Hornblower ammiraglio: l'ultima avventura
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Hornblower ammiraglio: l'ultima avventura

  1. 448 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Hornblower ammiraglio: l'ultima avventura

Informazioni su questo libro

Dopo una trentennale carriera nella marina britannica, Horatio Hornblower ha ottenuto il grado di Ammiraglio e viene inviato nei Caraibi, in qualità di comandante in capo delle navi e dei vascelli di Sua Maestà nelle Indie Occidentali. Ma prima di arrivarci, a New Orleans, dovrà affrontare una cospirazione di esuli francesi guidati dal generale Cambronne che intende liberare Napoleone in esilio a Sant'Elena. La sua missione nei Caraibi è costellata di sfide e pericoli: dalle navi cariche di schiavi che tenta di fermare fino ai pirati che infestano le coste del Sud America. Dando sempre prova delle caratteristiche che ne hanno fatto un eroe indimenticabile delle storie di marina - acume, coraggio, senso dell'onore - l'Ammiraglio andrà incontro al suo destino di grandezza, forte del rispetto di quelli che combattono sotto di lui. E quando, al termine del suo comando, Hornblower potrà infine dirigersi verso casa in compagnia della moglie Barbara, la natura lo metterà di fronte a un'ultima terribile prova, in cui dovrà dimostrare tutto il suo coraggio e la sua abnegazione per salvarsi insieme alla donna che ama. Con una nota storica di Luigi Bruti Liberati

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2022
Print ISBN
9788817162791
eBook ISBN
9788831808279

L’uragano

Hornblower entrò nel suo ufficio al palazzo dell’Ammiragliato esattamente alle cinque e mezzo di mattina. Adesso che l’estate era arrivata, a quell’ora c’era luce sufficiente per trattare le pratiche ed era anche un momento in cui faceva abbastanza fresco. Gerard e Spendlove, il suo aiutante di bandiera e il suo segretario, lo stavano aspettando là – sarebbe stato assai duro per loro se non ci fossero stati – e si misero sull’attenti, senza battere i tacchi (infatti in tre anni avevano scoperto che il loro capo disapprovava quella abitudine) dicendo: «Buongiorno, milord» come se fossero le due canne di un fucile da caccia.
«Mattina» replicò Hornblower. Non aveva ancora avuto il suo caffè della colazione, altrimenti avrebbe messo «buona» davanti a «mattina».
Si sedette al tavolo. Spendlove, volteggiando leggermente dietro le sue spalle, arrivò con un fascio di carte, mentre Gerard gli faceva il suo rapporto della diana.a
«Condizioni del tempo normali, milord. Acqua alta oggi alle undici e mezzo. Nessun arrivo durante la notte e niente in vista stamattina dalla stazione dei segnali. Nessuna notizia del postale, milord, e nessuna notizia del Triton
«Un rapporto negativo, se ce n’è mai stato uno» disse Hornblower.
Le negazioni nelle due frasi si compensavano tra loro: il Triton di Sua Maestà portava il suo successore che doveva rilevarlo nel comando alla fine dei suoi tre anni, e Hornblower non era contento alla prospettiva di cessare di essere il comandante in capo delle Indie occidentali; ma il postale stava portando sua moglie, che non aveva più visto durante tutto questo tempo, e il cui arrivo aspettava con viva impazienza. Lei stava venendo apposta per fare il viaggio di ritorno in Inghilterra con lui.
«Il postale può arrivare in qualunque giorno, milord» disse Gerard in tono conciliante.
«Il vostro compito è di dirmi le cose che io non so, signor Gerard» scattò Hornblower. Gli seccava essere coccolato come un bambino e lo seccava ancor di più che il suo personale stato maggiore lo giudicasse abbastanza umano per essere ansioso di vedere la moglie. Guardò di sopra la spalla il suo segretario.
«Che cosa avete là, Spendlove?»
Spendlove riordinò in modo affrettato le carte che aveva in mano. Il caffè mattutino di Hornblower poteva essere servito in qualunque momento e Spendlove aveva qualche cosa che non voleva mostrare al suo capo fino a che il caffè non fosse arrivato e non fosse stato bevuto per lo meno a metà.
