Il castello interiore. Di Teresa d'Avila
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Il castello interiore. Di Teresa d'Avila

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Il castello interiore. Di Teresa d'Avila

Informazioni su questo libro

Forse nessun altro libro in lingua spagnola ha ricevuto un così vasto consenso popolare come "Il Castello Interiore" di Santa Teresa d'Avila. Al di là dei suoi meriti spirituali, "Il Castello Interiore" contiene anche molti meriti letterari e può considerarsi un classico della letteratura del Rinascimento spagnolo, al pari delle altre grandi opere di quel periodo. Per stile e taglio letterario, "Il Castello Interiore", come molte opere di genio, è estremamente semplice. Teresa d'Avila immagina l'anima come "un castello fatto di un sol diamante", in cui ci sono molte stanze, proprio come in cielo ci sono molte dimore. Nel libro sono descritte le varie stanze del castello – i gradi di purificazione e di conflitto – attraverso cui l'anima, nella sua ricerca della perfezione, deve passare prima di raggiungere la stanza più interna, il luogo della trasfigurazione completa e della comunione con Dio, fonte della gioia più profonda. "Il castello interiore" può considerarsi la più sublime e matura fra le opere di Teresa d'Avila: un vero gioiello della letteratura mistica, in grado ancora oggi di appassionare, istruire e affascinare il lettore.

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Informazioni

CAPITOLO 1

 
Della poca sicurezza che si ha in questo esilio, nonostante la sublimità dello stato nel quale si possa essere, per cui bisogna andar sempre con timore – Alcuni avvisi importanti.
 
 
1 – A coloro che per misericordia di Dio hanno superato tutti questi combattimenti, e con la loro perseveranza sono entrati nelle terze mansioni, che cosa diremo se non: Beato l’uomo che teme il Signore?
Dato il mio rozzo ingegno, non è piccola grazia che Sua Maestà mi faccia intendere, proprio in questo momento, il senso del suaccennato versetto in lingua volgare. Sì, a ragione li chiamiamo beati, perché seguono una via che, per quanto ci è dato di vedere, li condurrà al porto della salute, purché non tornino indietro. Comprendete da ciò, sorelle, quanto importi vincere le battaglie che precedono, dopo le quali il Signore – ne son certa – non lascerà di darci sicurezza di coscienza, il che non è piccolo beneficio.
Ho detto sicurezza, ma ho detto male, perché in questa vita la sicurezza non si può mai avere, per cui, tutte le volte che ne parlerò, sottintendete sempre: a patto che non si abbandoni il cammino incominciato.
 
2 – Oh, la sventura di dover vivere in questa vita, nella quale occorre essere sempre come coloro che avendo i nemici alla porta, non possono lasciar le armi neppure per mangiare e dormire, ma star in continua apprensione che da qualche parte si dia l’assalto alla fortezza!
Oh, Signor mio e mio Bene! Come volete che si ami una vita così infelice, e si lasci di bramare e di chiedere d’esserne liberati?
Ciò non sarebbe che con la speranza di perderla per amor vostro, o di spenderla tutta per vostro servizio, sicuri con questo d’esser vostra volontà che continuiamo a vivere.
In caso contrario, mio Dio, moriamo pure con Voi, come disse S. Tommaso, (Eamus et nos ut moriamur cum eo. (Gv 11, 16)) perché vivere senza di Voi e nel timore di perdervi per sempre, non è che un morire mille volte.
Perciò vi dico, figliuole, di non domandare altra beatitudine che di entrare nella sicurezza dei beati. Che gioia si può mai avere in mezzo a tanti timori, quando non si vuol altra gioia che di contentare il Signore?
Considerate che in queste disposizioni, ed in altre ancora più perfette, erano pure certi santi che poi caddero in gravi peccati. Si aggiunga poi che non siamo sicuri che Dio abbia a stendere la mano pure a noi, mediante qualche suo aiuto particolare, per cavarci da quello stato e darci modo di far penitenza.
 
3 – Per conto mio, figliuole, quando questo pensiero mi si presenta alla mente – ciò che mi succede assai spesso – mi sento così rabbrividire che non so come riesca a scrivere, e nemmeno come continui a vivere. Pregate, figliuole mie, perché Sua Maestà viva sempre in me: con una vita così male impiegata come la mia, non so proprio come mettermi tranquilla.
Non affliggetevi se vi parlo così. Ho visto altre volte che, quando vi parlo in questo modo, voi vi rattristate, e ciò per il fatto che mi volete una gran santa.
Avete ragione, e lo vorrei essere anch’io. Ma che devo fare, se per colpa mia ho perduto ogni cosa? Certamente non posso lamentarmi di Dio, perché Egli mi ha dato tutti gli aiuti sufficienti per realizzare i vostri desideri, e io mai me ne ricordo senza versare grandi lacrime. Che confusione, intanto, dover scrivere per anime che mi possono fare da maestre! Che dura obbedienza è mai questa per me!
Piaccia a Dio, per amor del quale io scrivo, che ciò vi sia di vantaggio, e pregatelo di perdonare a questa miserabile e temeraria creatura!
Sa bene il Signore che non posso in altro sperare che nella sua misericordia. Ed essendomi impossibile di non essere quella che sono, non mi resta che di appoggiarmi alla sua clemenza e di confidare nei meriti di suo Figlio e della Vergine sua Madre di cui indegnamente porto l’abito.
E voi, figliuole mie, che pure lo portate, ringraziate Iddio di essere le vere figlie di questa Signora, perché avendo in lei una Madre così grande, non siete costrette a vergognarvi di me, che sono tanto cattiva. Imitatela, considerate la grandezza e il vantaggio che abbiamo nell’avercela a Patrona, e come non siano stati sufficienti i miei peccati e la mia misera vita a scemare, neppur di poco, lo splendore del suo sacro Ordine.
 
