Indifesa dei mondi perduti
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Antipoaching: in Africa contro il bracconaggio

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Indifesa dei mondi perduti

Antipoaching: in Africa contro il bracconaggio

Informazioni su questo libro

A cavallo tra gli anni '60 e '70 in Africa, dopo secoli di persecuzione, gli animali che avevano ispirato letteratura, cinema, spirito di avventura, desiderio di esplorazione e ricerca scientifica, rischiavano di sparire dalla faccia del pianeta. Da allora è cresciuto l'impegno di organizzazioni governative o private per contrastare la caccia illegale, cioè il bracconaggio (in inglese: poaching), punta emersa del problema più generale della tutela di quegli ecosistemi.

Il libro racconta il lavoro di coloro che in Africa, in prima linea e rischiando la vita, difendono quotidianamente un immenso patrimonio naturale. E al contempo analizza causa ed effetti, spesso poco noti, di un fenomeno criminale che non si può combattere solo per mezzo di fucili e manette.

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Introduzione
Presagi africani

Antipoaching: quante volte abbiamo udito o letto questo termine anglofono e ci siamo entusiasmati per il lavoro di chi lo conduce, e indignati per i crimini che questa attività combatte? Innumerevoli storie, documentari e iniziative oggi ruotano attorno a questa parola, spesso spinti dalla passione e dall’empatia, altre volte da un certo desiderio di lucro o di notorietà (perché si sa, anche intorno alla migliore delle cause c’è sempre chi specula un po’).
Quando ero bambino, tra le montagne della Valle d’Aosta, amavo ascoltare le storie raccontate dal nonno che narravano di bracconieri e, devo essere sincero, più che banditi e delinquenti, nella mia fantasia di bambino questi fuorilegge parevano avventurieri e, talvolta, addirittura degli eroi. Oggi, a distanza di mezzo secolo, mi ritrovo a spendermi in ogni modo possibile per supportare il lavoro di chi invece combatte questi individui. Ma cosa è cambiato da allora a oggi?
Intanto, è ovvio, con la maturità, certe tematiche assumono connotati diversi, ma è molto meno ovvio il fatto che in un relativamente breve lasso di tempo, ci siamo accorti che alcuni reati, come per esempio il bracconaggio, rischiavano di arrecare danni irreparabili, perciò la percezione della loro gravità è aumentata.
è proprio la misura del danno arrecato che rende un reato più o meno grave: per esempio, il furto, pur nella sua rilevanza, è un reato che può essere riparato, magari restituendo la merce oppure risarcendo la persona colpita.
L’omicidio no. Non si può riportare in vita una persona, anche se ci si pente di averla uccisa. Ecco perché l’omicidio è considerato più grave.
Irreparabile significa che non può essere aggiustato, cioè che resta rotto, inutilizzabile, perduto per sempre.
Proprio a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, quando mi deliziavo ad ascoltare le storie del nonno, una parte dell’umanità si rese conto che alcune risorse naturali, ritenute pressoché inesauribili, erano invece quasi giunte alla fine.
In particolare in Africa, dopo secoli di persecuzione venatoria, quegli stessi animali che avevano ispirato letteratura, cinema, entusiasmo avventuroso, desiderio di esplorazione e nuova conoscenza scientifica, stavano per darci l’addio definitivo. Rinoceronti, elefanti, leoni, licaoni e centinaia di altre specie animali erano state da noi spinte sull’orlo di un baratro senza fondo e sarebbe bastato un nonnulla per farli cadere nel vuoto. Per sempre.
Ecco perché oggi, al di là delle mere considerazioni legali (il bracconaggio è un crimine), uccidere un rinoceronte nero è ritenuto un atto eticamente gravissimo, perché quando verrà ucciso l’ultimo esemplare (e non siamo troppo lontani da questo fatidico momento), non potremo più tornare indietro. Non potremo più dire «Mi dispiace, non lo farò più!», perché il rinoceronte nero esisterà soltanto più sotto forma tassidermica in un museo di scienze naturali, accanto allo scheletro di un triceratopo o di un allosauro.