«Ecco qui i rendiconti dell’arsenale fino al trentuno ultimo scorso, milord» disse.
«Non potevate dire “alla fine del mese scorso”?» domandò Hornblower, prendendogli i fogli.
«Aye aye, milord» rispose Spendlove, sperando vivamente che il caffè arrivasse presto.
«Niente in questi?» domandò Hornblower, dando un’occhiata ai fogli.
«Niente che richieda la vostra speciale attenzione, milord.»
«Allora perché infastidirmi per farmeli vedere? Poi?»
«La nomina a sottufficiale per il nuovo capocannoniere della Clorinda, milord, e per il bottaio dell’arsenale.»
«Il vostro caffè, milord» disse Gerard in quel momento; il sollievo nella sua voce era perfettamente evidente.
«Meglio tardi che mai» scattò Hornblower. «E per l’amor di Dio, ora non fate confusione intorno a me. Me lo verserò da solo.»
Spendlove e Gerard si affaccendavano per far posto sul tavolo e appoggiarci il vassoio, e Spendlove ritirò in fretta la mano dal manico della caffettiera.
«Troppo maledettamente caldo» disse Hornblower, bevendone un sorso.
La settimana prima era stato adottato il nuovo sistema: il caffè gli veniva portato dopo il suo arrivo in ufficio, invece di tenerlo lì ad aspettare che lui arrivasse, perché si era lamentato, allora, che era sempre freddo; ma né Spendlove né Gerard se la sentivano di ricordarglielo.
«Firmerò quelle nomine» disse Hornblower. «Non che pensi che quel bottaio valga il pane che mangia. I suoi barili si sconnettono in modo tale da diventare altrettante gabbie per gli uccellini.»
Spendlove versò la sabbia dell’ampolla sopra l’inchiostro delle firme di Hornblower ancora fresco e mise le nomine da parte. Hornblower bevve un altro sorso di caffè.
«Ecco qui il vostro rifiuto all’invito dei Crichton, milord. È scritto in terza persona, così la vostra firma non è necessaria.»
Se ciò gli fosse stato detto un po’ prima, Hornblower avrebbe domandato perché in tal caso lo avevano seccato con quel foglio, dimenticandosi del suo ordine ancora vigente che niente doveva essere inviato in suo nome senza che egli lo avesse visto. Ma due sorsi di caffè avevano fatto il loro effetto.
«Molto bene» disse, dando un’occhiata all’invito e prendendo di nuovo la tazza.
Spendlove guardò il livello del liquido contenuto nella tazza e giudicò che il momento fosse ora più propizio. Posò una lettera sul tavolo.
«Da sir Thomas, milord.»
Hornblower la prese con un sospiro; il capitano di vascello sir Thomas Fell della Clorinda di Sua Maestà era un individuo confusionario, e una sua comunicazione significava solitamente seccature – seccature non necessarie – e, di conseguenza, fastidiose. Non in questo caso, tuttavia. Hornblower lesse il documento ufficiale e poi lo passò sopra la sua spalla a Spendlove.
«Che cos’è tutta questa storia?» domandò.
«È un caso assai curioso, a quanto sento, milord» rispose Spendlove.
Era una “particolareggiata lettera indiziaria”, una formale richiesta da parte del comandante Fell di una corte marziale da tenersi nei confronti del musicista Hudnutt, della banda musicale dei fanti di marina, per «meditata e persistente disubbidienza agli ordini». Una tale accusa, se comprovata, significava la morte, o altrimenti una fustigazione tale che la morte sarebbe stata preferibile. Spendlove sapeva benissimo che il suo ammiraglio detestava le impiccagioni e le fustigazioni.
«Le accuse sono presentate dal tamburo maggiore» commentò per se stesso Hornblower.
