Briciole di complessità
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Briciole di complessità

Tra la rugosità del reale

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Briciole di complessità

Tra la rugosità del reale

Informazioni su questo libro

«È da questo incontrarsi e scontrarsi con la 'rugosità' del reale, da questa necessità di entrare nelle pieghe della complessità della vita che Mario Castellana è stato motivato ad intraprendere la sua ricerca. Una navigazione, la sua, di singolare ampiezza, sviluppata nella continua tensione fra le molteplici dimensioni del suo interrogare se stesso ed il suo tempo: filosofica, scientifica, esistenziale, etica, spirituale. Ed è proprio grazie a questa tensione che l'unità di fondo del suo originale pensare emerge nella continua dialogica tra figure apparentemente distanti fra di loro… Dialogica, in queste pagine magistralmente testimoniata da una scrittura breve, esercitata in tanti piccoli capitoli, a loro volta suscitati da altrettanti libri, che nell'insieme formano una sapiente mappa delle molteplici vie del pensiero complesso. Il pensiero di Castellaoriana si è formato innanzitutto attraverso due fili rossi dell'epistemologia francese del Novecento: la dimensione storica della scienza e la pluralità dei livelli del reale. Ed è attraverso questi due fili rossi che ha raccolto la sfida della complessità. Le briciole di complessità di cui si compone questo suo volume, mentre lasciano intravedere in modo suggestivo nuovi percorsi, illuminano retrospettivamente la navigazione che qui lo ha condotto. Così, possiamo leggere l'intera sua opera come una profonda riflessione sulla vicenda storica attraverso cui la sfida della complessità emerge nella scienza del Novecento, e da qui deborda nell'inedita e globale condizione umana» (Dalla Prefazione di Mauro Ceruti ).

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1. TRA LA RUGOSITÀ DEL REALE

Oggi da più parti, di fronte all’emergenza di eventi che investono l’intero pianeta col mettere sistemicamente in ginocchio le vecchie ricette di impronta cartesiana ritenute granitiche, più o meno si sta facendo strada la coscienza della presa d’atto, a dirla con uno dei protagonisti della genetica medica Victor A. McKusick (1921-2008), che quanto più si conosce, più aumenta il peso dell’ignoto; e per evitare ulteriori illusioni ed umiliazioni a cui inevitabilmente conducono tali avventure insieme di natura cognitiva ed esistenziali, sta emergendo con tutta la sua forza evocativa l’omerica figura di Ulisse, il cui mito ha trovato le sue radici nelle acque del Mediterraneo non a caso, a dirla con Paul Valery, diventato ‘il mare del possibile’ per i numerosi e diversi eventi in esso messi in moto. Come è successo spesso nel passato, anche in questi ultimi tempi a tale figura si ispirano diversi percorsi che significativamente si presentano come umili ‘navigatori della conoscenza’ [1] nelle inquiete acque della vita ma con una maggiore coscienza critica del fatto che ad ogni livello bisogna respingere definitivamente le pulsioni essenzialiste sempre in agguato. Ma tra le figure del Nocecento che hanno saputo interpretare, non solo a livello teorico, tale stato di cose è da tenere presente Simone Weil (1909-1943), straordinaria figura di donna-pensatrice che non a caso si è costantemente confrontata colle diverse potenzialità del mondo greco col farle interagire criticamente con le problematiche tipiche della modernità; da tale incontro-scontro, arricchito da un non comune bagaglio di esperienze non solo politico-culturali, è scaturita l’idea della ‘rugosità del reale’ con tutto il suo vasto corredo, concettuale ed esistenziale, proprio per indicarne l’intrinseca poliedricità non riducibile a punti di vista unilaterali.
