I delitti di Kingfisher Hill
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I delitti di Kingfisher Hill

  1. 264 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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I delitti di Kingfisher Hill

Informazioni su questo libro

Hercule Poirot è in viaggio da Londra su un lussuoso pullman diretto verso l'esclusiva tenuta di Kingfisher Hill, dove Richard Devonport lo ha convocato per dimostrare che la sua fidanzata, Helen, è innocente dell'omicidio di suo fratello Frank, avvenuto in quel complesso residenziale. Ma c'è una strana condizione legata a questa richiesta: Poirot deve nascondere il vero motivo per cui si trova lì.

Il pullman è costretto a fermarsi quando una donna angosciata chiede di scendere, insistendo che, se rimane seduta al suo posto, sarà assassinata. Anche se il resto del viaggio passa senza ulteriori colpi di scena, la curiosità di Poirot si risveglia, e i suoi timori verranno poi confermati quando a Kingfisher Hill viene scoperto un corpo su cui è adagiato un macabro biglietto.

Questo nuovo omicidio e lo strano incidente sul pullman potrebbero essere indizi per risolvere il mistero di chi ha davvero ucciso Frank Devonport? E se Helen è innocente, riuscirà Poirot a trovare il vero colpevole in tempo per salvarla dalla forca?

Il più grande detective del mondo, Hercule Poirot, leggendario protagonista di Assassinio sull'Orient Express e Poirot sul Nilo di Agatha Christie, ritorna per risolvere un nuovo diabolico mistero.