Conosceva il tamburo maggiore Cobb molto bene, o almeno per quanto le peculiari circostanze potevano consentire. Come ammiraglio e comandante in capo, Hornblower aveva la propria banda diretta da Cobb, il quale aveva il rango di sottufficiale. In tutte le occasioni ufficiali in cui la musica doveva servire, Cobb dipendeva da Hornblower per ordini e istruzioni, e Hornblower doveva sostenere la farsa di dare la sua approvazione alle proposte che gli venivano sottoposte. Non aveva mai pubblicamente ammesso che non poteva distinguere una nota dall’altra; poteva in realtà distinguere un motivo da un altro solamente dal tempo. Non si sentiva a suo agio in un caso in cui tutto questo poteva essere divulgato più di quanto sperava.
«Che vuol dire “un curioso caso”, Spendlove?» domandò.
«Credo che vi sia coinvolta una coscienza artistica, milord» replicò Spendlove cautamente. Hornblower aveva versato e stava assaggiando la seconda tazza di caffè; ciò poteva avere attinenza con la rottura del collo del musicista Hudnutt, pensava Spendlove. Nello stesso tempo, Hornblower stava provando l’inevitabile irritazione derivante dall’aver dovuto ascoltare dei pettegolezzi. Un ammiraglio nel suo splendido isolamento mai, o solo raramente, sapeva tanto su quello che succedeva quanto il suo più giovane subordinato.
«Una coscienza artistica?» ripeteva. «Vedrò il tamburo maggiore questa mattina. Mandatelo a chiamare ora.»
«Aye aye, milord.»
Aveva avuto il necessario filo conduttore e non aveva bisogno di umiliarsi indagando ancora, tranne che l’intervista con Cobb risultasse inutile.
«Ora vediamo un po’ quell’abbozzo di rapporto prima che venga.»
Il tamburo maggiore non arrivò per un certo tempo e la sua splendente uniforme, quando giunse, dimostrava che si era preoccupato del suo aspetto; giubba e pantaloni erano stati stirati da poco, i bottoni brillavano, la cintura stretta a dovere, l’elsa della sciabola luccicava come se fosse d’argento. Era un uomo enorme con un paio di enormi baffi e fece un’entrata enorme nella stanza, camminando a gran passi sul pavimento risonante come se pesasse il doppio di quanto effettivamente pesava.
Quando giunse davanti al tavolo, si fermò battendo i tacchi e alzò la mano al saluto di moda in quel momento tra i fanti di marina.
«Buongiorno, signor Cobb» disse Hornblower, dolcemente; il “signor”, come la sciabola, era un’indicazione che Cobb era un gentiluomo in virtù della sua nomina, anche se veniva dalla gavetta.
«Buongiorno, milord.» C’era altrettanta ostentazione nella frase quanta ce n’era nel saluto.
«Voglio sapere di queste accuse contro questo musicista… Hudnutt.»
«Bene, milord…» Un’occhiata obliqua di Cobb fece capire l’antifona a Hornblower.
«Andate» disse Hornblower al suo stato maggiore. «Lasciate il signor Cobb solo con me.»
Quando si chiuse la porta, Hornblower fu tutto gentile.
«Vi prego, sedete, signor Cobb. Ora potete dire a vostro agio che cosa è realmente successo.»
«Grazie, milord.»
«Bene, allora?»
«Quel giovane Hudnutt, milord, è uno stupido, se mai ce n’è stato uno. Mi dispiace che questo sia successo, milord, ma quello si merita tutto ciò che gli toccherà.»
«Sì? È uno stupido, dite?»
«È proprio un vero stupido, milord. Non dico che non sia un buon musicista, certo che lo è. Non c’è nessuno che possa suonare la cornetta come lui. Questa è la verità, milord. È un ragazzo meraviglioso in quello. La cornetta è un nuovo strumento, milord. L’abbiamo avuto nelle nostre bande solo da un anno. Si suona come una tromba, ma bisogna avere il labbro adatto a ciò, nonostante abbia anche dei tasti, milord. E lui è una vera meraviglia nel suonarla, o lo era, milord.»
Quel cambiamento al tempo passato indicava che nella sicura opinione di Cobb, Hudnutt, o per morte o per licenziamento, non avrebbe mai più suonato la cornetta.
«È giovane?»
«Diciannove anni, milord.»
«E che cosa ha fatto?»
«È stato un ammutinamento, milord, un esplicito ammutinamento, per quanto io l’abbia accusato di sola disubbidienza agli ordini.»
