È incredibile, stento ancora a credere che tu sia insufficiente proprio nella materia su cui io ho costruito tutto, tutto, tutto il mio lavoro, tutta la mia carriera, tutta la mia vita, non sembri nemmeno mio figlio, Non so ancora bene cosa desidero, papà, cosa voglio, quel che ho in fondo al cuore, Lo so io cosa vuoi, Chi può dire di che carne sono fatto, papà, io non lo so, Non dire sciocchezze, sei fatto della mia stessa identica carne, è ora che te lo metti bene in testa, È che mi piace di più leggere, papà, mi piacciono le storie, Sì bravo, quali storie, Le avventure sui mari, come quei libri di marinai che si consumano la vita a cercare di incrociare il cetaceo, a far volare i ramponi pesanti nel sole, a inseguire balene tra schiume di sangue e innalzarsi di code, Perché ripeti ’ste stupidaggini, chi ti ha dato quei libri, Nella casa in collina, in soffitta ce n’è una cassa piena, erano libri di nonno, ne ho preso qualcuno, Cosa te ne fai dei libri, non compriamo già il giornale, Ci leggo dentro, Hai solo perso il tempo che avresti dovuto dedicare a fare il tuo dovere, in America ho fatto fatica a mettere in piedi una succursale dello studio di progettazione, è stato un grande impegno, credimi, ma l’ho fatto per te, perché da grande lo prenda in mano tu, se però già adesso non ti applichi in matematica butti all’aria tutto, tutto il mio sforzo, tutto il tuo futuro, tutto quanto, tutto, Sì, papà, E poi spiegami cosa possono fare i libri, le storie, che nonna mi ha detto che le scrivi anche le storie, storielle per bambini, mi ha detto, ma a cosa serve, sono tutte fantasie, roba che non c’entra con la vita reale, Sì, papà, I progetti su cui costruire, quelli sì influiscono sulla realtà, la modificano, la migliorano, ma un libro o un racconto cosa può fare, sono solo parole, parole che nemmeno si vedono, si toccano, sono all’opposto della realtà che si vede, si tocca, dimmi alla fine che cosa hai ottenuto, Mi sono piaciuti, i libri, papà, mi hanno appassionato, e mi sono divertito a scrivere i racconti, Le parole non servono a niente, servono i fatti: non parole, gesti, non scrivere più, che con i libri finirai sotto un ponte, farai una brutta fine, Sì, papà, E comunque hai solo perso tempo con quei libri, con quelle storielle che scrivi, è stato inutile, che andavi già bene in italiano: il problema era la matematica e lo sapevi bene, Sì papà, Il problema erano i problemi di matematica che non hai saputo risolvere, Sì, lo so, Ora devi recuperare, ma è un vero peccato che tu non abbia dato il tuo meglio, Hai ragione, papà, Te lo devo dire, mi hai proprio deluso, Mi dispiace, papà, Ma si può recuperare, si deve recuperare, io ti aiuterò e so che ce la farai bene, Davvero lo pensi, Certo, sei mio figlio, vorrà pure dire qualcosa, Che cosa vuol dire, Che anche in questo mi assomigli, che sei fatto della mia stessa identica carne, Sì, papà, Però ci vuole impegno, quest’estate la passerai chiuso nella casa in collina a studiare per recuperare, che ci si prepara per tempo alla vita, si studia a testa bassa, gutta cavat lapidem, la goccia scava la roccia, nella vita ci vuole perseveranza, esercitazioni ogni giorno e arriverai a recuperare, Sì, papà, Nella vita ci vogliono sacrificio e rinuncia, incessanti, quest’estate farai solo quello, dovrai macerare per dare frutto, Sì, papà, Basta con i sogni, le fantasticherie, le colline, la luna, i falò, tutte le tue fesserie, Dicono che da qualche tempo nascano da soli questi falò in modo misterioso, dicono che non sono i contadini ad accenderli, dicono che è la terra, Ho detto basta con tutte queste superstizioni, Sì, papà, Non dovrai perdere un minuto, mi sono spiegato, dovrai sempre avere presente cos’è più importante per te, sempre, per cosa vale la pena spendere il tuo tempo quest’estate nella casa in collina: nessuna distrazione, dovrai pensare solo a recuperare, nient’altro, Sì papà, Me lo prometti, Te lo prometto.
Bella estate.
Sì, proprio.
Proprio bella.
Bella estate, confinato a studiare qui nella casa in collina, anzi, peggio, a recuperare, come a recuperare qualcosa che ho perso, e in effetti ho perso.
È necessario, è per il mio bene, è come dice mio padre.
E so bene che la colpa è solo mia: quest’anno avrei dovuto dedicare più tempo alla matematica.
Accidenti.
Però anche il Barba, il prof più peloso della scuola, ci ha messo del suo.
Non voglio dire che ce l’abbia con me, ma nelle ultime settimane di scuola ha avuto un rigore troppo, troppo matematico.