Essa è frutto di un ‘cuore pensante’, come è stata definita l’esperienza della Weil, ma di un ‘cuore pensante’ il reale e le sue ragioni per le quali è ritenuto sempre più necessario battersi anche a costo di mettere da parte tutto ciò che sembra eterno ed inamovibile sino alle strutture del linguaggio stesso spesso non in grado di dare il giusto senso a ciò che di per sé sfugge alle normali configurazioni concettuali; è una metafora proprio per indicare, fra le altre cose, che chi si avventura a ‘navigare’ nelle incerte acque della conoscenza e in qualsiasi altro ambito del pensiero umano, da quello artistico a quello filosofico-scientifico, viene ad incontrarsi e nello stesso tempo a scontrarsi, a volte con estrema durezza, con la ’rugosità del reale’ o con le sue ‘asperità’ per usare un termine simile di un altro pensatore francese Jean Cavaillès (1904-1944), morto combattendo con le armi anche della ragione contro il nazifascismo. Ma la scelta trova la sua ragione nel fatto che l’uomo pur divorato, come diceva l’ingegnere, filosofo e teologo russo Pavel Florenskij (1882-1937), dal ‘sacro fuoco della verità’, ancora non è stato in grado di percepirsi come un ‘divenire umano’, come Mauro Ceruti in diversi suoi lavori ha chiaramente indicato; il pensarsi come ‘essere umano’, fisso e chiuso nella sua intangibilità, spesso lo ha portato ad imporre il suo punto di vista parziale, ma ritenuto assoluto sulle cose del mondo e sul reale più in generale che per loro natura sfuggono a qualsiasi imposizione aprioristica. In tal modo, sempre per seguire Simone Weil, si arriva a ‘mentire sul reale’, a vederlo in funzione della propria immaginazione e dei propri interessi e a non permettere che esso emerga in tutto il suo spessore di senso e anche valoriale.
Quella intrinseca pluralità di significati che ha il reale viene ricondotta alla nostra percezione immediata che si trasforma in una prospettiva su di esso ma ritenuta il mondo stesso e a nostra misura; in tal modo non solo viene meno lo sforzo veritativo, si arriva deliberatamente a mentire sulle cose del mondo e a perdere il contatto con la realtà fino a imporre visioni riduttive e fuorvianti, le quali per legittimarsi hanno bisogno del consenso degli altri. Ma tale consenso trova il suo formidabile strumento nei processi di semplificazione dei fatti reali, costruiti ad arte, sino a diventare opinione che si regge sistematicamente su un meccanismo menzognero dove ognuno si sente sicuro delle ‘sue’ verità con l’attribuzione di un ‘senso’ fatto su misura.
Tutto questo ci porta a costruire dei recinti prima mentali nei dintorni immediati e poi sociali e collettivi sino a rimanere in balìa della nostra immaginazione che porta a mistificare la realtà, a considerarla ad uso e consumo dei nostri desiderata ed in base, poi, a questo ci sentiamo autorizzati a mettere in atto un certo potere; per liberarsi da questo soggettivismo cieco sia individualmente che collettivamente, è necessario risvegliare in noi un pensiero che nello scontrarsi con il reale e le sue nervature-asperità lo prenda come punto di riferimento sine qua non, non infierisca sul suo corpo aggredito con strumenti inadeguati anche perché se non compreso nella sua specificità e immanenza, sempre come diceva Simone Weil, prima o poi si vendica, come sta succedendo in questi ultimi tempi a proposito della terra, del clima e dell’ambiente da pensare come ‘totalità viventi’ nel senso indicatoci da Michel Serres. Oggi che a più livelli si è impegnati nel ripensare il pensiero, a ripensare il posto dell’uomo nel mondo e la struttura di tali totalità viventi, può forse essere ancora utile quell’atteggiamento di Tommaso D’Aquino, atteggiamento del resto presente chiaramente con diverse sfumature in figure che vanno da Galileo e Newton a Darwin ed Einstein, meravigliati in senso aristotelico della ricchezza intrinseca dei rispettivi reali e impegnati nelle comuni ‘filosofiche militie’, a dirla con il primo linceo Federico Cesi, a scardinare le loro false e semplicistiche immagini e a ripristinarne una visione d’insieme; nell’iniziare i suoi corsi di Filosofia, l’aquinate metteva, infatti, davanti agli occhi dei suoi studenti sempre una mela proprio per ricordare che qualsiasi prodotto conoscitivo non è il frutto della propria immaginazione, ma il risultato dell’incontro-scontro con un reale pieno di diverse risorse e articolazioni e dotato di un corpo da rispettare nella sua specificità con i propri sapori che nutrono e saziano di contenuti senza la pretesa di uniformarlo e schiacciarlo su esigenze esterne.