Ammutinamento significava morte, secondo gli articoli del codice di guerra; disubbidienza agli ordini significava morte o qualche minore punizione…
«Come è accaduto?»
«Bene, milord, è stato così. Stavamo provando la nuova marcia che è arrivata con l’ultimo postale, Dondello si chiama, milord. Solo cornetta e tamburi. Risultava diversa da come era scritta, e io ordinai a Hudnutt di suonarla di nuovo. Allora potei sentire che cosa stava facendo, milord. C’erano una quantità di si bemolle in quella marcia e lui non ne teneva conto. Gli ho domandato che cosa intendeva nel fare ciò, e lui mi ha detto che la nota sarebbe stata troppo dolce. Questo ha detto, milord. Ma c’era scritto dolce: e dolce significa dolce, milord.»
«Lo so» mentì Hornblower.
«Così io dico: “Suona di nuovo quel pezzo con quei si bemolle che sono in chiave”. E lui dice: “Non posso”. E dico: “Vuoi dire che non lo farai?”. E poi dico: “Ti darò ancora una possibilità”, benché fosse mio diritto non farlo, milord. E dico: “Questo è un ordine, ricordati”, e io do a loro la battuta e loro cominciano a suonare ed ecco i si naturali. Quindi io dico: “Hai sentito che ti ho dato un ordine?”. E lui dice: “Sì”. Di modo che non c’era niente che io potevo fare dopo tutto quello, milord. Io chiamo la guardia e lo mando in prigione. E poi dovevo presentare le accuse, milord.»
«Questo è avvenuto alla presenza della banda?»
«Sì, milord. L’intera banda, sedici di loro.»
Deliberata disubbidienza a un ordine, davanti a sedici testimoni. Poco importava se ce n’erano sei o sedici o sessanta; il punto era che nel comando di Hornblower tutti sapevano ormai che la disciplina era stata sfidata e che si era deliberatamente disubbidito a un ordine. L’uomo doveva morire o doveva essere fustigato fino a ridurlo a un rottame semidistrutto, per il timore che altri uomini sfidassero gli ordini. Hornblower sapeva di avere il suo comando bene in mano, ma sapeva anche della turbolenza che covava sotto la superficie. E ancora, se l’ordine al quale si era disubbidito fosse stato qualche cosa di diverso, se ci fosse stato un rifiuto di spostarsi lungo un pennone, diciamo, comunque pericolose fossero state le condizioni, Hornblower non avrebbe pensato tanto sulla faccenda, nonostante la sua esecrazione per le crudeltà fisiche. Un ordine di quella specie doveva essere eseguito istantaneamente. «Coscienza artistica» aveva detto Spendlove. Hornblower non aveva idea della differenza tra un si e un si bemolle, ma poteva vagamente capire che avrebbe potuto essere importante per certa gente. Un uomo poteva avere la tentazione di rifiutarsi di fare qualche cosa che offendeva le sue sensibilità artistiche.
«Ritenete che l’uomo fosse sobrio?» domandò improvvisamente.
«Quanto lei e me, milord.»
Un’altra idea traversò la mente di Hornblower.
«C’era la possibilità di un errore di stampa nella musica?» domandò; stava lottando contro cose che non capiva.
«Bene, milord, ci sono cose del genere. Ma tocca a me dire se c’è un errore di stampa o no. E benché lui possa leggere musica, io non so se può leggere la stampa, milord, e se può, io non credo che possa leggere l’italiano, ma là dice dolce, così dice, nel testo della musica ufficiale, milord.»
Agli occhi di Cobb ciò aggravava l’offesa, se un aggravamento era possibile. Non solo si era disubbidito a un suo ordin...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il libro
  3. L’autore
  4. Frontespizio
  5. Hornblower Ammiraglio: l’ultima avventura
  6. Sant’Elisabetta d’Ungheria
  7. La Stella del Sud
  8. I pirati sbalorditi
  9. I cannoni di Carabobo
  10. L’uragano
  11. Il mondo di Horatio Hornblower. Una guida di Luigi Bruti Liberati
  12. Dizionario di voci marinare
  13. Copyright