Ossigeno, le manca l’aria!
Lara spalanca gli occhi e per un istante pensa solo a respirare. Inspira, espira. Dalla tapparella la luna filtra nella stanza. È tutto buio e silenzioso come dovrebbe essere una casa nel mezzo della notte, quindi forse questa volta non ha urlato. Il cuore riprende a battere normalmente e lei allunga la mano verso il comodino, per raggiungere il bicchiere d’acqua. È in quel momento che sua mamma compare sulla soglia, in camicia da notte e pantofole.
«È successo di nuovo?» sussurra, avvicinandosi.
Lara annuisce. Apnee, così le ha chiamate il dottore. I suoi genitori l’hanno portata in città, a Catanzaro, per farla visitare da uno specialista e capire quale strana malattia le provochi quei violenti risvegli in piena notte, togliendole il fiato e strappandola dal sonno con quell’orribile sensazione di soffocamento. Il medico l’ha visitata e ha poi pronunciato quella parola difficile, che fa pensare al mare e ai tuffi dagli scogli della spiaggia.
Apnee. Solo che a Lara arrivano di notte, mentre dorme nel suo letto. Improvvise e imprevedibili.
«L’ultima volta è stata solo una settimana fa…» dice sua madre sottovoce, sedendosi sul bordo del letto e passandole una mano tra i capelli, con dolcezza. È preoccupata, glielo si legge in faccia. Lara le stringe la mano. «È passato» la rassicura.
Chiude gli occhi, la mamma le sistema le coperte. Lara sa che sua madre non riuscirà più a prendere sonno, per quella notte. Resterà sulla poltrona del salotto, l’orecchio teso per sentire il suo respiro, nel silenzio della casa. Lei spera solo di scivolare di nuovo nel mondo dei sogni.
Di sogni per la testa Lara ne ha tanti. Tantissimi, per i suoi tredici anni. Così dice sua mamma. Se pensa al futuro, riesce a immaginare se stessa da grande, seduta davanti al computer nella redazione di un giornale, impegnata a scrivere un reportage. Viaggerebbe, per raccontare storie da Paesi lontani, e conoscerebbe gente interessante da tutto il mondo, e forse si trasferirebbe a vivere in una grande città, lontana dalle stradine strette che si arrampicano sulla collina di San Maurilio, tra ulivi e cespugli di more selvatiche. Oppure potrebbe diventare una scrittrice e pubblicare un romanzo: avrebbe moltissime cose da dire, sul paese in cui è cresciuta e sulle persone che lo abitano. E ai giornalisti che le chiedessero se si è ispirata a qualcuno di realmente esistente, lei sorriderebbe. Altre volte pensa che invece potrebbe iscriversi a Veterinaria; potrebbe aprire un ambulatorio sulla via principale del paese e poi girare per le piccole fattorie della campagna. Le sono sempre piaciuti gli animali, perché loro non ti deludono né ti tradiscono, mai. Oppure potrebbe diventare medico e aiutare le persone, come il dottore da cui l’hanno portata mamma e papà nella speranza di capire perché ultimamente si sveglia di notte sempre più spesso, con quella brutta sensazione.
Lara soffre di apnee da sempre, ma nell’ultimo periodo sono peggiorate.
È cominciato a Pasqua, dopo la processione per le strade del paese e dopo che don Antonio aveva tolto il velo nero che copriva la statua della Madonna, permettendole di incontrare Gesù risorto, al centro della piazza principale. Le strade erano ancora affollate, molti si affacciavano dai balconi e dalle finestre, quando Leone Rizzo, il proprietario della ditta di costruzioni di San Maurilio, ha raggiunto suo padre. Lara li ha visti, in disparte rispetto alla folla di persone vestite a festa, seri. Leone Rizzo parlava e suo padre ascoltava, tenendo le labbra strette in un’espressione che non lasciava presagire niente di buono. A un tratto Rizzo, elegantissimo nel suo completo grigio, ha allargato le braccia e suo padre si è allontanato senza aggiungere nulla, né salutare. Un comportamento strano, perché l’imprenditore è rispettato da tutti, soprattutto dagli operai e dagli artigiani che lavorano per lui.
Poi le donne più anziane hanno offerto fette di cozzupa, il tipico dolce pasquale. Ci sono state la messa e la recita dei ragazzi a teatro, in cui Lara interpretava la protagonista mentre Anna, la sua migliore amica, era il cavaliere coraggioso che sconfigge il drago. Alla fine il pubblico ha applaudito con entusiasmo e tutti si sono complimentati con lei. Insomma, è stata una giornata intensa e Lara non ha più visto suo padre. Solo molto più tardi, la sera, l’ha sentito parlare con la mamma, in cucina, seduti al tavolo sotto la luce del lampadario.