Per il voto finale ha calcolato la media, ma ci sarebbero tanti altri modi: un problema si può affrontare come un’equazione da risolvere, con rigore logico, oppure si può svolgere come un tema, con rigore creativo.
Lo stesso problema, intendo.
Se io fossi un prof, il problema dell’insufficienza di un mio studente lo svolgerei come un tema, ecco: gli proporrei tante strade possibili, e magari un finale in cui vivono tutti felici e contenti.
Lui invece ha calcolato la media matematica.
Che cosa vuol dire?
Che il Barba è troppo prof di matematica, cioè lo è fino al midollo.
Anche mio padre calcola con rigore logico.
È proprio il suo lavoro: fa il progettista.
Ha uno studio di progettazione a Torino, lavora tanto, giorno e notte.
Così da dieci anni.
Lavorare stanca, dice, ma è servito investirci la vita: dopo dieci anni di sacrifici ora mio padre dice a testa alta: «Nel mio mestiere dunque sono il re. In dieci anni ho fatto tutto».
Lo dice spesso.
Re lo diventerò anch’io, grazie a papà, quando presto torneremo insieme in America.
Sarà dura abbandonare queste colline per sempre, rinunciare per sempre alla mia terra.
Però so che ha ragione lui, è quello il mio bene.
Il futuro è già là, in America, mi attende e già freme.
Re d’America.
Accidenti. Che prospettiva importante.
E così ora che, dopo questi anni americani e torinesi, sono tornato al paese dove ho trascorso le estati della mia infanzia, starò rinchiuso qui, nella casa in collina, a studiare, anzi, meglio, a recuperare.
Ce la farò: lo devo a me, a mio padre, a tutto quello che sta facendo per il mio bene, al mio futuro.
Ieri sono finite le scuole, e così già oggi mio padre ci ha accompagnati qui in auto, mamma e io.
Ha scaricato i bagagli ed è ripartito subito, ha il suo lavoro a Torino e le sue ferie d’agosto.
Ma ad agosto manca ancora tanto e così, intanto, noi staremo qui, io e mamma, con nonna.
Proprio adesso, che dopo anni sono tornato alle mie colline, non posso riviverle come sognavo, devo stare rinchiuso a fare i compiti.
Però le posso almeno vedere dalla finestra, con i sentieri che salgono tra le macchie selvagge d’alberi e i filari regolari delle vigne.
Sempre, ma più che mai questa volta, ritrovarmi davanti e in mezzo alle mie colline mi commuove nel profondo.
Ne studio il profilo, poi chiudo gli occhi e respiro l’odore fortissimo dei tigli.
Da qui posso sentire la campagna che trema del canto delle cicale.
E ricordo tutto, la vita meravigliata delle mie estati, qui.
In realtà le cicale non cantano come dicono le favole, me l’ha detto Luna chissà quanti anni fa, le cicale friniscono. Ero convinto che il loro canto venisse dallo sfregamento delle zampe, ma Luna mi ha detto che sono i grilli che fanno così, le cicale maschio invece, per farsi notare dalle femmine, fanno vibrare delle lamine sull’addome.
Mi sa che quest’estate le colline e le cicale le vivrò solo da questa finestra.
In fondo la colpa è solo mia.
Accidenti.
Mi ricordo che, quand’ero piccolo, proprio da questa finestra mi incantavo a osservarle, le colline.
Da qui capivo che nulla vi poteva accadere e vi trovavo un senso incrollabile di fiducia. Da allora questo senso di fiducia mi prende ogni volta che da un luogo chiuso do un’occhiata al cielo, alle piante, all’aria. È come se per un momento avessi dubitato dell’esistenza delle cose e quello sguardo mi rassicurasse.
Nonna mi dice sempre che la felicità è fatta di desiderio di infinito che un ostacolo – come la mia finestra, la siepe della poesia di Leopardi, una costa tutta coperta di prugnole, una collina che ha dietro un’altra collina e poi un’altra ancora e così via, il mare di cui non si vede la fine – ce lo fa desiderare ancora di più.
Una volta mi ha detto di un uomo che una semplice finestra di scala, spalancata sul cielo vuoto, mette in stato di grazia.
Nonna possiede una straordinaria potenza fantastica.
Forse, essendo diventata cieca, ora vede l’immagine assoluta delle cose.
Come accade da bambini.
Dopo aver sistemato la mia roba qui in camera, mi è venuta voglia di scendere in cucina per abbracciarla.
Quanti anni sono passati?
Ho preso con me il libro che devo leggere quest’estate per la prof di italiano.
Ho pensato che le avrebbe fatto piacere. Nonna era bibliotecaria, quando ancora ci vedeva.
Solo che passando davanti alla porta della camera da letto di mamma, l’ho sentita piangere.
Sono rimasto lì ad ascoltare per un po’.
Non smetteva.
Singhiozzava proprio.
Così sono entrato.