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Informazioni

1

Graticola di mezzanotte

Non inizia a mezzanotte questo racconto, ma alle due meno dieci di pomeriggio del 22 febbraio 1931. Fu allora che cominciarono le stranezze, mentre Monsieur Hercule Poirot e l’ispettore Edward Catchpool (suo amico e narratore di questa storia) erano in un capannello sparpagliato di trenta estranei – nessuno troppo vicino agli altri, ma tutti facilmente identificabili come un insieme – in Buckingham Palace Road, a Londra.
Il nostro gruppo di uomini, donne e un bambino (un neonato in braccio alla madre, stretto in una fasciatura dall’aspetto alquanto mummificato) stava per intraprendere un viaggio che trovavo insolito e misterioso molto prima di scoprirne i risvolti straordinari.
Eravamo radunati di fianco al pullman che ci avrebbe condotti da Londra a Kingfisher Hill, il celebre complesso residenziale di campagna vicino a Haslemere, nel Surrey, un luogo di notevole bellezza naturalistica secondo molti. Anche se tutti noi passeggeri eravamo arrivati con largo anticipo rispetto all’orario previsto per la partenza, non ci era ancora stato permesso di salire a bordo. E così tremavamo nell’aria fredda e umida di febbraio, pestavamo i piedi e soffiavamo sulle mani inguantate per scaldarci come meglio potevamo.
Non era mezzanotte, ma era una di quelle giornate invernali che mancano di luce all’alba e rimangono tali per tutta la loro durata.
Il pullman poteva ospitare trenta passeggeri, e trentadue persone avrebbero compiuto quel viaggio: il conducente, il neonato infagottato tra le braccia salde della madre, e tutti noi distribuiti sui sedili ai lati del corridoio centrale, incluso un rappresentante della compagnia di trasporti.
Stavo ancora tremando accanto a Poirot quando mi resi conto di avere più cose in comune con il bambino in fasce che con il resto del gruppo. Trenta persone su trentadue sapevano perché avrebbero compiuto quel viaggio. Poirot era in quella posizione fortunata. Anche l’autista conosceva il motivo per cui si trovava lì: per guadagnarsi da vivere, forse la più convincente delle spiegazioni.
Il neonato e io eravamo gli unici a non avere la minima idea del perché stessimo per salire su quel pullman sgargiante, e dei due soltanto uno percepiva la propria ignoranza come un problema. La sola cosa che sapevo era la destinazione: Kingfisher Hill, un complesso residenziale privato di circa novecento acri con un circolo di golf, due campi da tennis e una piscina progettata e costruita dall’illustre architetto Sir Victor Marklew, che vantava acqua calda per tutto l’anno.
Una casa di campagna entro i confini quieti e verdeggianti di Kingfisher Hill era prerogativa esclusiva dei cittadini più benestanti, ma questo non impediva ai londinesi di ogni estrazione di parlarne senza sosta. Forse sarei stato smanioso di varcare quei cancelli privilegiati per la prima volta se solo Poirot non si fosse ostinato a tacermi la ragione della nostra visita. Allo stato dei fatti, la sensazione di essere tenuto ancora più all’oscuro del solito era troppo seccante. Stavo forse per incontrare una futura regina? A Scotland Yard avevo sentito dire che gli abitanti di Kingfisher Hill erano perlopiù personaggi reali e aristocratici, e tutto sembrava possibile in un viaggio organizzato da Poirot.
Il pullman sarebbe partito alle due in punto, e gli eventi che precedettero la gioiosa esclamazione del conducente: «Che il viaggio abbia inizio, signore e signori!» durarono meno di un quarto d’ora, secondo le mie stime. Posso dunque collocare con certezza alle due meno dieci il momento in cui mi accorsi di lei: della donna infelice dal volto incompiuto.
Non ho problemi a dirvi che il mio primo titolo per questo capitolo era Un volto incompiuto. Poirot preferiva l’originale, e ha protestato quando l’ho informato del cambiamento.
“Catchpool, siete incline a una riottosità irragionevole.” Mi ha lanciato un’occhiataccia. “Perché dare a questo capitolo fondamentale un nome che creerà confusione? Non è successo niente di rilevante a mezzanotte, né in quella data, né in nessun’altra! Eravamo alla luce del giorno mentre aspettavamo al freddo, rischiando di trasformarci in blocchi di ghiaccio senza che nessuno ci spiegasse perché le portiere di quel torpedone non potevano essere aperte.” A quel punto si è interrotto e accigliato. Ho aspettato mentre sbrogliava le due fonti distinte di disappunto che aveva involontariamente collegato nella sua invettiva. “Non era sicuramente mezzanotte.”