Con i termini antipoaching o antibracconaggio si intende l’azione coordinata di organizzazioni governative o private, votata a contrastare la caccia illegale di specie viventi, cioè il bracconaggio (in inglese: poaching). L’attività basilare dell’antibracconaggio è costituito dal pattugliamento attivo del territorio, allo scopo di prevenire e impedire l’intento e l’azione dei bracconieri, cioè il raggiungimento della risorsa animale o vegetale di cui vogliono impossessarsi e la sua conseguente distruzione. Ma se ci soffermiamo ad analizzare più a fondo l’ampio teatro di questo tema, scopriamo che il bracconaggio è soltanto la punta emersa di un iceberg enorme, la cui gran parte del volume resta invece sommerso, invisibile dalla superficie e perciò spesso ignorato.
Ecco perché, dopo un libro interamente dedicato alla conservazione in Zimbabwe, ho ritenuto utile (nonché doveroso) tentare di raccontare il lavoro di coloro che qui in Africa, spesso in prima linea e rischiando la propria vita, difendono quotidianamente ciò che è rimasto di quello che un tempo è stato un immenso patrimonio naturale.
Per farlo non ho potuto prescindere dal trattare, in primo luogo, il crimine che questi uomini combattono – il bracconaggio – e le conseguenze che esso produce. Fenomeni, cause ed effetti spesso poco noti e per nulla appariscenti, talvolta adombrati dai luoghi comuni, ma tutti egualmente importanti per comprendere il complesso meccanismo. Il bracconaggio e il traffico di parti animali (dal quale il bracconaggio non può prescindere), infatti, non si limitano soltanto all’uccisione di un elefante e al commercio delle sue zanne: i tentacoli di questo crimine sono molto più estesi e insidiosi di quanto si creda e ritenere che l’antipoaching possa combatterlo soltanto per mezzo di fucili e manette è una semplicistica illusione.
Non sono un ranger in forze presso un dipartimento dei parchi nazionali, tantomeno un operatore di una Apu (Anti Poaching Unit), ma vivendo in Africa australe da molti anni ho avuto l’opportunità di incontrare innumerevoli persone direttamente impegnate in queste delicate operazioni, condividere con loro attimi ed emozioni sul campo, imbattermi in brillanti e innovative iniziative di supporto e partecipare, anche direttamente, ad alcune di queste attività. Lo stesso mio lavoro di guida di ecosafari e di operatore turistico in Zimbabwe ha inevitabilmente determinato la nascita di un rapporto molto stretto con le autorità locali che tutelano la fauna e in particolare con la Zimbabwe National Parks & Wildlife Authority (Zimparks), del quale sono agente in Zimbabwe attraverso la mia organizzazione.
Da queste opportunità di cui mi è stato fatto dono e dalla mia profonda empatia verso le cause della conservazione, nasce l’idea di questo libro, che mi auguro possa aiutare tutti voi a formulare una visione più completa di questo complesso argomento e stimolarvi nel sostenere tutti coloro che, non soltanto in Africa, si spendono per conservare il nostro inestimabile patrimonio naturale.
Infine, vorrei scusarmi in anticipo per essermi ripetuto, in questo testo, riprendendo alcuni argomenti già trattati nella mia precedente pubblicazione All’ombra dell’albero delle salsicce. Non ne ho potuto fare a meno, perché senza di essi questo volume sarebbe risultato incompleto.

Cacciare, nonostante tutto
Il bracconaggio in Africa e le sue forme

Quando una risorsa scarseggia, si rende necessario regolamentarne l’accesso e il consumo, altrimenti si finisce per esaurirla.
Potrebbe apparire una misura preventiva (prevenire l’esaurimento della risorsa), ma in realtà è una misura d’emergenza, adottata a fronte di un fallimento nell’amministrazione della risorsa stessa: non siamo stati capaci di amministrarla opportunamente e ora dobbiamo correre ai ripari. C...

Indice dei contenuti

  1. IntroduzionePresagi africani