Certo, l’espressione ‘rugosità del reale’ trova diverse declinazioni nei vari ambiti, ma è innanzitutto un modo di essere ‘tra’ le sue asperità e soprattutto di viverle, di ‘abitarne le contraddizioni’ e di attraversarle per intero, come ripete spesso la Weil nei suoi numerosi scritti, senza tralasciarne qualcuna o magari sovrapporre l’una sull’altra; si vuole mettere in evidenza un fatto ormai incontrovertibile che a volte un certo modo di praticare il pensiero filosofico-scientifico ha dimenticato pur essendo esso stesso partito, come ogni forma storica di conoscenza, da questo fatto e cioè la presa d’atto che il reale è inesauribile, è ‘un testo a più significati’ e ha ‘mille ragioni’ per essere tale, come affermano quasi all’unisono prima Leonardo Da Vinci e poi la stessa Weil che tra le altre cose, non contenta del disinteresse del fratello matematico André per il reale fisico, ha fatto suo il motto di due scienziati con i quali si è confrontata, come Paul Langevin e Louis De Broglie: prima o poi “il concreto fa esplodere il quadro dell’astratto”. Lo sforzo veritativo dell’uomo in quanto teso pur con tutti i suoi limiti a tale obiettivo, se tutto va bene, riesce ad individuare del reale un aspetto, un significato, una ragione, una nervatura, uno strato, una piega, una nuance o sfumatura, a dirla con Gaston Bachelard; ma soprattutto l’idea di essere ‘tra la rugosità del reale’ e di ‘navigare tra’ le sue onde, a volte minacciose e senza la sicurezza di approdi certi, come diceva Otto Neurath quasi negli stessi anni, allontana la pretesa di averne esaurito le potenzialità intrinseche e di appianarlo in un determinato recinto i cui argini prima o poi crolleranno, fatto denunciato da più figure sia del primo che del secondo Novecento, ma venuto a maturazione nel pensiero complesso anche se ancora non del tutto metabolizzato come tale nelle sue diverse articolazioni.


[1] Facciamo riferimento in particolar modo a recenti giornali e riviste online come Odysseo. Navigatori della conoscenza ed Ithaca, iniziative che hanno preso piede in Puglia, terra di approdo di alcuni eroi omerici, non a caso uno dei territori della Magna Grecia e una sede tra l’altro, cosa che spesso si dimentica, del ‘miracolo greco’ dell’invenzione della matematica a dirla con Michel Serres.

2. VECCHIE E NUOVE CORAZZATE

Scriveva un giovane filosofo della matematica francese Albert Lautman (1908-1944), impegnato come tanti altri nel cercare di capire le cause dell’avvento del nazismo e poi morto combattendo nelle fila della Resistenza pur da convinto pacifista: «Volendo sopprimere i legami fra il pensiero e il reale e rifiutando di dare alla scienza il valore di una esperienza spirituale, si rischia di avere solo un’ombra della scienza e di rigettare lo spirito teso alla conquista del reale verso attitudini violente con cui la ragione non ha nulla a che fare». Questa affermazione è la testimonianza di un uomo che, per pochi anni di vita da ricercatore, ha rivolto i suoi interessi nel cercare di comprendere gli stretti legami fra il pensiero matematico ed il reale a volte espliciti ed il più delle volte impliciti, meccanismo che è alla base di ogni impresa cognitiva che per sua natura è spirituale nel senso più esteso del termine; e nello stesso tempo capì che a base di molti eventi umani, e di quelli più tragici, c’è proprio il deliberato obiettivo di ‘sopprimerli’ tali legami, ritenuti costitutivi dello spirito umano. Una volta venuti meno o fatti venire meno, anche il pensiero, la scienza, la tecnica, l’arte e la stessa religione si offuscano, diventano ‘ombre’ di se stesse e, come diceva negli stessi anni Simone Weil, ‘si babilonizzano’, cioè diventano puri strumenti di potere sino a spingere l’uomo ‘verso attitudini violente’; da essere percorsi di verità in quanto l’obiettivo è la conoscenza del reale attraverso il continuo scontro con esso, si trasformano loro malgrado in armi grazie alle quali si impongono false visioni del mondo, si costruiscono quelle che il gesuita e biopaleontologo Teilhard de Chardin negli stessi anni chiamava vere e proprie ‘corazzate’ (i diversi totalitarismi), abili nel veicolare pseudo-teorie come quelle razziali facilmente poi innestabili su delle menti fatte diventare abilmente orfane di adeguate ancore al reale.
