
- 160 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Leonardo era un figo
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Qui dentro trovi la biografia dettagliata (e un po' pettegola) di Leonardo Da Vinci e una versione non troppo sintetica delle sue straordinarie imprese: conoscerle ti permetterà di capire le ragioni per cui ancora oggi diciamo di lui... "Però, che tipo straordinario!". Leonardo osservava, analizzava e riempiva di appunti carte su carte. La sua sete di conoscenza non si estinse mai e lo stimolò a studiare con uguale interesse ogni aspetto della vita. Non pensi anche tu che sia stato un gran figo?
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Informazioni
Editore
EDIZIONI PIEMMEAnno
2022Print ISBN
9788856684018eBook ISBN
9788858528907Capitolo 1
E Leonardo c’è!
Leonardo nacque alle 22,30 di sabato 15 aprile 1452. Lo sappiamo perché suo nonno si prese un appunto e suo nonno faceva il notaio – quindi se prendeva un appunto era per conservarlo. Il bambino fu battezzato nella chiesetta di Vinci e poi andò a vivere nella fattoria di proprietà del nonno, ad Anchiano. Se ti va di farci un salto, è ancora visitabile.
Il papà e la mamma di Leonardo non stavano ufficialmente insieme. La mamma si chiamava Caterina e poi si sposò con un tizio dal nome curioso: Attaccabriga di Piero del Vacca. “Attaccabriga”, hai capito? Non se ne sa molto, ma partiva con un nome con cui non era facile presentarsi in società. Dalle notizie giunte fino a noi, il marito della mamma di Leonardo faceva il fornaio. Leo non visse mai con lui, perché venne cresciuto dalla famiglia del padre.
Il padre era ser Piero di Antonio: Antonio, insomma, era il nonno (sì, quello di prima, il notaio). A quell’epoca per essere sicuri di chi si stesse parlando (o scrivendo) si aggiungeva “di” e poi il nome di chi lo aveva messo al mondo e, se serviva, si aggiungeva quello del nonno.
Leonardo si chiama “da Vinci” perché era, appunto, nato a Vinci, una località non lontana da Firenze.
Non fu mai riconosciuto dalla famiglia paterna, ma fu sempre molto accudito dal nonno.
Non divaghiamo e torniamo al nostro Leo. Quando nacque, suo padre Piero faceva il notaio, che era il mestiere di famiglia, e aveva ventisei anni, che adesso sono pochi ma a quei tempi eri considerato adulto già da un pezzo. Tra l’altro, era promesso sposo ad Albiera di Giovanni degli Amadori, la rampolla di una ricca famiglia borghese, che sposò nello stesso anno di nascita di Leonardo (te lo ripeto: 1452, ma non distrarti più!).
Il notaio era un mestiere di gran prestigio, che garantiva un ruolo sociale di rilievo e una certa quantità di denaro in tasca, sebbene potesse comportare frequenti spostamenti, e Piero, in effetti, viaggiava spessissimo.
Leonardo ebbe la fortuna di avere un nonno che si occupò di lui e pure due zii: Lucia e Francesco. Quest’ultimo in particolare lo seguì con affetto e cura e gli rimase accanto per insegnargli a osservare la natura, accompagnandolo in lunghe passeggiate dense di scoperte. Fu, per molti versi, il suo primo insegnante.

Qui si apre la questione degli studi di Leonardo. Non è che si conoscano i dettagli, ma di sicuro venne istruito come uno del ceto borghese, con tutte le conoscenze utili per leggere, scrivere, far di conto e sapersi muovere nel mondo. Non studiò il latino e, crescendo, provò a impararlo da solo. La cosa più rilevante è che Leonardo spesso ricordò il ruolo dello zio Francesco, che gli aveva instillato la capacità di meravigliarsi e lo spirito d’osservazione, attirando la sua attenzione su rocce, vegetazione, animali e stuzzicando la sua vorace curiosità. Magari già di suo il giovane Leo era affamato di conoscenza e desiderava capire il funzionamento delle cose per poi giocarci con l’immaginazione, ma di certo la “scuola” dello zio lo incoraggiò parecchio.