“Infatti lo dico nella mia...”
“Sì, certo che lo dite. È vostro dovere, n’est-ce pas? Avete inventato, senza necessità alcuna, l’esigenza di affermare immédiatement la non sussistenza di una particolare condizione. È illogico, non?”
Mi sono limitato ad annuire. Sarei sembrato presuntuoso se avessi dato la risposta che avevo in mente. Poirot è il detective più abile che esista al mondo, ma non è esperto nel raccontare storie in forma scritta, e talvolta, anche se molto di rado, cade in errore. Sarebbe scorretto parlare di luce del giorno descrivendo quel pomeriggio in particolare, come ho già chiarito, e mezzanotte – la parola, non l’ora – è del tutto pertinente al caso in questione. Se quel giorno le parole Graticola di mezzanotte sulla copertina di un libro non avessero catturato il mio sguardo prima della partenza, forse il responsabile degli omicidi di Kingfisher Hill non sarebbe mai stato scoperto.
Ma sto correndo troppo, torniamo al momento in cui eravamo tutti fuori al freddo. A differenza di Poirot, io avevo capito perché eravamo costretti ad attendere in quel vento implacabile. La spiegazione, come capita spesso nelle questioni umane, era la vanità, nello specifico, la vanità dell’egregio Alfred Bixby. Bixby era il proprietario della neofondata Kingfisher Coach Company, e voleva che tutti noi ammirassimo la bellezza del veicolo sul quale avremmo viaggiato. Da quando Poirot e io eravamo arrivati, Bixby era rimasto appiccicato a noi come se fosse attratto da una forza gravitazionale. Era talmente entusiasta di avere tra i suoi clienti il grande Hercule Poirot che era pronto a ignorare chiunque altro. Un beneficio del quale purtroppo non potei godere: la vicinanza al mio amico mi costrinse a sentire ogni singola parola rivolta a lui.
«Non è splendido? Azzurro e arancione come il martin pescatore! Splendente come una stella! Guardate la forma! La trovo meravigliosa. Siete d’accordo, Mr Poirot? Non c’è niente di simile in strada. È l’apoteosi del lusso, parola mia! Guardate le portiere! Assemblate alla perfezione. Un prodigio di progettazione e ingegneria. Guardatele!»
«È davvero molto bello» dissi, sapendo che avremmo avuto il permesso di salire solo dopo un esaustivo esame del pullman. Poirot emise un suono rauco, restio a manifestare una finta approvazione.
Bixby era un uomo magro, spigoloso, con gli occhi sporgenti e penetranti. Notando due donne con cappello e cappotto che camminavano sull’altro lato della strada, attirò la nostra attenzione su di loro e dichiarò: «Quelle signore sono arrivate tardi! Accipicchia! Avrebbero dovuto prenotare un posto in anticipo. Se vuoi viaggiare con la Kingfisher Coach Company non puoi permetterti di tentare la sorte, o non troverai posto. Ah! Mi dispiace, signore!» tuonò all’improvviso.
Le due donne lo avevano senz’altro sentito, ma non lo degnarono di uno sguardo mentre avanzavano con passo deciso. Si sarebbero a malapena accorte di noi, non fosse stato per le grida di Bixby. Non erano interessate alla Kingfisher Coach Company, né al suo rappresentante azzurro e arancione a quattro ruote. Il comportamento di Bixby, francamente disperato e indecoroso, mi spinse a chiedermi se la sua ditta fosse prospera come si ostinava a ripetere.
«Sentito? Mr Bixby ha appena dovuto respingere due signore» disse un uomo vicino a me alla sua compagna, che rispose: «E ha fatto bene, se non avevano prenotato. Ha detto che ci siamo tutti dopo averci depennato dall’elenco, no? Non capisco perché la gente non pianifichi le cose in anticipo». In una giornata in cui ero già irritabile, mi seccò che lo sgraziato raggiro di Bixby avesse ingannato almeno due persone.
Annuii e feci qualche mormorio di apprezzamento in quelli che speravo fossero i momenti giusti mentre Bixby illustrava la genesi della sua società: accennò alle pochissime persone in grado di prendere l’iniziativa e immaginare qualcosa che non esisteva ancora... alla proprietà che lui stesso possedeva a Kingfisher Hill, ai profitti di un’attività precedente, alla scomodità di arrivare a Londra malgrado la relativa prossimità geografica... a come non si era mai lasciato bloccare dalla paura, neanche adesso che l’economia nazionale e globale versava in condizioni catastrofiche...
Pochi secondi dopo aver pensato: “Se anche Alfred Bixby possiede una casa a Kingfisher Hill, non saranno tutti reali e aristocratici”, ricordo di aver visto una donna sola ai margini del gruppo, e la sua espressione sconvolta eclissò ogni altra mia riflessione.