Con tali ‘corazzate’, frutto di una deformazione del pensiero che ha perduto i legami col reale, ‘la ragione umana non ha nulla a che fare’, e ha come unico dovere quello di chiarire e ripristinare il valore veritativo ed insieme ‘spirituale’ delle sue acquisizioni dalle scienze all’arte, dalla tecnica alla religione che a volte, come diceva sempre negli anni Trenta Karl Jaspers da autentico kantiano, possono diventare ‘totalizzanti’ e assolute in quanto lontane da quella continua ‘tensione tra sapere ed esistenza’, tra ‘pensiero e reale’. La ragione, pur essendo fragile e ‘vagabonda’ come già dicevano prima Blaise Pascal e poi Merleau-Ponty, va innestata continuamente sulle radici del reale; non deve abdicare alla sua funzione critica che è quella di individuare e neutralizzare i processi di babilonizzazione presenti anche quando, ad esempio, a problemi complessi si danno volutamente risposte semplicistiche di facile presa o nel considerare le tecnologie, soprattutto quelle massmediali e della comunicazione in genere, ‘neutrali’ quando non lo sono in quanto comunque veicolano delle visioni del mondo. Queste che sono le nuove ’corazzate’, pur frutto del pensiero e delle azioni umane, devono la loro forza alla capacità di offrire visioni ‘idilliache’ del reale giocando sulla pigrizia di certa ragione; anzi, per parafrasare una affermazione del più celebre dei massmediologi, il canadese Herbert M. McLuhan, sono corazzate che non fanno più scorrere del sangue, ma semplicemente si limitano a ‘svuotare le teste’, cioè a non far prendere atto dei legami fra pensiero e reale, della rugosità del reale la cui conoscenza comporta fatica, una continua ristrutturazione e riconfigurazione delle sue intrinseche ragioni. Se oggi da più parti si parla di ‘post-verità’, questo è dovuto proprio al fatto che essa si nutre in maniera strutturale del distacco dei legami del pensiero dal reale sino a mettere in serio dubbio le capacità dell’uomo di raggiungere un pur minimo contenuto di verità su di esso.
Le figure sopra citate, da Lautman e Weil a Teilhard de Chardin e Jaspers, pur provenendo da esperienze personali e concettuali diverse, hanno vissuto sulla loro pelle uno dei periodi più tragici del Novecento e lo hanno interrogato per lasciare una testimonianza di un pensiero che, nel vivere sino in fondo le contraddizioni del reale, è in grado di guardare al futuro con rinnovate capacità critiche con una ragione fattasi più forte nel contrastare vecchie e nuove corazzate sempre pronte a incunearsi nei momenti e nei punti deboli dello spirito umano; per questo esso va continuamente rafforzato da diversi eventi di verità, per usare un’espressione di Alain Badiou ma presente negli scritti di Simone Weil, che si manifestano come tali se in maniera sistemica ci si ‘spinge sempre più indietro, oltre la superficie dei fenomeni’, come già i nostri maestri greci avevano ben compreso e del resto idea suffragata dall’avvento della scienza moderna. Tale risultato non secondario sarà ribadito con forza nell’Ottocento da figure come Karl Marx, Charles Darwin e Bernhard Riemann che, pur animati da interessi diversi, convergevano nel dire che la scienza, e con essa il pensiero in generale, “sarebbe superflua se l’apparenza e l’essenza delle cose coincidessero”; ma tutto questo si è avverato grazie al nuovo ruolo profondamente euristico e creativo assunto dall’ipotesi che già per Riemann, come affermava nei suoi pochi ma profetici frammenti filosofici contro le visioni strettamente empiristiche e cumulative dell’impresa scientifica, deve accogliere dentro di sé “l’insensato pensiero di poter giungere alla spiegazione dei fenomeni mediante l’astrazione” e conseguenti processi di generalizzazione.