4 – Vi voglio dare un consiglio. Non per questo che siete in un tal Ordine e con una tal Madre e Patrona dovete credervi sicure.
David era molto santo, ma ben sapete chi sia stato Salomone. (Salomone era figlio di David, ma nella sua tarda età rinnegò il vero Dio per darsi al culto degli dei stranieri.) Non fidatevi né della stretta clausura, né della penitenza che fate. Nemmeno vi assicuri la vostra costante occupazione nelle cose di Dio, nel, continuo esercizio dell’orazione e nel ritiro assoluto dal mondo, che vi pare anzi di odiare. Tutto questo è buono; ma non deve bastare a farvi smettere di temere.
Ripetete invece quel che dice il salmo, e ricordatelo spesso: Beatus vir qui timet Dominum!
 
5 – Mi sono tanto divagata che non ricordo più cosa stavo dicendo. Quando penso alla mia miseria, mi si tarpano le ali e divengo incapace di dir alcunché di buono, per cui non voglio più parlarne. Torniamo, dunque, a quello che ho cominciato a dire circa le anime che sono entrate nelle terze mansioni.
Non è piccola la grazia che il Signore ha fatto loro nell’aiutarle a vincere le prime difficoltà. Esse ora – e credo che ve ne siano molte nel mondo, per misericordia di Dio – desiderano ardentemente di non offendere il Signore, si guardano anche dai peccati veniali, amano la penitenza, hanno le loro ore di raccoglimento, impiegano bene il tempo, si esercitano in opere di carità verso il prossimo, sono molto regolate nel parlare e nel vestire, e quelle che hanno famiglia la tengono assai bene.
Il loro stato è degno d’invidia, e non vi è nulla, a quanto sembra, che possa loro impedire anche l’ultima mansione, come di certo non lo impedirà loro il Signore, purché esse lo vogliano, essendo troppo bella questa loro disposizione per non attirarsi tutte le grazie di Gesù.
 
6 – O Gesù!.. Chi è fra voi, sorelle, che innanzi a un bene così grande abbia a dire di non volerne sapere, specialmente dopo aver già superato quello che è più penoso? Nessuna certo.
Sì, diciamo tutte di volerlo, ma per divenire vere anime di Dio non basta volerlo, come non è bastato al giovane che fu interrogato dal Signore se voleva essere perfetto. Da quando ho cominciato a parlare di queste mansioni, l’immagine di quel giovane mi è sempre dinanzi, perché qui ci troviamo nelle sue medesime condizioni, né più né meno.
Le aridità che si provano nell’orazione hanno varie cause, ma il più delle volte derivano da questo. Non parlo già di quelle pene interiori, veramente intollerabili che molte anime buone soffrono senza loro colpa, e dalle quali il Signore le fa poi uscire con vantaggio. Nemmeno parlo di coloro che van soggetti a melanconia o ad altre infermità, dato che in ogni cosa bisogna sempre risalire ai giudizi di Dio.
Io tengo per certo che causa ordinaria delle aridità sia appunto quello che ho detto.
Siccome queste anime sentono che per nulla al mondo commetterebbero un sol peccato – e molte di esse neppure un peccato veniale avvertito – e vedono che impiegano bene la loro vita e le loro ricchezze, non sanno sopportare con pazienza di trovar chiusa la porta dell’appartamento del Re, di cui si tengono e sono vassalle. Non riflettono però che molti sono i vassalli anche intorno ai re della terra, ma che non tutti possono entrare nella loro stanza.
Figliuole mie, rientrate in voi stesse e non curatevi dei vostri piccoli atti di virtù, giacché, come cristiane, siete obbligate a farne di ben altri.
Contentatevi di essere le vassalle di Dio e non pretendete di più, per non rischiare di perdere ogni cosa. Considerate i santi che sono entrati nell’appartamento reale, ed esaminate la differenza che ci separa da loro.
Non domandate quello che non avete meritato.
Veramente, dopo aver offeso Dio, non dovremmo neppur pensare di aver diritto a qualche cosa, nemmeno se poi l’avessimo servito molto! ...
 
