale. Ma gli accertamenti esclusero complicazioni e fu dimesso poco dopo. Lo avevo accompagnato io stessa e rimasi nella sala d’aspetto.
— Signora Sinagra...
— Mi chiami pure Elena.
— Signora Elena, quando suo padre uscì dal pronto soccorso, lei lo accompagnò a casa, giusto?
— Naturalmente, e quella notte rimasi vicino al suo letto. Io e mio marito abitavamo già con lui.
— Le raccontò se al pronto soccorso era successo qualcosa?
— Cosa? — Buonocore sospettò una certa reticenza nella pausa che precedette la voce della donna.
— Qualsiasi cosa che lo avesse colpito. Un episodio grave.
— Insomma, non saprei, sono passati tanti anni e non vorrei mettere nei guai nessuno, ma...
— Signora, le garantisco che si tratta di un’informazione importantissima, che potrebbe impedire un omicidio!
— Maronna mia!
Buonocore si alzò e indicò la porta con la mano. La poliziotta allora disse con decisione: — Signora Sinagra, non si muova da casa. Fra poco saremo da lei, io e il commissario Buonocore.
— Vi aspetto — sospirò rassegnata la donna.
23 dicembre 2016, venerdì tarda mattinata
Casoria
Quando Elena Sinagra aprì la porta dell’appartamento e li salutò, il commissario Buonocore pensò che aveva proprio l’aspetto che lui si era immaginato, ascoltandone la voce. Una donna poco oltre la quarantina, dal fisico magro più che asciutto, stretta in una vestaglia celeste. Una donna dal viso anonimo, gli occhi opachi, stanca forse per indole, senza esserlo per una reale fatica. I capelli castani stretti da un nastro violaceo ricadevano sulla schiena e ondeggiavano piano, mentre lei camminava nel corridoio e poi indicava con un gesto un soggiorno luminoso.
Buonocore stimò di primo acchito che quell’appartamento ampio, al primo piano di un condominio popolare di Casoria, fosse modesto ma dignitoso. Nell’aria, odore di sapone di Marsiglia, liquido per pulire i vetri e cera per pavimenti. I vetri splendevano, riflettendo i raggi del pallido sole di primo inverno, come le mattonelle sotto le scarpe degli ospiti e le superfici di legno del mobilio antiquato, annerito dal tempo.
— Mio marito è andato a lavorare, sostituisce dalla tarda mattinata al pomeriggio il gestore di un’edicola a Bacoli — spiegò la padrona di casa.
Il commissario si avvicinò a un ripiano e osservò la foto incorniciata di un uomo dal viso scarno, gli occhietti penetranti e un sorrisetto ironico.
— Mio padre — disse Elena Sinagra.
— Voi gli somigliate molto.
— Invece mio fratello è il ritratto della povera mamma, tale e quale. Così vanno le cose, a volte, nelle famiglie. Vi faccio un caffè?
— Veramente andiamo di fretta. — Buonocore sedette su una seggiola, e la Garzya accanto a lui, davanti a un tavolo dal ripiano rotondo, coperto di ninnoli. Nell’angolo, un albero di Natale striminzito con le luci spente, lì vicino un presepe di cartapesta.
— Ci metto un attimo — li rassicurò la donna.
Scomparve oltre la soglia, e pochi minuti dopo i due poliziotti udirono il gorgoglio della moka, e l’aroma...