Capitolo 2
Scusa, che cosa hai scritto?!
Leonardo di sicuro imparò a scrivere e lo dimostra con certezza il fatto che riempì pagine su pagine per l’intero arco della sua lunga e appassionante vita.
La questione, semmai, è che scriveva in maniera diversa da tutti gli altri. Innanzitutto, era mancino. Niente di strano, dirai. Ni. Devi sapere che solo negli ultimi decenni il mancinismo è stato accolto senza obbiezioni, ma per secoli i mancini sono stati costretti a usare la destra e su di loro fiorivano leggende metropolitane che additavano l’uso della mano sinistra come una stranezza, se non proprio come qualcosa da guardare con sospetto.
Andiamo oltre. Era mancino e scriveva da destra a sinistra! Per capire qualcosa dei suoi scritti, è meglio mettere uno specchio e leggere l’immagine riflessa. Basta? No. Molte frasi e intere pagine sono poco comprensibili perché Leonardo sviluppò una serie di simboli e di abbreviazioni che gli servivano per annotare più velocemente e per risparmiare carta.
Aggiungi che non usava né le maiuscole né la punteggiatura e che scriveva con un pennino che mica sempre funzionava alla perfezione…

Non abbiamo tutta la vastissima produzione leonardesca, ma ne conserviamo una buona parte. Si tratta di pagine che sono state raccolte dopo la sua morte e che sono riunite in volumi assortiti che prendono il nome di “Codici”. Il più famoso è il Codice Atlantico, nome che non ha niente a che vedere con l’oceano ma con il formato della carta, che era appunto quella su cui un tempo si disegnavano mappe e cartine.
Anzi, prendiamoci un attimo che ti spiego meglio.
Leonardo aveva sempre in tasca un taccuino oppure della carta su cui appuntava osservazioni, idee, cose da fare, piccoli fatti cui assisteva. Non buttava mai via niente e così, giunto alla vecchiaia, nella sua casa a Parigi aveva “un’infinità” di volumi, come ebbe modo di vedere con i propri occhi (e poi tramandare) il cardinale Luigi d’Aragona.
Quando Leonardo morì, tutta la straordinaria mole dei suoi appunti venne ereditata da uno dei suoi allievi più brillanti, Francesco Melzi, che li custodì nella propria casa a Vaprio d’Adda. Cercò di riordinare tematicamente gli appunti, ma era un’impresa titanica e non la portò a termine.
Pure Francesco Melzi morì (presto o tardi, tocca a tutti…) e lasciò il materiale al figlio Orazio, nel 1570.
Orazio non era molto sensibile al fascino degli scritti leonardeschi e, anzi, possiamo ben dire che non gliene importava un fico secco, visto che li sistemò in una soffitta. A essere spietatamente onesti, è colpa di Orazio se adesso abbiamo meno di un terzo di tutto ciò che Leonardo scrisse e annotò. Infatti, lasciò che qualche appunto gli venisse rubato e altri li mise in vendita.
Il patrimonio cominciò dunque, inesorabilmente, a disperdersi. Una parte dei fogli finì in Spagna al seguito dello scultore Pompeo Leoni, che aveva regolarmente acquistato una quota dei materiali. Pompeo iniziò a sua volta a organizzare la raccolta, mettendo tutti i fogli su supporti di uguali dimensioni, così che fossero più facili da consultare, conservare e spostare. Proprio lui usò quella carta che si adoperava per le mappe, di cui ti parlavo prima. La raccolta organizzata da Pompeo Leoni era incompleta e si impoverì ulteriormente quando passò nelle mani del suo erede, Polidoro Calchi.