7 – O umiltà, umiltà!... Non so per che motivo non posso lasciar di credere che sia per mancanza di umiltà se costoro tanto si affliggono per le aridità che soffrono. Ripeto che non parlo di quelle grandi pene interiori a cui ho accennato e che sono assai di più d’una semplice mancanza di devozione.
Proviamoci da noi stesse, sorelle! Meglio, ci provi il Signore che sa farlo assai bene, malgrado ogni nostra ripugnanza!..
Veniamo ora a queste anime così ben regolate, osserviamo cosa fanno per Iddio e vedremo subito che non c’è motivo di lamentarci di Lui.
Se quando ci dice quello che dobbiamo fare per essere perfette, noi gli volgiamo le spalle e ce ne andiamo con tristezza, come il giovane del Vangelo, cosa volete che faccia, dato che ci deve premiare a seconda dell’amore che gli portiamo?
Si pensi inoltre che quest’amore non dev’esser frutto di immaginazione, ma provato con opere. Però non bisogna neppur credere che Egli abbia bisogno di queste opere: ciò che importa è la determinazione della volontà.
 
8 – Ci parrà di aver fatto ogni cosa perché portiamo l’abito religioso, assunto di nostra spontanea volontà, e abbiamo abbandonato per Iddio tutte le cose del mondo e quanto in esso avevamo.
Forse non saranno state che le povere reti di S. Pietro. Tuttavia a chi dà quanto ha, sembra di dar molto. E questa è già una buonissima disposizione, purché si perseveri e non si torni fra i rettili delle prime mansioni, neppure con il desiderio.
Se si persevera in questo spogliamento ed abbandono di ogni cosa, si otterrà quanto si brama, a condizione però – e lo raccomando moltissimo – che ci si tenga per servi inutili, come dice S. Paolo, ovvero Gesù Cristo, (Servi inutiles sumus: quod debuimus facere fecimus. Appunto Gesù Cristo in Luca 17, 10.) né mai si creda che Dio sia obbligato a darci quei favori quasi a premio di quello che si fa.
Non bisogna inoltre dimenticare che chi più riceve, più è obbligato a dare. E allora, che cosa possiamo fare per un Dio così generoso che è morto per noi, che ci ha creati e ci conserva nell’essere, se non ritenerci felici di ripagare, almeno in parte, il molto che gli dobbiamo per i grandi servizi che ci ha resi? Sì, è a malincuore che uso queste espressioni, ma è la pura verità: in tutto il tempo di sua vita il Signore non ha fatto che servirci. E noi oseremo chiedergli anche delizie e favori?
 
9 – Considerate attentamente, figliuole, alcuni avvisi che qui ho accennato solo in confuso per non sapermi spiegare. Il Signore ve li farà meglio comprendere per aiutarvi a ricavare dalle aridità, non già inquietudine, come il demonio pretende, ma sentimenti di umiltà. Quando un’anima è veramente umile, anche se Dio non le dà consolazioni, le darà sempre – siatene persuase – tal pace e conformità da sentirsi più contenta delle altre, nonostante tutte le loro delizie.
Le consolazioni Egli le comparte ai più deboli: spesso è così, e l’avrete letto anche voi. E questi non le cambierebbero di sicuro con le energie delle anime che camminano nelle aridità, perché, purtroppo, siamo più amici delle consolazioni che delle croci.
Ma voi, o Signore, che sapete ogni cosa, metteteci alla prova, per farci conoscere chi siamo!

CAPITOLO 2

Prosegue sul medesimo argomento e tratta delle aridità dell’orazione e di quello che ne potrebbe venire. – È necessario che ci mettiamo alla prova – Come il Signore provi le anime che si trovano in queste mansioni.
1 – Ho conosciuto alcune anime – anzi, credo di poter dire molte – che avendo raggiunto questo stato, vivevano da molti anni, a quanto se ne poteva giudicare, in grande rettitudine e regolarità di vita, sia interna che esterna.
Ciò nonostante, quando pareva che già dominassero tutto il mondo, o per lo meno che ne fossero pienamente disingannate, bastava che Sua Maestà le mettesse alla prova, e in cose non gravi, che subito cadevano in tant...

Indice dei contenuti

  1. Titolo pagina
  2. PROLOGO
  3. PRIME MANSIONI
  4. CAPITOLO I
  5. CAPITOLO 2
  6. SECONDE MANSIONI
  7. CAPITOLO UNICO
  8. TERZE MANSIONI
  9. CAPITOLO 1
  10. CAPITOLO 2
  11. QUARTE MANSIONI
  12. CAPITOLO 1
  13. CAPITOLO 2
  14. CAPITOLO 3
  15. QUINTE MANSIONI
  16. CAPITOLO 1
  17. CAPITOLO 2
  18. CAPITOLO 3
  19. CAPITOLO 4
  20. SESTE MANSIONI
  21. CAPITOLO 1
  22. CAPITOLO 2
  23. CAPITOLO 3
  24. CAPITOLO 4
  25. CAPITOLO 5
  26. CAPITOLO 6
  27. CAPITOLO 7
  28. CAPITOLO 8
  29. CAPITOLO 9
  30. CAPITOLO 10
  31. CAPITOLO 11
  32. SETTIME MANSIONI
  33. CAPITOLO 1
  34. CAPITOLO 2
  35. CAPITOLO 3
  36. CAPITOLO 4
  37. EPILOGO