E la ragione filosofico-scientifica, di fronte al fatto che tali sforzi cognitivi producono sempre con parole di Riemann ‘concettualizzazioni progressive e approssimazioni successive’, non deve indietreggiare vedendole come momenti di debolezza e deve fare i conti sino in fondo con questo nuovo universo-albero aperto dai suoi stessi rami; deve incorporarle nelle sue strutture portanti come momenti costitutivi con le sue ‘crisi’ e metabolizzare la specifica dimensione storica senza considerarla, come spesso è avvenuto in diversi settori, una sua patologia strutturale. Su queste ‘crisi’ che sono invece segni del passaggio ad un nuovo modello più aperto di razionalità, hanno trovato, com’è noto, il loro brodo di coltura le diverse filosofie della cosiddetta ‘bancarotta della scienza’, poi diventate spesso supporto di devastanti ideologie politiche approfittando del vuoto teoretico determinato, come dirà lo stesso Teilhard, dalla non retta comprensione degli eventi più significativi, come le geometrie non-euclidee e la biologia darwiniana. Solo facendo i conti con la sua rugosità interna costellata da percorsi non più lineari e non elementari, come dirà Gaston Bachelard negli anni Trenta abbeveratosi a sua volta alle nuove fonti di Siloe quali furono prima la meccanica relativistica e poi quella quantistica, la ‘ragione non-cartesiana’ si costruisce le sue ‘corazzate’ dotate di senso storico che poi sono le corazzate umane sempre più solide per i nuovi contenuti veritativi assorbiti, ma comunque naviganti in un oceano attraversato da ricorrenti tempeste e correnti di varia natura; e con parole di Augustine-Antoine Cournot, pur pronunciate in piena era positivistica, si può dire che essa deve trasformare “le crisi rinnovatrici delle scienze” in “crisi rinnovatrici della filosofia” e del pensiero più in generale per l’uomo stesso, che “senza la scienza perde ben presto di vista i nostri rapporti reali con la creazione per impelagarsi in spazi immaginari”.
L’uomo del XXI secolo, anche se spesso continua a ‘impelagarsi in spazi immaginari’ col creare diversi disastri che si rivelano essere sempre più planetari, ha gli strumenti per fare questo salto di qualità e sta alle sue scelte se affidarsi ad una ragione in grado di fare i conti con il reale e la sua intrinseca complessità o avviarsi ad altri periodi di ‘buio della ragione’ dagli esiti ‘babilonesi’ ancora più deleteri.

3. DAL BIOS AL LOGOS

Con questa espressione i maestri Greci, che hanno dato inizio al pensiero filosofico-scientifico anche nelle nostre terre del Sud a partire da Elea per arrivare a Taranto, Metaponto, Crotone e Siracusa fatto che spesso si dimentica, volevano indicare la specificità dell’essere umano caratterizzato da tale percorso, cioè dalla sua capacità di tradurre in pensiero le diverse esperienze di vita; e questo si spiega per il suo sforzo continuo di andare al di là delle apparenze del reale per coglierne un elemento più profondo e quindi più stabile. La stessa idea aristotelica di uomo come ‘animale razionale’ sta a significare proprio il fatto che come ogni essere vivente è in grado di trarre adeguate informazioni dall’ambiente in cui si trova immerso e di tramutarle in punti di riferimento per meglio operare; tale cruciale aspetto è stato particolarmente tenuto presente nei suoi diversi lavori da una figura poco nota del panorama culturale italiano della seconda metà del Novecento, l’ingegnere-epistemologo e scrittore Valerio Tonini (1901-1992), figura che ci ha dato, proprio in virtù della presa in conto di tale problematica, una concreta testimonianza di un percorso di pensiero e di vera e propria metodologia della complessità quando era ancora sostenuto da pochi. Ma a differenza degli altri esseri viventi, per l’uomo questo processo del continuo passaggio dal bios al logos non ha mai fine, gli permette di divenire sempre più umano, si arricchisce sempre di nuovi orizzonti cognitivi e soprattutto di senso in quanto nello scandagliare sempre di più il reale che lo circonda ne scopre in primis un aspetto essenziale, cioè la sua inesauribilità ed il fatto che comunque costituisce uno scoglio duro, un limite con cui sempre è costretto a confrontarsi.