Non bastasse tutto questo, ci si mise pure Napoleone, che arrivò a Milano per impossessarsi degli scritti di Leonardo e portarli in Francia… Te la faccio breve. Delle fatiche scritte di Leo è rimasto poco e i Codici più famosi al grande pubblico sono il già citato Codice Atlantico (che si trova alla Biblioteca Ambrosiana di Milano) e il Codice Hammer (dal nome di Armand Hammer, un petroliere che lo acquistò a un’asta), ora in possesso di Bill Gates.
Altri cinque Codici sono conservati in Inghilterra: la Royal Collection (conservata al Castello di Windsor), il Codice Arundel 263 (alla British Library di Londra) e i tre Codici Forster (indicati in numeri romani da I a III e custoditi presso il Victoria and Albert Museum, sempre a Londra).
L’Institut de France di Parigi conserva dodici raccolte di manoscritti indicati da lettere dell’alfabeto, dalla A alla M.
In Italia restano il Codice sul volo degli uccelli (a Torino, alla Biblioteca Reale) e il Codice Trivulziano 2162 (a Milano, al Castello Sforzesco).
Se ti può consolare, non tutte le speranze sono perdute e ogni tanto rispunta qualcosa scritto di suo pugno, come accadde nel 1966 alla Biblioteca Nacional di Madrid.
Chissà mai che non ne spuntino fuori altri da fondi antichi o da collezioni private.
Però stavamo ancora parlando della famiglia, giusto? Torniamo là.
Capitolo 3
Una famiglia in prestito
Il nonno Antonio morì a novantasei anni, nel 1468, lasciando i tre figli che già conosci e cioè Lucia, Piero e Francesco ma anche due nuore (Francesca, seconda moglie di Piero, e Alessandra, moglie di Francesco) più il nipote Leonardo.
Piero e Francesco nel 1469 affittarono casa a Firenze. La casa apparteneva all’Arte dei Mercanti perché dal 1465 Francesco era immatricolato nell’Arte della Seta. Le “Arti” erano delle corporazioni di professionisti e iscriversi dava garanzie e privilegi.
Il padre di Leonardo, Piero, era stato prima procuratore del convento della Santissima Annunziata e poi diventò notaio della signoria (che era come dire lo Stato di Firenze).
Le famiglie dei due fratelli continuarono per tutta la vita ad abitare nella stessa casa, che in seguito Giuliano da Sangallo abbatté per costruire Palazzo Gondi, e quindi non la puoi visitare.
Piero teneva tantissimo al fatto di avere figli dalle mogli legittime, e però, pensa un po’, ebbe il primo solo dalla terza moglie, nel 1476.
Ti domanderai a questo punto perché non avesse riconosciuto Leo. Se lo sono domandati in molti e una risposta non è stata trovata, anche se forse è da cercare nella poco nobile stirpe di Caterina. Fatto sta che Piero crebbe il figlio, prendendosene cura. Si para però un’altra questione: se non avesse avuto figli maschi, Leonardo sarebbe stato l’erede di tutti i suoi averi. Come finì? Va bene, faccio spoiler: di figli ne ebbe una dozzina tra cui diversi maschi, quindi Leonardo...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Nota pratica
- Capitolo 1
- Capitolo 2
- Capitolo 3
- Capitolo 4
- Capitolo 5
- Capitolo 6
- Capitolo 7
- Capitolo 8
- Capitolo 9
- Capitolo 10
- Capitolo 11
- Capitolo 12
- Capitolo 13
- Capitolo 14
- Capitolo 15
- Capitolo 16
- Capitolo 17
- Capitolo 18
- Capitolo 19
- Capitolo 20
- Capitolo 21
- Capitolo 22
- Capitolo 23
- Capitolo 24
- Capitolo 25
- Capitolo 26
- Capitolo 27
- Una passeggiata tra le opere di Leonardo. (Sì, è la famosa parte di approfondimento!)
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