«Un volto incompiuto» sussurrai. Nessuno mi sentì. Alfred Bixby era impegnato a tartassare Poirot con una lista degli innumerevoli fallimenti di Ramsay MacDonald e del suo «governo filorusso di canaglie e reprobi», pertanto le sue parole soffocarono le mie.
La donna dimostrava una ventina d’anni. Sfoggiava un elegante abbinamento di cappello e cappotto verdi sopra un vestito sbiadito, quasi incolore, che doveva essere stato lavato più di cento volte. Le scarpe erano consumate.
Non era proprio brutta, ma aveva la pelle spenta e pallida, e tutti i suoi lineamenti trasmettevano la stessa impressione: era come se qualcuno si fosse interrotto prima di aggiungere i ritocchi finali che le avrebbero conferito una bellezza più convenzionale. Le labbra erano sottili, esangui e avvizzite, e gli occhi ricordavano due fori scuri nel terreno. In generale, sembrava che quel viso avesse bisogno di essere rifinito a livello di dettagli e di forma. C’erano elementi infossati che andavano messi in risalto.
Ma tutto questo è irrilevante. Ad affascinarmi e allarmarmi fu la sua espressione al contempo spaventata, disgustata e profondamente infelice. Era come se pochi istanti prima fosse stata vittima di uno shock tremendo e angosciante. Teneva gli occhi fissi sul pullman, e il suo sguardo stralunato e folle non si poteva spiegare con la semplice riprovazione per l’accostamento di quelle particolari sfumature di azzurro e arancione. Se il veicolo non fosse stato inanimato, avrei potuto sospettare che quella donna lo avesse visto commettere un crimine di inaudita barbarie mentre il resto di noi era distratto.
Mi parve sola, all’estremità del nostro gruppetto. Non esitai ad avvicinarmi.
«Chiedo scusa. Perdonate l’intrusione, ma avete l’aria di aver subito un brutto shock. Posso esservi d’aiuto?» L’orrore sul suo volto era così estremo che non mi venne nemmeno il dubbio di aver immaginato un problema inesistente.
«No, vi ringrazio.» Il suo tono era elusivo e distratto.
«Ne siete proprio sicura?»
«Sì... Sì, grazie.» Fece quattro o cinque passi in direzione del pullman, allontanandosi da me.
Non potevo pretendere di aiutarla se era decisa a impedirmelo, perciò tornai da Poirot e Alfred Bixby ma tenni d’occhio i movimenti della donna, che rivelarono una crescente agitazione. Cominciò a camminare tracciando piccoli cerchi, con la bocca che si muoveva silenziosamente. Quella terribile espressione non abbandonò mai il suo viso, neanche per un secondo.
Stavo per interrompere il monologo di Bixby e volgere l’attenzione di Poirot sull’oggetto delle mie preoccupazioni quando sentii una voce femminile forte e sprezzante alla mia sinistra dire: «La vedete quella giovane donna? Che accidenti di problema ha? Forse sua madre le ha fatto prendere un brutto colpo in testa quando era piccola».
La madre del neonato in fasce inorridì e strinse il figlio a sé. «Non c’è bisogno di insultare, signorina» disse un anziano, e il commento fu accolto da un mormorio generale di approvazione. Le uniche persone apparentemente ignare di quel fermento erano la donna dal volto incompiuto e Alfred Bixby, che si ostinava a parlare a Poirot anche se lui aveva smesso di ascoltarlo.
«In effetti sembra sconvolta» disse qualcuno. «Dovremmo controllare che il suo nome sia sulla lista passeggeri.»
A quel punto si levò un coro di osservazioni.
«Mr Bixby ha detto che ci siamo tutti.»
«Allora perché non apre le portiere? Autista! Siete voi l’autista, giusto? Possiamo salire adesso?»
«Se il suo nome è sulla lista non potrà essere una pazza scappata da un manicomio qui vicino, anche se il suo comportamento farebbe pensare il contrario» disse forte la donna scortese. Anche lei era giovane, più o meno coetanea della donna dal volto incompiuto. La sua voce era in net...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. I DELITTI DI KINGFISHER HILL
  4. Ringraziamenti
  5. 1. Graticola di mezzanotte
  6. 2. Il posto pericoloso
  7. 3. La lettera di Richard Devonport
  8. 4. La lista scomparsa
  9. 5. Una confessione vaga
  10. 6. La famiglia Devonport
  11. 7. Confessioni per cena
  12. 8. La cronologia
  13. 9. L’allenamento del cervello
  14. 10. Helen Acton
  15. 11. Un cadavere a Little Key
  16. 12. Piccole domande irritanti
  17. 13. Zia Hester
  18. 14. Poirot fa una lista dei compiti
  19. 15. Una nuova confessione
  20. 16. Piccola chiave, porta pesante
  21. Epilogo
  22. Copyright