«Mi licenzia» ha detto suo padre.
Allora Lara si è affacciata alla stanza. «Sei senza lavoro?» ha chiesto, sentendo le ginocchia tremare.
Suo padre l’ha guardata, con occhi tristi. «No, mi assume di nuovo, dopo le feste. Ma perderò i soldi della liquidazione e tutte le ferie dell’anno.»
“Non è giusto” avrebbe voluto dire Lara. Lo vedeva sul viso triste di suo padre e negli occhi lucidi di sua madre. Ma in paese la giustizia era un’idea strana, che ciascuno interpretava a modo proprio, sollevando gli occhi al cielo e accennando a cose che poi non venivano mai dette ad alta voce.
Suo padre era rimasto a casa per qualche settimana, poi era tornato agli uffici della Rizzo Costruzioni e aveva firmato il nuovo contratto per il lavoro di sempre, come falegname. Esattamente come negli anni passati, avrebbe montato porte e finestre nelle palazzine che Leone Rizzo tirava su nei terreni attorno ai paesi della zona. Però gli è rimasta addosso quell’espressione triste e cupa di chi ha dovuto accettare qualcosa di sbagliato.
Da quel momento, Lara ha cominciato a svegliarsi di notte sempre più spesso, con i polmoni che lottano per prendere aria.
Le sembra di soffocare, come soffoca l’intero paese sotto le prepotenze dei Rizzo e dei loro amici, che possono decidere del destino di intere famiglie e se ne approfittano. Che entrano nel bar della piazza e si fanno servire il caffè prima di tutti, andandosene senza pagare. Che comandano senza averne alcun diritto e non si fanno scrupolo di prendere ciò che non appartiene loro. E nessuno può farci nulla. Si può solo chiudere gli occhi, fingere di non vedere, e sognare che le cose un giorno possano andare meglio.
Il bello dei sogni è questo: che tutto sembra semplice. Basta lasciar correre la fantasia e in un secondo la Terra diventa un posto migliore. Nei suoi sogni, Lara gira il mondo e affronta i prepotenti a testa alta, senza paura. Anche Rizzo e i suoi amici! E può diventare giornalista e poi tornare per scrivere lunghi reportage sulla vita del paese. Scatterebbe anche le foto, ritraendo le persone che conosce. Sicuramente intervisterebbe la professoressa Canci, che le insegna italiano, e don Antonio, che non si stanca mai di ripetere che “i giovani sono la nostra più grande speranza”.
Il brutto è quando gli occhi li riapri e ti ritrovi davanti la realtà, la stessa di sempre. Quella sì che è piena di problemi. È che per diventare giornalisti, scrittori o veterinari bisogna studiare, iscriversi all’università, comprare i libri, mantenersi a Reggio Calabria o persino più lontano, in una città del Nord, dove ci sarebbe l’affitto da pagare e dove – si sa – la vita è cara.
Mamma e papà contavano di usare i soldi della liquidazione, per permettere a lei di lasciare il paese. In famiglia se n’è cominciato a parlare dopo che, un venerdì, la professoressa ha fermato Lara alla fine delle lezioni, per chiederle che intenzioni avesse per l’anno successivo. Molti dei suoi compagni non hanno in programma di proseguire, dopo la terza media. Lara invece conta di iscriversi alle superiori, insieme ad Anna, che da sempre desidera fare la scienziata e studiare le stelle.
È stata la professoressa Canci a dirlo per prima: “Hai mai pensato al liceo classico?”.
Solo che, come ha detto nonna Maria, dal liceo non si esce con un lavoro. Poi bisogna iscriversi all’università, perché quella è la scuola per chi ha deciso di continuare con gli studi. Ne avevano parlato una domenica, seduti dopo pranzo nel salotto dei nonni, con la tavola ancora apparecchiata con il servizio bello e il vassoio delle paste al centro.
«Lara può farcela» aveva risposto la mamma, e lei si era sentita orgogliosa. Si era immaginata mentre attraversava le strade di una grande città, diretta verso le aule delle lezioni.
«E come la mantenete, per anni, magari al Nord?» si era intromesso lo zio Mario, con aria preoccupata.
«Userò i soldi della liquidazione» aveva risposto deciso il papà.
Già, la liquidazione. Sono i soldi che vengono messi da parte per ogni lavoratore, un poco ogni mese, e che gli vengono restituiti tutti in una volta, quando smette di lavorare o se ne ha bisogno per una ragione davvero importante. Far studiare i figli è importante e la famiglia di Lara contava proprio su quel gruzzolo. Solo che ora quei soldi non ci sono più, perché Leone Rizzo se li è tenuti.
“Purtroppo è un periodo difficile” aveva detto il costruttore. Poi aveva aggiunto qualcosa su alc...