Se in un primo momento del suo diventare ‘razionale’ è dominato dalla aristotelica ‘meraviglia’ verso il reale che è già un non secondario passaggio dal bios al logos dopo diversi tentativi a partire da quello dell’invenzione dei miti, questa condizione di fondo lo porta in un secondo momento ad interrogarsi sul perché delle cose, prerogativa tipicamente umana che si manifesta nel dare ad esse una pluralità di risposte e di descrizioni a volte contraddittorie fra di loro. Ecco perché Robert Musil nel cercare di cogliere la specificità dell’uomo in L’uomo senza qualità, dirà che esso è “l’unico essere vivente che pensa le alternative” sino a produrre insieme “Bibbie e cannoni”; fa l’esperienza della morte ad esempio, pensa l’immortalità e nel prendere atto della sua limitatezza strutturale crea l’idea di infinito. Lo scontro col reale e le sue rugosità porta l’uomo alla continua creazione, nel senso greco del termine e cioè poiesis, dell’idea di esso che si manifesta in vari modi dal mito alla religione, dall’arte alla scienza e alla stessa filosofia;...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. BRICIOLE DI COMPLESSITÀ
  3. Indice dei contenuti
  4. AVVERTENZA
  5. PREFAZIONE
  6. 1. TRA LA RUGOSITÀ DEL REALE
  7. 2. VECCHIE E NUOVE CORAZZATE
  8. 3. DAL BIOS AL LOGOS
  9. 4. LEOPARDI, NOSTRA VOCE DELL’INFINITA SCIENZA
  10. 5. IL PENSIERO COMPLESSO COME ESPRESSIONE DELLA RUGOSITÀ DEL REALE E A VOLTE DEL SUO SILENZIO
  11. 6. PER UNA PERMANENTE DIACONIA DELLA VERITÀ
  12. 7. “LA MIGLIOR MERCE”
  13. 8. FILOSOFIA E FILOLOGIA COME RISORSE PER L’HOMO COMPLEXUS DEL XXI SECOLO
  14. 9. LA COMPLESSITÀ COME EVENTO DI VERITÀ
  15. 10. IL REALE RESILIENTE IN HANNA ARENDT
  16. 11. PER UN’ETICA DELLE MACCHINE AD AUTONOMIA CRESCENTE
  17. 12. PER UNA VISIONE ECO-COGNITIVA DELLA RAGIONE E DELLA SCIENZA
  18. 13. IL BIBLICO ‘FAR TESORO DELLA SCIENZA’.
  19. 14. IL COME ED IL PERCHÉ VISTI IN UNA VISIONE D’INSIEME
  20. 15. EDGAR MORIN, VOCE DELLE ‘VERITÀ POLIFONICHE DELLA COMPLESSITÀ’
  21. 16. GIULIO GIORELLO ‘IN CAMMINO CON SIMONE WEIL’
  22. 17. L’AGNOTOLOGIA
  23. 18. NEL MONDO DI DARWIN
  24. 19. PENSARE CON LE METAFORE E LE FORMULE. L’INVITO DI JOHN KEATS
  25. 20. UNA VITA PER L’UNITÀ DELLO SCIBILE: PAVEL FLORENSKIJ
  26. 21. GASTON BACHELARD, FILOSOFO DELLE E TRA LE 24 ORE
  27. 22. LA COMPLESSITÀ COME RIMEDIO RAZIONALE: IL CONTRIBUTO DI HÉLÈNE METZGER
  28. 23. PAUL VALÉRY: UN VIAGGIO NELLA COMPLESSITÀ
  29. 24. LA COMPLESSITÀ COME DISINFETTANTE: UN BISOGNO IN COMUNE*
  30. 25. LA COMPLESSITÀ E LA SUA ENTRATA IN SCENA DA PENSIERO LATERALE
  31. 26. LA CARDIOGNOSIA: IL CONTRIBUTO DI TOMÁŠ ŠPIDLÍK
  32. 27. LIBERTÀ E DEMOCRAZIA GRAZIE AL MORE GEOMETRICO
  33. 28. GIOVANNI PAOLO II: UNA VIA DELLA COMPLESSITÀ IN DISCESA
  34. 29. ROMANO GUARDINI: UN CUORE PENSANTE DELLA POLARITÀ
  35. 30. LA VIA LITURGICA ALLA COMPLESSITÀ
  36. 31. COME VIVERE LA COMPLESSITÀ
  37. 32. LA ‘NOSTRA BARCA’: IL CONTRIBUTO DI MAURO CERUTI ALLA ‘NOSTRA ENCICLICA’
  38. 33. ESSERE E PENSARE CON IL TRA: IL CONTRIBUTO DI SILVANO TAGLIAGAMBE
  39. 34. LA COMUNITÀ COME LUOGO DELLA COMPLESSITÀ
  40. 35. ANTONIO GENOVESI: PIONERISTICA VOCE DEL SUD VERSO LA COMPLESSITÀ
  41. 36. MARIO QUARANTA: IL SORRISO DI UN PENSIERO LIBERO
  42. 37. INNO ALLA BELLEZZA.
  43. 38. UMANO, POSTUMANO E TRANSUMANO
  44. 39. L’UNIVERSO DELLA SEMIOTICA
  45. 40. HOURYA BENIS-SINACEUR: UNA DONNA NELL’ ‘INGRATO PAESE DELLA FILOSOFIA DELLA SCIENZA’
  46. 41. LA MATEMATICA COME UN PERCORSO DI SENSO E DI TORMENTI.
  47. 42. PER UNA EPISTEMOLOGIA DELL’ECOLOGIA.
  48. 43. UN ‘DIARIO-VIAGGIO’ TRA LE RUGOSITÀ DEL VIRUS.
  49. 44. OLTRE L’ERA DESERTICA DEL PENSIERO
  50. 45. CON DARIO ANTISERI VERSO IL RAZIONALISMO DELLA CONTINGENZA
  51. 46. L’EREDITÀ DI FEDERIGO ENRIQUES
  52. 47. IL NOVECENTO : ANCHE ‘CAMPO DI BATTAGLIA’ DI IDEE
  53. 48. RAYMOND RUYER: IL RITORNO DELLA FILOSOFIA DELLA NATURA
  54. 49. IL SAPORE DEL PENSIERO
  55. 50. UMANESIMO DIGITALE
  56. 51. DALLA MISTICA ALLA COMPLESSITÀ: IL CAMMINO DI RAIMON PANIKKAR
  57. 52. LECH WITKOWSKI: IL VOLTO POLACCO DELLA COMPLESSITÀ
  58. 53. PREMIO NOBEL ALLA COMPLESSITÀ
  59. 54. GILLES CHÂTELET: LE VIRTUALITÀ DI UNA VITA
  60. 55. CENTO, MILLE BRICIOLE DI COMPLESSITÀ DA UN SECOLO DI VITA: EDGAR MORIN
  61. 56. EDUCARE ALLA SCIENZA CON LA SCIENZA
  62. 57. ELEMENTI PER UNA RAGIONE AGAPICA
  63. AUTORE
  64. INDICE DEI NOMI
  65. CULTURA STUDIUM